Mi dicono: «Laura, stai attenta, non scrivere neppure più la ‘f’ di ‘foibe’ perché non sai che ti può accadere». Ma io non credo che in Italia siano stati cancellati la democrazia e il diritto di esprimere anche in forma scritta la propria opinione. In fin dei conti siamo in Europa e nel 2019.

Da tempo la destra italiana e regionale cerca di condizionare la lettura storica dei fatti accaduti nel 1943 (dopo il 25 luglio 1943, caduta del fascismo) e 1945 (fine della guerra) detti volgarmente e non con linguaggio scientifico “foibe” sostenendo spettacoli e forme di comunicazione che utilizzano l’emotività e l’immedesimazione, per trasmettere uno stereotipo dello sloveno, comunista ed assetato di sangue italiano, che lascia pochi spazi interpretativi.

Al di là della bontà di questi prodotti, ed anche del fatto che vi è libertà di espressione e scelta del soggetto nell’arte e nello spettacolo, il problema è che essi possono venir diffusi nelle scuole, come accaduto in Veneto con il fumetto ‘Foiba rossa. Norma Cossetto storia di un’italiana” in occasione della giornata del ricordo, che non ha come oggetto il soffermarsi su casi singoli onde produrre un’onda emotiva di sentimento antisloveno e men che meno mettere in imbarazzo i  premier della Slovenia e della Croazia, provocando la loro secca reazione con il grido «Viva Trieste, viva l’Istria italiana, viva la Dalmazia viva gli eredi degli esuli italiani» di Antonio Tajani, (Cfr. “Viva Istria e Dalmazia italiane”, polemica in Croazia e Slovenia per le frasi di Antonio Tajani, in: https://www.repubblica.it/esteri/2019/02/11/news/tajani_foibe_slovenia_croazia_dalmazia_croazia_italiane-218882551/), che non ha neppure chiesto agli istriani e dalmati se fossero d’accordo, ma lo ha detto così, credo per partito preso.

E ogni 10 febbraio si continua così, sulla stessa via, senza rispetto per chi fu vittima della seconda guerra mondiale e non di una guerra di confini ed ideologie, favorendo a mio avviso letture fasciste della storia ed alimentando un anticomunismo ormai troppo facile da cavalcare, privo di senso e fuori dal tempo, e facendo un uso smaccato della storia a fini politici. E intanto ci si allontana sia dal linguaggio dello storico sia dall’analisi dei fatti su fonti sia italiane che slovene, rigorosamente scelte e studiate. Infatti gli autori di testi improntati ad un certo psicologismo ed i giornalisti, in particolare quelli da rotocalco, sanno che l’emozione è aspetto importante per coinvolgere, per far immedesimare, ma con l’emozione si crea visione soggettiva degli eventi, non una loro rigorosa descrizione. E se erro correggetemi.

L’utilizzo della “strategia dell’emozione” a fini politici e di trasmissione dell’informazione viene raccontata nell’articolo di Anne Cecile Robert, intitolato, appunto “La strategia dell’emozione” in: Le monde diplomatique, Il Manifesto, febbraio 2016. Non a caso il filosofo Christophe Godin parla di «crisi della società» – si legge ivi – caratterizzata «dal dominio delle emozioni», che comporta l’idealizzazione di una vittima reale o presunta, volta per volta, che viene descritta e percepita come ripiena di virtù, dimenticando contesti, situazioni, e percorsi. Spettacolarizzazione di casi singoli e sentimento, che si sostituisce a ragione, pongono seri problemi anche alla democrazia attuale, e fanno perdere ad uomini e donne la dimensione collettiva, puntando a realizzazioni individualistiche, ed a giudizi dati sull’onda emotiva. E così «il senso critico, la cultura, la ricerca della verità si degradano».  (Anne Cecile Robert, op. cit.). Vittime sacrificali di questo iper-sentimentalismo sono spesso le donne, che sono portate sempre più a leggere stampa che favoleggia casi singoli di vip e meno vip, scordandosi l’importanza della crescita personale civile e comunitaria, non necessariamente solo individuale. (Ivi).

