Pongo queste righe come riflessione per il Natale, perchè, quando diciamo che è festa di pace, ci ricordiamo che la pace non esiste per tutti, e che se il mondo vuole avere prosperità, non può andare avanti così. Ed inizio con questo breve comunicato, dal sito di Emergency, che parla di un bambino, a cui la vita è stata negata dalla guerra, come a tanti altri bambini, donne, uomini.

Afganistan, 23 novembre 2017.  NON DOVEVA SUCCEDERE.

Attraverso la finestra della sala delle medicazioni vedo le foglie muoversi nel vento. Ci siamo spostati lì per farlo morire in pace. Ma quella che doveva essere l’ultima carezza per accompagnarlo fino alla fine, è diventata un momento infinito.
Un solo desiderio: che finalmente si lasciasse andare, che si arrendesse. Io e Samiullah, l’infermiere con cui lavoro, siamo uno a destra, l’altro a sinistra del letto. Senza poter far nulla. Teniamo una mano appoggiata su quel piccolo corpo per non farlo sentire solo. Si è aggiunto anche Padshah, un nostro collega infermiere, in silenzio. Le foglie continuano la loro danza nel vento. Non mi ricordo nessun rumore, nessun altro intorno.

Ma il bambino non vuole arrendersi, quel cuore non si vuole fermare. Spostiamolo, non si sa quanto continuerà a combattere. Tutto quello che posso fare è somministrare farmaci per alleviare il dolore e sperare con tutta me stessa che faccia veramente effetto. Nient’altro.
E te ne convinci perché altrimenti non resisteresti. Prima di portarlo via, prima di farlo scomparire tra tende bianche e letti bianchi, facciamo entrare il padre.
Chiede aiuto con gli occhi, in silenzio. Combatte contro le lacrime e anche se subito non scendono, macchiando le sue guance polverose, perde quella battaglia inutile. Sono rossi. Sono lucidi. Mi guardano mentre ascoltano la voce di Padshah che spiega che non c’è più nulla da fare. Che non potevamo neanche provarci. Perché ogni tanto le mine non lasciano nulla da salvare. E lui guarda me, guarda loro, guarda la piccola creatura che giace davanti a lui. Guarda il suo bambino di quattro anni e scuote la testa. “Non doveva succedere questo, non doveva succedere”.

Quella maledetta mina gli ha portato via le gambe e gli ha distrutto la pelvi. Il cuore però continua a battere. E così i minuti passano, nel silenzio, tra quelle lacrime di dolore soppresse. (https://www.emergency.it/blog/dai-progetti/non-piangere-non-piangere-davanti-lei/).

Gino Strada. Premio Sunhak Peace” – febbraio 2017 – Against war.

Il fondatore di Emergency Gino Strada ha ricevuto il premio Sunhak peace 2017, un riconoscimento nato a Seul, capitale della Corea del Sud, nel 2015 che viene assegnato ogni anno a persone o personalità che hanno contribuito a sviluppare e diffondere la pace nel mondo e migliorare la qualità di vita dei suoi abitanti. Un premio e uno strumento per contribuire alla ricerca di una soluzione pacifica al più grande flusso di rifugiati dalla Seconda guerra mondiale. Non è un caso che proprio nel 2015, anno di nascita del Sunhak, oltre 65 milioni di persone abbiano abbandonato, spesso senza possibilità di scelta, le proprie case a causa di guerre, persecuzioni e violenze.

Perché è stato premiato Gino Strada

Tra le motivazioni che hanno portato il comitato del Sunhak a scegliere Strada ci sono “le cure offerte in prima linea alle vittime dei conflitti” e “la difesa dei diritti e della dignità delle persone attraverso la garanzia del diritto alla cura”. E ancora “l’impegno culturale contro la guerra e per la messa al bando delle mine antiuomo”. Dal 1994, infatti, Emergency ha garantito l’accesso gratuito e indiscriminato a otto milioni di persone di 17 paesi che avevano bisogno di cure medico-sanitarie. Insieme a lui, anche la dottoressa Sakena Yacoobi per aver “sviluppato programmi educativi innovativi”, ovvero l’Afghan institute of learning da lei fondato e che finora ha offerto educazione e cure sanitarie a oltre 13 milioni di rifugiati. (http://www.lifegate.it/persone/news/gino-strada-premio-sunhak-peace). Il premio “Sunhak Peace”, è stato consegnato a Gino Strada, chirurgo e cofondatore di Emergency, il 3 febbraio 2017 a Seul, nella Corea del sud.

