Ho conosciuto la figura di Giuseppina Le Maire quest’anno in Calabria, a Cetraro, attraverso una anziana signora gentile, signorile, colta: Nella Matta, attenta ai problemi della sua Calabria ed alla ricerca di possibili soluzioni. Nella Matta, che reputo dell’area cattolica- progressista e che fu pure candidata per la Dc, mi ha parlato dell’istituzione, a Cosenza, del “Parco Storico ‘Giuseppina Le Maire’”, sorto nel 2012 «nella sede del Centro in Contrada Federici presso Camigliatello Silano» (1), ove operò attivamente Giuseppina agli inizi del Novecento. La motivazione per la costruzione di detto Parco Storico è così descritta: creare un centro culturale, un luogo concreto oltre che ideale, che possa venir frequentato soprattutto d’estate per realizzarvi momenti di incontri sia culturali che ricreativi, volti in particolare ai giovani che, d’estate, soggiornano in Sila. (2). Vedremo poi perché detto centro si trovi a Camigliatello Silano, proprio in Contrada Federici, dove l’intrepida Giuseppina Le Maire, piemontese, collaborò alla cura di tanti bimbi malati di malaria ed insegnò a loro ed ad altri le regole base dell’igiene, allora per lo più sconosciute. Ed ella viene considerata pure una educatrice di alto livello, che operò con conoscenza e passione a Roma in Calabria ed a Gorizia, prodigandosi anche per trovare sussidi per le sue attività.   

Così grazie a Nella Matta che mi ha fatto conoscere Giuseppina, ed ad alcuni autori che ne hanno riportato la storia e la figura, mi accingo a scrivere questo articolo che inizia con un grandissimo: Grazie Nella!!!

Volevo qui inserire una foto di Giuseppina Le Maire, ma non sono riuscita reperirla, ed allora passo subito a narravi la sua storia, tratta principalmente da: Brunella Serpe, Giuseppina Le Maire: passione civica, attivismo sociale, im­pegno educativo, in: https://docplayer.it/37908333-Giuseppina-le-maire-passione-civica-attivismo-sociale-impegno.html e da altre fonti.

Giuseppina Le Maire era nata a Rivarolo Canavese in provincia di Torino nel 1860, da una famiglia di origine francese, tanto che il suo nome reale era o avrebbe dovuto essere Josephine. (3). Nel 1894 troviamo la giovane, sicuramente colta e diplomatasi maestra, tra le fondatrici dell’Unione per il Bene di Roma, associazione all’interno della quale si registrava l’impegno sociale di molte donne cattoliche di estrazione sociale generalmente alta ed anche aristocratiche, finalizzato al migliora­mento delle difficili condizioni sociali che si registravano, soprattutto, nelle periferie delle grandi città e diffusamente in tutto il Paese, all’indomani dell’Unità d’Italia e della presa di Roma. (4).

Ed a Roma Giuseppina, che conosce e parla più lingue e che ha viaggiato anche all’estero, si adopera in ogni modo perché le donne possano avere un’istruzione, organizzando a Piazza Nicosia, non distante dal lungotevere Marzio, diverse biblioteche al femminile. Le donne dovevano versare una piccola quota per potervi accedere, che serviva per mantenere i tanti volumi raccolti. Giuseppina e le sue biblioteche, – questo viene ricordato di lei – biblioteche per donne colte, per attrici e per operaie. (5).

Ma non fece solo questo, perché Giuseppina, minuta e non molto alta, credeva che solo la cultura potesse far emancipare le donne, e quindi organizzò diversi eventi e situazioni per raggiungerle e coinvolgerle. Nel 1908 si svolse a Roma il primo congresso nazionale delle donne italiane e Giuseppina intervenne su diversi temi. (6).
E, nel 1903, risultava già iscritta al Consiglio Nazionale Donne Italiane, una delle più importanti associazioni femminili, composto da tre federazioni: quella romana, quella lom­barda e quella piemontese, di ispirazione democratica e liberale. (7).

Donne al primo Congresso Nazionale del CNDI (Consiglio Nazionale Donne Italiane) in Campidoglio a Roma. (Da: http://www.cndi.it/la-storia).

