Ho ascoltato a Paluzza, venerdì 15 settembre 2017, l’incontro intitolato “La legge nazionale forestale in corso di discussione in Parlamento”, promosso da Cooperativa Legno Servizi con il patrocinio di Legacoop, nel contesto di Boster 2017, che ho registrato, dopo averne chiesto il permesso, e che ho poi trascritto. Non nascondo che la proposta di legge nazionale, (il cui testo non ho trovato sul sito del Mipaaf, cioè del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali) e quindi solo così come presentata, mi è parsa espressione di un’ottica meramente economicistica, che mi spiace sia stata sposata, almeno a me così è parso, anche dalla vicecapa del servizio forestale dello Stato, dott. Alessandra Stefani.

Nel corso dell’incontro sono intervenuti: Massimo Mentil sindaco di Paluzza, in particolare per i saluti ed i ringraziamenti di rito; il Presidente di Legnoservizi Emilio Gottardo; l’on. Giorgio Zanin del Pd;  la vicecapa del corpo forestale dello Stato Alessandra Stefani ora promossa a direttrice generale, per il  Mipaaf, Gaetano Zanutti di Legacoop, Rinaldo Comino, del servizio regionale foreste. La Regione è stata completamente silenziosa, a meno che l’assessore non abbia chiuso i lavori, perché io, che mi muovo con i mezzi pubblici, alla fine delle relazioni ho dovuto andar via per prendere la corriera per Tolmezzo.

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Qualche problema che mi sono posta …

Il primo problema che ho evidenziato è quello posto dalla dott. Stefani relativo al “bosco italiano”. Nel convegno la stessa ha più volte citato questo concetto, ma io vorrei sapere come ella definirebbe, dato che mi pare ami le definizioni, le proprietà boschive in territorio italiano di Emil Eberhard, cittadino austriaco, per esempio. Sono bosco italiano?

Il secondo problema è se sia legittimo parlare di “bosco” in generale, senza coglierne gli aspetti peculiari, in un territorio che non è l’Alaska né la taiga russa, ove vi sono particolarmente conifere, come del resto nel nord Europa, in sintesi come nella fascia dell’emisfero boreale. Infatti la pecceta è una cosa, la macchia mediterranea o le faggete ed il bosco misto altra, tanto per dirne una. Ma della diversità e biodiversità ci si è ben guardati dal parlare, come non si è parlato dei macchinari e dei possibili danni arrecabili dagli stessi al territorio. Insomma io non credo sia vero quanto affermato, mi pare sempre da Emilio Gottardo, che «subiamo tutti la cultura media generale per cui gli alberi non vanno tagliati, vanno conservati sempre e comunque», perché semplicemente non è ben informato.

Infatti martellavano anche un tempo i boschi, mica è una novità, o segnavano con una striscia di vernice rossa gli alberi che dovevano venir tagliati, e detto lavoro, in Carnia, con la supervisione della forestale, veniva fatto anche da personale avventizio. E certamente non si può parlare, per le Alpi, Prealpi ed Appenini italiani, di foreste vergini, ma di boschi su cui avvenivano dei tagli mirati, controllati, con rispetto del bosco, degli abitanti, del territorio, e dei proprietari. Inoltre non si può negare, per esempio in Carnia, l’esistenza di Umberto De Antoni, di Menotti Aita ed altri, padroni pure di segherie, e non si può negare l’importanza della tutela bosco sottolineata anche nei documenti partigiani al tempo della zona libera di Carnia e dello spilimberghese. Leggere di storia, mi dico, non fa mai male.

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Bosco solo come “asset strategico”?

Agire sul bosco può avere ricadute varie: sulla respirazione, sull’assetto idrogeologico, sulle sorgenti, sugli smottamenti, sulla sicurezza delle popolazioni locali, sulla spesa pubblica. E ai tempi in cui ero bambina, i vecchi ci tenevano a che uno lasciasse, dopo aver svolto un lavoro, “dut gajat”, tutto in ordine, ma ora ….  Ma ora? Lasciare un bosco in ordine dopo il taglio non è cosa da poco conto.

