Questa riflessione di Franceschino Barazzutti mi pare interessante perchè pone l’accento sull’attuale sistema elettorale dove i candidati sindaci sono scelti da una coalizione di forze politiche e rischiano di non avere legami con il consiglio comunale. E può mancare loro, e questo lo dico io, anche quella ‘scuola di partito’ o quel ‘fare il portaborse di uno o dell’altro politico’ che si poteva configurare pure come una sorta di apprendistato. E scrivendo questo, vorrei solo far riflettere i lettori sulle storture a cui può portare la legge elettorale presente in Italia, come mi pare faccia Barazzutti in questo suo testo e fa Felice Besostri in un suo articolo pubblicato su “Il Manifesto” il 2 dicembre 2021, che qui propongo. Laura Matelda Puppini 

«Sindaci o podestà? (1)

Si è detto e scritto di tutto ed il contrario di tutto sulla crisi al Comune di Tolmezzo: da parte degli amministratori personalmente coinvolti, dei rappresentanti politici, dei cittadini.

Se sono comprensibili le affermazioni, anche forti e polemiche, da un lato quelle degli amministratori che si sono dimessi mirate a scaricare le responsabilità dell’accaduto sul sindaco e sui suoi sostenitori, dall’altro lato quelle del sindaco e dei suoi sostenitori mirate a scaricare le responsabilità sui consiglieri dimissionari, quanto accaduto è di estrema gravità poiché ha portato al commissariamento del Comune di Tolmezzo, capoluogo della Carnia, in un momento difficile e pertanto meriterebbe una riflessione più approfondita da parte delle forze politiche senza limitarsi all’esame delle colpe del sindaco, dell’uno o dell’altro schieramento o dei singoli consiglieri.  

Certamente è stato negativo ed irresponsabile lasciar maturare ed incancrenirsi una situazione di incomprensioni e di tensioni all’interno della maggioranza, che normalmente dovrebbero risolversi con una discussione chiarificatrice al proprio interno o nella naturale sede del consiglio comunale.  Non già con lettere di dimissioni più o meno concordate e protocollate, che hanno richiamato alla mente il defenestramento- farsa del sindaco di Roma Marino con le dimissioni dei consiglieri affidate ad un notaio. Ma questa vicenda merita di essere esaminata nelle sue cause più profonde.

Per comprendere meglio quanto accaduto in Comune di Tolmezzo bisogna risalire alla legge che prevede l’elezione diretta del sindaco da parte degli elettori e non già da parte del consiglio comunale come avveniva in passato. Questa legge pone la figura del sindaco in una posizione di superiorità non solo rispetto alla giunta comunale i cui assessori sono nominati dal sindaco, ma anche rispetto all’organo collegiale per eccellenza qual è il consiglio comunale.

Stando così le cose è facile che si creino delle situazioni per cui il sindaco tenda a fare di testa propria ed i consiglieri si sentano marginalizzati. Situazioni negative che vanno superate con la capacità del sindaco di stabilire un costante rapporto di coinvolgimento, seppur dialettico,  con i consiglieri di maggioranza e di minoranza. In poche parole con la capacità di “fare squadra”. Diversamente si giunge al commissariamento del comune. 

La vigente legge per le elezioni comunali, prevedendo l’elezione diretta del sindaco, si proponeva il rafforzamento della governabilità, ma ciò ha nei fatti comportato di fatto una riduzione dei poteri dell’organo rappresentativo delle varie sensibilità della comunità qual è il consiglio comunale, creando così l’insorgere di condizioni di ingovernabilità, che finiscono con il  consegnare sia la governabilità che la rappresentanza nelle mani di una figura estranea qual è il commissario.

Mi torna alla mente il tempo difficile del terremoto e della ricostruzione superati con riconosciuto successo, quando i sindaci e gli assessori venivano eletti dal consiglio comunale tra i componenti dello stesso consiglio. Era il consiglio che dava al sindaco ed agli assessori l’indirizzo e gli obiettivi e ne controllava la realizzazione e l’operato. Una lezione anche per il presente. A meno che ai sindaci non si preferiscano i …podestà.

Franceschino Barazzutti, già sindaco di Cavazzo Carnico».

(1). “Sindaci o podestà?” è il titolo posto da Barazzutti. Il Messaggero Veneto ha invece pubblicato, l’11 febbraio 2022, il testo di Barazzutti con titolo “Sindaci e podestà. L’alternativa al commissario”, e togliendo il termine ‘incancrenirsi’, senza però alterare la frase e forse per questioni di impaginazione. Invece, a mio avviso, il titolo dato dal noto quotidiano locale, travisa il pensiero dell’ex-sindaco di Cavazzo Carnico e, nella lingua italiana, una ‘e’ od una ‘o’ non hanno lo stesso valore. Infatti la ‘e’ unisce, la ‘o’ oppone e disgiunge. Inoltre non mi pare che Barazzutti abbia sostenuto che qualsiasi alternativa è preferibile ad un commissario, anche un sindaco – podestà, come par di capire dal Messaggero Veneto. LMP.

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Per sapere cosa penso io, invece, su questo problema vi invito, se non lo avete già fatto, a leggere, sempre su www.nonsolocarnia.info, il mio:

Sulla crisi al comune di Tolmezzo, su di una Rsa sparita, sul consiglio comunale del 10/12/2021 dove qualcosa si è incrinato definitivamente.

LMP.

