Questo articolo si divide in due parti e riporta, nella prima parte, alcune considerazioni sulla cosidetta “emergenza acqua”  a cui mi ha portato l’articolo di Giancarlo Bonoris, Torna l’allarme siccità, ma non è un’emergenza che nasce oggi, in: Messaggero Veneto 5 luglio 2017, e nella seconda parte il comunicato firmato da Franceschino Barazzutti per il “Comitato per la tutela delle acque del bacino montano del Tagliamento”, e da Valentino Rabassi per il “Comitato per la difesa e valorizzazione del lago”, intitolato: “Lago di Cavazzo. È tempo di un intervento complessivo”, inviatomi con email con preghiera di diffusione.

Ultime acque addio?

Articoli vari del Messaggero Veneto del mese di giugno, hanno riportato alla ribalta il problema della siccità in Friuli, reso visibile a tutti dal decreto di emergenza idrica per il Fvg firmato, il 20 giugno 2017, dalla Presidente Debora Serracchiani, che ha deciso di ridurre la portata del Tagliamento, incidendo sul minimo deflusso vitale del fiume, dimezzandolo, non si sa però con quali valutazioni complessive e consulenze operative e, pare, pensando solo alle piantagioni friulane di mais. (“Siccità: Serracchiani, decretato stato emergenza idrica in Fvg”, in: http://www.regione.fvg.it/rafvg/comunicati/, e Giampiero Cargnelutti, Moria di pesci nel Tagliamento, la rabbia dei pescatori: flusso insufficiente, in Messaggero Veneto, 23 giugno 2017). Infatti ormai in Carnia i fiumi sono ridotti a letti ghiaiosi e stanno assumendo un carattere torrentizio. Inoltre un problema così grave avrebbe dovuto far riunire il consiglio regionale per cercare soluzioni appropriate, prima di intervenire con un comunicato sull’utilizzo del fiume che ormai ha solo il greto più largo della regione. Vi è chi ha battagliato per il minimo deflusso vitale, ed ora io credo che prima di dimezzarlo, si dovrebbe come minimo pensarci, dato che le acque della montagna formano un sistema idrico e fluviale. Inoltre qualcuno i giorni scorsi diceva che non è possibile rischiare di alterare l’ambiente per quattro campi di granoturco, visto, tra l’altro, che il prezzo del mais, è basso. Insomma sarebbe come vendere una villa stupenda e sul mare della Sardegna, proprietà di tutti,  per salvare una catapecchia fatta con 4 assi e proprietà di pochi, penso io. E scrivo questo solo perchè vivo in Carnia ed ho attenzione per la mia terra, non certo per offendere qualcuno e se erro correggetemi.

Giancarlo Bonoris, sul Messaggero Veneto del 5 luglio, inizia dicendo che ormai si è alla continua emergenza siccità, un anno dopo l’altro, senza che mass media e politici prendano atto che «la disastrosa situazione attuale dei nostri fiumi regionali e dei relativi ecosistemi idrici, non è altro che il frutto della miope e dissennata assenza di programmazione della nostra politica relativamente alla gestione delle risorse idriche regionali, nonchè dei biblici ritardi di applicazione delle normative europee (leggi direttiva acque)». E nel merito io invito a leggere i miei: Laura Matelda Puppini, Quale politica per la montagna in questa Italia?”, in: www.nonsolocarnia.info, 29 febbraio 2016; Laura Matelda Puppini, Piano paesaggistico regionale e richieste della popolazione carnica, in www.nonsolocarnia.info, 1 luglio 2016; ed infine Laura Matelda Puppini, Da Carniacque a Cafc: affare strategico, fusione obbligata, o privazione dell’acqua per la montagna e de profundis per la sua autonomia?, in: www.nonsolocarnia.info, 4 gennaio 2017.