Secondo Patrizia Gabrielli, Giuseppina Le Maire aveva una particolare attitudine ad attraversare vari luoghi di produzione politica e culturale, una grande capacità di agire in contesti generazionali differenti, una grandissima passione civica. Le poche lettere reperite testimoniano i molteplici interessi di Giuseppina e l’impegno che profuse a favore di un moderno progetto di riforma sociale che coinvolgeva soggetti diversi. (8). Le sue interlocutrici privilegiate furono le donne, nella convinzione che la definizione di un nuovo modello femminile, incentrato su di una maternità consapevole e sul riconoscimento di una nuova dignità, potesse svolgere la funzione di una vera e propria leva nel processo di modernizzazione. E la Le Maire prediligeva operare nei luoghi della quotidianità come i quartieri popolari, i centri preposti alla diffusione delle norme igieniche o all’erogazione di cure mediche, i luoghi dell’istruzione anche elementare e della cultura. (9).   

Il suo percorso di impegno sociale e di vita, che si configura a mio avviso come un apostolato vero e proprio caratterizzato dalla conoscenza dei luoghi e dello stato in cui vive la popolazione delle periferie d’Italia e delle città e «dalla la coscienza precisa del dovere sociale che ad essa incombe» (10) la porta ad operare a Roma, come già scritto, e poi in Calabria.  

Ma cosa era accaduto nelle grandi città della penisola dopo l’Unità di Italia? La popolazione iniziò a raggiungere i poli urbani  in cerca di lavoro ed i quartieri popolari delle periferie iniziarono a crescere a dismisura anche a causa della forte speculazione edilizia, che aveva portato pure alla nascita di borgate popolose, prive però «di scuole, di giardini per l’infanzia, di servizi, di biblioteche, di ambulatori, di ricreatori e di educatori» (11), e «Molti quartieri cittadini erano allora vere e proprie latrine a cielo aperto, ricettacolo di batteri di ogni sorta». (12).
Del resto pure Edmondo De Amicis aveva voluto narrare la vita dei ragazzini della periferia torinese, nel suo famosissimo ‘Cuore’. Ed in questo libro «sono spesso presenti, come aspetti normali della vita quotidiana, la miseria, la malattia, il freddo, la fame, il lavoro minorile, la morte. (…). E l’Italia pre e post – risorgimentale è piena di adulti, ragazzi, bambini, che vestono cenci, che si arrangiano alla meno peggio, che vivono in tuguri, che fanno di tutto per poter mangiare».  (13).

Ma Giuseppina non è la sola donna che cerca di svolgere un progetto di riforma sociale in modo concreto: a questo scopo tendono, con il pensiero e l’azione, donne dalle differenti appartenenze ideologiche e dai differenti percorsi culturali. Ma questo, in un primo tempo non costituisce una barriera, perché il confronto tra loro «avviene su tematiche che non potevano non unire le donne: l’infanzia maltrattata, la protezione della maternità, la tratta delle bianche, lo stupro e anche il diritto al voto che le donne non potevano esercitare». (14). Ma questa unione di sforzi per affrontare anche praticamente tematiche comuni, si romperà sul tema dell’insegnamento religioso nella scuola elementare e l’introduzione dello studio comparato delle religioni nella scuola secondaria. E la discussione di questi temi «finirà per di­videre il fronte comune a cui le donne avevano dato vita». (15).  

Comunque la situazione dell’infanzia in alcune zone dell’Italia, peggiorata pure da eventi calamitosi, è presente a molti in quegli anni, tanto che Giuseppina Le Maire entra a far parte pure dell’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia (ANIMI), fondata a Roma nel 1910, sull’onda delle emozioni suscitate dal sisma del 1908, che aveva portato dolore e morte tra le province di Reggio Calabria e Messina. E presso l’ANIMI, Giuseppina incontrerà Umberto Zanotti Bianco, Giovanni Cena, Gaetano Salvemini. E Giuseppina resterà in contatto con questi grandi intellettuali nel corso della sua attività, e collaborerà, in Calabria, con Umberto Zanotti Bianco, laureato in giurisprudenza a Torino, patriota, ambientalista, filantropo, antifascista, educatore e politico italiano, che dedicherà la sua esistenza al riscatto sociale del meridione e che fu, poi, dal 1952 al 1963, senatore della Repubblica, e presidente di ‘Italia nostra’. (16).

