In questo mio articoletto vorrei ricordare quelle servitù militari che hanno contraddistinto la storia recente della Carnia, chiudendo confini anche mentali ed al tempo stesso creandone di nuovi non solo paesaggistici, e che hanno inciso sugli aspetti sociali e di vita quotidiana, favorendo un pensiero di destra anche estrema, contrario a qualsiasi progetto di rinnovamento culturale e sociale, ritenuto figlio del comunismo, spesso confuso con il socialismo, facendo di tutte le erbe un fascio.

Il concetto di servitù militare fu normata, una prima volta, dalla legge 20 dicembre 1932 n. 1849, e implicava di sottoporre territori interi ad una  serie di limitazioni, tutte a contenuto negativo, oltre ad un generico divieto di transito e di sosta, a persone, veicoli animali, su vie, spiazzi, mulattiere, sentieri, ecc. da determinarsi con ordinanza militare. (1).  Ma non si creda che prima non esistessero servitù militari per esempio in Carnia, dove all’inizio della prima guerra mondiale interi paesi furono vuotati dai loro abitanti, considerati ‘austriacanti’ a causa della vicinanza al confine dell’impero austro-ungarico, per far posto all’esercito in guerra. (2). Ma la storia dei presunti diritti di eserciti invasori e non invasori su terre, città, villaggi, spazi, e dei corrispettivi soprusi e doveri delle popolazioni assoggettate è storia vecchia, quasi ancestrale.  

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Ma qui io desidero parlare non di questi aspetti, ma di quelle ‘servitù militari’ in tempo di pace, che furono volute in primis  dal fascismo, e che poi replicarono, in Carnia e nel tarvisiano ma anche in Fvg, in Sardegna, in Calabria, in Trentino Alto Adige nel corso del secondo dopoguerra, con la scusa del pericolo rosso, prima ancora che venisse siglato il Patto di Varsavia. Ma credo che molti sappiano cosa è stata la guerra fredda e ne restano ancora i segni sul nostro territorio. Per esempio la giornata culturale per presentare lo spazio e la storia del villaggio di San Leopoldo, tenutasi il 3 giugno 2017, è terminata «con la visita a luoghi della nuova e recente storia: quella della guerra fredda, fra una funivia che saliva erta e ripida alla cima del monte, dove vi era una stazione radar alimentata elettricamente, (da “Base Orso a Base Cedrone”, con sistema di moto invertito, cioè manovrata a monte) ed una base nascosta, ove si dice fosse posta una testata atomica, pronta a distruggere anche gli ignari abitanti della val Canale, in caso di attacco da Est. Il tutto fu costruito dopo l’atterraggio, avvenuto il 14 agosto 1969, di un Mig sovietico, guidato da un ufficiale ungherese disertore, sulla vecchia pista dismessa di Osoppo costruita dalla Todt nel corso della seconda guerra mondiale». (2).   

Immagine relativa alla Sardegna, da http://www.today.it/cronaca/servitu-militari-sardegna-a-foras.html. Ricordo che, secondo al stessa fonte, in Sardegna esiste il 60% delle  attuali servitù militari in suolo italico. 

Ma quello che appare invero strano, è che, con le servitù militari, veniva proprio leso quel pieno diritto di proprietà di terreni, boschi ed altro, che tanto si temeva potesse essere messo in crisi dal comunismo. E non a caso, la Corte di Cassazione, intervenendo relativamente alla richiesta di un indennizzo o risarcimento per il danno subito da parte di un proprietario del comune di Grazzana poiché le servitù militari avevano soppresso i pieni diritti di godimento della sua  proprietà, riteneva non infondato il fatto che dette servitù militari gratuite potessero essere considerate illegittime in base  all’art. 42 della Costituzione, che riguarda, appunto la proprietà privata ed il suo godimento da parte di chi possiede il bene. Ma a questo punto, la Corte di Cassazione stessa introduceva il concetto di servitù negativa, senza alterazione del bene posseduto, per la quale non doveva essere corrisposto indennizzo alcuno, (4) anche se il proprietario non poteva di fatto vendere iL bene, se terreno coltivarlo, se bosco tagliarlo, e neppure accedervi.

