Questo articolo è dedicato al comandante partigiano osovano Romano Zoffo, ufficiale del R.E.I., che, con tanti altri, ha scritto la storia della democrazia in Italia, torturato ed ucciso a fine guerra dai cosacchi. Perché resti memoria.

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INTRODUZIONE.

Ci sono persone che scrivono senza leggere quanto già pubblicato, e fra questi spicca, in ambito locale e resistenziale, il dott. Igino Piutti, ex sindaco democristiano, che si cela dietro la scusa di scrivere romanzi ma fa nomi e cognomi reali, infangando di fatto persone realmente vissute. E su Romano Zoffo, Livio o Barba Livio, scrive, tra l’altro alle pp. 71-72 del suo ultimo “Il ritorno del cosacco”, Aviani&Aviani ed. 2020, che il grande comandante carnico, medaglia d’argento al valor militare, «passava per uno dei più crudeli tra i capi partigiani», (p.71), che «aveva fama di sanguinario» (Ibid.), che aveva puntato la pistola contro una donna inerme, (Ivi, p. 72), che il suo btg. aveva un cimitero segreto, ove seppellire le proprie vittime, (Ibid.) e che «Se pure non era pentito di ciò che aveva fatto, non era più sicuro però di aver agito secondo giustizia». E come non bastasse, senza fonte dichiarata scrive che vi era chi diceva che era il criminale per eccellenza (Ibid.). Fonte dichiarata per questi giudizi pubblicati? Nessuna. Ma vi invito pure a leggere il mio: “Su: ‘L’assedio della Carnia’ ed ‘Il ritorno del cosacco’ di Igino Piutti.  Aggiornato l’11 ottobre 2020”, in: nonsolocarnia.info, per capire l’approccio di questo autore alla resistenza e la sua mancanza di fonti che si possano dire tali, finendo per screditare ed insinuare.

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Ma chi era in realtà Livio o Barba Livio che dir si voglia e di chi fu vittima? Ne ho pubblicato la storia come appendice 1 in Romano Marchetti (a cura di Laura Matelda Puppini), Da Maiaso al Golico, dalla resistenza a Savona, una vita in viaggio nel ‘900 italiano, Ifsml, Kappa – Vu, 2013, pp. 355 – 368, con titolo: “Barba Livio, il battaglione Carnia e la crisi di Pielungo”. 
La ripropongo qui, con il consenso degli editori, sintetizzando, in premessa, che la Brigata poi divisione Osoppo sorse grazie all’accordo tra Democrazia Cristiana e P. d’A. Ma, sia per una diversa visione della resistenza, sia perché la Dc guardava forse già a chi avrebbe dominato nel dopoguerra più che a combattere una guerra, e pure a causa dei fatti di Pielungo, questa unione andò in crisi. E Romano Zoffo fu, come scrive Tiziano Sguazzero, nel suo: “Il contributo azionista alla lotta di Liberazione in Friuli, in Storia Contemporanea in Friuli, ed. I.F.S.M.L., n.8, 1977, p.154: «fra i comandanti militari che sostennero, incontrando ostilità e diffidenza nei settori osovani di impronta democristiana e conservatrice, le tesi azioniste, pur non aderendo ufficialmente al partito», come del resto Pietro Maset, Maso, grande comandante osovano fautore della brigata Unificata Ippolito Nievo, che cadde alla fine della guerra, proprio come Livio.

Insomma come vedremo, Livio, che aveva agito sempre correttamente, fu vittima di trame democristiane per il potere all’interno della Osoppo, e di un gruppo di contrari al comando unico Garibaldi- Osoppo, proposto per motivi di coordinamento delle azioni militari, i cui appartenenti erano pronti ad affermare che tutti coloro che lo volevano erano sporchi rossi comunisti, e di vendette personali.

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BARBA LIVIO, IL BATTAGLIONE CARNIA.

Romano Zoffo, nome di battaglia Livio (1), chiamato anche Barba Livio e Livio Ferro, figlio di Gioacchino e Anna Filippi, nasce ad Amaro il I° novembre 1912. Egli studia in Romania, in scuole tenute da ungheresi e, rientrato in Italia, il titolo di studio di maestro elementare non gli viene riconosciuto. Così è inviato a combattere in Croazia con il grado di sergente e, solo dopo un esame integrativo, può ottenere la nomina a sotto – tenente. (2).

