Franceschino Barazzutti mi ha mandato un articolo ed un comunicato sottoscritto da più Comitati che riguardano l’ “acqua nostra e acqua loro” per farla breve, ed i mutamenti climatici. Li pubblico come spunto di rifessione anche prima di andare a votare, pregandovi di andarci. Cosa ha fatto la giunta Fedriga per arginare questa situazione? Nulla di nulla, era ad altro interessata, almeno così pare. L.M.P.

«IL TAGLIAMENTO: NON SOLO SICCITÀ.

A causa della protratta mancanza di precipitazioni la siccità è diventata un argomento dominante. Era inevitabile che il tema siccità investisse il Tagliamento non solo quale principale fiume del Friuli ma anche per l’unicità del suo sistema fluviale a canali intrecciati in forza del quale viene definito “il re dei fiumi alpini.

   Abbiamo visto servizi giornalistici e televisivi con le immagini del suo alveo in diverse località ridotto ad una deserta distesa di ciottoli priva d’acqua o, nel migliore dei casi, solcato da un penoso rigagnolo. Immagini effettivamente rispondenti ad una  realtà conseguenza anche della mancanza di precipitazioni nel vasto bacino imbrifero del Tagliamento. Ma considerare il suo stato di sofferenza conseguenza della sola carenza di precipitazioni sarebbe parziale ed omissivo.

Infatti, nonostante l’assenza di precipitazioni il sistema idroelettrico impostato sulle centrali di Ampezzo e di Somplago continua a derivare quasi l’intera portata del Tagliamento e dei suoi affluenti in nuovi percorsi artificiali di lunghissime gallerie. 

   E’ un “secondo Tagliamento” che convoglia le portate prima al bacino di Sauris per alimentare la centrale di Ampezzo, poi al bacino di Verzegnis per alimentare la centrale di Somplago il cui scarico finisce nel Lago di Cavazzo o dei Tre Comuni devastandolo, per finire dopo un percorso di oltre 80 km nel proprio alveo solo a valle del ponte di Braulins ricostruendovi la naturale portata.

Pertanto, la penuria d’acqua o la secca nel Tagliamento a cui ora assistiamo da Forni di Sopra allo scarico del Lago dei tre Comuni a Valle del ponte di Braulins è principalmente dovuta al sistema delle citate derivazioni. Il giorno 15 marzo 2023 ho verificato e documentato di persona che, mentre al ponte di Invillino il Tagliamento era del tutto privo di acqua, il bacino di Verzegnis riceveva una grande portata dalla galleria che lo alimenta: era l’acqua di tutti corsi della Carnia, torrente But escluso.   

 Questo sistema idroelettrico, costruito dalla Società Adriatica di Elettricità (SADE) di Venezia negli anni ’50 secondo il principio “tutte le acque in turbina” per produrre energia elettrica e profitti per gli azionisti della SADE ha trasformato il Tagliamento da “re dei fiumi alpini” a schiavo dell’idroelettrico, ha privato il territorio delle sue acque, ha prodotto seri dissesti idrogeologici. Dissesti, mancanza d’acqua negli alvei, abbassamento delle falde ai quali non si è voluto porre rimedio nonostante le ferme e ripetute richieste delle popolazioni e dei Comuni interessati.

Neppure l’ultima petizione popolare “Ridiamo acqua al Tagliamento e istituzione delle giornate del Tagliamento” presentata alla Presidenza del Consiglio Regionale il 16.12.2021 è stata a tutt’oggi esaminata.
L’Assessorato regionale alla difesa dell’ambiente, energia e sviluppo sostenibile è molto rapido nel rilasciare concessioni a privati di nuove centraline fin sugli ultimi ruscelli, nonché l’autorizzazione alla SIOT d’installare i cogeneratori a metano osteggiati dalla popolazione e dai Comuni. E’però restìo a porre rimedio ai dissesti prodotti dal grande idroelettrico, lago dei Tre Comuni compreso, ad approvare la proposta di legge n.193 “Costituzione della Società Energia Friuli Venezia Giulia” presentata già il 27.2.2017 da consiglieri di tutti i gruppi politici. Società pubblica indispensabile per garantire alla Regione un ruolo preminente nella gestione del grande idroelettrico a vantaggio dei territori e non dei concessionari, che ora pretendono la ulteriore proroga delle concessioni per continuare a realizzare profitti.

C’è da sperare che la siccità che investe l’intero territorio regionale con serie conseguenze sull’agricoltura, l’ambiente e non solo, stimoli i vari livelli delle Istituzioni ad elaborare e concretamente attuare equilibrati piani di utilizzo plurimo e diversificato della preziosa risorsa acqua, come richiede la sua stessa natura.

Franceschino Barazzutti, già presidente del Consorzio del Bacino Imbrifero Montano (BIM) del Tagliamento. 16.3.2023».

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Il Tagliamento al ponte di Invillino. (Foto inviatami da F. Barazzutti ed allegata all’articolo).

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Scarico della galleria nel bacino di Verzegnis. (Foto inviatami da F. Barazzutti ed allegata all’articolo).

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Collegato al primo articolo, sempre Franceschino Barazzutti mi ha inviato questo comunicato, che volentieri pubblico.