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Sapete io mi ricordo che, fin da bambina, mio zio ed i miei nonni materni, in particolare quando passeggiavamo nella campagna di Cavazzo Carnico, al mio stupore per quei filo spinato che chiudeva l’orizzonte, per quei posti di avvistamento e guardia che ogni zona di servitù militare aveva, mi ripetevano che quelli rappresentavano limiti  invalicabili, che non ci si poteva neppure avvicinare alle zone gravate da servitù militari, e che non si poteva neanche fotografare su molte montagne. E mi ricordo anche del giusto rincrescimento di coloro che si erano trovati, alla fine della seconda guerra mondiale, terreni che avrebbero potuto vendere anche con un buon guadagno, gravati da simili servitù, che impedivano qualsiasi transizione commerciale.  

E non si può che concordare con l’architetto Moreno Baccichet quando scrive che, alla fine della seconda guerra mondiale, l’intero Friuli Venezia Giulia fu trasformato in «una grande fortezza che […] non è mai stata usata per gli scopi che l’avevano vista nascere» (5), cioè arginare una possibile invasione comunista da est, ipotizzata ma mai avvenuta neppure come tentativo di sconfinamento. E Baccichet ci narra anche che «l’arco della prima linea di difesa della Fortezza Fvg si chiudeva a Monte Croce Carnico», mentre negli anni cinquanta- sessanta «il genio militare esercitò la maggior pressione sul territorio imponendo estese servitù ed espropri necessari per costruire rifugi e postazioni di tiro». (6). E uno snodo importante era Paluzza, un altro Cividale. (7). E, fino al 1974, in Fvg  «il dispiegarsi delle attività militari e delle servitù coinvolgeva circa 150 comuni per una estensione di 350 mila ettari, oltre il 50% dell’intera regione».(8). Ma senza dubbio verso la fine degli anni Settanta «le esigenze militari furono ridimensionate dalle necessità della ricostruzione post-sismica» e dal deserto prodotto dai due terremoti del 1976, che misero in ginocchio il Friuli. (9). Ma non si deve pensare che allora le servitù militari fossero state sradicate per sempre.    

Copertina di una copia del volumetto relativo alle servitù militari, edito nel 1937 – Anno XV dell’era fascista. Da: https://www.ebay.it/itm/SERVITU-MILITARI-Istituto-Poligrafico-Stato-1937-Ministero-Guerra-Fascismo-Libro/132724151375?hash=item1ee6f9d44f:g:UlUAAOSwThtbX0MT.

Infatti per la Carnia non era finita e, dopo un po’ di anni, ricostruiti i paesi, venivano creati dal Ministero della Difesa anche in concerto con la Nato e l’esercito Usa, delle zone di addestramento e dei poligoni di tiro pure in Provincia di Udine, di cui uno è quello del Monte Bivera, un altro quello dei Rivoli Bianchi di Tolmezzo, uno è quello dei Rivoli Bianchi di Venzone, un altro quello di Rio Uccelli verso San Leopoldo, ed uno è quello sito a Valle Musi. Ma in Italia esistono ben 151 poligoni di tiro nazionali a cielo aperto (10), cifra che comprende anche quelli già citati, E ben 7 sono posti in zona Meduno-Cellina, uno sul monte Cjaurlec,  uno a Cao Malnisio ed uno a Dandolo nel pordenonese, a cui va sommato il gruppo formato da 7 poligoni detti ‘Tagliamento’, e contraddistinti dalle sigle: T5, T5/1, T3C, T4E, T4F, T5, T6, siti in territori delle province di Udine e Pordenone(11), ed uno posto all’Acquatona, in provincia di Belluno a due passi da Sappada, ora in Fvg. Insomma, dicendo che nella montagna carnica e friulana le servitù militari sono terminate si farebbe un grosso errore.