E mi si creda, questa nuova società, proprio perché punta all’emozione, «al fremere anziché riflettere» (Ivi), porta a poter essere maggiormente influenzati da chi sa, abilmente e disinvoltamente, usare i sentimenti ed il sentire altrui, e scrivo questo in generale. (Cfr. il mio: Donne fra sogni maschili e realtà femminili, in: www.nonsolocarnia.info).

Questo modo di procedere nulla ha a che fare con l’analisi dei fatti storici. Ma benché un dirigente scolastico credo dovrebbe sapere distinguere un testo storico da un testo letterario, come il dirigente di un Ufficio Scolastico, in Veneto il fumetto “Foiba rossa. Norma Cossetto storia di un’italiana”, che fin dal titolo propone che i fatti del 1945 siano stati determinati dall’odio sloveno verso gli italiani solo ed unicamente perché italiani, è stato distribuito nelle scuole in occasione del Giorno del Ricordo, (https://veronasettegiorni.it/attualita/giorno-del-ricordo-2019-il-comune-di-verona-dona-foiba-rossa-alle-scuole/ e ww.trevisotoday.it/attualita/giorno-del-ricordo-fumetto-norma-cossetto-30-gennaio-2019.html e http://www.padovaoggi.it/politica/fumetto-foiba-rossa-scuole-regione-veneto-padova-31-gennaio-2019.html), grazie ad un accordo fra la Regione Veneto, lUfficio scolastico regionale, lassociazione Venezia Giulia e Dalmazia, che ha sponsorizzato anche Magazzino 18 e che lo ha fatto girare per l’Italia, e la federazione delle Associazioni degli esuli. E nonostante che, notoriamente, le regioni siano in bolletta a tal punto da spremere soldi dappertutto per far quadrare i bilanci, detta iniziativa è stata finanziata con 15.000 euro, grazie a Elena Donazzan, Assessore all’ Istruzione, Formazione, Lavoro, Trasporti nella Giunta Zaia, famosa per aver, in occasione dell’inaugurazione, a Saccol di Valdobbiadene, di un cippo dedicato ai caduti della collaborazionista  X Mas per mano partigiana nel corso della seconda guerra mondiale, sostenuto che «La storia va analizzata […]  comprese le pagine più buie, e per farlo a volte sarebbe più utile, quando possibile, sentire il racconto di chi c’era piuttosto che limitarsi a quello che si legge sui libri»,  (http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2015/14-settembre-2015/scoperta-lapide-la-x-mas-saccol-interviene-elena-donazzan-2301919338108.shtml), dimenticando che la storia si scrive, primieramente, sui documenti, e che il mero utilizzo di narrazioni orali fa precipitare la descrizione di fatti storici nel caos dell’opinabile, e favorisce guerre di opinioni e travisamenti  invece che serie ricostruzioni di eventi e contesti. Ed ora ha chiesto, udite, udite, di sciogliere l’Anpi a Mattarella. (Cfr. L’assessore Donazzan “Foibe negate, Mattarella valuti di sciogliere l’Anpi, in: Il Gazzettino, 5 febbraio 2019).

E qui finisce una puntata della telenovela, che porta dritta alla mozione proposta al consiglio regionale del Fvg.

Ma chi aveva fatto innervosire l’assessore regionale del Veneto Elena Donazzan, a tal punto da farle chiedere la testa dell’intera Associazione Partigiani d’Italia? Il fatto che la sezione Anpi di Parma avesse dato il logo per patrocinare un incontro da tenersi in spazi privati cioè al cinema Astra, per la giornata del ricordo, in cui sarebbero intervenuti Sandi Volk, per parlare su: I morti delle foibe riconosciuti dalla legge, 354, quasi tutti delle forze armate dell’Italia fascista, Alessandra Kersevan con il suo filmato La foiba di Basovizza: un falso storico, e Claudia Cernigoi con il suo: Norma Cossetto: un caso tutt’altro che chiaro”, e che contemplava  la lettura di una serie di “testimonianze di antifascisti e partigiani. (http://www.ilgiornale.it/news/cronache/foibe-lanpi-parma-diventa-sponsor-convegno-revisionista-1638673.html). Ora io non entro nel merito di detti materiali, perché non li conosco, e pare che Kersevan e Cernigoi intervengano, in questo caso, ed a mio avviso, in un’ottica di botta e risposta e di contro-azione emotiva; ma quando leggo della solita reazione politica sproporzionata a loro, penso ai soliti corsi e ricorsi storici ogni volta che queste due studiose cercano di aprire la bocca, per dare una versione diversa da quella della destra anche cattolica. “Dalli alle untrici!”, “negazioniste!”, rimbomba nell’aria, e Claudia Cernigoi pare abbia ricevuto anche minacce di morte, che spero vivamente abbia segnalato ai carabinieri. Ma cosa vuoi che sia …