 Questo è il discorso di accettazione del Premio “Sunhak Peace” da parte di Gino Strada

«Signore e Signori,
È un onore per me ricevere il Premio Sunhak per la Pace, soprattutto in tempi come quelli odierni, sempre più segnati da guerra e violenza e in cui ogni messaggio di pace è percepito come irreale ed utopico.

Desidero ringraziare il Rev. Sun Myung Moon ed il Dr. Hak Ja Han Moon per aver dedicato la propria vita al raggiungimento della pace universale e alla promozione dei valori fondamentali della pace, del dialogo e della cooperazione nel nome della famiglia umana. Oggi più che mai, urge la necessità di costruire un mondo migliore per le generazioni future e di creare le condizioni per una pace sostenibile.

Ho potuto vedere le atrocità della guerra ed il suo impatto devastante coi miei stessi occhi. Ho trascorso gli ultimi trent’anni della mia vita in Paesi dilaniati dalla guerra, operando pazienti in Ruanda, Perù, Etiopia, Somalia, Cambogia, Iraq, Afghanistan e in Sudan. In questi e in altri Paesi, Emergency – l’organizzazione umanitaria che ho fondato 23 anni fa – si impegna a fornire assistenza medico-chirurgica gratuita e di alta qualità alle vittime della guerra – guerra i cui effetti non si limitano ai rifugiati e ai feriti, ma hanno gravi ripercussioni sul futuro di intere generazioni.

Molti dei conflitti che ad oggi affliggono tali Paesi, riducendo le loro popolazioni a una vita di fame e miseria, sono spesso non dichiarati o deliberatamente taciuti. I massacri però continuano ad aumentare, tanto che ormai è diventato difficile ricordarli tutti. Per la maggior parte di noi, tali eventi appaiono così lontani ed estranei alla vita quotidiana: è facile ascoltare i notiziari, senza però rendersi conto che per ogni bomba, per ogni colpo di mortaio, ci sono persone che lottano per sopravvivere. Il novanta per cento delle vittime delle guerre dei nostri tempi sono rappresentate da civili, persone proprio come noi, con le stesse necessità, le stesse speranze e gli stessi desideri, per sé e per i propri cari: il desiderio di poter vivere in un mondo sicuro, di stare insieme, di essere protetti.

Secondo stime recenti, otto persone nel mondo possiedono la stessa ricchezza della metà più povera della popolazione mondiale, ovvero 3,6 miliardi di persone. Nel frattempo, ogni giorno, una persona su nove va a letto affamata’. E ci sorprendiamo ancora del fatto che sempre più persone decidano di intraprendere viaggi pericolosi in cerca di un futuro migliore.
Lo scorso anno, oltre 60 milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie case in cerca di protezione e sicurezza.
Inseguivano il sogno di vivere in pace, ma noi ci siamo mostrati sordi di fronte alle loro speranze.
‘Cosa ho fatto di male?’ – mi ha chiesto una volta un ragazzo somalo appena approdato in Sicilia. Non sono stato in grado di dargli una risposta.

Benché i migranti che giungono in Europa rappresentino solo una piccola parte dell’intera popolazione di sfollati sparsi per il mondo, la cosiddetta “crisi migratoria” ha messo allo scoperto l’ipocrisia che caratterizza l’approccio europeo alla questione dei diritti umani. Da un lato, infatti, promuoviamo fermamente i princìpi della pace, della democrazia e dei diritti fondamentali dell’uomo, mentre dall’altro, siamo impegnati nella costruzione di una fortezza fatta di muri e barriere culturali, negando l’accesso e l’aiuto di base a migliaia di persone in fuga da guerre e povertà.

