«Appunti e disappunti su: “Disegno di Legge della Giunta Regionale n° 27 del 29 ottobre 2018. “Assetto istituzionale ed organizzativo del Servizio Sanitario Regionale”.

Prendendo in mano la nuova legge regionale sulla Sanità, presentata il 29.10.2018 dalla nuova maggioranza di Centro Destra scaturita dalle elezioni regionali dello scorso aprile 2018 (Lega & alleati), non può non colpire immediatamente un grossolano refuso alla prima riga: è scritto 29 ottobre 2019 anziché 2018 e se questo è l’incipit, stiamo freschi… E dire che il neo-assessore alla Sanità è un architetto, perciò attento ai dettagli!
Ma andiamo per ordine. Non sembra innanzitutto per nulla adeguato descrivere quello del Friuli Venezia Giulia come un “Servizio sanitario regionale (SSR) che garantisce buoni livelli assistenziali”, come si legge nei primi capoversi introduttivi. Ciò era vero in un passato ormai lontano. Tale affermazione richiederebbe comunque una verifica su dati concreti e oggettivi, quali ad esempio tasso di occupazione dei posti letto in ospedale, malati “fuori reparto”, tempi di attesa in Pronto Soccorso, tempi del soccorso extraospedaliero, dati sull’attività dei servizi territoriali, trattamenti specialistici obbligatoriamente lontani, sia dentro che fuori territorio aziendale o fuori Area Vasta.

La Direzione Centrale Salute
Tutti questi importanti dati (come ha rilevato la Corte dei Conti nel referto di giugno 2018) la Direzione Centrale Salute nel periodo della riforma Serracchiani aveva omesso di conoscere, far conoscere e monitorare. Ci si giustifica dicendo che questa Direzione Centrale Salute “non sarebbe stata sufficientemente valorizzata e potenziata”. Considerando però il giudizio della Corte dei Conti di cui sopra, sarebbe più appropriato affermare che la Direzione Centrale Salute è stata caratterizzata da una inaccettabile inefficienza.

Servizi territoriali
In questi 5 anni vi è stato certamente un potenziamento dei servizi territoriali e sociosanitari ma non è affatto dimostrato dalla letteratura scientifica internazionale che l’incremento delle cure territoriali possa ridurre i ricoveri dei soggetti anziani e fragili e quindi la necessità di cure ospedaliere. Infatti, le persone anziane, fragili e spesso affette da pluri-patologia, sono soggette a frequenti episodi di instabilizzazione/riacutizzazione che è difficile se non impossibile trattare in un ambito di cure primarie (a domicilio o in casa di riposo o in RSA).

Unica Azienda sanitaria

La nostra nuova azienda si chiamerà “Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale” e ingloberà la ASS n 3 (la nostra), la n 2 (Bassa Friulana) e quella Sanitaria universitaria integrata di Udine (in sintesi l’intera provincia di Udine, dalle Alpi al mare Adriatico). Le altre due Aziende Sanitarie regionali saranno quella del “Friuli Occidentale” (cioè la provincia di PN) e quella “Giuliano Isontina” (cioè le due provincie di GO e TS insieme)

Tagli ospedalieri

La riduzione della rete ospedaliera operata nella nostra Regione ha portato a tassi di occupazione dei posti letto spesso vicini al 100%, valori per i quali la letteratura scientifica internazionale ha dimostrato un incremento del rischio clinico. Quindi, definire la rete ospedaliera attualmente “ridondante”, come si legge nella relazione illustrativa, sembra azzardato: l’Italia è tra paesi europei che hanno il minor numero di posti letto in rapporto alla popolazione, insieme alla Gran Bretagna. Un recente articolo del British Medical Journal ammonisce infatti: “ulteriori riduzioni nei posti letto nella vana speranza che aumentando i servizi territoriali si riducano i ricoveri, potrebbe rivelarsi potenzialmente pericoloso per la cura dei pazienti”. Sarebbe quindi condivisibile il proposito annunciato dalla nuova Giunta Regionale nella relazione illustrativa di “rimettere mano con urgenza al sistema.” Ma poi dall’esame dell’articolato del DDL si osserva che questo è dedicato soltanto alla revisione della governance del sistema e nulla viene detto riguardo alla riqualificazione dell’offerta sanitaria, che in pratica viene rinviata sine die, poiché dalla tempistica prevista dallo stesso DDL il processo di revisione della governance andrà a concludersi a giugno del 2020, tra più di un anno e mezzo, ed è una previsione comunque ottimistica. Ma nel frattempo come si ovvierà al decadimento dell’offerta delle cure osservato in questi ultimi anni e che continua a peggiorare a velocità crescente?

