Il dott. Flavio Schiava mi ha gentilmente fornito questa sua ricerca, questi suoi grafici che parlano di distanze, problemi noti e difficoltà dell’utenza in ambito socio/sanitario, ancora validi anche se alcuni dati potrebbero risultare non recenti. Nella montagna le distanze contano, ed i trasporti pubblici pure, e se forse nascono ora più bambini di anni fa, è anche vero che, raggiunta una certa età, essi sono pronti per emigrare;  e siamo sempre più vecchi in montagna.
Che fare? Accentrare tutti in città o rendere la vita in montagna sostenibile ed anche valore? Togliere pronto soccorsi o lasciarli efficienti come prima della riforma, senza puntare ogni carta sul polo udinese? Togliere i piccoli ospedali, optando per il grande centro specialistico, ove gli anziani si possono sentire abbandonati, fuori casa e soli, senza il sostegno dei parenti, anche per patologie ove non serve il grande centro o sostenere una sanità decentrata?  Ovviamente io sono per il mantenimento dell’ospedale di Gemona e dei piccoli ospedali, per il potenziamento dei poliambulatori di vallata e per la territorializzazione di alcuni servizi. Perchè non mandare il fisioterapista a domicilio, invece che accentrare ogni servizio fisiatrico? Perchè togliere la medicina di Gemona? E l’elisoccorso non risolve il problema dell’intasamento del pronto soccorso udinese, costa, e deve atterrare anche ove si trova la persona da soccorrere, aspetto che implica che spesso vi giunga prima un’ambulanza.
Inoltre il fatto che, come pare stia accadendo a Gemona, si punti all’intervento di primo soccorso infermieristico, sempre per via del risparmio, mi sembra pericoloso per la salute dei pazienti e rischia di far esercitare ad infermieri la funzione medica. E, sinora, non ho visto che accordi regionali con i medici di base possano risolvere i problemi, come si augura l’assessore Telesca. Così infatti si legge sull’articolo di Paolo Mosanghini:  “I medici di famiglia revocano lo sciopero” , in: Messaggero Veneto, 29 giugno 2011: «È servita la mediazione del governatore Renzo Tondo per congelare la  protesta che avrebbe portato domani e venerdì allo sciopero dei mille medici di famiglia del Friuli Venezia Giulia. (…).  L’intervento di Tondo era stato chiesto dagli stessi medici, […].  I rappresentanti dei medici chiedono alla Regione il rinnovo dell’accordo integrativo regionale, una revisione dello stipendio base di circa diecimila euro in più l’anno. I sindacati hanno preso atto dello sforzo della Regione di arrivare a una soluzione, che si traduce nel mettere a disposizione per l’integrativo una somma complessiva di cinque milioni di euro, fermo restando quanto acquisito con gli integrativi precedenti.
È stato soprattutto sottolineato che queste risorse non servono a far fronte a rivendicazioni salariali, ma alla volontà comune di accrescere i servizi resi ai cittadini, e superando le disparità di trattamento economico tra medici. Tra gli obiettivi che sono stati indicati, vi sono in particolare la presenza di un collaboratore di studio o di un infermiere, e lo sviluppo della medicina di gruppo». Ma poi che ne è stato dei buoni propositi?
Ed anche se i medici di base assumessero un infermiere, che non è medico, ed agissero in gruppo (non si sa con che modalità) non solo  per non assumere un sostituto nei tempi di ferie o malattia, essi  mancano di strumenti diagnostici e di intervento immediato e si possono limitare ad inviare al pronto soccorso, come spesso accade, operando in scienza e coscienza, cioè non avendo alternative. Infatti non si può pensare di ritornare a cento o duecento anni fa, al medico di famiglia che gestiva come poteva ed al  meglio per i tempi, in unione con il farmacista,  fra l’altro lavorando dall’alba al tramonto, con interventi, compresi parti, pure di notte.  Ma lascio ora la parola a Flavio Schiava, alla sua preziosa ricerca ed ai suoi grafici. Laura Matelda Puppini

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