Premessa.

Le modalità e le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico e restituzione al territorio sono i due punti cardine del dibattito che ruota attorno ai disegni di legge sul grande idroelettrico, in ottemperanza alla L. 11 febbraio 2019, n. 12. Si sta consolidando l’idea di costituzione di una società regionale a maggioranza pubblica con scelta del partner tecnico di minoranza, mediante gara ad evidenza pubblica o interamente pubblica scegliendo un partner pubblico di comprovata esperienza.  Le modalità di restituzione al territorio vanno oltre al meccanismo utilizzato fino ad oggi delle compensazioni, e prevedono investimenti di ricucitura/manutenzione straordinaria e ordinaria del capitale naturale e interventi di sostegno al capitale sociale (lavoro,…) nei territori interessati.

Il pensiero di Legambiente FVG.

Nel congresso regionale del 2015 l’associazione già si esprimeva: «Legambiente rilancia la proposta di istituire un’Azienda speciale regionale, analoga a quelle operanti in Trentino-Alto Adige, che gestisca direttamente gli impianti e la produzione di energia idroelettrica, assicurando ricadute significative sull’economia regionale, e montana in particolare, maggior attenzione per la vita dei fiumi, riprendendosi un potere di governance importante su una risorsa ambientale ed economica che è di tutti assieme a tutti i soggetti pubblici esistenti e operanti nel campo idroelettrico». Dopo cinque anni, l’associazione  conferma lo spirito della proposta e privilegia, dal punto di vista della governance,  l’opzione di una società regionale interamente pubblica e partnership tecnica pubblica di provata esperienza.

L’associazione segnala inoltre, senza alcuna pretesa di esaustività, alcune proposte che, ci auguriamo, trovino riscontro  nell’apposita legge.

    1. La restituzione al territorio della gestione deve prioritariamente essere destinata alle attività di manutenzione ordinaria e straordinaria, alla riduzione degli effetti di hydropeaking e accompagnata da progetti di rinaturazione (es. Lago di Cavazzo) e di riqualificazione fluviale, nei bacini interessati dalle opere;
    2. La redazione dei piani per la gestione dei sedimenti nei rispettivi bacini, aspetto particolarmente critico generato dalle opere bagnate del grande idroelettrico e amplificato dai cambiamenti climatici, deve prevenire, ad esempio, interventi tardivi di rilevante impatto ambientale (sghiaiamento Lago di Barcis) o modalità di scarico tout court dei fondi limosi dei bacini di raccolta in quota (lago di Sauris) o il progressivo riempimento dei bacini di destinazione delle acque turbinate (Lago di Cavazzo);
    3. La destinazione di parte dell’energia rinnovabile prodotta ad uso gratuito deve promuovere e favorire la nascita, nei territori, di comunità energetiche rinnovabili;
    4. Si proceda con la moratoria nella costruzione di nuovi impianti idroelettrici a monte delle opere, essendo oltremodo significativo l’impatto del grande idroelettrico sul ciclo idrologico, sullo stato ecologico delle acque e sulla ricarica delle falde sottese;
    5. Il deflusso ecologico e la continuità fluviale a valle delle turbine devono essere sempre garantiti. Va prevista una governance apposita per la gestione delle crisi idriche, rispetto a diversi e confliggenti usi, anche in deroga a regole stabilite dalle concessioni, secondo le priorità fissate dalla legge; di converso va ottimizzata e coordinata la gestione degli invasi per la laminazione delle piene;
    6. Il contratto di fiume, strumento/processo di programmazione negoziata, dovrebbe accompagnare, in chiave progettuale, la ricaduta nelle scelte da operare nei bacini interessati, scelte coerenti con i principi dello sviluppo sostenibile e l’agenda 2030;
    7. Vanno promossi, in accordo con le università, il sistema di istruzione e formazione professionale, profili professionali utili alla gestione delle opere, al monitoraggio e manutenzione dei bacini montani, all’efficienza nell’uso della risorsa, all’apall’applicazione dell’economia circolare alla gestione del ciclo idrico integrato, … nell’ambito di una rinnovata attenzione al rapporto lavoro/ambiente.

Uno sguardo più generale sulla risorsa acqua Bene Comune.

Preludio: l’accelerazione dei cambiamenti climatici impatterà in modo significativo sul ciclo idrologico, riducendo la nevosità in modo significativo, aumentando fenomeni di siccità estive l’evapotraspirazione e l’energia  nei fenomeni metereologici

-La riduzione dell’impronta idrica deve accompagnare tutte le politiche pubbliche al fine di ridurre l’impatto di crisi idriche (agricoltura, attività produttive, consumo umano,…); appositi indicatori del modello DPSIR valuteranno l’efficacia e l’efficienza di tali politiche; Il risparmio della risorsa deve riguardare anche la pressione esercitata sulle falde artesiane a valle della linea delle risorgive con il duplice obiettivo di ridurre la pressione e rischi sanitari associati con l’estensione in profondità dell’inquinamento;

-I corsi d’acqua devono raggiungere lo stato ecologico buono al 2027 (direttiva acque). Il raggiungimento di tale obiettivo deve essere accompagnato dalla programmazione di specifiche misure impedendo altresì gli interventi che allontanano dall’obiettivo (es. derivazioni sul fiume Fella che ha uno stato ecologico appena sufficiente);

-Attenta valutazione nella progettazione di opere di regimazione idraulica e di difesa spondale edificate a seguito di violenti eventi di piena, evitando banalizzazione degli alvei e rifacendosi agli approcci e tecniche caratterizzanti la riqualificazione fluviale. Tali eventi, probabilmente indotti a loro volta da un regime incostante delle portate influenzate anche da captazioni e prelievi, determinano un deterioramento dello stato biologico dei corsi d’acqua e grave danno al mantenimento della biodiversità.

-I finanziamenti del Green deal devono occuparsi anche delle infrastrutture del ciclo idrico integrato, a seguito della vetustà delle condotte di approvvigionamento e l’icompleta opere di depurazione considerate le indicazioni che emergeranno dal Water safety plan.

L’associazione rimane in attesa dell’aggiornamento del rapporto sulle qualità delle acque superficiali e profonde previste dalla direttiva acque e redatta da ARPA FVG per esprimere ulteriori debite considerazioni e proposte sulla gestione sostenibile delle risorse idriche e sulle attività a impatto significativo.

Sandro Cargnelutti – Presidente regionale Legambiente Fvg.

L’immagine che accompagna l’articolo fotografa un tratto del torrente But in Carnia, sperando sia ancora così, ed è tratta da: http://www.robertobarbaresi.it/fiumi-torrenti/torrente-but/. Laura Matelda Puppini

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