Così i soliti hanno iniziato, anche quest’ anno e come ogni anno, ad urlare, preventivamente,  ‘Al lupo, al lupo”: tutto già visto, tutto già sentito, accusando Kersevan e Cernigoi come il solito, come accade anno dopo anno, di negazionismo delle foibe, senza uno straccio di prova, per partito preso, tanto da far pensare a forme di persecuzione verso le due studiose da parte della destra, che, chiusa nei suoi circoli, non aspetta altro che di tappare loro la bocca e fargliela pagare perché non dicono esattamente quello che vogliono loro. Il tempo della caccia alle streghe non è finito, penso tra me e me. E pare che alcuni, forse anche di qualche associazione, abbiano fatto della lotta alle due il loro fine principale. (Cfr., relativamente all’anno scorso, il mio, pubblicato su www.nonsolocarnia.info:10 febbraio a Torino. Su quel convegno che, per qualcuno, “non s’ha da fare”, ma non si capisce perchè.).

In fin dei conti secondo Antonio Russo, assicuratore del Basento, alcuni giornalisti o studiosi triestini, ed il riferimento pare proprio sia anche a Claudia Cernigoi, «chiaramente di ideologie estremiste comuniste e spiccatamente di tendenza slovena», potrebbero andarsene a vivere oltre confine, invece che continuare a restare in Italia, quasi che noi dovessimo essere tutti antisloveni per avere il diritto di vivere sul suolo patrio, salvo poi andare in Slovenia e Croazia a cercare massaggi, mare e quant’altro. Ma è il successivo passaggio in questa logica perversa che fa paura: perché pare che quasi quasi, se non sei ferocemente antisloveno e antislavo, tu sia un negazionista delle foibe. Ma negazionista che significa? E di che? E questo atteggiamento, propugnato da alcuni, non si potrebbe configurare come una forma di razzismo e discriminazione, e di incitamento all’odio verso il popolo sloveno?

E negazionismo e riduzionismo sono due termini con cui Raoul Pupo e Roberto Spazzali intitolano un paragrafo del loro volume ‘Foibe’, scritto nel 2003, in cui attribuiscono, senza però prove di alcun tipo, alla storiografia jugoslava il fatto di accompagnarsi «in genere a valutazioni riduttive del numero degli uccisi». (Raoul Pupo, Roberto Spazzali, Foibe, ed. Il Giornale, 2018, prima ed. 2003, p. 126). Ma successivamente, e cioè nel 2012, Zdenko Cepic, Damijan Guštin, Nevenka Troha, storici dell’Università di Lubiana, nel loro: “La Slovenia durante la seconda guerra mondiale, ifsml, 2012”, a p. 382 precisano che «È molto difficile stilare elenchi esatti dei deportati scomparsi, sia per la mancanza di fonti d’archivio o di testimonianze, che per la difficoltà di mettere ordine nel susseguirsi dei fatti». E comunque Raoul Pupo e Roberto Spazzali non criminalizzano la storiografia jugoslava, anzi la valorizzano, parlando di nuova storiografia italiana e slovena, come «punto di riferimento fondamentale per comprendere cosa sia stato il fenomeno delle foibe». (Raoul Pupo, Roberto Spazzali, op. cit., pp. 163-164).