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Correva l’anno 1979 quando il senatore carnico e socialista Bruno Lepre presentava, il 2 ottobre, nel corso di una seduta del senato, una interrogazione al Ministro della Difesa per conoscere «i motivi dei gravi ritardi della pubblicazione del regolamento attuativo della legge di riforma delle servitù militari» (12) e per sapere «quali urgenti provvedimenti intende adottare per immediatamente sospendere ogni attività nel poligono di tiro di recente istituito nella zona di Casera Razzo-Bivera ai confini tra le province di Udine e Belluno, nel cuore di un parco naturale istituito dalla Regione Friuli – Venezia Giulia e in zona dove si sta sviluppando un grosso programma di insediamenti turistici con grossi impegni finanziari da parte della Regione medesima; quali iniziative intende intraprendere per bloccare l’istituzione di quattro depositi nella Regione Friuli – Venezia Giulia, tra cui uno nei pressi del ricostruendo centro di Osoppo, completamente distrutto dagli eventi sismici del 1976, iniziative tutte attuate nonostante il dissenso del Comitato paritetico regionale e contro il voto unanime espresso dal Consiglio Regionale del Friuli – Venezia Giulia».  (13).

Da questo testo si veniva a sapere che, nonostante il terremoto ed il parere contrario della Regione a Statuto Speciale F-Vg,  era stato istituito un poligono di tiro, che, fra l’altro, come vedremo tra poco, non piaceva alla popolazione locale, ma che esiste ancora, come esistono i non certo sporadici sorvoli della Carnia da parte di aerei militari.

Il monte Bivera. Da: https://www.friulioggi.it/carnia/sauris/sauris-esercitazioni-militari-poligono-monte-bivera-9-giugno-2020/.  

Ma cosa era accaduto?

Nel 1979 il Ministero della Difesa, pare su pressione della Nato e degli U.S.A., aveva deciso di trasformare in poligono di tiro permanente una zona del monte Bivera di 100 Kmq di pertinenza dei comuni di Forni di Sopra, Forni di Sotto, Ampezzo, Sauris, Socchieve, Prato Carnico, Vigo di Cadore. Le amministrazioni comunali, alcune associazioni ed esponenti di partito e la popolazione carnica avevano espresso subito ed in modo deciso il loro no al poligono. «Furono giorni di lotta e di tensione contro le servitù militari e contro una scelta che avrebbe depauperato la montagna e le sue malghe»- scrive Gianni Nassivera riferendosi a quel periodo ed a quel problema. (14).

Tra l’altro i contrari al poligono di tiro sostenevano che la sua realizzazione contrastava con la legge 1102/1971 e con la legge 898/1976  sulle servitù militari, nonché con la 546/1977 sulla ricostruzione del Friuli. Vi furono in merito interrogazioni, vi fu l’interessamento al problema da parte di Sandro Pertini allora Presidente della Repubblica,  ed il motto di quei giorni fu: «Il Bivera è meglio viverlo che bombardarlo!». (15).