In questo convegno, tenuto a mio avviso meramente nell’ottica del profitto privato, non si è però parlato di manutenzione e men che meno di tutela. La ditta viene, sale con mezzi pesanti, taglia prende e se ne va, par di capire. E poi le ramaglie ecc. ecc. chi le toglie? E poi il terreno che smotta, magari, anche per successivo dilavamento da piogge, chi lo gestisce? Chi vede come è stato lasciato il bosco? Chi, se possibile, ripianta nuovi alberi? «Oddio Puppini, questo è altro discorso». – potrebbe dirmi il solito ripieno del talvolta poco buon senso paesano. Insomma a me è parso si sposasse un approccio mordi e fuggi, senza garanzia alcuna. Per fortuna, però, la dott. Stefani ha accennato agli ultimi avvenimenti di questo periodo, «che hanno messo all’attenzione dell’intera collettività […] la fragilità di un territorio», mentre l’onorevole Giorgio Zanin ha precisato che «stiamo vivendo cambiamenti climatici epocali», che interessano anche il bosco e la popolazione, per cui, dico io, non si può parlare di boschi come si fosse negli anni 50- 60 – 70. Ma a questi temi importantissimi solo un accenno. Soluzioni? Nessuna. Pareva che ai relatori il bosco interessasse solo come “asset moderno e strategico”.

 Ma questa ottica, propria delle aziende forestali locali e non, in quanto interessate meramente all’utilizzazione del legno, non tiene conto dell’obbligo dello stato e delle regioni di mettere paletti alle pretese dell’industria privata ed anche cooperativa, attraverso norme non “in onor ed in favor” delle stesse, ma a tutela dell’ambiente e della popolazione. Invece, da un po’ di tempo, in particolare prima sotto i governi Berlusconi ma ancor più macroscopicamente con Renzi e il Pd, questo compito di tutela e difesa del cittadino e dei beni comuni pare proprio sia stato dimenticato dal Governo e dalle Regioni, che si muovono, sembra, come enti favorenti l’interesse privato. E così la lotta allo “sfruttamento indiscriminato del territorio”, da svolgere attraverso vincoli legislativi, non pare sia stata neppure presa in considerazione nella normativa nazionale in dirittura d’arrivo, ove sembra che la parola cittadini non sia mai stata citata. Ma se erro, non avendo reperito il testo, correggetemi.

E se è vero, come sostenuto da Emilio Gottardo, che «la gestione del bosco e la complessa materia dell’economia forestale, hanno assunto un’importanza strategica ed integrata con altri settori, quali l’energia, la difesa idrogeologica, la tutela del paesaggio, […] la stabilizzazione dell’economia delle aree interne, la conservazione dei luoghi di lavoro e delle competenze lavorative», non si è capito proprio come lo Stato intenda praticamente operare nel merito.

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Patrimonio forestale e tutela paesaggistica.  

Fa bene Mentil, sindaco di Paluzza, a dire che «Deve esser fatta la reale valutazione del patrimonio boschivo, tenendo conto di cosa significa patrimonio forestale in montagna, e di come si possa sfruttare seguendo una linea oculata e strategica che tenga conto della sostenibilità, e che crei ricadute socio-economiche importanti che permettano di vivere in montagna», ma restano solo parole se non si individua a chi debbano essere rivolte, e chi debba attivarsi. E le parole della politica hanno riempito questo incontro. Ma la direttrice Stefani ci aveva per fortuna avvisato che «il discorso legato alla nuova legge per le foreste sarà soprattutto politico e non tecnico», il che non fa ben sperare.

Intanto i boschi bruciano, ci ricorda sempre l’esponente nazionale del Mipaaf, senza che si riesca a fermare i piromani, dico io, fra competenze non chiare, e passaggio della forestale sotto i carabinieri.

Uno dei temi fondamentali, secondo la dott. Stefani, è quello della quantificazione della superficie forestale italiana già percorsa dal fuoco in aree ad alto rischio, ma uno dei limiti è dato, sempre secondo lei, dal fatto che ci sono varie tipologie di scale per la valutazione del rischio, prodotte dalle regioni, e si va da quelle a tre indicatori: alto medio basso, a quelle a sette. Ed in questa situazione è, a suo avviso, difficile fare un piano reale antincendi, ma io sono dell’idea che il personale non manca ai Ministeri per chiedere informazioni ed omologare ad una scala unica, per raccogliere dati e verificarne l’attendibilità, e che volere è potere, si fa per dire.

Invece, a mio avviso, appare oggi obiettivo prioritario evitare gli incendi prodotti da piromani. Infatti vorrei sapere quanti incendi boschivi sono stati definiti come originati da autocombustione.