Zanotti Bianco fu pure un noto antifascista. Nel 1924 restituì ai ministeri competenti le medaglie di benemerenza e i brevetti di guerra guadagnati nel corso della prima guerra mondiale per protesta contro il ‘delitto Matteotti’; nel 1925 sottoscrisse il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce e nel 1930 aderì al movimento antifascista ‘Alleanza Nazionale per la Libertà, di cui fu attivista. Per questo fu costretto a limitare le sue attività filantropiche, passando all’archeologia e scoprendo, con una collega, l’antico santuario dedicato ad Hera Argiva alla foce del fiume Sele. Quindi, nel 1941, fu arrestato e mandato al confino con l’accusa di aver detto che il fascismo era «un tumore maligno nel corpo della nazione». (17).

Copertina del volume di Umberto Zanotti Bianco sulla scuola in Calabria. (Da: https://www.ebay.it/).

Ma per ritornare a Giuseppina, all’indomani del terremoto del 1908, precisamente nel 1909, fu inviata in Calabria dalla Società Fiorentina per l’istruzione popolare nel Mezzogiorno con il compito di verificare lo stato dell’istruzione in provincia di Reggio Calabria. (18). La Calabria era allora minata dal tasso di analfabetismo più alto della penisola, da una edilizia scolastica deficitaria e da mille problemi fra cui il lavoro nero, le condizioni igieniche erano pessime, e la malavita andava in crescendo. Ed alle ragioni fisiche, storiche, economiche e sociali della Calabria, dove vigeva allora un sistema economico basato su grandi proprietari e manovalanza contadina, si aggiungeva una borghesia non più locale ma più appariscente e più sboccata, «prepotente, sfruttatrice, demoralizzatrice», oltre che una dispersione territoriale della popolazione in tanti piccoli centri.  (19).

La relazione (20) che Giuseppina Le Maire, Sibilla Aleramo, Giovanni Cena e Gaetano Salvemini firmano, dopo un attento e capillare lavoro sul campo, contrada per contrada, è impietosa, e mette in luce una situazione in cui le aule erano «luride tane da topi, centri e fomiti di malattie infettive’ moltissime senza impiantito, qualcuna col tetto scoperto, anguste, senza luce, lerce, ignobili. In esse i bambini erano torturati come in ‘case di pena’, stipati in quattro o cinque fra banchi capaci tutt’al più di due o tre inquilini, quando non dovevano sedere per terra o andare in prestito per una sedia presso qualche pietosa vicina». (21). Ed i dati e le osservazioni di questa Inchiesta vengono riconfermati da Umberto Zanotti Bianco nel 1925 nel volume “Il martirio della scuola in Calabria”, edito dall’Associazione nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia, e presente nella collezione di Studi Meridionali da lui diretta.  (22).

E così il dott. Ernesto Gagliardi, presidente dell’ Associazione ‘Amici del cuore ‘ di Cetraro, ha descritto l’arrivo di Giuseppina Le Maire, quasi cinquantenne, piccola e minuta, a Cetraro: «Nei primi del ‘900 non c’erano strade, c’erano delle mulattiere nemmeno ben tenute, e per arrivare alla scuola, sita in alto ai confini di Cetraro con Guardia (piemontese ndr) si doveva percorrere una strada in salita, ripida. Quando arrivò Le Maire, mandarono un contadino, ovviamente, per quei tempi, non particolarmente raffinato, con un asino sul quale avrebbe dovuto salire la Signora. Che successe? Che Giuseppina Le Maire si fece tutta la salita a piedi perché il contadino, per invitarla a salire sull’asino, le si rivolgeva in dialetto così “Nchianati supra su ciucciu!”. Ma lei non capiva e si fece tutta la strada a piedi». (23).  

 

I piccoli malati posano con gli operatori della struttura in Sila. (Da: https://www.mmasciata.it/notizie/calabria/6410_la-storia-quando-non-cerano-i-vaccini-ci-pensava-la-sila/).