Il caso dell’Afghanistan ne è un esempio emblematico.

 Negli ultimi 15 anni, l’Afghanistan è stato devastato da una nuova guerra. Ogni anno, nei nostri ospedali sparsi in tutto il Paese, registriamo un nuovo record di feriti di guerra, un terzo dei quali è costituito da bambini.
L’Afghanistan è ad oggi il secondo Paese d’origine di rifugiati di tutto il mondo (superato solo recentemente dalla Siria). Circa 3 milioni di Afghani hanno infatti cercato rifugio al di fuori del proprio Paese e vivono principalmente in Pakistan e in Iran. Per molti anni, questa tragedia è stata ignorata dai Paesi occidentali, ed è diventata una priorità solo quando i rifugiati afghani hanno iniziato a dirigersi in Europa. In risposta a questo crescente flusso migratorio, piuttosto che investire in programmi di accoglienza e di integrazione e affrontare le cause alla base del conflitto, i leader europei hanno firmato un accordo con il governo afghano, che li autorizza a deportare legalmente i richiedenti asilo, facendo fare loro ritorno in Afghanistan in cambio di aiuti finanziari.
Le vite spezzate di tutte queste persone ci spronano a riflettere, ci chiedono di intervenire per mettere fine alla spirale della guerra e della violenza.

Se davvero vogliamo impegnarci per garantire la sopravvivenza del genere umano, l’abolizione della guerra è un presupposto necessario e inevitabile. Essa rientra nell’ambito del mandato delle Nazioni Unite, organizzazione fondata 67 anni fa, anche se, ancora oggi, ben poco è stato fatto per adempiere a tale mandato originario.

Noi di Emergency crediamo fermamente che l’abolizione della guerra sia l’unica soluzione realistica ed umana per mettere fine alla sofferenza del genere umano e per promuovere i diritti umani universali. (…). Quanto dico potrà sembrare utopico, ma in realtà si tratta di un obiettivo realistico e realizzabile. Spetta adesso ai cittadini del mondo agire e conquistare la pace. Rinunciare alla logica della guerra e seguire i princìpi di fraternità e solidarietà non è soltanto auspicabile, ma urgentemente necessario, se vogliamo che l’esperimento umano possa continuare.

Quest’oggi, sono molto lieto di avere la possibilità di invitare caldamente tutti voi a unirvi a noi in questo grande sforzo comune.

Grazie».

Gino Strada. (http://www.emergency.it/discorso-accettazione-premio-sunhak-peace-dottor-gino-strada.html).

________________________________________________________________________

E rimando pure al discorso di Gino Strada a Stoccolma, pubblicato su: www.nonsolocarnia.info il 24 dicembre 2015, con il titolo: Gino Strada. Abolire la guerra unica speranza per l’umanità. “Sono un chirurgo e ho visto … ” Una riflessione per il Natale.

La foto che correda l’articolo è tratta, solo per questo uso, da: http://www.terranuova.it/News/Stili-di-vita/Gino-Strada-Lavoriamo-per-un-mondo-senza-guerre. Ho scritto EMERGENCY con solo la lettera iniziale maiuscola per ragioni di redazione. Infatti il tutto maiuscolo attira troppo l’attenzione del lettore, e disturba la comprensione dei contenuti.

Laura Matelda Puppini

 

https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2017/02/Gino-Strada-Lavoriamo-per-un-mondo-senza-guerre.jpg?fit=680%2C380&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2017/02/Gino-Strada-Lavoriamo-per-un-mondo-senza-guerre.jpg?resize=150%2C150&ssl=1Laura Matelda PuppiniETICA, RELIGIONI, SOCIETÀPongo queste righe come riflessione per il Natale, perchè, quando diciamo che è festa di pace, ci ricordiamo che la pace non esiste per tutti, e che se il mondo vuole avere prosperità, non può andare avanti così. Ed inizio con questo breve comunicato, dal sito di Emergency, che...INFO DALLA CARNIA E DINTORNI