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Altro problema affrontato è stato quello della tutela paesaggistica. Purtroppo ci avvisa Rinaldo Comino del tavolo nazionale filiera legno, che lavora dal 2012 per affrontare con vari soggetti interessati il problema dello sfruttamento del bosco, il Ministero dei Beni Culturali, inizialmente non previsto come partecipante al tavolo, e formalmente invitato solo successivamente, ma non si capisce quando, ha partecipato solo nella fase finale ai lavori che sottendono alla nuova legge. «Oddio, ragazzi, che svista!» – penso io, mentre mi viene alla mente il bosco sotto il Santuario della Madonna del monte Castellano, che fa parte degli itinerari naturalistici per tutti in Carnia, (cfr. http://www.sentierinatura.it/), trasformato, anni fa, da un taglio, non si sa da chi fatto, che pareva effettuato con una macchinetta per rasare! Per fortuna ora il verde ricresciuto ha coperto un po’ la ferita. E non vi era vista migliore se si andava un paio di anni fa al Monastero dei Bonanni, a causa del taglio di alberi secolari, con rischio per i tavolini per il gioco della tria del mille e settecento in pietra, e passaggio sul lastricato regionale di mezzi pesantissimi, che pareva lo avessero segnato. Ma se l’ottica è quella della preminenza dell’interesse privato ed individuale … ci sta. Solo per cortesia, regione, non spendere neppure un centesimo dei nostri soldi perché poi un singolo disfi con il passaggio dei suoi mezzi e per il suo tornaconto quello che abbiamo pagato di tasca nostra! Infatti non sempre passaggio e paesaggio si sposano. Comunque io alla Madonna ed al Monastero di Raveo, dopo aver portato amiche di mia figlia ed aver visto quanto, non ci vado più.

Infatti il problema della tutela paesaggistica non è solo e proprio del Ministero dei Beni Culturali, ma è anche problema del turismo, tanto che, se non erro, il Ministero sopracitato si chiama, correttamente, Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, acronimo MiBACT, Ministro Dario Franceschini.

Si sa che a fini turistici si vendono immagini accattivanti, ma poi chi si reca, sperando di beare l’occhio e l’anima, in un luogo e si trova ben altro: boschi che mi si dice in Carnia sono pure tagliati a raso, movimentazione di mezzi pesanti, rischiosissimi per l’incolumità, moto sfreccianti, in una saga del soggettivismo senza uguali, mentre la montagna si spopola e nessuno fa manutenzione, non so se vorrà più ritornare. Mi creda vicecapa e dirigente del Mipaaf, non è che dobbiamo convincere le soprintendenze ed il ministero dei beni culturali che il paesaggio italiano è bello perché è vario, il che non si sa che cosa significhi, ma dobbiamo tutelare paesaggio e turismo. Sa dottoressa, non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Un tempo comunque tagliavano, con scienza e coscienza, credo, anche se saranno esistiti anche allora i tagli abusivi, e magari rileggere un po’ di storia economica forestale facendone tesoro, non lo trovo poi così fuori luogo. Pare infatti che ora Ministero e visione economicistica abborriscano il paesaggio, ma credetemi, se uno trova il lago di Carezza spogliato da quelli del pellet, si fa per dire, non torna più, con danno inenarrabile per la nostra economia. Ma comunque niente di nuovo sotto il sole di questo nostro disastrato paese, che continua a non pensare ed a non progettare in un’ottica di insieme, persistendo, pare proprio, a guardare a comparti stagni. Si deve però riconoscere il lavoro fatto da filiera legno e dal Ministero per cercare dei punti comuni fra le regioni, onde non avere il caos, e l’importanza di conoscere le tipologie di bosco presenti sul territorio italiano, anche se non di proprietà italiana. Ma per questi aspetti richiamo alle lodevoli opere del prof. Roberto Del Favero.

Ed inoltre non si deve dimenticare, secondo me, che per sfruttare una risorsa naturale come il bosco per i secoli a venire bisogna averne cura e rispetto, tenendo conto anche del sottobosco e del sistema bosco nelle sue variabili.   

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Problemi pratici emersi nel corso del convegno.

