Inizio questo mio testo con alcune righe tratte da “L’igiene nelle abitazioni popolari”, a cui contribuirono persone dello spessore di Giuseppina Le Maire e Maria Montessori.

Giuseppina, parlando del diffondersi della tubercolosi, inizia la sua relazione sottolineando l’importanza dell’igiene negli ambienti domestici, del corretto smaltimento dell’immondizia, e ritiene la sporcizia delle periferie urbane un problema sociale ed un diffusore di contagio, assieme ad aspetti quali il diffondersi dell’alcoolismo e diremmo ora, delle droghe. Non solo. Ella aggiunge, poi, che, dagli studi fatti, è emersa la correlazione tra la concentrazione di persone in piccolo spazio e la diffusione della malattia, tanto che, all’ epoca, alcuni igienisti erano pure contrari ai sanatori e favorevoli a rendere le case e le vie più pulite, e ritiene che sarebbe stata una soluzione auspicabile, anche se non realizzabile a causa del concentrarsi dell’ industria e del lavoro, mantenere le persone nei paesi, evitando l’immigrazione dalle campagne e dico io dalla montagna verso poli urbani.  (“Consiglio Nazionale delle donne italiane, Atti del Congresso nazionale delle donne italiane”, Roma, 24- 30 aprile 1908, Roma, Stabilimento Tipografico della Società Editrice Laziale, 1912, pp. 306-307 – 308. Scannerizzazione della Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea, Roma, www.bsmc.it).
In sintesi già allora si sapeva che con gli assembramenti e gli spazi di vita ridotti, i bacilli, batteri e virus andavano a nozze.

Quindi, da altre partecipanti al Congresso, venivano portati all’attenzione ulteriori problemi legati all’igiene, come quello della sorveglianza sanitaria nelle scuole, e quello di «formare la coscienza igienica delle popolazioni, in modo che tutti comprendano i danni che, dalla trascuranza di certe norme elementari di igiene, possono derivare alla salute individuale e collettiva» (Ivi, pp. 310-311), che venivano definiti compiti dello Stato, da svolgersi pure attraverso la scuola. (Ivi, pp. 310-311). Ma si evidenziava anche come mancassero medici (Ivi, p. 313) per attuare un piano così globale,  e come, nella fase di incubazione, i bambini dovessero venir allontanati dai compagni, perché, «se […] continuano a frequentare le scuole, diffondono largamente i germi infettivi», in particolare nei più predisposti, ed anche dalla scuola alle case di molti (Ivi, p. 314).  

Io vorrei francamente, che invece di parlare tanto, i sostenitori della tradizione, i no masch, i “tutti in piazza a contestare Conte” perché richiude bar e locali, dove, anche in Friuli, gli assembramenti si spera solo erano, ma non siano più, un dato di fatto quotidiano, quelli del chi se ne frega, Briatore, Berlusconi, i fautori della movida, ecc. ecc., leggessero queste parole. E sono state pronunciate nel 1908.

Insomma nel 2020, siamo caduti dalle nuvole per un virus, fortemente aggressivo, quando una pandemia era da tempo stata prevista dall’ Oms, che aveva pure invitato gli stati a prepararsi per questo. Ma guarda un po’ tu, in Italia non lo avevamo fatto, e molti si sono più preoccupati, forse ed inizialmente, di Confindustria che di altro. Ed alcuni, seguendo un metodo antico che nega il dato scientifico, pare che tentino di esorcizzare il pericolo negandolo, e utilizzino forme scaramantiche, ed il riferimento ai negazionisti ed ai no masch è palese. E ogni volta che sento parlare di costoro, mi viene alla mente una ragazzina che mi voleva convincere che basta pensare di star bene, per starlo davvero, e che la cosa fondamentale è pensare positivo. Ma se Jovanotti ha fatto di questo slogan una canzone, non è assolutamente vero che pensare positivo sia l’essenziale per affrontare i problemi della vita, mentre, in situazioni come l’attuale e quelle che la vita ci riserva, per dirla con Andrea Scanzi, «bisogna essere lucidi e realisti». (Andrea Scanzi, diretta facebook, 3 novembre 2020).

Inoltre come ci interessiamo dell’ambiente e dei rifiuti, aspetti che hanno a che fare anche con il diffondersi di morbi vari, se l’Unione Europea ha aperto contro l’Italia, già condannata per le polveri sottili dalla Corte di Giustizia europea nel 2006, due nuove procedure, una sempre per lo stesso motivo, e l’altra per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi? (Emanuele Bonini, Ambiente e rifiuti, schiaffo Ue. Due procedure contro l’Italia, in Messaggero Veneto, 31 ottobre 2020). 

