Leggo su facebook: “Afganisthan: per la fame bambini masticano macerie” f.to ‘Save the children’. Per il 27 gennaio, giorno della memoria dello sterminio ebraico e non solo, il mio pensiero corre ai bimbi siriani, yemeniti, afgani, di altri stati e migranti che stanno soffrendo in modo indicibile e morendo, ed a quei bimbi che morirono e divennero oggetto di sperimentazione nei campi di lavoro e sterminio: ebrei, zingari, handicappati, altri.  

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Mi ricordo la tesina di Annalisa, mia figlia: “Il mio popolo, se ne ho uno”(1),  celebre frase di Hannah Arendt, ma forse “se ne ho ancora uno”, dopo che la shoah, la tempesta devastante, aveva distrutto beni, averi e generazioni e, sempre utilizzando un’altra frase di Hannah Arendt, gli ebrei ebbero la netta impressione di avere “Il futuro alle spalle”(2). 

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Guardo il sito dei Testimoni di Geova, alla ricerca di qualche notizia sui “triangoli viola” che già conosco, su quei giovani che, a causa della loro fede, rifiutarono sotto il nazismo di prestare servizio militare, finendo uccisi, torturati, internati, senza perdere la fiducia in Dio. Ed incontro la storia di uno di loro:  August Dickmann, il primo obiettore di coscienza a essere giustiziato in pubblico dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. «Nell’ottobre del 1937, Dickmann fu imprigionato nel campo di concentramento di Sachsenhausen (3) a motivo delle sue convinzioni quale testimone di Geova. Tre giorni dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale nel 1939, la Gestapo lo convocò per fargli firmare la tessera di riconoscimento militare, e arruolarlo così nell’esercito tedesco. Quando Dickmann rifiutò, fu messo in isolamento, e il comandante del campo chiese al capo delle SS l’autorizzazione per giustiziare il prigioniero davanti agli occhi di tutti gli altri detenuti. Il 15 settembre 1939, centinaia di testimoni di Geova, incluso Heinrich, il fratello di Dickmann, furono costretti a guardare l’esecuzione» (4). Ma questa è solo la storia di uno dei numerosi Testimoni di Geova che pagarono anche con la vita il rifiuto di prestare servizio militare, seguendo un antico precetto che fu pure cristiano alle origini del Cristianesimo, come ci dimostra la storia di San Massimiliano.   

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E come dimenticare gli handicappati sterminati perché vi era chi aveva scritto che costava troppo allo Stato mantenerli?

Era il 1936 quando Il giurista Karl Binding e il medico Alfred Hoche, esaminando l’assistenza di cui necessitava un disabile mentale, fecero un calcolo in termini di costi-benefici. Di conseguenza, arrivarono alla conclusione che i disabili mentali erano delle zavorre per la società, e quindi dovevano essere fucilati. «Si può dedurre – scrivono – che la spesa media per persona e anno per la cura di questi idioti si aggira intorno ai 1.500 M. Se prendiamo tutti quelli che sono in Germania, in case di riposo, la spesa arriva a 20-30.000. Se supponiamo, per un singolo caso, che la persona vivrà 50 anni, si può facilmente vedere che è una somma enorme, per cibo, abbigliamento e riscaldamento, che viene prelevata dalla tesoreria nazionale per cause improduttive» (5).

Inoltre l«’idea che le razze potessero essere create “superiori”, grazie al controllo della procreazione, è stata opinione diffusa in Europa e negli Stati Uniti, ed era collegata alla richiesta di “sradicare le persone senza ereditarietà tedesca, presenti in Germania dopo la Prima Guerra Mondiale.
Le richieste di pulizia razziale variavano, e si passava dall’internamento all’aborto, dalla sterilizzazione all’eutanasia. […]. Nel 1923, fu istituita la prima cattedra di Igiene Razziale a Monaco di Baviera, e il suo titolare, Fritz Lenz, scrisse un testo “Menschliche Auslese und Rassenhygiene” (Selezione umana e igiene razziale), che ebbe poi una certa influenza sul “Mein Kampf” di Hitler. Organizzazioni, gruppi di scienziati e influenti privati si dettero da fare per diffondere le idee sulla igiene razziale, che si radicarono nel terreno fertile della Germania, negli anni tra le due guerre. (6).

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E su queste basi, dopo la ricerca quasi ossessiva dello zingaro puro, avvenne lo sterminio dei gitani, rom, sinti.