E sempre nel 1979, più precisamente il 22 ottobre di quell’anno, subito dopo l’istituzione del poligono di addestramento permanente sul monte Bivera, i deputati del Parito Radicale Roberto Cicciomessere,  Maria Adelaide Aglietta, Aldo Ajello, Marco Boato, Emma Bonino, Marcello Crivellini, Francesco Antonio De Cataldo, Adele Faccio, Alessandro Tessari, Maria Luisa Galli, Maria Antonietta Macciocchi, Gian Luigi Melega, Mauro Mellini, Giacinto Pannella detto Marco, Domenico Pinto, Francesco Roccella, Leonardo Sciascia e Massimo Teodori del partito radicale firmavano la seguente interrogazione:
«Al Ministro della Difesa – Per sapere –  premesso che:
1) la Regione militare nord – est ha deciso di svolgere esercitazioni militari a fuoco nel progettato poligono del monte Bivera;
2) i comuni di Sauris, Ampezzo, Forni di Sopra, Forni di Sotto, Socchieve, Enemonzo, Prato Carnico, Vigo di Cadore, la Comunità Montana della Carnia, l’Ente per lo sviluppo turistico delle Dolomiti carniche, l’Associazione Italia Nostra, hanno chiesto la sospensione delle previste esercitazioni e in generale si sono espresse contro la localizzazione del poligono nelle zone indicate dall’autorità militare, in considerazione degli effetti negativi che tali provvedimenti produrrebbero, cioè la fine di ogni altra iniziativa a carattere economico nella zootecnia, nella forestazione, nel turismo, cancellando altresì ogni provvedimento di tutela ambientale; 3) le popolazioni dei comuni interessati hanno espresso compattamente il proprio dissenso contro le esercitazioni programmate ed in un clima di grave tensione si è creato nelle zone citate;
se non si intenda, anche per motivi di ordine pubblico, sospendere le progettate esercitazioni militari in attesa della definizione fra le autorità competenti del contenzioso, anche in relazione alla progettata visita conoscitiva della Commissione difesa della Camera in Friuli, proprio in relazione alla attuazione della legge sulle servitù militari». (16).

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Ed anche l’onorevole Gian Stefano Milani, socialista, nella stessa seduta della Camera, presentava un’ interrogazione in merito al poligono del Bivera, il cui testo è il seguente: «Al Ministro della difesa . — Per sapere – premesso : che i monti di Bivera e Morareto in Carnia sono soggetti a servitù militare e più specificamente che vengono utilizzati come poligoni di tiro per le artiglierie; che in questo ultimo periodo si sono svolte esercitazioni particolarmente intense; che le popolazioni locali hanno più volte protestato e che è prevista una manifestazione per il 23 ottobre 1979 accompagnata dalla proclamazione di uno sciopero; che le località indicate insistono sui confini con l’Austria e che sono venute da questo paese delle proteste; che detti poligoni sono vicini alla località Varmost, centro turistico estivo e invernale molto frequentato anche in conseguenza d’investimenti consistenti della regione ; che la regione ha incluso detta località nel proprio piano di conservazione ambientale: che sugli stessi monti insistono malghe utilizzate per il pascolo delle mandrie mentre recentemente, dopo un periodo di piogge, si sono avuti degli smottamenti significativi dei terreni inclusi nel poligono di tiro e che la zona è comunque largamente interessata ai danni provocati dal terremoto – se il Ministro non intenda intervenire per sospendere immediatamente le esercitazioni di tiro e inoltre se non intenda abolire lo stesso poligono». (17).

E mentre ad una interrogazione ne seguiva un’altra, Il 23 ottobre 1979, primo giorno delle esercitazioni, sul monte Bivera e nei suoi pressi, i sindaci di nove comuni, due deputati ed un senatore, oltre circa mille persone, presente il sottosegretario alla difesa Martino Scovacricchi, si riunivano per protestare contro le attività militari e, penetrando di fatto illegalmente nel poligono, rendevano impossibile quel giorno l’attività militare. Ma il giorno seguente essa si svolse regolarmente.

Esercitazioni militari nel poligono del Bivera. Da: http://www.udinetoday.it/cronaca/monte-bivera-sauris-bombe-mortai-proteste.html.