Giuseppina viene così descritta: «Vestita quasi sempre di bianco, Giuseppina Le Maire ispirava simpatia a chiunque aveva modo di conoscerla e s’intratteneva volentieri a parlare con le persone che incontrava. La sua forza d’animo era inversa alla sua figura gracile e mite, e, innamorata della Calabria, l’aveva eletta a sua seconda patria ed in qualsiasi circostanza la difendeva dai malevoli luoghi comuni in cui le accadeva di imbattersi. Ad un articolo della giornalista e scrittrice lombarda Ada Negri, pubblicato sul ‘Marzocco’ nel 1913, nel quale erano contenuti giudizi poco lusinghieri sulla Calabria e i calabresi, le rispose confutando con forza le opinioni espresse dalla giornalista, invitando la Negri a venire in Calabria per vedere con i propri occhi la realtà calabrese senza farsi influenzare da alcun pregiudizio». (24).

Anche in Calabria Giuseppina Le Maire profuse il suo impegno «verso i ceti popolari in genere e, nello specifico, per l’educazione dei bambini e degli adolescenti, per l’assistenza all’infanzia e per il miglioramento delle più generali condizioni di vita dal punto di vista dell’igiene, della cura delle abitazioni, del corpo e dell’alimentazione». (25). Infatti non si occupò solo della scuola ma decise, ad un certo punto, di dedicarsi ad aiutare e curare i bimbi affetti dalla malaria.  

Altra pagina significativa dell’impegno di Giuseppina Le Maire in Ca­labria è quella che la vede protagonista del progetto che ruota intorno alla istituzione e costruzione di una colonia per bambini malarici in Sila nel 1910, voluta da un altro piemontese, il malariologo Bartolomeo Gosio. (26).

E così si legge sulla nascita della colonia silana a Camigliatello: «La Colonia Silana per i bambini malarici sorse in seguito al terremoto del 28 dicembre 1908, dopo la costituzione della “Lega Nazionale contro la malaria” che attuò un piano di contenimento della malattia nella speranza di debellarla.

Anche in Calabria erano sorte le prime sedi ed a Cosenza, nello stesso anno, era nato un comitato della Lega sotto la guida del professore piemontese Bartolomeo Gosio, scienziato di fama mondiale ed esperto di malaria. Direttore del Laboratorio scientifico della Sanità, fu tra i precursori della scoperta della penicellina, infatti isolò dalle muffe una sostanza chimicamente pura, dotata di notevoli proprietà antibatteriche, definita ‘sostanza G’. Il comitato di Cosenza, oltre a Gosio, comprendeva il medico provinciale di Cosenza Domenico Migliori, il Segretario comunale Patti e due altri noti medici cosentini: Angelo Cosco e Adolfo Tafuri.  Quando il Comitato antimalarico di Cosenza decise di fondare una struttura per i piccoli ammalati, fu indicato come sito idoneo la località ‘Federici’ di Camigliatello ed il comune di Cosenza, con delibera 11 Giugno 1910, decise di donare tre ettari di un terreno di sua proprietà e di disporre l’assistenza medica gratuita per i bambini ricoverati con proprio personale sanitario. Si accollò, inoltre, le spese per l’impianto della struttura ed il trasporto dei materiali e degli arredi e concesse anche un sussidio annuo di tremila lire». (27).

Infatti così scriveva Felice Migliori, medico chirurgo cosentino, nel 1910, sulla malaria: «è un male universalizzato che non rispetta né contrade né paesi e come tale non può nemmeno rispettare Cosenza». Ed «Ai primi del secolo le scudisciate di questo morbo si abbattevano soprattutto sui più deboli: ospedale, brefotrofio, piccoli ospizi di periferia conoscevano lo strazio di quei teneri organismi letteralmente consumati da febbri, anemie, chechessie con associati tumori alla milza, ingorghi epatici e glandulari». (28).

E secondo l’esperto in malaria Bartolomeo Gosio, allora la cura possibile era quella di fermare il contagio togliendo i bimbi malati dalle loro condizioni di vita pessime portandoli in luogo adatto ed igienico, ed infatti così sosteneva: «La malaria è per eccellenza malattia da sanatorio […] queste terre hanno in sé mezzi naturali molto propizi per porgere un riparo ed attenuare le conseguenze, fino ad ora deplorevoli» (29). E così, per realizzare quanto: «“in quella plaga di Sila incantata che si raggiunge dopo circa un’ora di vettura dalla Serra di Acquafredda, […] in mezzo al folto dei pini, in una brughiera deliziosissima”, ad un’altitudine di 1200 metri, venne impiantato il Sanatorio Silano: inizialmente solo due tende “Gottshalk” alle quali poi si aggiunse un padiglione prefabbricato “Döcher”, spediti direttamente dalla direzione generale di sanità». (30)

