Sono stata, lunedì, ad ascoltare la conferenza stampa sulla richiesta di referendum abrogativo della Legge regionale 15 aprile 2016, n. 5, relativa a: “Organizzazione delle funzioni relative al servizio idrico integrato e al servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani”.

Il testo della legge, presente in lexview-int.regione.fvg.it/fontinormative/, premette che: la Regione Fvg, in quanto Regione Autonoma può legiferare in materia, trattandosi di: «materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni, di acquedotti di interesse locale e regionale, di disciplina dei servizi pubblici di interesse regionale e assunzione di tali servizi e utilizzazione delle acque pubbliche, escluse le grandi derivazioni».

Ciò che spinge la Regione a legiferare è la «riduzione della spesa pubblica, secondo i criteri di efficienza, di efficacia e di economicità».

Insomma, la Regione dà la gestione dell’acqua, senza contropartita ad un gestore esterno unico privandone i comuni, perché intende, quasi fosse “cosa propria” fare cassa, se ho ben capito, o almeno spendere il meno possibile per il mantenimento e l’erogazione di un bene vitale e non suo. Per il gestore unico regionale ci si appella ad una vecchia legge del 2006, senza pensare che le norme si possono anche cambiare invocando proprio quell’autonomia regionale, che pare invece venga evitata per seguire pedissequamente ciò che vuole Matteo Renzi. 

Bella autonomia regionale! – dicevano ieri l’altro –  che invece di seguire i propri percorsi, passa a Cafc e poi Hera, fuori regione, acque e rifiuti, accomunati non si sa da che, come governo vuole.

Inoltre se la Regione potrebbe spendere di meno in gestione, privandone i comuni, però dovrà forse ben presto spendere di più per il mantenimento del territorio montano, mentre i cittadini dovranno sobbarcarsi bollette anche di 10 volte maggiori delle attuali, secondo i calcoli del piccolo paese di Cercivento, come ieri qualcuno diceva; non avranno il solerte operaio del comune che risponde verbalmente ed operativamente  alla chiamata del cittadino e lo fa conoscendo acquedotto e rete fognaria; dovranno magari far presente che sono senza acqua ad un numero verde che risponde dall’Albania o da chissà dove, ammesso che l’utente anziano sappia trovare detto numero e non attenda un nipote udinese per segnalare. 

E se manca l’acqua pure per siccità a “Maria” che ha le mucche da abbeverare? Verranno solerti Cafc e poi la bolognese Hera in suo aiuto? Chiediamocelo.

E se uno non riesce a pagare la bolletta, Cafc stagnerà i rubinetti non si sa dove, perché gestisce i tubi solo fino all’entrata di una abitazione. Ma anche agendo sui tubi viene a mancare l’acqua, e si sa che essa è indispensabile anche per i tessuti oculari, la pelle, ecc. ecc. e si sa che l’acqua non è di Cafc, Hera ecc. La Regione Autonoma Fvg che invoca specialità, che va al gestore unico, che pensa di fare nello specifico? Di ospitare chi non può pagare la bolletta per la pensione minima o perché non ce l’ha proprio, di lasciar danneggiare il fisico dei corregionali per mancanza di acqua, portando ad oltre  1000 i morti in più rispetto il 2014; di lasciare che cittadini soffrano di sete e mancanza di acqua con danni che si potrebbero configurare come tortura, o che? Vorremmo risposte, non ne abbiamo avute.

Ci sono economie di scala e diseconomie di scala, diceva lunedì qualcuno. In sintesi anche in questo delicatissimo settore il “tacon” potrebbe essere di gran lunga peggiore del “buso”, anche a livello economico. Ma si legifera senza pensare, almeno così pare, senza dati, proiezioni, così, andando al risparmio spicciolo senza magari configurare il danno maggiore futuro.  Povera brava massaia che sapeva fare i conti per la famiglia! Cosa penserebbe vedendo quanto sta accadendo in Fvg, al seguito del governo italiano?

Inoltre il gestore unico massifica il territorio regionale che presenta situazioni molto diversificate a livello idro- geologico.