Dopo l’8 settembre 1943, secondo Tiziano Sguazzero, Romano Zoffo entra a far parte di un gruppo di resistenti formatosi a Porzûs con cui prende contatto pure il btg. “Giustizia e Libertà Roselli”(3) formatosi a Subit di Attimis, e comandato da Carlo Comesatti Spartaco, non si sa con che esiti.
Anche Primo Cresta sostiene che dopo l’8 settembre Romano Zoffo ripara a Porzûs. Egli infatti scrive che, recatosi a Porzûs in tale periodo, trovò ivi due forestieri un tenente di Verona «ed un altro tenente, anch’egli fuggiasco, che aveva affittato un piccolissimo alloggio. Chiamavamo quest’ultimo Barba – continua Cresta – per il suo nero onor del mento che curava attentamente e affettuosamente lisciava quando era sovrappensiero, però il suo vero nome era Zoffo Romano […]». (4).

Gian Carlo Chiussi dice, invece, di esser entrato in contatto, nell’inverno 1943-1944, con i fratelli Cesare e Gian Carlo Marzona e altri, fra cui Romano Zoffo che incontrò, la prima volta, ad Udine, al bar Odeon. In quell’occasione Zoffo gli narrò che si stava costituendo una formazione di partigiani italiani e che proprio in quel giorno ci sarebbe stata una riunione. (5).

Romano Zoffo, il grande partigiano carnico e ufficiale del R.e.i. Da: Brunello Alfaré, Carnia Libera 1944, ed. Kappa Vu, p. 34.

Nel mese di marzo del 1944, Romano Zoffo, preso il nome di battaglia  Livio Ferro, raggiunge Pielungo per aderire alla brigata osovana e quindi forma, forse nell’aprile dello stesso anno, con Fermo Cacitti Prospero, Marcello Coradazzi Lazzarino, Placido Bearzi Trentatrè, Rodolfo Cecconi Antenore, Bruno Cacitti Lena, Oreste Meroi Claudio, il primo battaglione osovano carnico, il ‘Carnia’, che si insedia, in un primo momento, in casera Losa e poi in casera Forchia. (6), in attesa dell’arrivo della prima missione alleata in Friuli.
Ai primi di giugno il gruppo riceve, in Forchia, la missione inglese comandata dal maggiore Manfredi, Mafred Czernin Beckett, e quindi la prima visita del comandante della brigata Osoppo/Friuli: Verdi, accompagnato da Lucio Manzin Abba e da Aldo Faelutti Caverna. (7).

Subito dopo il battaglione Carnia si sposta in un casolare in località Salvins, sopra Vinaio di Lauco (8), dove pone la sede del comando del battaglione.
Inizialmente si tratta di uno sparuto numero di uomini se Albino Venier Walter scrive che il 16 giugno 1944, quando entra, con il suo gruppo, a far parte del btg. Carnia, il battaglione è ancora limitato ad una decina di partigiani. (9).
Comunque: «Con l’arrivo di Barba Livio – scrivono Giannino Angeli e Roberto Tirelli – in Carnia la situazione cambiò radicalmente: nel giro di tre mesi sorse una formazione ben organizzata e disciplinata e senz’altro più in accordo con la popolazione». (10).

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Velocemente il btg. Carnia va ingrossandosi grazie alla confluenza nello stesso, oltre che del gruppo di Zuglio comandato da Albino Venier, dei due gruppi spontanei che facevano capo a Bruno Terenzio Zoffi ed Il Moro Teobaldo Di Ronco, che formeranno, poi, le compagnie 4a, 5a e 6a del battaglione e grazie a singoli giovani che si recano a Salvins, dopo esser passati a Pielungo per arruolarsi nelle file della Osoppo.

A metà luglio del 1944, il battaglione Carnia risulta composto da 160 uomini armati, suddivisi in sei compagnie tra cui le tre già citate che si attestano, rispettivamente, a Salino di Paularo, a Noiaris, e sopra Sutrio;  le altre tre sono, invece, così locate: la prima, comandata da  Lazzarino, a Salvins presso il comando generale, la seconda guidata da Abramo Pittini  Polacaiç, in Dolacès, la terza comandata da Valent, Alessandro Ellero, appena sotto il costone di Fielis. (11).

La rete per le informazioni e collegamenti gravita, essenzialmente, su Romano Marchetti Cino Da Monte; l’Intendenza è guidata da Lena Bruno Cacitti, ed ha il suo centro logistico in Caneva di Tolmezzo. Lena opera assieme al fratello Prospero, in forze al reparto, che fa la spola tra Caneva e Salvins. Il battaglione ha a disposizione un’automobile e, all’occorrenza, un camion, cinque fucili mitragliatori, una decina di mitra Berretta, degli sten e fucili, anche se manca un numero adeguato di munizioni per questi ultimi, ed ha una discreta dotazione di esplosivo, specialmente plastico. (12). Svolge le funzioni di medico del reparto, all’occorrenza, il laureando in medicina Ezio De Antoni. (13).