Ma all’inizio «il posto in cui era sorta la Colonia mancava di tutto quello che era necessario ad un vivere civile, era isolato e coperto completamente dalla neve in inverno, non esistevano i collegamenti con gli altri centri, non c’era acquedotto e l’acqua che serviva per tutti i bisogni proveniva da tante piccole fonti, la stessa che alimentava la piccola fontana, niente illuminazione né riscaldamento, solo mandrie di animali e qualche casa isolata di gente che vi abitava tutto l’anno per accudire le bestie. La farmacia più vicina era a 20 chilometri di distanza, anche se lo Stato era presente con l’ufficio postale, la casa cantoniera, una caserma di Guardie Forestali e, solo nella bella stagione, una piccola stazione di Carabinieri». (31).

La struttura immersa nelle immacolate montagne dell’altopiano silano. (Da: https://www.mmasciata.it/notizie/calabria/6410_la-storia-quando-non-cerano-i-vaccini-ci-pensava-la-sila/).

In queste condizioni, sotto la guida del professor Gosio, Giuseppina Le Maire ed altre si accingono a curare, ad insegnare regole igieniche, ad istruire. Infatti «Gosio e Migliori affidarono l’organizzazione della Colonia a Giuseppina Le Maire, una donna piemontese giunta in Calabria come volontaria per prestare soccorsi ai terremotati: dotata di molta generosità, rimase colpita dalle condizioni delle popolazioni calabresi del tempo e si dedicò per oltre vent’anni ai bambini calabresi malarici insieme alla pediatra Angela Borrino, prima donna in Italia ad ottenere una cattedra universitaria (Perugia), alla quale si unirono successivamente alcuni volontari e delle suore». (32). Ma negli anni si trasformò in qualcosa di ben diverso da una specie di accampamento.

E così scrive Matteo Dalena sui risultati delle cure e l’attività svolta a Camigliatello: «Nel giro di 642 giorni i bambini furono tutti restituiti alle loro famiglie «rigogliosi di vita, pieni di salute, senza alcuna traccia della malaria preesistente» o come ebbe a verificare un altro Migliori, Domenico, medico membro del comitato direttivo: «Quei teneri organismi lenti e passivi, perché defedati dalla malaria, intesero a poco a poco ingagliardire la fibra, saturandosi il sangue di globuli rossi, risorgendo a vita novella». Non solo cure fisiche. Le volontarie, emancipate e colte donne piemontesi come Giuseppina Le Maire insegnavano ai piccoli degenti normali abitudini d’igiene, pulizia, ordine e, insieme a queste, le sacre leggi della lealtà, della benevolenza, della tolleranza. A ciò si aggiungeva l’opera di educazione scolastica della quale beneficiavano non soltanto i ricoverati ma anche quei «bimbi della popolazione nomade, sparsa per quella distesa silana più vicina al sanatorio». Perché la malaria e le malattie in generale si vincevano, secondo la Le Maire, anche grazie alla «cura intensiva dell’anima», che, infondendo il principio della libertà individuale, rafforzava il sentimento del dovere e l’amore per tutte le creature, «dando comprensione della natura e della bellezza». (33). 

La Colonia silana. (Da: Francesca Canino, La Colonia Silana “Federici” di Camigliatello).

Giuseppina Le Maire si prodigò in ogni modo per quei bambini e rimase in Calabria molti anni. Per sapere la fine della storia dovrei però capire perché se ne andò dalla Calabria e quando, e cosa fece a Gorizia poi.