«Le popolazioni dei comuni interessati hanno espresso compattamente il proprio dissenso contro le esercitazioni programmate ed un clima di grave tensione si è creato nelle zone citate» precisavano  i deputati radicali nella loro seconda interrogazione del 26 ottobre 1979, in cui ricordando le date decise per le esercitazioni sul monte Bivera, dal 23 al 31 ottobre, ribadivano i problemi sottolineati dai comuni carnici relativamente alle ripercussioni delle stesse sull’economia locale e sull’ambiente naturale, e si chiedevano se non fosse il caso, anche per motivi di ordine pubblico, di fermare dette esercitazioni. (18).  E pure Loris Fortuna, socialista, chiedeva al Ministro della Difesa se fosse  «a conoscenza delle gravi conseguenze provocate dalla decisione di istituire ampi poligoni di tiro militari sul monte Bivera e Moraretto, tanto da mobilitare migliaia di cittadini della Carnia e del Cadore decisi a bloccare le esercitazioni di tiro», e chiedeva quali urgenti provvedimenti fossero in corso per evitare che le operazioni militari continuassero  e per eliminare così «un pericoloso ed assurdo braccio di ferro con le popolazioni interessate». (19).

A queste interrogazioni rispondeva sempre Martino Scovacricchi, precisando che «un esercito ha ragion d’essere solo se gli viene offerta la possibilità di svolgere, in tempo di pace, una efficace attività di addestramento» e che l’artiglieria da montagna svolgeva «fin dal periodo prebellico le proprie scuole di tiro nel poligono di monte Bivera, con il pieno consenso delle popolazioni locali e, in particolare, dei proprietari delle malghe interessate alla zona di sgombero», e che pertanto dette esercitazioni erano consuete e si stavano svolgendo in accordo con i comuni. Non solo: le esercitazioni il 23 ottobre erano state sospese per il cattivo tempo, non certo per i dimostranti. (20).

A questo punto Roberto Cicciomessere, per i Radicali, diceva di ritenersi solo parzialmente soddisfatto da quanto detto da Scovascricchi, perché almeno il sottosegretario non aveva ritenuto il poligono definitivo, con conseguente demanializzazione di ben 8000 ettari di terreno, ma contestava che le esercitazioni del 23 ottobre fossero state fermate a causa di una nebbiolina presente e non per le persone, circa mille, ivi convenute con sindaci e politici, che erano penetrate nel poligono rendendo impossibili di fatto le attività militari. Inoltre aggiungeva «Il punto fondamentale della vicenda è che è stata necessaria la mobilitazione di centinaia di migliaia di persone, di parlamentari, di autorità, di gruppi di tutela ambientale e di tutela ecologica, per convincere il Governo a non realizzare un disastro economico ed ecologico in una zona come quella del monte Bivera, che mi pare sia stata, sulla base del piano urbanistico,  assoggettata dalla regione a tutela ambientale, e che quindi è indisponibile per le esercitazioni militari». (21).

E rammentava, inoltre, come in detta zona, esistessero «13 malghe nelle quali si trovano circa 1 .500 bovini e che vi è tutta una situazione particolare, che non rende compatibili le attività addestrative con le esigenze della popolazione» . (22).

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Il 26 ottobre 1979, il P.C.I. prendeva posizione attraverso un’interrogazione al Presidente del Consiglio dei Ministri presentata da: Arnaldo Baracetti, Giovanni Migliorini, Giulio Colomba, Antonino Cuffaro, Vito Angelini e Giorgio Macciotta, contro i depositi militari da istituire in zona Osoppo, Ronchis-Teor, San Vito al Tagliamento, Morsano al Tagliamento, «considerate anche le forti avversità manifestate dalle popolazioni e dai comuni interessati», e chiedeva la limitazione territoriale delle aree di addestramento militare «la cui individuazione deve risultare compatibile con gli obiettivi di ricostruzione delle zone terremotate, ,di sviluppo e di salvaguardia adottati dalla Regione e con le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti ai vari livelli»,ritenendo, pure, «che le esigenze di difesa del paese non possono contrastare quelle di sviluppo del territorio e delle popolazioni, né ridurre il ruolo di regione-ponte del Friuli-Venezia Giulia che, anzi, deve essere valorizzato al fine di una politica di pace e di cooperazione nel centro Europa e nell’area mediterranea » preoccupandosi, pure, «di evitare l’insorgere di un clima di contrapposizione tra le popolazioni ed i reparti militari». (23).

