Non avrei mai voluto scrivere queste due righe sulla crisi della Coop- ca, ma mi sento quasi costretta a farlo, dopo aver partecipato, sotto le intemperie, alla manifestazione odierna.

Mi si dice: «Vedi come vanno a finire le cooperative?», sottintendendo che il libero mercato è da preferirsi. Ma io mi chiedo:«Come sono andate a finire moltissime aziende private italiane?» E non sarà, magari, che certo “modus operandi” di amministratori di società private è stato fatto proprio anche da società cooperative?
E come il solito parto da un problema molto particolare e tragico, per trattarne uno più generale.

Correva l’anno 1906 … quando il gruppo delle Cooperative Carniche veniva fondato da un “manipolo di pionieri” socialisti riformisti. Anni lontani oltre un secolo, ma anni in cui questi uomini capaci riuscivano a concretizzare un sogno, credendo in qualcosa, in un ideale, nella collaborazione, nella cooperazione come tenda di pace, molla del progresso e dell’emancipazione sociale. E per realizzare i loro ideali si spendevano in ogni modo, anche rinunciando a compensi, finanziando con soldi propri, facendo parte delle amministrazioni della Cooperativa Carnica di Consumo, di Credito e del Consorzio Carnico fra le Cooperative di Lavoro, pronti a rispondere del loro operato “alla Carnia non dello stesso colore politico”qualora fosse stato loro richiesto di rendicontare sulla loro «rettitudine ed austerità» e sulla loro integrità morale.

I fondatori ed amministratori della Cooperativa Carnica, aperta a tutti, come del resto la consorella di Credito, ed il Consorzio Carnico, dichiaravano, nel 1909, che la superiorità della stessa, rispetto ad altre “aziende economiche”, era data «dall’avere come fondamento l’altruismo di coloro che la reggono e la gestiscono» e la mancanza di ogni «interesse personale». Ed aggiungevano che, se questo avesse dovuto prevalere, avrebbe fatto fallire tutta l’opera svolta e poteva, a pieno titolo, venir interpretato come un segnale del «tradimento del mandato che la Carnia aveva loro conferito». (Laura Puppini, Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988, p. 56).

Non si voglia, però, in modo alcuno, leggere queste righe come un’accusa agli amministratori attuali della Cooperativa Carnica, il cui operato altri devono giudicare, ma solo come un dato di fatto.

Altri tempi…

Da quegli anni molta acqua è passata sotto i ponti.

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E giungiamo a metà anni ’70 del ‘900. La società è cambiata, nuovi termini e parametri si stanno facendo strada anche nel mondo cooperativo italiano, tanto che Valerio Castronovo intitola un capitolo sulla nuova impostazione data dalla Lega della Cooperative al proprio agire: «Meno ideologia e più efficienza». (Valerio Castronovo, Dal dopoguerra a oggi, in: AA.VV., Storia del movimento cooperativo in Italia, 1886-1986,G. Einaudi ed., 1987, p. 782).

Termini propri del mondo imprenditoriale prendono il posto dei vecchi termini legati ad antichi modi di pensare, che avevano anche nel concetto di “onore” ora obsoleto, uno dei propri capisaldi. E non si tratta solo di un problema di “nomi” perché ogni nome si collega ad un concetto, ad un significato.

Le cooperative che fanno capo alla Lega cercano un nuovo spazio, tra l’impresa privata e quella statale, senza però precisare, a mio avviso, una reale diversità e tipicità che le differenzi dalle altre.

Sotto la Presidenza di Vincenzo Galletti, animato dallo spirito dei “comunisti imprenditori” bolognesi, presenti in quegli anni, la cooperazione inizia ad esser vista come “forza anticrisi” trainante per l’economia, senza però dimenticare i suoi compiti primari cioè lo sviluppo del lavoro associato e la risposta alle esigenze delle classi popolari. (Ivi, p. 784 e 783).

Nel 1978, il XXX° Congresso della Lega delle Cooperative tiene i suoi lavori all’insegna del motto: «Programmare attraverso il mercato», introducendo, a mio avviso, la variabile “mercato” come elemento predominante per l’azione, ed avvicinandosi a terminologia e modus operandi delle aziende private, in un contesto economico che andrà sempre più caratterizzandosi come dettato dal neoliberismo.