Comunque bella è anche la descrizione dell’arrivo di Giuseppina Le Maire, nel piccolo paesino di Sant’Angelo, proveniente dal sanatorio o colonia di Camigliatello, forse dopo aver lasciato asino e contadino. Ella si era fatta precedere da un telegramma: «Sarò costà circa mezzogiorno. Stop. Le Maire (Emme come Milano, A come Aquila, I come Italia)». Ma il telegramma non chiariva il nome di battesimo della persona che doveva giungere. «All’ultima svoltata […] l’ospite si fece ben vedere. Stupore del maestro [Verta]! Una donna, sì, una donna che, piccola piccola, con gli occhi luccicanti nel volto sudato e sorridente, si avanzò verso di lui stendendogli le mani: ‘Le Maire, Giuseppina Le Maire, quella del tele­gramma’ […]. Una donna! In quella giornata di agosto, con quel sole atroce e quell’afa che mozzava il respiro; a piedi […] per quasi tre ore di salita; e una donna così esile, e non più giovane, che aveva quasi i capelli bianchi, sotto un gran cappellone da sole […]. La donna, che aveva avvertito lo stupore e la con­fusione, forse anche un po’ la delusione del maestro, disse presto qualcosa di sé: che veniva dalla Sila, da una colonia di bambini malarici ove era a passare l’estate come incaricata da un comitato a dirigerla; […] e che era venuta così, senz’altro: per vedere, per riferire e per aiuta­re del suo meglio». (34).

E se la Sila fu il maggiore campo d’azione della Le Maire in Calabria, ella però riuscì pure a trovare il tempo per creare altri luoghi di educazione ed igiene ed altre iniziative in posti sperduti, privi di strade e di energia elettrica, che lasciava poi alla direzione di altre persone. E proprio a S. Angelo di Cetraro, insieme ad una persona del posto, forse il maestro Verte, riuscì a realizzare la prima vera scuola rurale della Calabria.

Che dire ancora? In attesa di inserire la fine della storia, ricordo solo che da che si sa, Giuseppina poi se ne andò dalla Calabria e che raggiunse Gorizia, forse alla fine della prima guerra mondiale, ormai anziana. (35). E sappiamo che lasciò Camigliatello silano nel 1933 per problemi familiari e morì a Torino nel 1937. (36).

Per quanto riguarda la struttura che aveva ospitato la Colonia di Camigliatello, durante la seconda guerra mondiale essa fu occupata dalle Forze armate tedesche prima e da quelle americane poi, subendo pure furti e danneggiamenti, ma non è chiaro quando ed ad opera di chi. Nel 1947, la Colonia fu affidata per un periodo di quindici anni all’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno, già incontrata in questa storia, che la gestì sino al 1965, ospitando in essa «bambini bisognosi indirizzati dall’Assistenza post-bellica: nel ’47 ne ospitava 130, dei quali oltre 50 erano stati inviati dal Consorzio Antitubercolare di Cosenza». (37).

Successivamente, nel 1978, l’intera struttura fu affidata al comune di Spezzano della Sila che ne aveva fatto richiesta e, fino al 1980, gli furono concessi gli immobili, i mobili e tutte le attrezzature, con l’obbligo della buona conservazione degli stessi. In seguito la Colonia Federici fu rilevata dalla Regione Calabria, che la utilizzò in parte per lo svolgimento di corsi di formazione professionale.

Quindi l’intero complesso fu abbandonato, par di capire, ed iniziò a mostrare evidenti segni di deterioramento, tanto che la maggior parte degli edifici non era più agibile. Comune, Provincia, Regione ne rivendicavano la proprietà, ma la grandiosa e bella struttura era di fatto abbandonata.  (38).
Così, vista la situazione, sin dal 2011 personalità come Nella Matta si sono mosse per creare il Parco Storico ‘Giuseppina Le Maire’, per salvare la struttura e rivalorizzare la figura di Giuseppina, la piccola ed esile piemontese, che aveva dedicato la sua vita ai bambini ed alla popolazione più disagiata d’Italia.

Non so in che stato versi ora la struttura di Camigliatello, e mi piacerebbe esserne informata, e credo che il costruire un polo culturale non solo per giovani turisti ma per tutti, con anche una mostra permanente dei luoghi e delle storie sarebbe proprio una gran bella idea. E grazie Nella e grazie a chi si spende per questo progetto.

Laura Matelda Puppini

Note.