«Io non avevo ancora 16 anni ed arrivai a Birkenau; quello era un Vernichtunglager (campo di sterminio) dove non è che si poteva morire, si doveva morire. Erano tutti settori separati che si distinguevano per una lettera che era stata loro associata e dall’altro lato del nostro filo spinato c’era il settore che era conosciuto come lo Zigeunerlager ovvero il campo degli zingari […]. In quel campo c’erano tantissimi bambini, molti di quei bambini certamente erano nati in quel recinto […]. La notte del 2 agosto 1944, ero rinchiuso ed era notte e la notte nel lager c’era il coprifuoco, però ho sentito tutto. In piena notte sentimmo urlare in tedesco e l’abbaiare dei cani, dettero l’ordine di aprire le baracche del campo degli zingari, da lì grida, pianti e qualche colpo di arma da fuoco. All’improvviso, dopo più di due ore, solo silenzio e dalle nostre finestre, poco dopo, il bagliore delle fiamme altissime del crematorio. La mattina, il primo pensiero fu quello di volgere lo sguardo verso lo Zigeunerlager che era completamente vuoto, c’era solo silenzio e le finestre delle baracche che sbattevano”.». (7).

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E potrei scrivere pagine e pagine di orrore nazista nei campi di lavoro, concentramento e sterminio, prendendo spunto da varie testimonianze, come per esempio quella di Giovanni Battista Mecchia (8), o quella, lancinante, di Pietro Pascoli (9), o dal racconto della ragazza deportata a lavorare in una fabbrica, dove le veniva persino dato un farmaco sperimentale per evitarle le mestruazioni (10), o da quello di Gino Beorchia (11), tutte gocce in un mare tra quelle reperibili su diversi siti e volumi. E molti non vollero mai narrare quello che avevano visto, provato, sentito, sofferto, nei campi di concentramento, e fra loro vi fu Luca Pascutti di Gracco di Rigolato, finito in un campo se non erro polacco solo perché soldato italiano che non voleva passare con i nazisti, ed i cui occhi si riempivano di lacrime ogni volta che si accennava a quella sua tragica esperienza.  Perché i campi di concentramento, lavoro, sterminio nazisti furono luoghi di grandissima sofferenza per tutti gli internati, e questo è certo.

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Ma nonostante questo, e la memoria che resta attiva, ci sono revival nazisti e fascisti e dei problemi ….

Nel buttar via pagine di quotidiani, ho incontrato, su ‘Il Fatto Quotidiano’ del 23 agosto 2020 un articolo di Furio Colombo intitolato: “Saremo tutti soffocati dalla memoria (divisiva)” che riporta alcune interessanti osservazioni anche da un non citato per esteso articolo di Ernesto Galli della Loggia, pubblicato su il ‘Corriere della Sera’ del 20 agosto 2020, di cui non ho reperito il titolo.

All’inizio dell’articolo, Furio Colombo cita una frase dal testo di Ernesto Galli Della Loggia: «Forse la decadenza italiana inizia anche da qui, anche dalla memoria. E comincia da che cosa e da come si ricorda. Siamo stati forse vittime di un abbaglio quando abbiamo creduto che ricordare ed illustrare di continuo il male servisse a generare il bene. Invece è probabilmente vero l’opposto. Così si finisce per generare non altro male ma qualcosa di peggio: l’indifferenza e l’impotenza da cui spesso siamo avvolti».  (12). Fin qui Ernesto Della Loggia.  Ma Furio Colombo prende spunto da queste parole per spostare l’accento dal ‘ricordare cosa’ al ‘ricordare come’, mentre «in Italia i ritratti di Mussolini si moltiplicano come i sette nani nelle brutte case ricche» (13).

E il ‘come’ scrive Furio Colombo, non è un problema retorico «ma una constatazione allarmante: la memoria (l’evento di memoria) si moltiplica paurosamente in due sensi: il primo è la frantumazione di ogni evento già esistente nella lista dei ricordi e delle celebrazioni […]. Emergono e si celebrano nuovi raggruppamenti, diversi e minori, cercando dettagli. Ovvero nell’evento tragico di tutte le vittime, o di tutti i colpiti dalla scomparsa delle vittime, si identificano solo alcune figure e se ne forma un gruppo da celebrare a parte, oltre alla celebrazione comune del fatto in questione» (14).  E se questo, dico io, può portare a maggiore pathos, rischia però di creare una memoria divisiva, e di togliere i contesti globali e l’ampiezza di un fenomeno per ritirarsi nell’emozione cercata narrando la storia di pochi, con il risultato, anno dopo anno, di relegare ad una ‘rappresentanza’ di un numero esiguo di fatti situazioni che coinvolsero nazioni intere, passando dal dar rilievo ai contesti politici internazionali ed europei in particolare, al risalto di quelli personali. Per questo qui è così difficile in Italia convincere i più che la resistenza, come l’occupazione nazista, furono vicende europee.

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Il secondo aspetto messo in risalto da Furio Colombo è quello della «trasformazione della ricorrenza celebrata in una nuova sessione di un processo mai celebrato, mai finito o mai condiviso […]. (…)». (15).

E ci si dimentica che la legge n. 211 del 20 luglio 2000, relativa shoah in Italia ha come oggetto il ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”(16), ed è stata promulgata in uno Stato che aveva emanato leggi razziali permettendo di «rubare cattedre, posizioni manageriali, proprietà, opere d’arte del passato e del presente, identità e firma» (17).