Il 12 luglio 1944, quando Gian Carlo Chiussi raggiunge Salvins unendosi al btg. Carnia, sostituendo, come braccio destro di Livio, Oreste Meroi Claudio, rientrato a casa perché ferito accidentalmente da un colpo di arma da fuoco da un altro partigiano, il btg. Carnia si è già distinto per alcune azioni a cui se ne aggiungono altre, quali l’attacco ad una colonna nemica il 16 luglio 1944 e l’azione al fortino di Caneva il 25 luglio 1944. (14). Essa si svolge di notte ed è organizzata pure a scopo dimostrativo verso le forze tedesche. All’azione partecipano la 1a, 2a, 3a e la 4a compagnia. Le prime tre compagnie sono schierate a Caneva, la quarta sulla strada che da Tolmezzo porta a Paluzza. Dopo nutrita sparatoria, messo in fuga il nemico, i partigiani di Barba Livio recuperano una mitragliatrice Breda pesante con relative munizioni, un mitragliatore, armi varie. Ma il contrattacco è immediato e nell’azione restano uccisi Lazzarino, Marcello Coradazzi, ed Alfa, Valeriano Cosmo. (15).

Casolare a Salvins di Vinaio di Lauco (qui di Fusea) dove si trovava la sede del comando del btg. osovano Carnia. (G. Angeli, R. Tirelli, L’Osoppo per la libertà della Carnia (1943-1954), APO ed., 2003, p. 86).

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MA NEL FRATTEMPO, A LIVELLO DI COMANDO DELLA BRIGATA OSOPPO, ACCADE QUALCOSA …

Intanto anche a livello di comando brigata Osoppo/Friuli qualcosa va muovendosi: infatti il 14 luglio 1944 il comando osovano addiviene ad un incontro con il comando della brigata Garibaldi /Friuli per la costituzione di un Comando Unico, che, secondo Giampaolo Gallo produce pure la stipula di un accordo preciso. (16).
Ma non tutto fila liscio come si sarebbe voluto… Il 19 luglio 1944, ha inizio la cosiddetta crisi di Pielungo, che trascinerà in un vortice anche Barba Livio ed il battaglione Carnia. Ma cosa accade alla brigata Osoppo? Vediamolo insieme.

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Con l’insediamento del comando osovano, Pielungo è diventato il più importante centro logistico della brigata Osoppo/Friuli per magazzini di viveri, automezzi, armi e materiali, nonché sede di una missione alleata. È in sintesi – come scrive Giampaolo Gallo: «Una concentrazione imprudente di Comandi, uomini disarmati e mezzi in una località scarsamente difendibile». (17). Per la verità l’azionista Carlo Comessatti Spartaco, che aveva già lottato con il battaglione Rosselli assieme ai garibaldini, aveva fatto notare, il 18 luglio 1944, con un suo scritto indirizzato al Comitato Provinciale del Partito d’Azione udinese, i limiti della nuova Brigata. (18). 

Spartaco lamentava nella stessa: mancanza di comando operativo e unità di comando; troppa libertà lasciata per azioni personali; mancanza di disposizioni in previsione di azioni nemiche; sciupio di materiali; metodi superficiali di reclutamento; mancanza di controlli e delle più elementari norme corporative di prudenza e segretezza. Per Spartaco, infine, causa prima ed unica della situazione era la mancanza di un comando. «Qui il comandante è Verdi: lui e lui solo è quello che ordina, dirige, coordina, tratta e discute operazioni militari e questioni politiche. Verdi, davanti ai responsabili della Brigata Garibaldi, a Lino e a me, ebbe a dichiarare che il comando è formato da lui, da Aurelio, (don Ascanio De Luca, n.d.r.), da Mario (Manlio Cencig n.d.r.). Ora è chiaro – continua Carlo Commessatti – che Aurelio è del tutto inadatto a rivestire un tale incarico, innanzitutto perché è prete poi perché non ha un minimo di preparazione politica, […] da ultimo perché è completamente sottomesso a VerdiMario è lontano 50 Km. da qui, […] io ho funzioni vaghe ed incerte, […]. (…).  Gli altri quadri sono ufficiali e nient’altro che ufficiali. (…). Abba e Livio sono gli unici che attualmente si salvano». (19).  Inoltre Spartaco sostiene che al comando della Osoppo: «La parola d’ordine è […] ormai quella di non parlare di politica, di non interessarsene […]. La politica ed i partiti, si dice, verranno dopo […]. Non si vuole dunque che si parli di partiti e si fomenta, si incoraggia, si tollera il più sfacciato anticomunismo». (20).