Fra i problemi pratici che sono stati proposti, nel corso dell’incontro, sottolineo i seguenti:

  • Affrontare il discorso di una risorsa come il legno, nella maniera più prospettica possibile nel tempo, in modo che si possa sfruttare il bosco seguendo una linea oculata, strategica, sostenibile.
  • Normazione, attraverso documenti e meccanismi di sostegno, della capacità dei territori di organizzarsi in filiere o in circuiti economici che consentano, in primo luogo di costruire processi di difesa dell’economia locale, e, successivamente, di confrontarsi con il mercato.
  • Individuazione precisa di quali siano le competenze centrali e quali siano quelle regionali, ai fini di una corretta definizione degli ambiti di competenza e quindi di indirizzo e di gestione, superando, mi pare di capire, documenti come quello interregionale delle Regioni del Nord, siglato a Verona nel febbraio 2016, che già detta linee e tempi ma solo per una parte del territorio italico, pur prendendolo come riferimento e fonte.
  • Tutela delle piccole ditte, e valorizzazione del prodotto anche dal punto di vista della commercializzazione, tema trattato, nella proposta di legge, solo in riferimento ai materiali forestali di moltiplicazione.
  • Importanza di una mappatura statistica del bosco italiano.
  • Utilizzazione di prodotti secondari del bosco.
  • Miglioramento colturale del bosco per avere un prodotto di maggior qualità, anche se il tipo di legno ha valore di mercato diverso, dico io. Una cosa è il noce, altro il peccio.
  • Imposizione della vendita del legname non a corpo ma all’imposto, come anche sostenuto dalla Regione Fvg, che favorisce detta pratica attraverso incentivi (cfr. legge regionale 23 aprile 2007).
  • Problema dei controlli sulle attività boschive, a tutela dei proprietari venditori, dell’impresa boschiva, della sicurezza dei lavoratori, ed a contrasto della diffusa illegalità ancora esistente nel settore.
  • Certificazione del legname.
  • Inquinamento da emissioni di CO2 con l’uso di legno e pellet per riscaldamento.
  • Piste forestali, loro normativa, e analisi dell’impatto ambientale.

Non da ultimo, secondo me, nessuna certificazione Pefc che garantisce sia il proprietario dei boschi che il compratore può essere richiesta nel caso il proprietario di grandi estensioni di terreno boschivo e forestale sia anche colui che possiede la ditta boschiva, come nel caso di Emil Eberhard, che ha agito legittimamente, e questo è altro problema.

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Quello che non vorrei aver registrato.

Non avrei voluto sentir dire, dalla dott. Stefani ai vertici della forestale e dirigente Mipaaf, che ella, con altri del Ministero, hanno provato a far in modo di togliere i vincoli paesaggistici, dicendo a quelli della Soprintendenza che le aree di tutela paesaggistica sono state individuate negli anni 50-  60- 70, per non farle cadere sotto la speculazione edilizia, ma che ora detto problema non esiste più perché la società italiana è cambiata, che a me suona come un messaggio del tipo: venghino venghino signori, si taglia tutto… E se ho mal compreso per cortesia correggetemi, e sto esprimendo solo mie sensazioni. Inoltre se la superfice boscata è duplicata, sempre secondo la dott. Stefani, si dica a noi poveri cristiani almeno dove vi è stato questo aumento di vegetazione, e dove si va a tagliare, perché in Carnia mi pare, dai racconti, si tagli alto non basso, ove il bosco avanza occupando il prato. In sintesi potremmo in futuro avere montagne rase alla base ed a metà, con perdita di bosco anche misto e datato, e vegetazione forestale avanzante a ridosso delle case.

Non vorrei aver ascoltato poi, la dott. Stefani sostenere che per rifare un bosco ci vogliono 15 anni. Quale bosco? La pecceta, il bosco misto, o la macchia mediterranea? Ed in che condizioni? Mi scusi dott. Stefani, ma non l’ho capito.

Mi pare poi invero pericoloso quanto sostenuto dall’onorevole Giorgio Zanin, Pd, e cioè l’idea, che pare anche del vice- Ministro Olivero, che le leggi non fanno la realtà, in sintesi non normano, danno solo un indirizzo, e questa è proprio una novità che ci mancava e che apre le vie al far west nel settore e nella vita civile italiana. Perché se detto principio vale per un settore vale per tutti.