«IL COORDINAMENTO COMITATI GRANDE IDROELETTRICO DELL’ARCO ALPINO RIBADISCE LA SUA FERMA CONTRARIETÀ A OGNI PROROGA DELLE CONCESSIONI IDROELETTRICHE.

Con riferimento alle notizie apparse di recente sulla stampa, secondo cui le grandi società concessionarie stanno trattando con il Governo una proroga – addirittura trentennale  – delle concessioni scadute, a fronte di investimenti per 10-15 miliardi, il Coordinamento Comitati Grande idroelettrico dell’Arco Alpino e i singoli comitati che in esso si riconoscono, ribadiscono la loro ferma e motivata contrarietà a ogni ipotesi di proroga delle concessioni.

In primo luogo, dobbiamo notare che negli ultimi quarant’anni si sono già succeduti ben dodici provvedimenti di legge che hanno prorogato le concessioni, persino oltre i cinquant’anni, e alcuni di questi furono motivati proprio con la necessità di rinnovare gli impianti. Il fatto stesso che oggi si torni a chiedere un proroga come condizione per investire, dimostra che le dodici proroghe precedenti non hanno avuto alcun effetto sul rinnovamento degli impianti.

Non solo, se le grandi società concessionarie ritengono che 10-15 miliardi di investimenti in dieci anni siano uno sforzo straordinario, allora potrebbero serenamente affrontare le gare; se ne hanno paura è perché in realtà sanno che qualche competitore potrebbe offrire di più: solo la gara può, nel pubblico interesse, estrarre il massimo valore da una concessione scaduta.

Soprattutto, il rinnovo degli impianti, pur importante, non è l’unico fattore in gioco: le gare di rinnovo sono un occasione unica per ridefinire le concessioni applicando le più recenti norme ambientali e paesaggistiche, definendo le misure di compensazione a favore delle comunità impattate dalla presenza degli impianti, individuando interventi di miglioramento della sicurezza e procedendo finalmente al recupero della capacità d’invaso. Tutti questi obiettivi sarebbero vanificati dalle proroghe in capo a quei soggetti che finora hanno ignorato le esigenze della comunità e del territorio.

Anche  l’argomento dei concessionari uscenti secondo cui le gare potrebbero andare a favore di operatori stranieri è privo di fondamento: su 74 concessioni in scadenza 18 sono di una società controllata dallo stato francese ed altre due sono partecipate dalla stessa al 49%, 13 sono di una società per il 40% partecipata da un fondo australiano, 3 fanno capo a una società controllata da un gruppo industriale tedesco: solo 4 concessioni appartengono a società totalmente italiane!

Si capisce bene la verità leggendo, su: “Idroelettrico, utility in corsa per 15 miliardi d’investimenti” in: https://www.utilitalia.it/notizia/16512279-6ed1-4d36-9945-c5f24f4962f4 le dichiarazioni del presidente di IREN e vice presidente di Utilitalia Luca Dal Fabbro, il quale parla di un «”Piano Marshall per l’acqua e l’energia idroelettrica” nel quale possano trovare un ruolo anche fondi internazionali». Inoltre «L’interesse a investire come partner di minoranza delle utility è altissimo» Infatti «il settore idroelettrico è di quelli di maggior interesse».

Ciò conferma che le grandi società concessionarie, anche quando si definiscono come “multi utility”, hanno ormai perso il legame con il territorio, specie quello montano che sopporta la presenza degli impianti, e agiscono in una mera logica di profitto.

Proprio coloro che a parole temono l’invasione straniera, vogliono in realtà far entrare nel settore idroelettrico fondi speculativi che finanzino gli investimenti! Noi, all’opposto, riteniamo che si debba – con le gare di rinnovo – passare a un modello completamente diverso, che vede finalmente la partecipazione degli enti locali, quindi delle comunità, alle concessioni!

Chiediamo perciò, come già previsto dalla legge vigente, che le gare si svolgano al più presto secondo il modello pubblico-privato, dapprima affidando delle concessioni a società totalmente pubbliche – che devono essere rappresentative dei territori interessati, tramite provincie e comuni – e poi mettendo a gara la scelta di un partner privato minoritario, che sarà responsabile della gestione  degli impianti e dell’energia prodotta.

Questa è la soluzione che, meglio di ogni altra, rispecchia l’obiettivo di avvicinare la produzione di energia alle comunità locali nel solco – ad esempio – dell’enfasi sempre maggiore che tanto l’Unione Europea quanto l’Italia riservano alle comunità energetiche.

È inaccettabile che si voglia ancora decidere sulle concessione nell’interesse di pochi grandi operatori e passando, per l’ennesima volta, sopra la testa delle comunità locali. I nostri Comitati si attiveranno perciò da subito per presentare ai ministeri interessati le non più ignorabili richieste del territorio e daranno il via a una campagna informativa della popolazione.

Coordinamento dei Comitati sul grande idroelettrico dell’arco alpino sottoscritto anche dal Comitato Valcellina, dal Comitato Val Meduna e dal Comitato Tutela Acque del Bacino Montano del Tagliamento componenti di tale coordinamento».

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L’immagine che accompagna l’articolo è una di quelle inviatemi da Franceschino Barazzutti. Laura Matelda Puppini

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