Non solo: mille problemi paiono proprio sorgere dal termine improprio ‘foibe’ «di significato simbolico e non letterale» (Raoul Pupo, Roberto Spazzali, op. cit., p. 2-3), scelto per indicare precisi fatti storici. Infatti se uno nega che quella comunemente detta la foiba di Basovizza sia una foiba ha ragione, perché dal punto di vista strutturale non è una cavità naturale carsica ma un pozzo minerario (Ivi, p. 225). Se invece si vuole intendere che in detta cavità artificiale siano stati gettati dei cadaveri di uccisi dai militari Jugoslavi, è altro paio di maniche, ed anche Zdenko Cepic, Damijan Guštin, Nevenka Troha, storici dell’ Università di Lubiana, nel loro: “La Slovenia durante la seconda guerra mondiale, ifsml, 2012” così scrivono a p. 381: «Rispetto al problema di quale atteggiamento avere nei confronti delle persone coinvolte nel regime fascista e di occupazione o presunte tali, il gruppo dirigente comunista centrale richiese all’amministrazione militare jugoslava nella Venezia Giulia di “Iniziare subito a ripulire, ma non su basi nazionali, bensì in base al fascismo”.( …).
Gli arresti furono massicci tra il 2 e l’8 maggio 1945 e furono eseguiti sulla base di elenchi preparati già durante la guerra che venivano costantemente aggiornati. Chi fu trattenuto nelle carceri, e in parte anche chi fu fucilato nei giorni successivi, era stato prima interrogato nelle sedi della Difesa popolare o dell’OZNA.

Gli arrestati facenti parte di unità militari furono inviati in campi per prigionieri di guerra, fatta eccezione per quelli che vennero fucilati nei giorni immediatamente successivi all’arresto ovvero per quelli che furono sospettati di crimini di guerra e di collaborazionismo con le truppe occupanti». Ma anche Raoul Pupo e Roberto Spazzali scrivono che: «bersagli della repressione furono gli esponenti del fascismo e del collaborazionismo locale» (Raoul Pupo, Roberto Spazzali, op. cit., p. 19), ricordano che i pezzi grossi del fascismo erano però già riusciti a fuggire e così andò a finire che «vennero ricercati i “pesci piccoli”, gli ex- squadristi in generale ben conosciuti dalla popolazione» (Ibid.), e che molti furono inviati in campi di concentramento.

Non da ultimo, anche secondo Pupo e Spazzali, studi sono stati compiuti e pubblicati da Galliano Fogar, da Giovanni Miccoli (Ivi, p. 147), il sostenitore della pacificazione che mai ci fu, e da altri, ma essi li definiscono esponenti appartenenti alla vecchia storiografia, mentre essi stessi parlano poi, nel 2003, nell’ottica di una “storiografia nuova”, revisionista, che però, a mio avviso, cancella contesti e resistenza. (Ivi, p. 162).

Questa presenza di una vecchia storiografia porta a contestare chi scrive, ancor oggi, contro ogni evidenza, che di ‘foibe’ non si parlò mai. La svolta fra nuova e vecchia storiografia, relativamente alla reazione slovena e slava del 1943 e 1945, risale al 1988, con l’uscita prima del volume di Elio Apih “Trieste”, quindi, nel 1990, successivamente da quella del volume di Roberto Spazzali: “Foibe. Un dibattito ancora aperto”. (Ivi, pp. 162-163).

Ed è questa nuova storiografia che pare abbia generato la giornata del ricordo. In cosa si differenzia questa nuova storiografia dalla vecchia? Dal fatto che considera uccisioni e arresti da parte jugoslava alla fine della seconda guerra mondiale come una epurazione preventiva, dove un ruolo non secondario è stato giocato pure dall’appartenenza nazionale.  (Ivi, p. 164). E che le cosiddette ‘ foibe’ incominciassero ad essere oggetto di attenzione da parte di tutti i partiti politici che cercavano di convergere verso un’interpretazione condivisa ma non storicamente provata, ce lo narrano Pupo e Spazzali a p. 204 del loro volume. Pare che allora ci fosse la fretta di chiudere sull’argomento, e lo si fece con l’istituzione della giornata del ricordo, che data 2004, figlia del proprio tempo. «Risiera e foibe: fenomeni distinti ma percepiti e giudicati come frutto di ideologie, metodi di lotta e sistemi politici radicalmente estranei agli ideali liberal – democratici cui si ispiravano le istituzioni dello stato italiano; non a caso è nell’ambito di quella storiografia democratica e non di altre che è partito il rinnovamento degli studi sulle foibe come pure su quello dell’esodo istriano» – scrivono Pupo e Spazzali, semplificando anche loro e decontestualizzando. (Ivi, p. 204). Nell’ambito dello studio, della ricerca, della scienza, la fretta è cattiva consigliera, penso fra me e me, e “storiografia democratica” non so cosa voglia dire.  