Sempre dallo stesso onorevole non avrei voluto ascoltare l’attenzione al tema “risorsa bambù”. Chissà perché mi è venuta in mente l’idea balzana e catastrofica, che prese piede anni fa, di utilizzare a gogò, anche come fonte energetica sostitutiva del petrolio, l’olio di palma, dannosissimo, per produrre il quale si è cercato e si sta cercando di distruggere il polmone della terra, la foresta amazzonica. Ormai si va a mode, penso. Come prima cosa esistono diversi tipi di bambuseae (https://it.wikipedia.org/wiki/Bambuseae), che possono crescere anche metri e metri, fino a raggiungere 40 metri di altezza e 30 di diametro. E le foreste di bambù non contemplano la nostra fauna e sottobosco. Inoltre certi tipi di bambù sono infestanti. Non da ultimo il buon Dio non ha contemplato questa pianta fra quelle autoctone, e non si sa come l’onorevole pensi di non fare un danno ambientale introducendola. Ci manca solo che diano incentivi per una cosa del genere e dopo emigreremo tutti verso altri paesi d’Europa dove non ci si sogna di sostituire boschi di latifoglie, peccete, bosco misto, con canneti. Ed alcune tipologie di bambù «possono emettere ricacci per la lunghezza di svariati metri all’anno, mentre altre possono restare nella medesima area per lunghi periodi. Se trascurate, negli anni possono diventare invasive e causare problemi colonizzando aree adiacenti a villaggi, paesi o coltivazioni». (Ivi). Inoltre non siamo in Cina, onorevole, e preferiamo vedere qui camosci e caprioli piuttosto che improbabili panda.

Ed ancora: non avrei voluto sentire, sempre dall’onorevole Zanin, che egli ritiene la legge sulla forestazione un tassello di partenza, ma che quello che viene dopo è, evidentemente, la capacità imprenditoriale di chi si misura con il bosco, con le piante. I primi che si misurano con il bosco e con le piante sono coloro che vi abitano nei paraggi, che subiscono le buone pratiche e le pessime, la buona politica forestale e la detestabile. Inoltre lo Stato deve normare le imprese private, non dare loro in mano il territorio nazionale.

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E per terminare…

Infine chiudo chiedendo al Governo ed al Mipaaf una particolare attenzione a non lasciar creare proprietà latifondistiche sul territorio sia da parte di locali che di stranieri, come invece pare stia accadendo per le Alpi e Prealpi in Carnia come in Cadore, perché i boschi come i monti, le sorgenti, l’aria e l’acqua non a caso in Inglese vengono definiti “necessities of life” per la popolazione, per tutti noi, e non possono finire in una mano sola essendo beni comuni. Ed inoltre non si deve sottovalutare altro aspetto, fatto presente dal Luogotenente veneziano al doge quando alcuni uomini della villa di Fusea avevano venduto i loro diritti sul monte di Lanza a Cristoforo Pianese di Tolmezzo, e uomini di Dierico avevano venduto i loro diritti sui monti di Jurgica ad Antonio Bruno di Tolmezzo, bergamasco, nel 1552.  Egli fece presente come detti monti e passi «si deve tenirli in comune et publico», onde nessuno se ne voglia impadronire, e se proprio si devono vendere non lo si faccia senza autorizzazione del Doge, ed inoltre faceva presente che, come i compratori li hanno comperati, potrebbero venderli ad altri. (Bartolomeo Cecchetti, La Carnia, 1873, pp. 36- 37). Più chiaro di così …

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Termino invitandovi a commentare questo mio testo ed a leggere, se non lo avete già fatto, sempre su www.nonsolocarnia:

L.M. Puppini, Marco Lepre. Eberhard, il padrone di ettari ed ettari di bosco carnico, e l’impianto della Vinadia.
Laura M Puppini. Riflessioni su boschi, tagli, norme, confini, in Fvg.
Roberto Del Favero. In merito a: L.M. Puppini “Riflessioni su boschi, tagli, norme, confini, in Fvg”.

Ho scritto queste mie riflessioni per continuare un dibattito, favorire una discussione su temi importanti, non certo per voler offendere qualcuno, che non è mio scopo. Un sentito grazie a chi mi ha invitato all’incontro ed ai relatori che hanno permesso queste mie considerazioni.

Laura Matelda Puppini.

L’immagine che correda l’articolo è quella riportata sulla locandina della manifestazione Boster. Laura Matelda Puppini

 

 

 

 

 

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