E ricordando la shoah e gli antifascisti, «si fa sempre più marginale il riferimento alla resistenza» (18) italiana ed europea, che con questi fatti è intimamente unita. 

Inoltre a mio avviso l’istituzione del giorno del ricordo non fa che creare nuova confusione, spezzando e decontestualizzando eventi, mentre il nuovo fascismo ed il neo nazismo riprendono vigore, come ho ricordato l’anno scorso nel mio: “Per il giorno della memoria, 27 gennaio 2021. Facciamo uscire il pensiero nazista e fascista dalla nostra società!”, in: www.nonsolocarnia.info, a cui rimando, mentre in politica ha ripreso vigore un metodo impositivo da parte di una oligarchia, che risulta poco attenta alle dinamiche democratiche e partito -centrica.

Io credo che si debba riflettere su questi aspetti e che la giornata della memoria debba essere degnamente celebrata e non restare qualcosa di avulso da storia e vita, mentre la stampa continua a parlare ossessivamente solo del coronavirus che ha pure distrutto la mente e la vita degli italiani e di noi ‘se la ride’ per la nostra incapacità a prevedere e progettare, e che lo lascia fare quello che vuole mentre noi veniamo subissati da una babele di informazioni che si rincorrono, senza poter discernere su che basi esse affondino le loro radici.    

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Ma, ritornando alla giornata della memoria, cito, in chiusura di questo mio scritto, una frase di Primo Levi su quanto accadde allora: «Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario», ricordando che il 27 gennaio 1945 fu il giorno in cui l’esercito russo alleato entrò, avanzando da est, ad Auschwitz, giorno che fu di gioia e che non deve diventare un giorno, per dirla alla Furio Colombo (19), di memoria depressiva.

Laura Matelda Puppini.

(1) Annalisa Candido, Il mio popolo se ne ho uno. La condizione dei giovani ebrei di lingua tedesca tra fine Ottocento e primi Novecento. Alcune considerazioni da Hannah Arendt “Il futuro alle spalle”, Roma, 23 maggio 2006.

(2) Hannah Arendt, Il futuro alle spalle, Il Mulino editore, 1968. 

(3) Il campo di Sachsenhausen fu uno dei più grandi della Germania, e fu operativo dal 1936 al 1945. Una parte del campo ospitava la sede dell’«”Ispettorato dei campi di concentramento”, da cui partivano gli ordini dei comandanti delle SS a tutti i KZ in Germania e poi in tutta l’Europa soggiogata da Hitler. A Sachsenhausen furono deportate circa 200 000 persone e di queste 100 000 vi trovarono la morte. (https://it.wikipedia.org/wiki/Campo_di_concentramento_di_Sachsenhausen).

(4) Memoriale di Sachsenhausen in onore di un testimone di Geova giustiziato dai nazisti, in: https://www.jw.org/it/news/notizie-giornalisti/notizie-giornalisti-per-area/germania/memoriale-sachsenhausen-in-onore-dei-testimoni/. Ivi si legge pure che nel campo di concentramento di Sachsenhausen furono imprigionati 890 Testimoni di Geova.

(5) Da: Die Freigabe der Vernichtung Lebensunwerten Lebens (Ciò che consente la distruzione di una vita indegna di vita) del giurista Karl Binding, professore in pensione dell’Università di Lipsia, e dello psichiatra Alfred Hoche dell’Università di Friburgo, 1920, p. 54. In: https://rm.coe.int/l-olocausto-schede-sulla-storia-dei-rom/16808b1ab3.

(6) https://rm.coe.int/l-olocausto-schede-sulla-storia-dei-rom/16808b1ab3.

(7) La tragica notte del Porrajmos, in: https://www.figlidellashoah.org/pagina.asp?id=95.

(8) Carnici che scrissero la storia della democrazia: Giovanni Battista Mecchia, socialista, partigiano, deportato, in: www.nonsolocarnia.info. 13 marzo 2015.

(9) Pietro Pascoli, 41927 – I deportati, presentazione di Ferruccio Parri, prima ed. aprile 1960.

(10) Gianni Oberto, 11 ottobre 1944 “Rastrellamento a Paularo”. Testimonianze e documenti di alcuni deportati nei campi di concentramento della Germania, Chiandetti editore, 1994.

(11) Gianni Conedera, L’ultima verità, Andrea Moro ed. 2005, pp. 63-69.

(12) Citazione da Ernesto Galli Della Loggia su il ‘Corriere della sera’, in: Furio Colombo, Saremo tutti soffocati dalla memoria (divisiva), in: Il Fatto Quotidiano 23 agosto 2020.

(13). Furio Colombo, op. cit.

(14) Ivi.

(15) Ivi.

(16) http://www.internetculturale.it/it/18/news/27210/giornata-della-memoria. Testo della legge in: https://web.camera.it/parlam/leggi/00211l.htm.

(17) Furio Colombo, op. cit.

(18) Ivi.

(19) Ivi.

L’immagine che accompagna l’articolo è già da me stata utilizzata. Laura Matelda Puppini

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