Perché a mio avviso non esiste storiografia democratica, ma devono esistere, in Germania, come in Francia, come in Italia, rigorosi studi storici seri e documentati che tengano conto di eventi, contesti e periodizzazione, mentre pare che sia andata a finire, con detta storiografia ‘democratica’, che la politica si sia assunta il compito dello storico.

Comunque anche Pupo e Spazzali scrivono che, per quanto riguarda il numero di persone che fu coinvolta nel 1945 in detto fenomeno storico, esso non è facilmente quantificabile, in quanto alcuni hanno parificato il numero degli scomparsi italiani a quello degli infoibati, altri hanno ampliato i numeri parlando di olocausto, altri hanno usato semplificazioni discutibili, con il solo risultato di ingenerare confusione. (Ivi, p. 24).  E se uno è stato infoibato dai militare dell’Esercito di Liberazione Sloveno, o dopo processo dei tribunali popolari è stato infoibato, dopo esser stato ucciso però, precisano Zdenko Cepic, Damijan Guštin, Nevenka Troha, op. cit., a p. 381, se di uno non si è più saputo nulla non si è più saputo nulla, ma può esser, in ipotesi da dimostrare,  finito nei campi di concentramento o nelle foibe, se uno è stato per errore posto in un elenco dove non doveva stare, è stato messo in un elenco dove non doveva stare. Ma Zdenko Cepic, Damijan Guštin, Nevenka Troha pubblicano anche dei dati: «In base ai dati forniti dalle autorità jugoslave alla Croce rossa internazionale, in Jugoslavia c’erano, nell’ ottobre 1945, 17.000 prigionieri di guerra italiani, nel gennaio 1946 ancora 12.000, nel febbraio 1947 si erano ridotti a 1000, che furono quasi tutti liberati entro il settembre dello stesso anno. Nel gennaio 1946 la Croce Rossa internazionale diffuse un elenco di italiani prigionieri di guerra o incarcerati in Jugoslavia che comprendeva complessivamente, 9.892 nomi». (Zdenko Cepic, Damijan Guštin, Nevenka Troha, op. cit., p. 374). Per quanto riguarda i corpi gettati nelle foibe o in pozzi minerari abbandonati come quello di Basovizza, si sa, da fonti orali, che una parte degli stessi erano di persone condannate dopo esser state giudicate dalla 4a armata jugoslava. E quello che pure si sa è che «le ricerche finora eseguite consentono di stabilire con sufficiente esattezza i dati riguardanti gli arrestati scomparsi che avevano, nel 1940, la loro residenza nelle province di Trieste e Gorizia. Si tratta di 1.500 persone o poco più». (Ivi, p. 382).

A me però resta un dubbio: “È solo un caso che la nuova storiografia, ad impronta nazionalistica (per la valenza che dà, nell’analisi dei fatti, all’appartenenza nazionale, come ben sottolineano Raoul Pupo e Roberto Spazzali, in: op. cit., p.164),  nasca in Italia alla morte del socialismo ed all’avvento di Berlusconi al potere? Me lo chiedo mentre la mia mente ritorna all’ articolo che ho scritto ed intitolato: “Mode storiche resistenziali e non solo: via i fatti, largo alle opinioni, preferibilmente politicamente connotate” in: www.nonsolocarnia.info, a cui rimando e che vi invito a leggere.  

E nazionale e popolare non sono la stessa cosa, come non è la stessa cosa un movimento nazionalistico ed un movimento popolare. Infatti popolo e nazione si identificano solo nel ‘Volk’ e quindi in visioni dell’ultra destra e filo naziste. Per esempio l’”Osvobodilna Fronta” viene tradotto in italiano: “Fronte di Liberazione del Popolo Sloveno”, mentre in: Zdenko Cepic, Damijan Guštin, Nevenka Troha, op. cit., a p. 82 viene tradotto: “Fronte di liberazione della nazione slovena”, forse a causa del traduttore stesso.  Ma, in attesa di sapere quale sia la versione corretta, bisogna ricordare che nazionalisti non mancavano già allora nelle file partigiane, mentre i comunisti filo Urss erano in genere internazionalisti, almeno teoricamente. Perché è anche vero che, in ogni luogo, chi è stato invaso, come gli jugoslavi nel 1941, lotta per mandar via l’invasore, nello specifico i nazifascisti, ed è principalmente definibile come un patriota.