Quindi il signor Bonoris aggiunge che i pescatori, gruppo di cui da 60 anni fa parte, assistono da decenni «ai continui assalti dei portatori di interessi, al patrimonio delle nostre acque regionali, che vediamo di anno in anno ridursi per prelievi o asciutte e inquinamenti, a rigagnoli o a mere identità fisiche che di fiume possiedono più soltanto il nome». Ed egli riprende il discorso sulla S.A.D.E., comandata dal potentissimo, in epoca fascista, Giuseppe Volpi conte di Misurata, del cosiddetto gruppo veneziano, i cui disastri sono ben descritti nel volumetto di Lucio Zanier; Fatti e misfatti S.A.D.E. – E.N.E.L. in Carnia e forse una proposta di miglioramenti, Ribis, 1981. Lo Zanier dedica un capitolo del suo lavoro ai «Progetti già realizzati e danni derivati da questi» (Ivi, pp. 20-42), e fra i danni enuclea non solo gli abbassamenti delle falde e problemi dati a fauna e flora che vivono negli ecosistemi fluviali, ma anche i «danni all’ agricoltura ed ai boschi, al turismo e all’artigianato, proprio cioè a quelle tre componenti […] che dovrebbero essere il supporto indispensabile ad un decollo economico della nostra terra». (Ivi, p. 20). E su questi aspetti si sofferma anche il Bonoris, nel suo intervento sul Messaggero Veneto. «In Friuli hanno cominciato le grandi compagnie produttrici di energia idroelettrica (leggi S.a.d.e.) a mettere le mani sull’acqua pubblica, e i risultati negativi non si sono fatti attendere […]. L’acqua fuoriuscita dalla nostra Carnia è stata subito prelevata dai vari consorzi irrigui: c’erano infatti migliaia di ettari di magredi e zone aride da riempire con mais e frutteti (ora il mais non vale più nulla e le mele restano a marcire sugli alberi […]). Non basta: adesso (da alcuni anni) si parla di energia “eco sostenibile”, di nuovo energia idraulica prodotta da piccole centraline, il cui progetti, incentivati con il contributo di “certificati verdi” […] stanno provvedendo a dissecare i pochi residui torrenti rimasti in Carnia […]». Analisi corretta, penso tra me e me, mentre mi ritorna alla mente il “Comunicato del Comitato Acque delle Alpi sulla perdita di corsi d’acqua per speculazione a fini incentivi idroelettrici”, da me postato su www.nonsolocarnia.info il 22 luglio 2016, che così inizia:«La speculazione creata dagli incentivi alle rinnovabili si sta bevendo gli ultimi fiumi e torrenti liberi delle Alpi e degli Appennini; anche gli ultimi, rari corsi d’acqua ancora integri stanno scomparendo inghiottiti dalle condotte di nuovi impianti idroelettrici». Per amore di verità si deve dire che il gruppo delle cooperative carniche aveva cercato di gestire le acque in proprio, ma era stato battuto dal fascismo e dagli interessi di Giuseppe Volpi conte di Misurata ed il gruppo dei veneziani. (Cfr. per proposta carnica: Laura Matelda Puppini, Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le Cooperative Carniche (1906- 1938), Gli Ultimi, 1988, capitolo: “L’Ente autonomo Forze Idrauliche in Friuli”, pp. 175-191. Per il gruppo detto dei veneziani, cfr. Laura Matelda Puppini, Recenti elezioni amministrative. C’erano una volta destra e sinistra che non passavano per il centro…, in www.nonsolocarnia.info, 29 giugno 2017).

«Requiem per i nostri fiumi», scrive il Bonoris, ma perdere fiumi, dico io, è una catastrofe ambientale, a cui la Regione risponde dimezzando il minimo deflusso vitale al Tagliamento, e per il resto facendo orecchie da mercante, pare. Inoltre con maggiore acqua nei fiumi anche gli scarichi dei depuratori, scrive Zanier, ( che per inciso è un geologo) sarebbero più diluiti, ed in genere viene a mancare, con basse portate nei fiumi, «quell’effetto di trasporto e di diluizione che caratterizza le grandi masse d’acqua in movimento», favorendo l’inquinamento. (Lucio Zanier, op. cit., pp. 34 – 35). Inoltre la diminuzione della portata dei fiumi fa variare – sempre secondo Lucio Zanier –  l’umidità nei terreni e nell’aria, portando ad effetti di inaridimento, mentre la temperatura sale. (Ivi, p. 34). 

Per quanto riguarda poi il turismo, Lucio Zanier ricorda che la pesca sportiva nei fiumi della Carnia era una attività che attraeva turisti, come le terme di Arta con la loro acqua Pudia, andata perduta. E non bisogna dimenticare la piscicoltura.  Sull’importanza della pesca, per il turismo carnico, si sofferma anche il Bonoris. Ed in questo contesto apocalittico, che nessuno può dire non sia stato evidenziato, in particolare negli anni ’80, con numerose prese di posizione ed analisi contro la ventilata costruzione della centrale di Amaro (il volumetto di Lucio Zanier è del 1981, gli articoli comparsi su Nort, relativamente all ‘argomento “Acque” e “Val del Lago”, coprono tutto l’arco di pubblicazione del periodico della montagna edito dal gruppo Gli Ultimi),  pare che, come in precedenza, la politica “dorma” a livello di analisi e progettualità globale futura, fermandosi a meri interventi in emergenza, che ormai, essendo costanti, non sono più tali. Mi pare di ricordare le critiche di Giorgio Ferigo alle delibere di urgenza che si facevano al Comune di Comeglians, quando egli era consigliere, per moltissimi argomenti che potevano, a suo dire, seguire anche l’iter normale ed essere discussi in consiglio.
“Ultime acque addio?” – si intitolava un pezzo di Franceschino Barazzutti pubblicato su Nort, n.4, gennaio 1985. Ora forse il punto di domanda non serve più.  