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Ma torniamo al 19 luglio 1944.

Il 19 luglio alle ore 6.30 una colonna di autocarri, piena di tedeschi e fascisti, giunge improvvisamente a Pielungo, superando inspiegabilmente i posti di blocco di Casiacco ed Anduins, e con rapida manovra a tenaglia si dirige verso il castello Ceconi, sede del Comando osovano. I comandanti osovani, la missione inglese, i sessanta uomini hanno appena il tempo di rifugiarsi nel bosco vicino prima che il nemico irrompa nel castello, liberi i prigionieri, raccolga  armi e materiale bellico, viveri, vestiario radio trasmittenti, una cospicua somma di denaro e forse documenti cospirativi, dia alle fiamme il  castello stesso e due o tre case del paese, oltre a darsi alla razzia dello stesso prendendo ostaggi che si vanno ad aggiungere a due osovani catturati. I btgg. Libertà, Italia, Giustizia, pur essendo vicini alla sede del Comando, non riescono a difenderlo. Patrioti degli stessi, però, attaccano la colonna tedesca sulla via del ritorno. Ma «grande è l’amarezza degli osovani, non tanto per il rovescio militare quanto per la disorganizzazione della brigata, l’insipienza del Comando e il lassismo della formazione». (21).

All’indomani dei fatti di Pielungo non poche sono le critiche ai comandi osovani, a cui si imputa di non aver saputo organizzare la brigata ed una certa inesperienza. A proposito Giampaolo Gallo cita una lettera di padre Generoso di Pontedecimo, Attilio Ghiglione Matteo indirizzata a Lino, don Aldo Moretti, pubblicata, poi, da Alberto Buvoli. (22).

Quanto accaduto a Pielungo viene portato a conoscenza del C.L.N. di Udine (anche C.L.N.P.) che, sulla base delle relazioni sugli accadimenti del P.d’A e del Comando garibaldino,  il 28 luglio 1944, ordina di sospendere dalle sue funzioni il Comando della Brigata Osoppo/Friuli e l’arresto preventivo di Verdi Candido Grassi, cattolico e vagamente socialista, ed Aurelio, don Ascanio De Luca, che sino ad allora avevano comandato la brigata, fra l’altro pare approvando la proposta della Dc; nomina comandante interinale di brigata Abba (Lucio Manzin del P.d’A) chiede l’intervento del comando C.V.L. Veneto, e nomina una commissione di inchiesta per appurare l’accaduto e le eventuali responsabilità. Essa risulta infine formata da: Daniele, Umberto Zanfagnini, Lino don Aldo Moretti, Enea Gastone Valente. (23).

Il 29 luglio 1944, dato che l’ordine di arresto per i comandanti non è ancora giunto, Verdi dispone che vengano istituiti 4 gruppi di battaglioni, suddivisi per zona operativa: il gruppo btgg. Alto Torre formato dai btgg. Iulio, Udine e Torre, al comando di Mario Da Prato (più noto come Mario) cioè Manlio Cencig; il gruppo btgg. Alto Tagliamento o Carnia, formato dai btgg.: Carnia e Tagliamento (anche erroneamente val Tagliamento) e dal distaccamento del btg. Carnia a Paularo che si deve strutturare in un battaglione autonomo che assumerà il nome val Fella (24), al comando di Livio Ferro o Barba Livio che dir si voglia; il gruppo btgg. Medio Tagliamento formato dai btgg. Italia, Libertà, Giustizia e Patria, al comando di Abba, Lucio Manzin; il gruppo btgg. del Cansiglio, formato dai btgg. Piave e Cellina e dal btg. Meduno in via di costituzione, al comando di Maset (poi noto con il nome di battaglia Maso) Pietro Maset. (25).

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MA RITORNIAMO ALLA STORIA DEL BTG. CARNIA.

Il 3 agosto 1944, creatosi il nuovo comando, arrivano in visita al battaglione Carnia Abba, Spartaco e Roberto, Roberto Stufferi, per recapitare l’ordine di costituzione del gruppo battaglioni della Osoppo in Carnia.
E mentre si pensa a riorganizzare la Brigata poi Divisione Osoppo, il nemico non dà tregua.