Ma andiamo oltre e ritorniamo all’oggi, a quel convegno tenutosi a Parma.

Il logo dell’Anpi per quel convegno, intitolato “Foibe e fascismo” preventivamente faceva scattare l’ira di Matteo Salvini, che, nel 2015, a Roma, sosteneva che «Nelle scuole i nostri figli studiano i fenici ma non sanno niente delle foibe» aggiungendo poi che ci sono alcuni libri che dovrebbero essere inseriti nei programmi scolastici, senza precisare però quali. «Ma del resto i professori di sinistra non hanno alcun interesse a insegnare quegli episodi della storia». (https://www.corriere.it/politica/cards/salvini-piazza-roma-citazioni-insulti-nuovo-pantheon/foibe-che-sinistra-non-racconta.shtml). Ma presentare ai ragazzi cosa accadde allora, non è a mio avviso questione di destra o sinistra, ma di analisi seria, comparata, contestualizzata, e questo vale per ogni argomento.

Inoltre, come ho già scritto, si rischia di inculcare odio per gli sloveni, sporchi rossi persecutori di italiani perché italiani. Ma poi, tra l’altro, chi si poteva allora definire italiano in Venezia Giulia?  Perché l’Italia aveva invaso, nel 1941, il Regno di Jugoslavia, e aveva già, dopo la prima guerra mondiale, deciso di trasformare chi era sotto la sua egida in italianissimo. E allora chi era italiano, allora? Chi aveva un cognome italiano? Ma vi era stata l’italianizzazione dei cognomi. Chi era fascistissimo? Poteva essere anche un italianizzato. Chi abitava in un luogo? Ma vi era stato un tale rimescolamento, che sarebbe stato arduo definire chi era veramente italiano in base al luogo di residenza. Inoltre gli sloveni ce l’avevano, a fine guerra, con chi aveva fatto loro qualcosa ed era stato collaborazionista, sia che fosse italiano, sia che fosse croato, e quindi anche con i domobranci e con i nazisti. «La fine della guerra significò […] anche una resa dei conti e fu un periodo di vendette contro il nemico sconfitto» – scrivono Zdenko Cepic, Damijan Guštin, Nevenka Troha nel volume citato a p. 374. E ci si ricordava sia le spie che i collaborazionisti, sia i nazisti sia il fiscalismo degli italiani che «le prevaricazioni nazionalistiche e poliziesche» degli stessi. (Raoul Pupo, Roberto Spazzali, op. cit., p. 10). 

Non da ultimo, sempre Pupo e Spazzali dicono che la tesi «delle foibe come atto di “genocidio nazionale”, era già presente nella propaganda dell’R.S.I., che riprese fiato nel corso del lungo dopoguerra giuliano, e che è rimasta patrimonio stabile nella cultura nazionalista giuliana «perché si inserisce perfettamente nei suoi tipici schemi di lettura dei rapporti tra italiani e slavi, imperniati sulla contrapposizione fra la civiltà latina, veneta ed italiana da un lato, e la barbarie slava volta a sradicare con ogni mezzo la presenza italiana dall’Adriatico orientale, dall’altro». (Ivi, p. 111).   

Ma quando la lettura e l’interpretazione di fatti storici viene imposta dall’alto da associazioni private e da politici di parte, non si sa come si andrà a finire.

Così Matteo Salvini, il 4 febbraio 2019 minacciava di togliere qualsiasi contributo ai negazionisti delle foibe, ma pare che coloro che egli e certa vulgata definivano così, almeno secondo il Presidente dell’Anpi di Parma, non ne avessero mai ricevuti. (https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/02/04/foibe-fdi-e-lega-accusano-lanpi-parma-promuove-evento-negazionista-falso-salvini-rivedere-i-contributi/4946159/).