La montagna ha le acque, ma non può utilizzarle in proprio, facendo almeno ricadere i vantaggi economici dello sfruttamento delle stesse sulle sue comunità.  Tutto viene portato via dall’Ente Regione esterno, grazie anche a qualche sindaco o delegato forse troppo frettoloso nel decidere, e donato senza contropartita a una grossa multiutility. Che l’acqua sia bene prezioso e vitale e che senza la stessa o con una sua forte limitazione si possa morire e soffrire lo sanno tutti coloro che sono cultori di film tipo western o Zorro ove il bell’eroe di turno lottava contro il proprietario terriero dei pozzi che poneva prezzi assurdi sull’acqua solo ed unicamente sua. Siamo arrivati a quanto anche nello Stato italiano ed in Regione Fvg?

Qualcuno si è chiesto quale scenario futuro avremo fra 20 anni?

Eh mah … mi dispiace tanto … Lavora, (quando lavoro non c’è), così potrai pagare l’acqua tolta al tuo comune ecc… ci sentiremo rispondere?  Invero non avremmo voluto che certe situazioni venissero create, anche se appellandosi a norme precedenti, ma potendone fare di nuove, da un Partito che si chiamava democratico e diceva di essere di sinistra. Siamo forse stati presi in giro? Chiediamocelo.

O forse, si domandava lunedì qualcuno, la legge discende da “ignoranza” in questo caso “colpevole”?

Ma un problema resta aperto: Su che cosa può vantare diritti Cafc, Hera e via dicendo? Sui tubi non sull’acqua si dice e si scrive. Ma poi si paga la bolletta per l’acqua e Cfc stagna i rubinetti per togliere acqua e non tubi suoi. Ed allora “come la mettiamo” – dico io e credo non da sola?

La zona carsica non è ricca di acque, come la città di Trieste, la zona collinare pesca acqua dalla zona montana, la bassa friulana vive di pozzi artesiani, ove di tanto in tanto. si trova atrazina, erbicida utilizzato massicciamente in agricoltura. L’atrazina non è problema nuovo, e così si poteva leggere su di un articolo datato 8 febbraio 1989, su La Repubblica, a firma di Antonio Cianciullo, ed intitolato “L’acqua all’atrazina si può bere”: «Avvelenata l’altro ieri, potabile ieri, inquinata oggi, innocua domani. Per l’acqua all’ atrazina, che milioni di persone bevono da anni, da quando l’uso massiccio di diserbanti chimici ha cominciato a contaminare le falde, è di nuovo in vista la riabilitazione. Dopo l’ordinanza del Tar che aveva annullato le deroghe firmate da Donat Cattin, il governo ha deciso di presentare un nuovo decreto che consenta ai due milioni di italiani interessati di riaprire i rubinetti. Questa volta però non si potrà usare la tecnica utilizzata nell’ 86 dal ministro della Sanità e poi prorogata per tre anni. Dopo la formale condanna della Cee e il parere del Tar, insistere sulla strada delle deroghe indiscriminate significherebbe andare a un braccio di ferro che comprometterebbe l’immagine Italia. D’ altra parte applicare la direttiva comunitaria recepita dal Parlamento senza avere fatto niente per abbassare il livello di pesticidi nell’acqua potabile vorrebbe dire mobilitare interminabili colonne di autobotti con costi e disagi notevoli. […]. Essendo un dilemma senza vie d’uscita sostanziali, il governo ne ha trovato una formale: niente più deroghe indiscriminate, ma deroghe limitate ad alcune zone specifiche. In pratica il territorio delle sei regioni interessate verrà diviso in categorie di rischio corrispondenti ai livelli di diserbanti trovati nelle acque. Là dove i pesticidi sono appena al di sopra della soglia di legge basterà una terapia breve: pochi mesi e il paziente si potrà considerare riabilitato. All’estremo opposto le aree in cui l’atrazina nuota abbondante nell’acqua potabile. Lì ci vorrà una terapia più consistente che richiederà due anni».

Ci manca però come la storia dell’atrazina sia andata a finire, mentre sempre dall’articolo di Cianciullo si viene a sapere che la Coldiretti non intendeva cedere sull’atrazina, il cui uso veniva contestato dagli “ambientalisti” per fortuna dico io, essendo l’acqua potabile bene di e per tutti. Problema quindi vecchio, non certo novità.  Ci si informi, si legga, si operi con decisione, non per prendere acqua altrui, ma per rendere potabile la propria.