Così pensiero e tipologia di azione tra aziende cooperative, private, statali, vanno via via omologandosi, pur permanendo differenze, sancite pure dalle normative che regolano le diverse tipologie aziendali nello specifico.

Nello stesso anno la Lega lancia la parola d’ordine: «terzo settore» ed una propria «politica imprenditoriale» allineandosi così non solo a livello terminologico, al modus operandi comune. (Ivi, pp. 818-821).

Quello che apparve chiaro, alla fine del XXX° Congresso della Lega, fu: «il tramonto definitivo della vecchia immagine della cooperazione, […]. (…). In altri tempi la cooperazione era stata soprattutto un istituto di difesa dei più oppressi e dei più poveri; ora invece si configurava come un sistema di imprese basate sull’autogestione che, pur non avendo natura pubblica, perseguivano finalità di interesse collettivo nel rendere servizi e prestazioni ai prezzi più bassi consentiti dal mercato […].».

E questo passaggio di trasformazione lenta delle cooperative in aziende simili a quelle private, avveniva anche tramite il loro sganciamento dall’influenza dei partiti e quindi dagli aspetti ideologici che tanto avevano influito sulla cooperazione dei primi Novecento. (Ivi, p. 824).

In questo suo nuovo ruolo di colosso economico che si apriva al mercato come terzo settore, la cooperazione in ambito economico trovò rispondenza nelle banche, visibilità presso i grandi imprenditori italiani di fine anni ’70, possibilità di stipulare «numerose convenzioni su scala nazionale» (Ivi, p. 826) e volse anche verso mercati esteri, andando via via ad agire in modo similare alle grandi aziende non cooperative, pur mantenendo dalle stesse alcuni distinguo.

Da ciò si evince che l’attuale movimento cooperativo è ben diverso da quello dei primi Novecento, e che le problematiche presentate dalla Cooperativa Carnica attualmente non dipendono, credo, dal fatto che essa sia una cooperativa, ma dal fatto che come altre aziende private, è entrata in crisi in modo analogo e tale da rischiare il fallimento.

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Quello che invece uno si chiede è come mai si abbia avuto sentore così tardi della catastrofe, come mai la CoopCa abbia atteso fino all’ultimo, anche illudendo i soci, se mi è concesso questo termine, con la lettera dell’agosto 2014, che invitava ad investire ancora in Coop- ca. (Tanja Ariis, Lettera beffa prima del crac. “Versate da noi siete al sicuro». A fine estate, col bilancio in rosso, il Cda incentivava il prestito sociale con tassi record. La motivazione? «Tutelare i risparmiatori alle prese con i Bot che non rendono più”», in: Messaggero Veneto, 2 dicembre 2014).
E poi «Quei bilanci salvati dai “giochi” immobiliari» – come intitolava il Messaggero Veneto, il 30 novembre 2014 – , quelle: «Maxi-plusvalenze dalla cessione dei punti vendita a una società controllata». «Così in 2 anni il rosso è stato “solo” di 4 milioni», fanno pensare. (Stefano Polzot, Quei bilanci salvati dai “giochi” immobiliari. Maxi-plusvalenze dalla cessione dei punti vendita a una società controllata. Così in 2 anni il rosso è stato “solo” di 4 milioni. Ora tutto finisce sotto esame.» in: Messaggero Veneto , il 30 novembre 2014).

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Altre domande, umanamente, mi sono posta dopo aver letto quanto affermato dall’Assessore alle Attività Produttive della Regione F.VG. e specifico subito non su di lui o sulla Regione, ma su chi doveva controllare.
Il 5 febbraio 2015, così egli diceva:

«La cooperativa in questione risulta aderente a tre associazioni del movimento cooperativo rispettivamente Confcooperative Unione regionale della cooperazione Friuli-Venezia Giulia, Lega delle cooperative del Friuli-Venezia Giulia, associazione regionale AGCI Friuli Venezia Giulia.»

Dal 1995, in assenza di segnalazione di irregolarità pervenute all’ Amministrazione regionale, la CoopCa era sempre stata sottoposta a revisione ordinaria da parte delle associazioni di appartenenza, in ossequio alla normativa vigente.