La notte fra il 9 ed il 10 agosto circa 400 uomini, tra fascisti tedeschi, dopo aver prelevato una guida, salgono a Vinaio ove, però, non trovano nessuno perché tutti, partigiani e civili di Vinaio, avvisati in tempo, si sono allontanati verso il monte Marsins, rifugiandosi in una folta abetaia. Così il nemico procede verso Trava e Villa Santina, ove incontra alcuni uomini della Garibaldi. Per la verità Barba Livio aveva inviato una staffetta ad avvertire i garibaldini del sopraggiungere del nemico, ma non era giunta in tempo. Ed anche dopo questo fatto, si sente sempre più, in Carnia, l’esigenza di un comando unificato Garibaldi/Osoppo. (26).

Ai primi di agosto l’Osoppo conta, in Carnia, globalmente 500 uomini, comprendendo pure quelli che formano il btg. Monte Canin comandato da Rinaldo Fabbro, Otto, e locato presso la miniera di Cludinico.
A questo punto Barba Livio ritiene opportuno creare una serie di piccoli magazzini per le scorte alimentari. «Ne vennero creati 4: Lauco – Trava – Feltrone – Viaso. In ognuno di detti magazzini occultammo- scrive Chiussi – 10/12 quintali fra farina e pasta», recuperati da donne volontarie che si recarono in Friuli, attraverso Mont di Rest, con vari mezzi. (27).

Il 6 agosto si forma il btg. val But. Secondo il racconto di Walter, la compagnia da lui comandata e di stanza a Paularo, come da ordine ricevuto, si mette in marcia verso il Comando del battaglione locato a Salvins di Vinaio, percorrendo il tragitto: Navantes, Dolacès, Pesmulet. Raggiunto il comando, gli uomini di Walter incontrano Livio che è accompagnato da Abba, Lucio Manzin. Livio dice che le compagnie 4a, 5a, 6a del btg. Carnia, comandate da Walter, Bruno ed Il Moro Teobaldo detto Baldo Di Ronco, devono formare un nuovo battaglione. Walter non accetta il comando, mentre lo accetta Bruno, Terenzio Zoffi. Albino Venier si rende disponibile ad aiutarlo come vice – comandante, ma restando pure comandante di compagnia. (28).

Albino Venier, Gian Carlo Chiussi e Romano Marchetti, tutti esponenti di spicco della resistenza osovana in Carnia. (G. Angeli, R. Tirelli, L’Osoppo per la libertà della Carnia, op. cit., p. 24).

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EVOLUZIONE DELLE VICENDE AL COMANDO DIVISIONALE.

L’ 11 agosto 1944 il C.L.N. di Udine prende atto che l’allontanamento di Verdi ed Aurelio da posti di comando doveva avvenire da parte della commissione d’inchiesta e delibera di formalizzare l’arresto di Verdi ed Aurelio, che nel frattempo hanno continuato a recarsi presso reparti per giustificare il loro operato, onde evitare una spaccatura nella Brigata Osoppo/Friuli, di fronte alla Commissione d’inchiesta, nominando pure Mario, Manlio Cencig vice- comandante di brigata e Livio, Romano Zoffo, vice- comandante interinale e rendendo esecutive le decisioni prese, onde evitare una spaccatura nella Brigata Osoppo/Friuli. (29).

Quindi, lo stesso giorno, si riuniscono a Pielungo i comandanti osovani che, viste le deliberazioni della commissione d’inchiesta del C.L.N.P. di Udine sui fatti accaduti il 19 luglio 1944, concordemente ritengono Verdi ed Aurelio non all’altezza dei compiti loro assegnati e che si debba procedere alla loro sostituzione. Pertanto nominano formalmente Abba, Lucio Manzin, Comandante interinale della Brigata Osoppo/Friuli, Barba Livio vice – comandante interinale, Mario Manlio Cencig vice – comandante, carica peraltro già ricoperta, e decidono di indire una riunione interna da tenersi nel Canale di San Francesco, prima di quella per la formazione del Comando Unico divisionale Osoppo/Garibaldi, già decisa dal Cln, e che vedeva contrari, per l’Osoppo, solo Verdi ed Aurelio. (30).

Il 14 agosto 1944 Barba Livio si trova, con Giancarlo Chiussi, a Campone, frazione de comune di Tramonti di sotto, sede del comando della Garibaldi/Friuli, alla riunione organizzata dal Comando Militare Triveneto. Sono presenti all’incontro oltre i due sopraccitati: Abba, Spartaco, Andrea Mario Lizzero, commissario della Brigata poi Divisione Garibaldi/Friuli, Ninci Lino Zocchi, comandante della stessa Brigata, Battisti Giannino Bosi, comandante del btg. Tagliamento, garibaldino, nonché Gianni Giuseppe Calore, ed Ascanio Attilio Gombia, del Comando Regionale Triveneto, che sancisce in via definitiva l’arresto di Verdi ed Aurelio.