Detto questo noi cosa abbiamo fatto?

Dopo aver distrutto bellamente la sanità dilapidando prima, tagliando poi, e questo va imputato alle regioni, per spendere non si sa dove, ed esserci dimenticati dell’igiene dato che siamo moderni, abbiamo introdotto malati virulenti in case di riposo dove non poche persone vivono insieme in un piccolo spazio, non abbiamo affrontato il virus, ma ne abbiamo fatto ‘oggetto di salotti vari con interventi di esperti e politici, che dicevano tutto quello che gli passava per la mente, e vi è stato qualcuno che ha pensato, pure, di speculare abbondantemente sulle disgrazie altrui (ma gli sciacalli ci sono sempre stati solo che ora non rubano solo un orologio da un cadavere o qualcosa da una casa terremotata).

Comunque che la situazione sanitaria italina sia da imputarsi principalmente alle regioni si sapeva da anni, tanto che nel 2015, nel mio: “State allegri arrivano i tagli di Renzi/ Gutgeld/ Lorenzin /Boschi/. Addio a sanità e salute?” scrivevo: «è il buco fatto al bilancio dello Stato dalle Regioni, che hanno usato i fondi per ripianare il debito della pubblica amministrazione, 26 miliardi in tutto, per finanziare, anche, nuova spesa corrente, in barba alle regole contabili», che ha distrutto la sanità, citando il Corriere della sera. Insomma le regioni avevano sottratto soldi della sanità per utilizzarli in altro, e questo sarebbe stato motivo sufficiente per sbaraccarle, invece di mantenere carrozzoni spesso inutili, ed avere 20 presidenti di regione che parlano, parlano e che vogliono decidere, per poi lasciar fare tutto al governo. Grazie Giuseppe Conte, nocchiero in gran tempesta, per quello che stai facendo.

E non a caso oggi, 5 novembre 2020, su ‘Il Fatto Quotidiano’, così scrive Tommaso Rodano, in relazione alla situazione attuale: «Le Regioni che ora si dolgono per un Dpcm che il lombardo Attilio Fontana – uno a caso – definisce “inaccettabile” sono le stesse dove in questi mesi di inezia si sono costruite le condizioni del disastro. Un fallimento su tutta la linea […]. È mancato praticamente tutto, tranne i fondi: il governo aveva stanziato quasi 8 miliardi di euro». (Tommaso Rodano, Posti letto, assunti, tamponi: il disastro Regioni continua, in ‘Il Fatto Quotidiano’, 5 novembre 2020).

Inoltre non abbiamo in Italia personale di controllo sufficiente, e giovani, giovanissimi, meno giovani, navigano nel mare di «Io faccio quello che voglio, capito»? – che è principio che pone il singolo al centro del mondo sociale, creando una confusione senza fine, e portando in vigore la legge del più forte. Ed è  la società dei consumi che ha introdotto la centralità del singolo,  vissuto come consumatore, mettendo in un angolo la persona vista come soggetto sociale.

Infine il ricercatore Matteo Villa, che nessuno conosce, ha proposto, con una ricerca dell’a me ignoto Isituto Ispi, l’ideona di «isolare in maniera perfetta le persone più anziane», (https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/datavirus-il-lockdown-gli-anziani-puo-servire-28032) e si è messo, bontà sua, fra coloro che decidono con il suo «E se decidessimo…», quando per fortuna non decide lui. Ma nella realtà sociale ed interattiva, la possibilità di isolare un soggetto sociale in modo perfetto può esser presa in considerazione solo da lui, (ma si deve riconoscere che hanno tentato di farlo pure con i prigionieri a Guantanamo), dimenticandosi dei diritti individuali ecc. ecc. Inoltre Matteo Villa dovrebbe sapere che, covid o non covid, in natura muoiono più i vecchi dei giovani, ma se si guardasse un po’ in giro vedrebbe pure a quante criticità fanno fronte gli anziani, sia nel settore socio assistenziale che del volontariato, oltre a sostenere spesso i figli economicamente, con lavoro gratuito ed affettivamente. E non a caso il difensore civico della Regione Fvg ha ricordato che da tempo l’età pensionabile ha superato i sessant’anni, e che gran parte della Protezione Civile è formata da ultrasessantenni.

Non solo, se i vecchi vengono accentrati in strutture, la loro possibilità di morire di coronavirus, come dimostrato dalle case di riposo ed rsa, ma anche da Giuseppina Le Maire, aumenta, in modo che basta uno del personale perché il virus se lo prendano tutti, ma così, magari, infine i giovani rampanti della finanza e figli del neoliberismo vedranno eliminata una categoria per loro improduttiva che gli sta proprio sulle palle. In fin dei conti non è un modo per realizzare il motto «Largo ai giovani?».