A detta interrogazione rispondeva il sottosegretario di Stato Martino Scovacricchi, che precisava come si fosse dato corso alla legge 24 dicembre 1976 n. 898, relativa alla nuova  regolamentazione delle servitù militari, che erano presenti per il superiore interesse difensivo nazionale, e come, in fin dei conti,  le servitù militari in Friuli fossero già  state ridotte dai 37 mila ettari iniziali a 19.352 ettari, ed al termine dell’attività di revisione, si prevedeva una ulteriore riduzione di circa il 10 per cento. Per quanto atteneva, invece,  al problema del concentramento delle aree necessarie per lo svolgimento delle esercitazioni militari, si assicurava che l’amministrazione militare risultava sensibile alle esigenze sociali delle popolazioni interessate e desiderava  soltanto poter svolgere l’attività di addestramento in pieno accordo con le autorità locali. (24).

A questo punto, però, il deputato Arnaldo  Baracetti  ricordava a Martino Scovacricchi che il Consiglio Regionale del Friuli – Venezia Giulia, il 27 febbraio del 1979, aveva votato un ordine del giorno diretto al Governo della Repubblica relativo ai problemi sollevati dall’interrogazione, che quindi non era una posizione peregrina, senza ricevere risposta alcuna. (25).

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Ma, in ogni caso, in quel lontano 1979, la reazione della gente e della politica, sortì esiti positivi anche se solo parzialmente, ma poi, scemato il fermento e la contestazione, la “vertenza del poligono militare del monte Bivera” è ripresa e continua.

E giungiamo al 9 giugno 2020 quando su friulioggi.it  è comparso un articolo intitolato: “Il poligono sul monte Bivera a Sauris “, che racconta come i due rappresentanti regionali del PD Sergio Bolzonello, capogruppo del partito in regione ed Enzo Marsilio abbiano chiesto, in forma scritta, al Ministro della Difesa di spostare almeno in autunno le esercitazioni militari sul monte Bivera a Sauris in quanto, se collocate in periodo estivo, «potrebbero danneggiare il turismo, le attività agricole e la biodiversità della zona». Infatti «l’area del poligono – scrivono i due esponenti dem al ministro della Difesa Lorenzo Guerini – si trova in un territorio che è anche di interesse produttivo e turistico, per la presenza di malghe e di agriturismi». (26).

Non da ultimo i cambiamenti climatici hanno anticipato il periodo della monticazione che potrebbe risentire delle attività del poligono previste tra il 15 maggio ed il 15 giugno. E sull’argomento Bolzanello e Marsilio hanno chiesto l’intervento del governatore della Regione Massimiliano Fedriga. Ma chissà cosa ha risposto il Ministro.

Così, anche se il continuare a tener vivo il problema delle servitù militari è importante, siamo passati ed elemosinare un cambio di data, invece che un “ed ora stop”, mentre le malghe esistono ancora, la monticazione ed il turismo pure. E almeno lo Stato Maggiore dell’Esercito, per le esercitazioni sul Monte Stabiata ha prodotto uno studio sull’impatto ambientale delle esercitazioni, ma per il nostro poligono del Bivera lo ha fatto o no? E ricordo che trattasi di esercitazioni con bombe (non si sa di che tipo) e con mortai. (27).


https://www.udine20.it/brillamento-ordigni-rivoli-bianchi-14-17-marzo/

Non solo: al poligono del Bivera si è aggiunto quello di Rivoli Bianchi di Tolmezzo che ha portato alle prese di posizione contrarie, nel marzo 2017 ma anche in seguito, di Francesco Brollo e di altri sindaci. (28).

«No allo sfruttamento del territorio e no alle esercitazioni militari, tanto meno all’inertizzazione di ordigni bellici. – si legge su:  “Brillamento bombe con protesta in Carnia”, articolo datato 15 marzo 2017-  La Carnia dice no al brillamento delle bombe della Seconda Guerra mondiale e lo fa con un’azione di protesta che, sebbene organizzata dall’oggi al domani, ha visto l’adesione di centinaia di persone.
Motivo della discordia: il provvedimento che vede l’esercito impegnato per quattro giorni, a Illegio, nelle operazioni di inertizzazione di alcuni ordigni ritrovati in Friuli. Quattro giorni che sono apparsi fin troppi per tacere il disagio e soprassedere su una questione che alla Carnia intera sta molto a cuore.