Spese ospedaliere e territoriali
Non è ben definita la separazione dell’attività di cura e riabilitazione ospedaliera da quella territoriale, con il rischio, anzi la probabilità che si perpetui la confusione gestionale che ha caratterizzato l’impostazione organizzativa conseguente alla LR 17/14.
Resterebbe quindi per tutto il settore ospedaliero solo il 45 % delle risorse, cifra che si è dimostrata ampiamente insufficiente a garantire sufficienti livelli di cure ospedaliere. Sembra quindi che il legislatore voglia perseverare nel proseguimento di una strada che si è rivelata fallimentare, ricordando in proposito quanto relazionato dalla Corte dei Conti circa la grave mancanza di dati dell’attività di assistenza territoriale che ha caratterizzato tutto il quinquennio precedente. E appare evidente che a tutt’ oggi non sembrano essere intercorsi miglioramenti in tal senso, anche perché i responsabili gestionali della precedente amministrazione continuano a ricoprire tuttora posti dirigenziali. E non si vede perché oggi potrebbero far meglio.

I CAP
Un’ ulteriore conferma dell’intenzione di proseguire sul cammino della riforma Serracchiani è indirettamente fornita dalla mancata abrogazione dell’art. 20 della LR 17/14, quello che istituiva e normava i Centri di Assistenza Primaria (CAP), causa di enormi sprechi di risorse, di inefficienze, di disservizi. I CAP, non essendo abrogato il relativo articolo della LR 17/14, si intendono quindi confermati e mantenuti, quali inutili micro-carrozzoni aggiuntivi.

Organizzazione ospedaliera
L’art. 9 comma 2 relativo alle “strutture aziendali”, prevede che queste siano qualificate in “strutture complesse, semplici e piattaforme assistenziali”, specificando che a tali articolazioni organizzative sono attribuite responsabilità professionali e responsabilità gestionali.
Mentre le strutture, sia complesse che semplici, sono in pratica quelle che una volta si chiamavano divisioni e servizi (quindi i reparti ospedalieri), le piattaforme sono un’articolazione organizzativa nuova introdotta dalla riforma Serracchiani, che viene riproposta da questo DDL. L’articolo 35 della LR 17/2014 “Modello organizzativo del presidio ospedaliero” sovverte completamente, e con palese illegittimità, l’organizzazione degli ospedali: ai commi 1 e 2 si prevede che l’attività dei medici e dei dirigenti sanitari sia limitata in sostanza alla sola attività clinica, e i dipartimenti finalizzati esclusivamente allo scopo di condividere competenze cliniche e definire percorsi diagnostico-terapeutici, mentre il comma 3 attribuisce agli infermieri e al personale tecnico l’organizzazione e la gestione, in completa autonomia, delle degenze, degli ambulatori, delle risorse professionali, di tecnologie e materiali.
Si continua quindi ad attribuire agli infermieri e al personale tecnico la gestione in completa autonomia delle strutture dell’ospedale, contrariamente alla normativa vigente che pone in capo ai dirigenti, medici e sanitari, direttori di dipartimento o di struttura complessa, la responsabilità della gestione. Infermieri e tecnici decidono e operano in completa autonomia, ma a rispondere dei risultati è sempre il direttore, medico o dirigente sanitario, senza poter esercitare il necessario controllo sull’attività del personale del Comparto.
Sembra poi essere previsto un assetto per livelli di intensità di cura dell’ospedale in toto, dando a quest’ultimo l’assetto di un presidio di rete, con la conseguenza inevitabile di disperdere il patrimonio organizzativo, culturale e operativo che caratterizza un ospedale.