Questa mortalità forte in persone ammassate in spazi esigui ed in un unico luogo, ci dovrebbe far riflettere, invece, su come un virus od un morbo qualsiasi possa velocemente diffondersi in situazioni di concentramento umano, ed ad abbandonare la politica che ha voluto spopolare le zone periferiche per favorire l’accentramento urbano.  Infatti più la popolazione è distribuita sul territorio in nuclei differenziati, meno pericolo essa corre.

E gli anziani, come tutti, per restare in salute o prendersi cura della loro salute residua, necessitano di muoversi, dei farmaci personali, di aria aperta, del medico di fiducia, di affetto, ed il difensore civico Arrigo De Pauli sosteneva che non si poteva certo togliere gli anziani dalle loro case e famiglie. (Lockdown per i nonni, gli esperti: «Isolare oltre 400 mila anziani è irrealizzabile, sarebbe una “deportazione”, in Messaggero Veneto, 31 ottobre 2020). E come non ricordare che, sino a poco tempo fa, erano in auge progetti contro l’isolamento dell’anziano, ed ora si vorrebbe crealo? E poi, francamente, e questo è solo un mio dubbio: isolerebbero anche politici, boss, commentatori televisivi ed altri? Chiediamocelo.  

Inoltre detta ricerca non è stata accompagnata da alcun piano di fattibilità, perché, per carità, sono fuori moda, come, ormai pare, i dati certi sulle positività al contagio e i soggetti in terapia intensiva. Ma già si sapeva che i numeri si lasciano scrivere.

Così Il Fatto Quotidiano riporta che la Calabria, temendo, pare, di diventare zona rossa con decreto Conte, ha deciso di modificare il modo di conteggiare i pazienti covid in terapia intensiva, ponendo solo gli intubati, e di fatto nascondendo gli altri. Così, in due ore, i 26 ricoverati in terapia intensiva in quella regione, sono diventati 10, ed i posti considerati non occupati (ma di fatto occupati da pazienti che hanno contratto il coronavirus ma non intubati) risultano aumentati.  (La Calabria cambia il criterio di conteggio dei ricoverati in terapia intensiva Covid: ora contano solo quelli intubati. Così il dato cala, in: https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/11/04/la-calabria-cambia-il-criterio-di-conteggio-dei-ricoverati-in-terapia-intensiva-covid-ora-contano-solo-quelli-intubati-cosi-il-dato-cala/5992314/).  Ma anche Crisanti, virologo, che non è l’ultimo arrivato, teme che le Regioni possano giocare sui numeri.  

E Nino Cartabellotta, della Fondazione Gimbe, ha detto che è importante «Rendere pubblici i criteri per classificare il livello di rischio, anche per evitare negoziazioni tra Governo e Regioni che aggiungono ritardi alla ‘non strategia’ dei Dpcm settimanali». (http://www.regioni.it/sanita/2020/11/05/coronavirus-cartabellotta-gimbe-rendere-pubblici-criteri-livello-di-rischio-regioni-621793/).

Ed io attendo pazientemente ancora di sapere quanti siano i casi di positività al Covid – 19 alla casa di riposo ‘Scrosoppi’ di Tolmezzo. Infatti, dopo la comunicazione di un caso di oss infetto e di una ospite della casa di riposo, io non ho capito più nulla, solo che ora i deceduti ospiti in detta struttura sono 3.  Infatti il Messaggero Veneto, il 27 ottobre 2020, pubblicava un articolo di Tanja Ariis dal titolo: «Crescono i casi alla Scrosoppi. 56 positivi”.  In esso però si leggeva che, agli 11 positivi precedenti (una oss e 10 ospiti) altri 23 ospiti e 22 operatori risultavano positivi al tampone, portando a 56 i casi positivi alla ‘Scrosoppi’ di Tolmezzo. Ma a questo punto il presidente Andrea Marzona, «si è subito sorpreso di così tanti contagi in così pochi giorni» e dubitando di una qualche anomalia,  ha deciso di procedere a sottoporre a tampone, da parte di medici interni alla struttura, i 22 operatori risultati positivi (non si sa però, dico io, perché non i 23 ospiti) e di far refertare i tamponi non si sa dove, con il risultato che solo 4 erano positivi e gli altri negativi. (Tanja Ariis, op. cit.).