Centinaia di persone hanno aderito alla protesta pacifica ma irremovibile. I manifestanti, guidati dai sindaci, hanno scortato a passo d’uomo i mezzi militari fino alla zona demaniale, rallentando così le operazioni di brillamento che dovevano partire alle 9.30. Le operazioni di brillamento sono state regolarmente effettuate, ma in ritardo sulla tabella di marcia. Sul posto, oltre a cittadini comuni e sindaci, erano presenti anche rappresentanti di altre associazioni e del Cai di Tolmezzo.
A controllare lo svolgimento pacifico della manifestazione Digos, Carabinieri e Polizia.
“Non vogliamo che il nostro territorio diventi una discarica. Ora che anche l’ultimo alpino della caserma Cantore di Tolmezzo se n’è andato – spiega il sindaco Brollo – vogliamo puntare sul turismo e sul rilancio di un territorio che non vuole più le bombe, nè le esercitazioni militari”.
A tal proposito Brollo ha ricordato come “tra maggio e giugno la zona del poligono militare sarà nuovamente interessata da esercitazioni, per una durata complessiva di 26 giorni. Noi vogliamo salvaguardare l’ambiente e rilanciare il turismo nelle nostre zone”». (29).
Ed a fianco del sindaco di Tolmezzo c’erano gli allora sindaci di Amaro, Ampezzo, Cavazzo Carnci,   Cercivento, Socchieve e Verzegnis. Ma pare che sia servito a ben poco.

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Insomma, siamo zona depressa, o marginale, o interna, o sottosviluppata, o riserva indiana, ci stanno togliendo i servizi ed il lavoro, abbiamo subito servitù militari e ne subiamo ancora, e quando voglio pensare ad anni da cappa di piombo, mi proietto in quelli in cui fui ragazza e bambina, essendo nata nel 1951. Il nostro territorio viene privato delle acque, si pensa di farlo attraversare da un grande elettrodotto, che naturalmente è stato fatto passare come opera che ci avrebbe portato sviluppo e lavoro, ed al quale ci siamo ribellati, e siamo zona sismica e di alluvioni. Ma cosa volete che sia …  E poi qualcuno si chiede perché la gente abbandona la Carnia …

E per ora questa storia si ferma qui, in attesa della prossima puntata.

Senza intenzione di offendere alcuno. 

Laura Matelda Puppini.

Note:

(1)Cfr.https://www.gazzettaufficiale.it/atto/corte_costituzionale/caricaArticoloDefault/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1966-01 29&atto.codiceRedazionale=066C0006&atto.tipoProvvedimento=SENTENZA).

(2) Cfr. Laura Matelda Puppini, O Gorizia tu sei maledetta. Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, e non solo, la Prima Guerra Mondiale, detta «la Grande Guerra», A. Moro ed., 2016. Prima edizione online su www.storiastoriepn.it, 2014.   

(3) https://www.nonsolocarnia.info/ipotesi-e-riflessioni-dopo-aver-passeggiato-a-la-glesie-leopoldkirchen-ed-ascoltato-studiosi-locali/.

(4)Cfr.https://www.gazzettaufficiale.it/atto/corte_costituzionale/caricaArticoloDefault/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1966-01 29&atto.codiceRedazionale=066C0006&atto.tipoProvvedimento=SENTENZA).

(5) Moreno Baccichet, La fortezza Fvg, in Tiere Furlane, n. 20, p. 99.

(6) Ivi, p. 102.

(7) Ivi, p. 102 e p. 104.

(8). Ivi, p. 106.

(9) Ibidem.