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Felice Besostri.  La legge elettorale, fondamentale ma dimenticata.

«Istituzioni La battaglia per una nuova legge elettorale è quindi prioritaria, ma questa elementare verità non viene percepita. Senza mobilitazione politica e delle coscienze democratiche i migliori ricorsi non scuoteranno i giudici e la loro sensibilità costituzionale.
Votare nel 2022 o nel 2023 fa differenza, ma la differenza più importante la fa la legge elettorale con la quale si vota. Eppure le forze politiche rappresentate in questo parlamento fanno finta di non saperlo. E quale che sia la loro preferenza, proporzionale, maggioritario o misto, sembrano interessate soprattutto ad escludere gli elettori da un voto libero e personale, come richiedono l’articolo 48 della Costituzione e i principi affermati con la “storica” sentenza della Corte costituzionale numero 1 del 2014 (incostituzionalità del Porcellum).

I candidati delle liste bloccate non possono essere liberamente scelti, e nemmeno quelli dei collegi uninominali che devono a pena di nullità essere quelli proposti dalle coalizioni. Coalizioni peraltro che non hanno un capo politico unico (questo è un bene per salvaguardare le prerogative del presidente della Repubblica) e neppure un programma di governo comune. Così ha voluto il Rosatellum, e non si capisce perché le coalizioni debbano essere favorite rispetto alle liste non coalizzate, che per essere contate devono avere almeno il 3% nazionale (anche al senato, malgrado la Costituzione preveda la base regionale della sua elezione).

Le liste coalizzate, invece, basta che raggiungano l’1%: il voto non è più uguale in entrata e men che meno in uscita. Pensate ai risultati 2018 a confronto di LeU (voti 991.159, 3,28%) e Südtiroler Volkspartei (voti 128.282, 0,42% ): al senato LeU conquista 4 seggi, invece di 10, mentre la SVP ne elegge 3, invece di 1. Questo malgrado l’articolo 3 primo comma della Costituzione per il quale «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Le minoranze politiche dovrebbero avere lo stesso
trattamento delle minoranze linguistiche. Conclusione: il voto non è neppure uguale.
Per due volte il premio di maggioranza è stato annullato dalla Corte costituzionale, la prima volta perché non c’era una soglia minima in voti o seggi, la seconda perché il ballottaggio tra le prime due liste era una distorsione non giustificata. Ebbene, apparentemente nel Rosatellum non c’è premio di maggioranza, ma grazie al voto congiunto obbligatorio a pena di nullità tra seggi uninominali maggioritari e liste proporzionali a una coalizione non serve nemmeno raggiungere il 40% dei voti validi per avere il 55% dei seggi, ma con il 30-35% omogeneamente distribuito si può conquistare la maggioranza assoluta del parlamento in seduta comune, l’organo che con 58 delegati regionali aggiuntivi elegge il presidente della Repubblica e lo può mettere in stato d’accusa.

Tra il 22 gennaio 2022 e il 21 dicembre 2024 scadono otto giudici costituzionali, la maggioranza assoluta del collegio di 15 giudici. Degli 8 giudici, Giancarlo Coraggio, Giuliano Amato, Silvana Sciarra, Daria de Pretis, Nicolò Zanon, Franco Modugno, Augusto Antonio Barbera e Giulio Prosperetti, uno solo è di nomina della magistratura: tre sono di nomina del prossimo presidente della Repubblica e quattro del parlamento in seduta comune, sia che sia eletto per il quinquennio 2022-27 o 2023-28. Se il presidente della Repubblica e la futura maggioranza parlamentare fossero politicamente omogenei, non ci sarebbero più organi di garanzia indipendenti.

La battaglia per una nuova legge elettorale è quindi prioritaria, ma questa elementare verità non viene percepita. Senza mobilitazione politica e delle coscienze democratiche i migliori ricorsi non scuoteranno i giudici e la loro sensibilità costituzionale.
Il governo Draghi non è responsabile della legge elettorali, quindi dovrebbe decidere di orientare l’avvocatura dello Stato con indicazioni diverse dall’opposizione ad oltranza al rinvio in Corte costituzionale che diedero i governi Renzi, Gentiloni e Conte.
C’è un’esigenza di trasparenza nei confronti dei cittadini, cioè del popolo sovrano.

Felice Besostri».

Da https://ilmanifesto.it/la-legge-elettorale-fondamentale-ma-dimenticata/. – 2 dicembre 2021.

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Ringrazio davvero sia Franceschino che gli amici del “Comitât pe Autonomie e par il Rilanç dal Friûl”, che mi hanno segnalato e girato l’articolo di Felice Besostri. 

L’immagine che accompagna l’articolo è una elaborazione della foto di Vittorio Molinari già utilizzata in precedenza e ritrae l’attuale Municipio di Tolmezzo ai primi del Novecento. LMP.

https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2022/02/Municipio-MolinariImmagine1.jpg?fit=748%2C540&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2022/02/Municipio-MolinariImmagine1.jpg?resize=150%2C150&ssl=1Laura Matelda PuppiniETICA, RELIGIONI, SOCIETÀQuesta riflessione di Franceschino Barazzutti mi pare interessante perchè pone l'accento sull'attuale sistema elettorale dove i candidati sindaci sono scelti da una coalizione di forze politiche e rischiano di non avere legami con il consiglio comunale. E può mancare loro, e questo lo dico io, anche quella 'scuola di...INFO DALLA CARNIA E DINTORNI