Intanto il sindaco di Tolmezzo poneva il problema delle difficoltà della struttura a lavorare se altri oss, oltre la prima, fossero risultati positivi in detta asp, (https://www.studionord.news/covid-23-nuove-positivita-alla-casa-di-riposo-di-tolmezzo/ e in particolare ttps://www.telefriuli.it/cronaca/personale-decimato-causa-covid-brollo-amministrativi-scendano-corsia/2/213037/art/), ipotizzando che fossero i gli amministrativi a scendere in corsia, e continuava affermando:  «Apprendiamo dall’Azienda sanitaria dell’esito dei tamponi effettuati nella Casa di riposo di Tolmezzo, che riporta 22 persone positive tra gli ospiti e 1 tra gli operatori. Tutti erano risultati negativi al primo tampone. Questi i dati riportati nel bollettino ufficiale della Regione, ai quali ci atteniamo, e che si aggiungono alle 10 positività già verificare i giorni scorsi». (https://www.studionord.news/covid-23-nuove-positivita-alla-casa-di-riposo-di-tolmezzo/).

Quindi per Francesco Brollo il 27 ottobre 2020, vi erano, alla casa di riposo 33 positivi, forse considerando i tamponi risultati negativi fatti fare da Marzona, ma non solo, mentre il 25 ottobre pare che la Regione Fvg nulla sapesse dei casi di Tolmezzo. (https://www.studionord.news/covid-23-nuove-positivita-alla-casa-di-riposo-di-tolmezzo/). Quindi mi pare che qualcuno avesse detto che i casi alla casa di riposo di Tolmezzo erano 30. Ma poi Radio Studio Nord pubblicava che vi erano 62 casi di positivi al covid -19 a Tolmezzo, (https://www.studionord.news/covid-la-mappa-del-contagio-in-carnia-canal-del-ferro-valcanale-gemonese-e-collinare-2/) riportando i dati della Protezione civile, che non tengono conto dei tamponi fatti in privato, e ancor di più mi chiedevo quanti fossero i positivi alla casa di riposo di Tolmezzo.

Perché io, che abito a Tolmezzo, vorrei davvero sapere, e l’ho già chiesto giorni fa con facebook su “Sei di Tolmezzo se …”, quanti sono i positivi alla casa di riposo di Tolmezzo, perché tre cose mi preoccupano.

Il fatto che alla casa di riposo di Tolmezzo, tamponi ripetuti in privato, subito dopo, su persone positive siano risultati negativi in percentuale così alta (18 su 22) da far considerare a livello europeo il tampone inaffidabile; il fatto che i 18 lavoratori nella casa di riposo possano girare per Tolmezzo pensandosi negativi ma non sapendo in realtà se da considerarsi positivi o negativi.

Infine se i casi covid -19 positivi sono 62 a Tolmezzo, come credo sia vero, se 30 o 33 sono in casa di riposo, dove sono gli altri? In centro, nelle frazioni o dove? Per questo è importante sapere quanti positivi sono alla casa di riposo di Tolmezzo, per sapere quanti non si trovano lì. Ora è compito, sempre secondo la stessa fonte, del Sindaco informare la popolazione, come dell’Asu Fc.

Oggi 5 novembre 2020, è comparso sul Messaggero Veneto un articolo di Tanla Ariis intitolato “Un’altra vittima del virus alla Scrosoppi’ in cui si legge «Nella struttura tolmezzina la situazione è complicata con la seconda ondata del virus […]. Ben poco trapela su quanto avviene in casa di riposo a Tolmezzo: gli unici dati pubblici sono quelli, molto sommari, forniti dal Sindaco, Francesco Brollo, che ha indicato oltre la metà dei contagi registrati a Tolmezzo come legati all’ Asp Scrosoppi “31 ospiti positivi in struttura […] e uno in ospedale. Totale degli ospiti deceduti tre e operatori positivi otto».  

In sintesi ora pare che i casi alla Scrosoppi siano 43, e se in tutto a Tolmezzo risultano 62 positivi, mi pare manchino all’ appello 19 casi, non si sa nulla di più di quanto si leggeva giorni fa, e il mistero permane, mentre pare che il sindaco Brollo, finalmente, cerchi di capire qualcosa di più per informarci. Se qualcuno, nel frattempo, vuole giocare i numeri al lotto ….

Ma l’informazione non puntuale è un grosso guaio, per poter utilizzare comportamenti idonei, in questa materia, e vi è un’altro grosso problema aperto da questa situazione: i tamponi fatti da privati che, se positivi, non vengono conteggiati, e quelli positivi che, poi ripetuti e analizzati Dio solo sa dove, da privati si trasformano in negativi. Ma non è compito mio entrare nel merito.

Senza voler offendere alcuno e al prossimo articolo.

L’immagine che accompagna il testo rappresenta il coronavirus ed è una elaborazione in mono tinta di una già utilizzata.

Laura Matelda Puppini

 

 

 

 

 

 

 

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