(10)https://www.difesa.it/Approfondimenti/ArchivioApprofondimenti/Libro_Bianco/Documents/32091_poligoni_esercito.pdf.

(11) Ibidem.

(12) Senato della Repubblica. VIII Legislatura. 23^ seduta pubblica, 2 ottobre 1979. Interrogazione di Bruno Lepre al Ministro della Difesa. in http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/332393.pdf, p. 1190.

(13) Ibidem.

(14) Gianni Nassivera, Valori ideali e sviluppo sociale in un comune dell’Alta Carnia, Udine 2003, p. 164.

(15) Ivi, p. 132 e pp. 157- 158.

(16) “Interrogazione a risposta orale” di: Aglietta Maria Adelaide, Ajello, Boato, Bonino Emma, Cicciomessere, Crivellini, De Cataldo, Faccio Adele, Galli Maria Luisa, Macciocchi Maria Antonietta, Melega, Mellini, Pannella, Pinto, Roccella, Sciascia e Teodori.  in: Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, VIII Legislatura, discussioni, seduta del 22 ottobre 1979, interrogazioni a risposta orale, argomento: Bivera, 22/10/1979, p. 3155. (https://www.camera.it/_dati/leg08/lavori/stenografici/sed0042/sed0042.pdf).

(17) Interrogazione al Ministro della Difesa dell’ onorevole Gian Stefano Milani del P.S.I., in:  Atti Parlamentari, op. cit., p. 3150.

(18) “Interrogazione dei deputati Cicciomessere, Aglietta Maria Adelaide ,Ajello, Boato, Bonino Emma, Crivellini ,De Cataldo, Faccio Adele, Tessari Alessandro,Galli Maria Luisa, Macciocchi Maria Antonietta, Melega, Mellini, Pannella, Pinto, Roccella, Sciascia e Teodori, al ministro della difesa sulle esercitazioni sul Bivera; in: Atti Parlamentari, op. cit., seduta del 26 ottobre 1979, pp. 3439. (https://www.camera.it/_dati/leg08/lavori/stenografici/sed0046/sed0046.pdf).

(19) Ivi, , pp. 3439.

(20) Ibidem.

(21) ” Dichiarazione di soddisfazione di risposta dell’onorevole Cicciomessere in: Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, VIII Legislatura, discussioni, seduta del 26 ottobre 1979, pp. 3440 – 3441. (https://www.camera.it/_dati/leg08/lavori/stenografici/sed0046/sed0046.pdf).

(22). Ivi, p. 3441.

(23) Interrogazione degli onorevoli Baracetti, Migliorini, Colomba, Cuffaro, Angelini e Macciotta, al Presidente del Consiglio dei ministri, in: : Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, VIII Legislatura, discussioni, seduta del 26 ottobre 1979, p. 3435-3436. (https://www.camera.it/_dati/leg08/lavori/stenografici/sed0046/sed0046.pdf).

(24) Ivi, pp. 3436-3437.

(25) Ivi, p. 3437.

(26). https://www.friulioggi.it/carnia/sauris/sauris-esercitazioni-militari-poligono-monte-bivera-9-giugno-2020/

(27) Bombe e mortai a Sauris, «siamo terrorizzati dai danni ambientali. 16 ottobre 2016. (http://www.udinetoday.it/cronaca/monte-bivera-sauris-bombe-mortai-proteste.html).

(28) Brillamento bombe con protesta in Carnia. In centinaia hanno partecipato al sit-in sopra Betania per dire stop allo sfruttamento del territorio per operazioni ed esercitazioni militari. In: http://www.ilfriuli.it/articolo/Cronaca/Brillamento_bombe_con_protesta_in_Carnia/2/164316, ripreso in: http://cjalcor.blogspot.com/2017/03/anche-cavazzo-protesta-contro-le-ultime.htm.

(29). Ibidem.

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L’immagine che accompagna l’articolo è una di quelle già inserite nello stesso. Lmp. 

 

 

 

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