L’ordine di arresto per Verdi ed Aurelio viene portato, il pomeriggio del giorno stesso, a Tramonti, ove si è rifugiato il gruppo comando Osoppo dopo quanto accaduto a Pielungo, da Gian Carlo Chiussi accompagnato da Antenore, che trova i due in regime di libertà di movimento e l’inglese Manfredi che pare non si voglia impicciare negli affari della Osoppo. Avendo proceduto a regolarizzare l’arresto di Verdi ed Aurelio, Chiussi ritorna, il giorno seguente, a Campone e quindi, con Barba Livio, si reca nuovamente a Tramonti ove Romano Zoffo ha uno scontro verbale con Aurelio, il cui oggetto non è noto. (31).
Comunque, la sera, sul tardi, Livio si trova a casa sua e Walter lo va a trovare per fare quattro chiacchiere in lieta compagnia. (32). Pare non vi sia sentore di crisi alcuna.

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Il 16 agosto 1944 si svolge, regolarmente, la riunione per la strutturazione in Divisione della Brigata Osoppo/Friuli e la sua organizzazione in quattro Brigate il cui comando viene affidato: per la prima brigata a Mario Manlio Cencig, per la seconda brigata, operante in Carnia a Barba Livio, per la terza e quarta rispettivamente a Vico Giovanni Battista Carron e Maso Pietro Maset. Si passa, quindi, il giorno seguente, alla formazione del Comando Unico divisionale con la Garibaldi, che risulta così formato: Abba comandante, Ninci vice- comandante, Andrea commissario, Spartaco vice- commissario, Franco, Giuseppe Gozzer, Capo di Stato Maggiore. (33). La sera stessa Gian Carlo Chiussi e Romano Zoffo rientrano a Salvins di Vinaio. (34). Ma il successo per l’unificazione delle divisioni Garibaldi ed Osoppo in Friuli è brevissimo, e si giunge ad un nuovo colpo di scena. 

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«L’esautoramento e l’arresto dell’ex- Comando Osoppo sono stati colpi gravi – scrive Marco Cesselli – per la Democrazia Cristiana come per certa base nonché per i sergenti ed i caporali della formazione» (35) e per alcuni a cui il Comando Unico con la Garibaldi non piace affatto.

La notte tra il 17 ed il 18 agosto 1944, un gruppo di osovani si solleva contro le decisioni prese dai vertici di Brigata. Pare che l’azione nasca da un gruppo di studenti di Portogruaro, a cui poi si aggiungono alcuni reparti dei btgg. Libertà e Giustizia, comandati da Vico e Paolo Alessandro Foi, e qualche elemento del btg. Italia. (36). I primi liberano Verdi ed Aurelio, i secondi, guidati da Goi Raniero Persello e da Muk Corrado Sebastianutti, procedono all’arresto di Abba e Spartaco, e li minacciano di morte in quanto considerati: “traditori venduti ai comunisti”, quindi, pare riportati a più miti consigli da Miari- Plauto, Giovanni Battista Marin che si trova evidentemente fra i rivoltosi, li processano con Aurelio, proprio lui, in funzione di pubblico ministero (37).
In un secondo momento vengono arrestati pure: Gigi Luciano Commessatti, fratello di Spartaco, Gandini Marco Cesselli, Renato Renato Savoldi. Esiste più di una fonte che riporta che Abba e Spartaco rischiano di esser passati per le armi. (38).

Avvertiti dell’accaduto, Andrea e Ninci, della Garibaldi, accorrono a bordo di un camion ed il loro intervento pare che porti gli insorti osovani a più miti consigli. Ma il loro intervento non vuole essere un’ingerenza negli affari interni della Osoppo, ed Andrea accetta, come dato di fatto, la fine del comando osovano azionista. Per placare gli animi, Verdi ed Abba firmano un comunicato congiunto, che pare avvalli il golpe di Verdi ed Aurelio. Quindi, il 21 agosto 1944, Abba e Spartaco vengono espulsi dal Comando ed abbandonano la scena dopo aver sottoscritto un documento in cui precisano che ritengono non utile né opportuno che vengano loro assegnati altri posti di comando in seno alla Divisione Osoppo, che non potrebbero accettare, e ove dicono che intendono abbandonare la zona operativa delle formazioni mobili osovane, per continuare a contribuire alla lotta di liberazione nazionale in altro luogo. Secondo Alberto Buvoli, però, Abba e Spartaco vennero di fatto, il 21 agosto 1944, espulsi dalla brigata, dopo aver chiesto loro di firmare le dimissioni. A detto atto verrà dato poi enorme valore, sia dalla D.C., sia da quel che rimaneva del Pd’A,  ritenendo l’allontanamento dei due azionisti  la causa del crollo del Comando Unico. (39). Però secondo don Moretti, i cui appunti in merito sono riportati da Giampaolo Gallo, «Abba e Spartaco furono accompagnati fino a Tagliamento, presso Bordano, con l’ordine di non farsi più vedere in zona». (40). E con la liberazione di Aurelio e Verdi, ha fine, di fatto, il comando unico divisionale.