  1. Sintesi del convegno “Verso il parco storico ‘Giuseppina Le Maire’- Questione scolastica e socio-sanitaria nella Calabria del 1900, a cura della Biblioteca Nazionale di Cosenza, 2012, pp. 25-26.
  2. Ivi, p. 26.
  3. Giuseppina Le Maire una vita tra i libri, in: https://www.loquis.com/loquis/35164.
  4. Brunella Serpe, Giuseppina Le Maire: passione civica, attivismo sociale, im­pegno educativo, in: https://docplayer.it/37908333-Giuseppina-le-maire-passione-civica-attivismo-sociale-impegno.html, p. 85.
  5. Giuseppina Le Maire una vita tra i libri, op. cit.
  6. Ivi.
  7. Brunella Serpe, op. cit., p. 85.
  8. Patrizia Gabrielli, I luoghi e l’impegno sociale di una educatrice. Giuseppina Le Maire tra Roma, Cosenza e Gorizia, in Storia e problemi contemporanei, n.31, settembre 2002, unica pagina visibile in https://www.torrossa.com/en/resources/an/2216224. Sarebbe interessante poter visionare l’intero articolo.
  9. Ivi.
  10. Brunella Serpe, op. cit., p. 83.
  11. Ivi, p. 86.
  12. Matteo Dalena, E quando i vaccini non c’erano? Ci pensava la Sila, in: https://www.mmasciata.it/notizie/calabria/6410_la-storia-quando-non-cerano-i-vaccini-ci-pensava-la-sila/.
  13. Laura Matelda Puppini, ‘Cuore’ di Edmondo De Amicis, la vita di una scolaresca subito dopo l’Unità d’ Italia, materiale didattico isis ‘F. Solari’ progetto lettura, a. s. 2007/2008.
  14. Brunella Serpe, op. cit., p. 85.
  15. Ibid.
  16. Umberto Zanotti Bianco in: https://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Zanotti_Bianco.
  17. Ibid. Per la figura e l’opera di Umberto Zanotti Bianco, cfr. pure Saverio Napolitano, Alfredo Focà. L’assistenza sanitaria nella Calabria di Umberto Zanotti Bianco, in Rivista Calabrese di Storia del’900 n. 2, 2016, pp. 79-82.
  18. Brunella Serpe, op. cit., p. 87.
  19. Considerazioni e citazione da Sintesi del convegno “Verso il parco storico ‘Giuseppina Le Maire’, op. cit., pp. 32- 34. Citazione p. 33.
  20. Il titolo della relazione è il seguente: “Problemi della scuola popolare in provincia di Reggio Calabria” – Relazione di Giuseppina Lemaire, Sibilla Aleramo, Giovanni Cena e Gaetano Salvemini, relatore a S. E. On. Francesco Guicciardini, presidente dell’Associazione fiorentina per l’istruzione popolare nel Mezzogiorno, Nuova Antologia, Roma 1910. (Brunella Serpe, op. cit., nota 4, p. 87.
  21. Brunella Serpe, op. cit., p. 87.
  22. Ibid. e da copia del volume di Zanotti Bianco su: https://www.ebay.it/.
  23. Sintesi del convegno “Verso il parco storico ‘Giuseppina Le Maire’, op. cit., p.27.
  24. Francesca Canino, La Colonia Silana “Federici” di Camigliatello, in: http://francescacanino.blogspot.com/2018/09/la-colonia-silana-federici-di.html. Per la lotta alla malaria, cfr. anche: Istituto Superiore di Sanità, Il laboratorio di malariologia, a cura di Giancarlo Majori e Federica Napolitani, Istituto Superiore di Sanità Roma, Quaderno 5 della serie I beni storico – scientifici dell’Istituto Superiore di Sanità, in: https://museo.iss.it/wp-content/uploads/2017/09/Quaderno_05.pdf.
  25. Brunella Serpe, op. cit., p. 86.
  26. Ivi, p. 88.
  27. Francesca Canino, op. cit.
  28. Matteo Dalena, op. cit.
  29. Ivi.
  30. Matteo Dalena, op. cit.
  31. Francesca Canino, op. cit.
  32. Ivi.
  33. Matteo Dalena, op. cit.
  34. Brunella Serpe, op. cit., p. 90.
  35. Quanto si evince dal titolo del lavoro della Gabrielli: “I luoghi e l’impegno sociale di una educatrice. Giuseppina Le Maire tra Roma, Cosenza e Gorizia, op. cit.”.
  36. Francesca Canino, op. cit.
  37. Ivi.
  38. Ivi.

L’immagine che accompagna l’articolo è una di quelle già poste all’ interno dello stesso e ritrae bambini ed operatori alla Colonia di Camigliatello Silano. LMP. 

 

 

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