La CoopCa veniva quindi sottoposta, nel 2011, a revisione da parte della Lega delle Cooperative del Friuli Venezia Giulia. Il Revisore dottor Roberto Minardi, concludeva così:
«la struttura finanziaria nel suo complesso appare per il momento sostanzialmente equilibrata, sia nel breve che nel medio periodo, pur tuttavia l’ entità complessiva dell’ indirizzo dell’ indebitamento, la sua composizione gli scenari macroeconomici e gli andamenti attuali del mercato finanziario, devono indurre l’ organo amministrativo a monitorare con continuità l’andamento economico-finanziario presidiandone con attenzione gli equilibri». Il suo giudizio quindi risultava complessivamente positivo tanto da proporre il rilascio dell’attestazione di revisione da parte della Lega delle Cooperative.

La revisione, per l’e.f. 2012, veniva, invece, effettuata dall’Associazione regionale AGCI Friuli-Venezia Giulia, tramite il dottor Adino Cisilino, che, svolti gli accertamenti per legge, esprimeva un giudizio finale complessivamente positivo sulla cooperativa. La stessa infatti, a suo avviso, presentava un’ organizzazione in linea con la dimensione societaria avendo, pure, introdotto il bilancio sociale, documento rappresentativo dell’ attività mutualistica della cooperativa a favore da propria base sociale dei consumatori. Inoltre la cooperativa aveva posto correttamente attenzione alla normativa antiriciclaggio, ed ad altre norme del settore, relative alla fatturazione.
Il dott. Cisilino, però, raccomandava alla CoopCa, in considerazione della situazione economico-finanziaria della società e dell’andamento dell’economia nazionale, di monitorare le performance economico-patrimoniali-finanziarie della cooperativa. E con ciò, il revisore, considerate le risultanze emerse, proponeva il rilascio dell’attestato di revisione da parte dell’ dall’Associazione regionale AGCI Friuli-Venezia Giulia.
La revisione per l’e.f. 2013 veniva effettuata da Confcooperative Unione regionale della cooperazione del Friuli-Venezia Giulia. Il revisore, dottor Paolo Tonassi, giungeva alle seguenti conclusioni:
«negli ultimi due anni (…) la Società ha chiuso con una perdita di esercizio. Le motivazioni sono facilmente ascrivibili nella crisi economica globale in atto, che ha visto contrarsi sensibilmente i consumi anche dei generi alimentari e negli ultimi tempi l’acuirsi dei fenomeni legati alle modalità di acquisto: si prediligono prodotti in offerta (…). Si ritiene che le perdite di Coopca siano sostanzialmente in linea con quelle degli altri competitors […]». Quindi il dott. Tonassi riteneva che la crisi avesse prodotto anche un altro effetto negativo: la richiesta di rimborso dei prestiti soci da parte degli stessi, al fine di sopperire con i risparmi alle difficoltà del momento. Tali operazioni avevano, di fatto, drenato notevoli risorse finanziarie all’azienda. Egli riscontrava, però, che «dall’ inizio del 2013 tale emorragia si è arrestata, gli amministratori verificano scrupolosamente ogni mese l’andamento delle vendite, anche per singolo punto vendita attuando politiche commerciali volte a non diminuire i volumi di vendita e compromettere la redditività aziendale».
Quindi egli dava notizia della creazione, nel 2012, della società immobiliare Coopca S.r.l. in cui nel 2013 era confluito parte del patrimonio immobiliare della cooperativa.
Rispetto alle partecipazioni, si segnalava che le stesse, in particolare la già citata immobiliare CoopCa srl, potevano considerarsi soggette alla direzione ed al coordinamento di CoopCa. Alla fine il revisore proponeva il rilascio dell’attestazione di revisione da parte dell’associazione di appartenenza.

Altro mistero per una che non ha mai avuto azioni in CoopCa e quindi poco conosce la reale situazione negli ultimi anni della nota azienda cooperativa: «I bilanci d’esercizio allegati ai verbali di revisione sono sempre stati approvati dai soci».
Come mai nessuno si è accorto di nulla?