Ospedali forzatamente… siamesi
L’art.9 conferma l’articolazione in presidi ospedalieri in hub e spoke (letteralmente: mozzo e raggi di una vecchia ruota di carro; cioè centrale e periferici ad esso convergenti) nell’ambito della cosiddetta Area Vasta, modello ormai accettato e funzionante. Ma il comma 4 ci riserva una sorpresa quando dà indicazioni organizzative e gestionali relative ai presidi ospedalieri con più stabilimenti ospedalieri, richiamando di fatto i disfunzionanti modelli di ospedale unico su due sedi (il cosiddetto “ospedale diffuso” del tipo “albergo diffuso”): Gorizia & Monfalcone; Latisana & Palmanova; San Daniele del Friuli & Tolmezzo; San Vito al Tagliamento & Spilimbergo. E così è chiaro che la Controriforma lascia tutto come sta, perchè vuole mantenere l’assetto organizzativo ospedaliero della riforma Serracchiani. E non importa se questi ospedali-gemelli sono distanti anche decine di chilometri l’uno dall’altro. E così si perpetuerà il fenomeno dei primari a scavalco, degli specialisti reperibili contemporaneamente su più sedi, dei malati che continueranno a girare da un lato all’altro dell’area vasta per ottenere le cure dovute, quando non al di fuori dell’Area Vasta.
E sotto il titolo “Riconversione di strutture ospedaliere” è stata decretata la soppressione dei presidi ospedalieri di Cividale, Gemona, Maniago e Sacile, trasformati in meri contenitori di attività distrettuali o in costosi scatoloni vuoti (ornati però di luccicanti verbose targhe esplicative) mentre gli H sopravvissuti annaspano tra mille difficoltà.

Forti criticità
Non si percepisce alcuna significativa possibilità di miglioramento, o anche di solo arresto del peggioramento dell’offerta delle cure, in tempi ragionevolmente brevi.
Non c’è alcun accenno nel DDL in esame (che sarà presto trasformata in Legge: vedi punto 10) per cui si possa intravedere una qualche soluzione idonea a risolvere problemi ipercritici come i disservizi e ritardi nell’ambito dell’emergenza urgenza (Pronto Soccorso e 112) e della normale accoglienza in reparti Medici (sempre più intasati), i tempi di attesa intollerabili per l’erogazione di prestazioni specialistiche varie, di indagini diagnostiche routinarie (ecografie) e finanche degli interventi chirurgici in elezione; senza dire delle lunghe estenuanti peregrinazioni verso gli H della pianura, quando non addirittura fino a Trieste per le più importanti prestazioni pneumologiche ed ultimamente anche cardiologiche; in pratica: un H spoke (Tolmezzo) che punta non più al suo H hub naturale (Udine) ma verso altro H hub di altra Area Vasta (Trieste)! E i forti disagi li subiscono maggiormente i parenti dei pazienti costretti a lunghi ingiustificati costosi spostamenti!
Da ultimo l’impatto negativo sugli operatori della sanità, a cui si è tolta la speranza di una rinascita del sistema sanitario regionale in tempi ragionevoli, una situazione frustrante inevitabilmente destinata ad approfondire la demotivazione di medici e infermieri.

Approvata la Controriforma
Il 5.12.2018 il Consiglio Regionale ha approvato la Controriforma Sanitaria con 27 sì della maggioranza (Lega, Progetto Fvg, Forza Italia, Fdi/An), 7 voti di astensione (M5s, Patto per l’Autonomia e Cittadini) e 9 contrari (Pd – Sinistre). È stato ribadito che la pura pianificazione sanitaria sarà oggetto di una riforma successiva: ad majora! E Fedriga ha comunicato tra l’altro: “Responsabilmente abbiamo scelto di non fare la riforma perfetta ma quella che nel minor tempo possibile potesse dare risposte migliori ai cittadini”. E se queste risposte sono le migliori per i problemi esposti al punto 9, c’è davvero da preoccuparsi per l’immediato futuro.

Alfio Englaro».

Da: Art. 75.  http://www.cjargne.it/libri/Controriforma.htm.

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