Inoltre l’acqua che la regione Fvg dà al Veneto costa ai veneti meno che a chi la cede, dicevano ieri. Ma è secondo me interessante un altro parte della legge regionale n.5 del 2016, contenuta nell’articolo  2, che sancisce: il  «riconoscimento dell’acqua come bene comune e naturale e dell’accesso all’acqua come diritto umano universale, essenziale al pieno sviluppo della personalità umana e al godimento della vita»; il «riconoscimento dell’inalienabilità degli acquedotti e delle infrastrutture pubbliche ricomprese nel servizio idrico integrato regionale»; la «tutela e proprietà pubblica del patrimonio idrico, dell’ambiente naturale e dell’ecosistema»; il «rispetto della disciplina degli usi delle acque secondo criteri di solidarietà, nonché della loro razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell’ambiente, l’agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici»; l’«indisponibilità e inalienabilità di tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo». (legge n.5 del 15 aprile 2016, art. 2).

Ma forse, come politica vuole, si scrive “a” si fa “b” e si cerca di quadrare i cerchi?

E, lunedì Barazutti ed altri si chiedevano se con questa legge non si alienasse forse un bene collettivo portandolo verso un grande gruppo, con la scusa dell’economicità della spesa, togliendo pure cultura materiale finalizzata anche al mantenimento in salute del territorio montano e della collettività paesana. «Tu ti riquardis il fontanâr?» – diceva Franceschino Barazzutti, lunedì in sala Svevo, con un pizzico di nostalgia. Vi ricordate gli operai del comune che “tutto sanno” dei problemi tecnici del paese, e la fontana come luogo di incontro? Tutto gettato al vento? Inoltre le fontane permettono di bere a tutti. Ma si vogliono pare, eliminare.

E questa cultura locale, antica e funzionale, ove l’importanza dell’acqua era ben sottolineata, non viene invece ora a cozzare contro il gestore unico “foresto” che tratta acqua ed immondizie alla stessa stregua, attingendo una come fosse propria e togliendo le altre? Questa cultura non sta per caso perdendosi lasciando “a secco” in vario modo proprio la montagna? E che dire della politica di centralizzazione, mentre anche 3 grossi consorzi regionali stanno fondendosi in una grande società? Quanto la centralizzazione e la burocratizzazione allontanano i beni collettivi dalla gente! Ma cosa vuoi che sia …

Perché non si guarda alla saggezza del Trentino, invece che al dispregio del volere popolare (espresso con il referendum detto sull’acqua del 2011), con saccenza emarginato dal governo Renzi a guida pd, che sfido chiunque a non pensare che nello specifico se ne è “altamente fregato” dei cittadini e del loro parere democraticamente espresso? Inoltre il governo non può imporre così la remunerazione al gestore. Al gestore di che, fra l’altro? Dei tubi, dell’acqua inalienabile, o che? Ma come si fa ad approvare cose del genere, solo forse per far vedere ad altri, al considerato avversario politico il proprio potere, dato che non trovo altra motivazione, distruggendo i diritti del popolo non più sovrano?  Legiferare non è un gioco da videogame, non è una partita a scacchi giocata sulla testa dei cittadini. Se non vi vado bene, mandatemi via, dice Renzi ai suoi, come si trattasse di un possibile 25 luglio 1943, e senza pensare che rappresenta l’Italia intera, non solo Cuperlo e altri 4.

E mi fermo qui, sperando che anche il consiglio regionale mediti e pensi, per non esser maledetto dalle nuove generazioni e nei secoli, forse, almeno dai più.

Per ora grazie ai carnici e non solo per le loro firme per la richiesta di abrogazione di una legge mal fatta, che dice all’ art. 2 “a” e di fatto fa poi  “b”, che dona l’utilizzo di un bene nostro ad altri, senza fra l’altro alcun compenso adeguato, che non ha studio alcuno di base, tranne quello su di un molto ipotetico risparmio. Di che? Chiediamocelo, mentre in Carnia ed in Friuli si continua sempre più a morire di cancro, pare, anche in giovane età. Ma ogni caso è singolo, sulla stampa e nella conoscenza personale, e per carità, guardiamoci bene dal fare statistiche regionali. Ma questa è altra storia.  

Senza offesa per alcuno, solo per esprimere come posso quello che penso ed ho appreso lunedì 4 luglio 2016,  sperando la Regione Fvg. chiarisca, e se erro correggetemi.

 

Laura Matelda Puppini 

L’immagine è tratta, solo per corredare l’articolo, da: piazzatraunikgorizia.blogspot.com

 

 

 

 

 

 

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