Inoltre: il collegio sindacale nella relazione di competenza aveva espresso parere positivo sui bilanci medesimi, condividendo i criteri seguiti nella gestione sociale per il conseguimento delle finalità mutualistiche, ed invitando i soci ad approvarli così come redatti dagli amministratori.
Le relazioni del revisore legale dei conti, altro organo della società, precisavano che i bilanci erano stati redatti con chiarezza e rappresentavano in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società, pur evidenziando, nel 2012, richiami di informativa da parte della Società di certificazione, ma senza porre rilievi ed osservazioni.

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Poi il sentore di una catastrofe non annunciata, la richiesta di revisione straordinaria e i successivi accadimenti societari.

A seguito della segnalazione del collegio sindacale della cooperativa Coopca, datata 31 ottobre 2014, pervenuta il 4 novembre 2014, l’amministrazione regionale riteneva di disporre una revisione straordinaria nei confronti della CoopCa, in quanto il Collegio Sindacale aveva evidenziato la presenza di una grave condizione patrimoniale dell’azienda, che riteneva collegata alla crisi del settore dei consumi ed alla sottocapitalizzazione della società medesima.

Detta condizione patrimoniale non permetteva, di fatto, di procedere al regolare puntuale pagamento dei fornitori, e quindi l’approvvigionamento delle merci.

Così la Giunta regionale con propria delibera del 7 novembre disponeva l’effettuazione di una revisione straordinaria nei confronti della cooperativa prevedendo che l’attività revisionale dovesse essere svolta in maniera adeguatamente approfondita e articolata anche mediante l’affiancarsi di due diversi revisori.

Nel frattempo con verbale del Consiglio d’ Amministrazione del 16 novembre 2014, l’organo amministrativo della Società deliberava di presentare ricorso contenente la domanda di concordato preventivo in bianco a norma dell’articolo 161 comma 6 della legge fallimentare delegando il Presidente del Consiglio d’amministrazione al compimento di tutti gli atti necessari. Detto ricorso veniva accettato.

«Dal punto di vista economico finanziario e patrimoniale i Revisori hanno sottolineato che la cooperativa ha un importante debito verso i fornitori per un totale di 23.859.055,00, di cui una parte di rilievo già scaduta, tanto che gli stessi hanno sospeso la consegna di ulteriori partite di merci.
Inoltre, i professionisti incaricati hanno evidenziato che non hanno concorso a migliorare la situazione finanziaria le cessioni immobiliari effettuate nel 2012 e nel 2013, a favore della controllata immobilCoopCa, in quanto il pagamento è stato pattuito con ripartizione su un esteso arco temporale, 23 anni.»

I revisori, in fase di verifica ricevavano dalla cooperativa la situazione economica e patrimoniale al 31 dicembre 2014, che faceva apparire la situazione economica finanziaria e patrimoniale operativa critica, ed a ciò si doveva aggiungere la consistente richiesta di rimborso del prestito sociale.
Alla luce di quanto, i revisori accertavano la sussistenza dello stato di insolvenza della società, e, di conseguenza, proponevano all’ Autorità di vigilanza, l’amministrazione regionale, l’adozione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa.
(Da: La versione di Bolzonello, in: socicoopca.blogspot.it.)

OGGI LA MANIFESTAZIONE. LA CARNIA SI VEDE IMPROVVISAMENTE IN GINOCCHIO. E QUEI 600 LAVORATORI?
PER LORO IN PARTICOLARE ERO STAMANE, CON UN VENTO FREDDO ,UNA “BORA SCURA” CHE CI GELAVA, ED UNA PIOGGIA FREDDA CHE CADEVA AD AMARO.

Laura Matelda Puppini

Laura Matelda PuppiniECONOMIA, SERVIZI, SANITÀNon avrei mai voluto scrivere queste due righe sulla crisi della Coop- ca, ma mi sento quasi costretta a farlo, dopo aver partecipato, sotto le intemperie, alla manifestazione odierna. Mi si dice: «Vedi come vanno a finire le cooperative?», sottintendendo che il libero mercato è da preferirsi. Ma io mi...INFO DALLA CARNIA E DINTORNI