Laura Matelda Puppini

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Il discorso sul Lago di Cavazzo va inserito, a mio avviso, in quello più generale sullo sfruttamento (negli anni ’80 lo si chiamava più realisticamente “rapina”) delle acque carniche. Pertanto inserisco qui il comunicato, già citato, giuntomi pochi giorni fa.

Lago di Cavazzo. È tempo di un intervento compessivo.

Ad ogni siccità i dirigenti del Consorzio di Bonifica Pianura Friulana non sanno far altro che indicare, come rimedio, la derivazione dello scarico del lago di Cavazzo o dei Tre Comuni alla rete irrigua consortile, del costo di 30 milioni di euro. Recentemente lo ha ripetuto il direttore ing. Canali come riportato dal sito on line “Il Friuli”: «È l’unica soluzione possibile – conclude Canali – ed è prevista nel Piano di tutela delle acque». Solo che l’ing. Canali nasconde la propria coda di paglia poiché volutamente “dimentica” che lo stesso Piano prevede che «In tale ambito dovrà anche essere valutata la fattibilità tecnico-economica di realizzazione di un canale di by-pass che convogli direttamente le acque della centrale di Somplago all’emissario del lago di Cavazzo con lo scopo di recuperare la naturalità del lago stesso».

A questo punto si impongono alcune considerazioni: 

La derivazione dallo scarico del lago, su cui insistono i dirigenti del Consorzio, comporta l’abbandono del più grande lago della regione all’inaccettabile destino di diventare nel tempo una palude a causa del notevole apporto di fango dallo scarico della centrale, così come dimostrato dallo studio dell’ing. Garzon commissionato dai Comuni rivieraschi e dal BIM, dallo studio dell’ing. Franzil e dai rilievi dei ricercatori dell’ISMAR di Bologna del CNR.

Di fronte a questo scenario, per non finire “infangati” assieme ai dirigenti del Consorzio, la politica e le istituzioni a tutti i livelli non possono far finta di non vedere, di non sapere e lasciare al Consorzio di fare il bello ed il cattivo tempo. Devono farsi responsabilmente carico del problema dando soluzioni complessive, non parziali, rispettose dei vari interessi, all’impiego della risorsa idrica. Devono dire chiaramente se intendono lasciare morire il lago o se, invece, prendendo esempio dalla Carinzia e della Slovenia, lo vogliono salvare, valorizzare e consegnarlo vivo e rinaturalizzato alle future generazioni, varando concrete iniziative, non calate dall’alto, ma ragionate e concordate con la popolazione ed i Comuni della Valle del Lago e del comprensorio, iniziando da quel previsto ma mai nato studio di fattibilità del by-pass del lago.

La costruzione del by-pass, captando le acque turbinate dallo scarico della centrale e convogliandole direttamente allo scarico del lago, evita che in esso confluisca acqua gelida e fango, permette, allo stesso tempo, al Consorzio di derivare l’acqua dallo scarico del lago nel torrente Leale, alla centrale di continuare a produrre energia, al lago di essere finalmente rinaturalizzato e valorizzato.  

Gli abitanti della Val del Lago non permetteranno, dopo lo sconvolgimento del lago con lo scarico in esso della centrale idroelettrica , della valle con l’autostrada e con l’oleodotto e  stazione di pompaggio sulle rive, che si impongano contro la loro volontà opere rispondenti solo ad interessi egoistici esterni  in danno  alla valle, che il lago, già asservito agli interessi idroelettrici forestieri, subisca  ulteriori servitù, che la derivazione del Consorzio sia realizzata  senza la contemporanea esecuzione del by-pass che convogli lo scarico della centrale fuori dal lago, che si cerchi di far passare la furbata dei due tempi: realizzare prima la derivazione del consorzio e poi … dimenticare il bypass del lago!  Del “bene comune acqua” non possono continuare a decidere i soliti “signori dell’acqua”.   Acqua significa democrazia!

Val del Lago, 1 luglio 2017.

 Valentino Rabassi per il “Comitato per la difesa e valorizzazione del lago”, Alesso.

Franceschino Barazzutti per il “Comitato per la tutela delle acque del bacino montano del Tagliamento”, Tolmezzo.

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L’immagine che correda queste riflessioni,  è quella che illustra l’articolo: Allarme siccità per il fiume Tagliamento ed il torrente Torre”, a cura di Peppe Caridi, 8 agosto 2012, leggibile in: http://www.meteoweb.eu/2012/08/allarme-siccita-per-il-fiume-tagliamento-e-il-torrente-torre/147399/. Laura Matelda Puppini

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