Romano Zoffo. (G. Angeli, R. Tirelli, L’Osoppo per la libertà della Carnia, op. cit., p. 46.)

Giampaolo Gallo si chiede come mai vengano arrestati, dei nove firmatari del comando unico, solo tre: Abba, Gandini e Gigi, non Livio, Luca, Miari Giovanni Battista Marin, Niso Attilio Zannier, Miro Giorgio Simonutti, Vico, Giovanni Battista Carron. Ma poi aggiunge che questi ultimi, tranne Livio, sono uomini della D.C. o di fiducia della D.C.. (41).  Ed allora bisogna pensare ad arrestare o comunque allontanare anche Livio. Vedremo come.

Da questo punto in poi Gian Carlo Chiussi e Albino Venier, anche se ad alcuni non pare, raccontano la stessa storia, con qualche problema nelle date che variano di uno o qualche giorno, in alcuni casi. Ma Romano Marchetti, per esempio, all’atto di rilasciare le sue memorie, mi aveva avvisato che nelle narrazioni dei fatti possono esistere dei limiti di datazione, senza peraltro che vengano inficiati i fatti stessi.

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Il 18 agosto Barba Livio o Livio che dir si voglia, rientra in Carnia e, essendo stato nominato comandante di Brigata, passa il giorno seguente a nominare i nuovi comandante, vice- comandante, commissario e vice- commissario del btg. Carnia, nelle persone di Sila o Silla, Mario Fachin, Sani Giulio Candotti, Riva Angelino Coradazzi, Min Giacomo Desomaro. Anche Walter registra il cambio di comandante del btg. Carnia. (42).

Ma, secondo Walter, si inizia subito a percepire, in Carnia, che qualcosa è accaduto ai vertici della Osoppo, mentre il btg. Carnia, con il cambio di comandante, entra in crisi.

A proposito egli scrive: «Con due uomini mi porto con Bruno per vedere la situazione nuova. Al Battaglione Carnia le cose non vanno molto bene. Nominato comandante di Brigata Livio, egli cede il Comando del Btg. a Silla. I comandanti di compagnia alzano un po’ la cresta. Non può andare. Alla divisione, pure, c’è un po’ di cagnara. Verdi ed Aurelio, liberati, riassumono il comando e ciò si ripercuote su di noi. Prego Bruno di fare in modo che gli uomini non sentano questi cambiamenti». (43).

Il 20 agosto Livio giunge a visitare il nuovo battaglione, dopo essersi fermato alla compagnia comandata da Walter per offrire ai partigiani bisognosi un assegno per le famiglie. Il comandante di brigata si congratula con tutti e, dopo aver apprezzato la compagnia, la sua organizzazione e le sue azioni, si dice certo che il gruppo saprà continuare sulla via intrapresa. Poi egli e Walter si appartano e Livio spiega, in privato, la vera situazione della Divisione Osoppo/Carnia appena costituita, i rapporti con la Garibaldi, i propositi per l’avvenire e lo informa, pure, «dell’ostilità che il btg. Carnia ha verso di lui e la facilità di innestare elementi nuovi». Informa altresì Walter di averlo nominato, ufficialmente, vice- comandante del battaglione, e che deve abbandonare il comando della compagnia a Leo, Angelo Miotto, di Arta. (44).

Invece, secondo Gian Carlo Chiussi, il 21 agosto arriva, attraverso Dirza I, al comando brigata della Osoppo/Carnia, la notizia che Verdi ed Aurelio erano stati liberati dai battaglioni osovani Giustizia e Libertà, e che Barba Livio era stato arrestato con Abba e Spartaco.  A questo punto Barba Livio invia Chiussi a cercare notizie più precise sull’accaduto al Comando garibaldino, sede pure del Comando Unico, nella valle di San Francesco, ove Andrea, Mario Lizzero, gli narra gli eventi. Lizzero racconta che si era recato, come membro del Comando Unico, a vedere cosa fosse accaduto ed a sedare gli animi assieme ad alcuni garibaldini ed ad una parte del btg. osovano Italia, comandato da Luciano Comessatti, fratello di Spartaco. Quest’ultimo ed Abba risultavano esser stati destituiti ed aver passato un brutto quarto d’ora. «Si era sparato magari in aria, però ci mancò poco che non ci scappasse il morto». (45).
Quello che è importante è che sia Gian Carlo Chiussi che Albino Venier concordano sul fatto che Romano Zoffo in quei giorni è in Carnia, fra i suoi uomini, e questo è un aspetto molto importante perché c’è chi narra un’altra storia.