Ma nel gennaio 2015, secondo il Giornale, Matteo Salvini aveva detto anche che, relativamente alla giornata della memoria, non avrebbe accettato lezioni dalla sinistra, (http://www.ilgiornale.it/news/politica/matteo-salvini-sulla-giornata-memoria-lezioni-bont-dai-1086568.html) facendo un discorso prettamente politico, figurasi per la giornata del ricordo, penso io.

 Ma per ritornare al post 4 febbraio 2019, dopo la presa di posizione di Salvini, Ministro degli Interni, troppo velocemente Debora Serracchiani interveniva al suo fianco, senza analizzare bene cosa stesse accadendo e non avendo, temo, ascoltato una parola dell’incontro su “Foibe e fascismo”. «Il giustificazionismo o peggio il negazionismo delle Foibe non sono accettabili, da qualunque parte vengano e a prescindere da un film su cui ognuno può avere la sua opinione» affermava, (https://parma.repubblica.it/cronaca/2019/02/04/news/foibe_e_fascimo_anpi_parma_nessun_negazionismo_ne_sponsorizzazione-218267367/) aggiungendo ai termini negazionismo e riduzionismo quello di giustificazionismo, in una saga degli ‘ismi’ da far paura. Perché se uno che fa una ricerca che non vada nel senso voluto dalle destre è o negazionista, o riduzionista o giustificazionista, allora si deve sposare la versione di stato e stop. Ma allora gli storici italiani possono fare le valige e smettere di cercare.

Non da ultimo, Volk, Kersevan e Cernigoi avrebbero o hanno tenuto un convegno privato e finanziato da privati, e quindi qui non si sa come lo stato o la regione sarebbero potuti intervenire se non con una azione di limitazione od ostacolo all’iniziativa privata, e forse si potrebbe parlare di violazione dell’art. 17 della Costituzione tale da poter creare un precedente e volgere verso comportamenti da regime, mentre, se di azione delittuosa trattavasi, la competenza sarebbe stata delle forze dell’ordine e dei giudici. «È necessario rivedere i contributi alle associazioni, come l’Anpi, che negano le stragi fatte dai comunisti nel dopoguerra — afferma Salvini […]». (https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/partigiani-qualita-ndash-rsquo-anpi-nega-foibe-194700.htm). Ma non mi consta che l’Anpi sia negazionista, tanto che si è data da fare a produrre un lungo documento intitolato “Il confine italo – sloveno. Analisi e riflessioni.”, che ho pubblicato anche in www.nonsolocarnia.info, e che invito a leggere con attenzione perché ripropone anche il clima e gli intenti comuni delle forze politiche all’atto di approvare l’istituzione della giornata del ricordo. Ma poi …  Infine la Costituzione Italiana così recita all’articolo 21: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».

E non si può definire uno negazionista, termine che la legge ha introdotto, secondo me sbagliando, per la shoah, su bla bla bla, per sentito dire. (Cfr. il mio: L. M. Puppini. Lu ha dit lui, lu ha dit iei. L’uso delle fonti orali nella ricerca storica. La storia di pochi la storia di tanti, in: www.nonsolocarnia.info).

E, pare che, per un qualche ignoto motivo, quest’ anno sia finito nel calderone degli insultati pesantemente, perché ritenuto negazionista, anche Eric Gobetti, insospettabile. Di questo passo, una manica di violenti si permetterà di offendere qualsiasi appaia loro “negazionista, riduzionista, giustificazionista delle foibe” e via dicendo, e questo fa paura. Io vorrei che qualcuno leggesse certe violenze gratuite che vennero per esempio scritte come commento ad articoli sul confine orientale su storiastoriepn.it., anche se credo siano stati ora cancellati. Si parlava allora della famosa poesiola: «A Pola xe l’Arena, la Foiba xe a Pisin, che i buta zò in quel fondo chi ga zerto morbin. E a chi con zerte storie fra i piè ne vegnerà, diseghe ciaro e tondo: feve più in là, più in là», ritenuta da alcuni una fonte per le uccisioni del 1945, ma essa è stata pubblicata da Giulio Italico, al secolo Giuseppe Cobol (poi italianizzatosi in “Cobolli Gigli”, al quale è dedicato uno dei ricreatori triestini), nel 1919 in un libretto dal titolo “Trieste. La fedele di Roma”.

Ma per ritornare ancora una volta all’oggi, alle dichiarazioni di Salvini seguivano quelle di Massimiliano Fedriga, presidente della Regione Fvg, che così si esprimeva: «La Regione […] si dissocia e condanna formalmente convegni come quello promosso dall’Anpi a Parma, il cui unico fine non è la ricerca di verità storiche bensì lo svilimento di un dramma vissuto dalle comunità italiane sul territorio nazionale e su quello dell’ex Jugoslavia». (https://parma.repubblica.it/cronaca/2019/02/04/news/foibe_e_fascimo_anpi_parma_nessun_negazionismo_ne_sponsorizzazione-218267367/).

Quindi si giungeva alla mozione presentata da Pietro Camber e Giuseppe Gersinich, avente come oggetto: “Sospendere ogni contributo finanziario, patrocinio o concessione a soggetti pubblici e privati che, direttamente od indirettamente, concorrano, con qualunque mezzo, a negare o ridurre il dramma delle Foibe e dell’Esodo”, che già nel titolo pone un grosso problema legale. Chi decide infatti, se vi sia negazione o riduzione del dramma delle foibe da parte di uno o dell’altro? In sintesi può la regione esercitare il potere giudiziario, punendo poi i ritenuti colpevoli? E rispetto a quale versione dei fatti, e da chi definita, si può tacciare uno di essere negazionista o riduzionista delle foibe?  Detta mozione è stata approvata secondo me un po’ troppo velocemente, senza che molti consiglieri avessero compreso la problematica legale soggiacente, e non ha fatto che dividere gli animi, con l’Unione degli Istriani che, ritenendola una proposta di legge non si sa come, ha deciso di raccogliere ‘urbi et orbi’ firme, in contrapposizione ad altra raccolta iniziata (https://www.triesteprima.it/cronaca/foibe-legge-regionale-fvg-raccolta-firme-per-dire-no-unione-degli-istriani-2-aprile-2019.html), con il risultato che sentiremo per mesi parlare solo di confine orientale ecc. ecc. anche a causa di chi, come Kersevan e Cernigoi, non riesce a non cadere nel tranello di rispondere immediatamente, e con le stesse armi. Insomma andrà a finire che fra un po’ vorremmo davvero risentire parlare dei Fenici.  

Queste sono solo due mie considerazioni in base a quanto ho letto, avvisando che non ho mai fatto e non intendo fare ricerche sul confine orientale e sui fatti detti ‘foibe’ perché non è mio campo di indagine. Prego le associazioni degli esuli e dei giuliano dalmati, potentissime all’interno dello stato italiano, almeno a me così pare, di non mettermi fra le streghe, in un mondo che parla di lotta alla violenza verso le donne, e di ricordare che mi interesso di storia resistenziale, e spero che non mi accada, per avere espresso delle mie perplessità su di una mozione, perché da questo input è partito questo mio scritto, di trovarmi riempita di ingiurie gratuite. Inoltre preciso che il gruppo Gli Ultimi di cui ho fatto parte e di cui ero l’unica donna, ha fatto prodotti di altissima qualità senza avere un centesimo di finanziamento pubblico, ed investendo soldi propri.

Senza offesa per alcuno, solo per chiarire alcune mie personalissime perplessità, vi invito a leggere queste righe. E se le ritenete negazioniste o riduzioniste, almeno ditemi perché e rispetto a quale versione dei fatti. Sempre pronta al dialogo ed alla critica costruttiva,

Laura Matelda Puppini

L’immagine che accompagna l’articolo rappresenta la copertina del volume di Raoul Pupo e Roberto Spazzali, Foibe, prima ed. 2003, seconda 2018, ed è tratta da: http://store.ilgiornale.it/prodotto/foibe/. Laura Matelda Puppini

 

 

 

 

https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2019/04/foibe-1.jpg?fit=1000%2C1000&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2019/04/foibe-1.jpg?resize=150%2C150&ssl=1Laura Matelda PuppiniSTORIAMi dicono: «Laura, stai attenta, non scrivere neppure più la ‘f’ di ‘foibe’ perché non sai che ti può accadere». Ma io non credo che in Italia siano stati cancellati la democrazia e il diritto di esprimere anche in forma scritta la propria opinione. In fin dei conti siamo...INFO DALLA CARNIA E DINTORNI