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Infatti Gian Carlo Chiussi racconta che il 22 agosto, il giorno successivo all’allontanamento di Abba e Spartaco, trovandosi egli  a Tramonti, viene chiamato da Verdi che gli comunica che Barba Livio si è allontanato a piedi ed in borghese, abbandonando di fatto il comando della brigata Carnia, e che sarebbe stato opportuno che fosse andato a parlare con Vico, Giovanni Battista Carron, democristiano, peraltro già partito per la Carnia.
Ma Chiussi, che sa che non è così, replica a Verdi che egli è lì per ordine di Barba Livio il quale, il giorno precedente, lo aveva inviato a cercare informazioni. (46).

Ed il 22 agosto accade anche un altro fatto. Aurelio, don Ascanio De Luca, giunge in Carnia con la Missione Inglese guidata dal maggiore Rudolph ed il battaglione, diventato divisionale, Fedeltà, comandato da Beppino Pasquale Specogna, democristiano. Aurelio per dieci giorni soggiorna, con gli uomini di detto battaglione, nelle scuole di Liariis di Ovaro. «In quel periodo – scrive don Ascanio de Luca – feci arrestare Barba Livio perché aveva operato contro la volontà della Osoppo nella crisi di Pielungo, volendo la fusione con la Garibaldi. Egli era del Partito d’Azione, ma allora si dimostrò troppo filo comunista». (47).

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Il 24 agosto 1944, Chiussi rientra a Salvins di Vinaio, alla sede del comando dell’ormai IIa brigata della divisione Osoppo, ove trova Barba Livio e gli riferisce l’accaduto e la fine del comando unico. Nessuno ha però ancora destituito Romano Zoffo dalla carica di Comandante di brigata. Egli riunisce gli uomini presenti e parla loro. Cosa dice non è dato sapere. Nota, però l’assenza di Valent, Polacaic e Silla, nuovo comandante del btg. Carnia. Dove sono finiti? E, soprattutto, cos’è andato a fare in Carnia Vico, Giovanni Battista Caron? (48). 

Veniamo inoltre a sapere sempre da Chiussi che oltre Vico anche Miari o Plauto cioè Giovanni Battista Marin sta recandosi in Carnia. A che fare?  A seminar zizzania, potrebbe pensare qualcuno leggendo il seguito della storia. Di fatto essi all’insaputa di Barba Livio, raggiunta la Carnia, incontrano il 24 agosto Valent, Polacaic e Silla, i primi due comandanti di compagnia e l’ultimo comandante del btg. Carnia, e forse altri. Per questo i tre del Carnia risultano, secondo Chiussi, assenti all’incontro con Barba Livio, comandante di Brigata. (49).
Quali colpe vengono imputate a Barba Livio? Egli viene accusato di aver voluto, destituendo i legittimi comandanti divisionali, prenderne il posto autonominandosi Comandante della Brigata osovana in Carnia, al fine di unire l’Osoppo alla Garibaldi, ma basta leggere l’elenco di coloro che firmarono il documento che portava alla formazione, il 16 agosto 1944, del comando unico, per non capire. Fra questi compaiono gli stessi Vico e Miari (50), che ora accusano Barba Livio. Questi è pure considerato reo di aver aderito alla corrente del Partito d’Azione troppo favorevole ai Garibaldini.
Per questi motivi Vico ritiene che Barba Livio non sia più degno di comandare la Brigata Pal Piccolo/Carnia e chiede ai convenuti di riunire tutti gli uomini, in particolare quelli del btg. Carnia, per spiegare i fatti e provvedere alla sostituzione di Romano Zoffo. (51).

Pare proprio di capire che i democristiani o cattolici che dir si voglia, osovani, che hanno preso il potere definitivamente all’interno della divisione Osoppo, usino, di fatto, l’arma del “pericolo rosso” e dell’insinuazione sulla persona, agendo alle spalle, per togliere di mezzo un personaggio ligio al dovere ma scomodo. Infatti non consta che Romano Zoffo fosse del Partito d’Azione ma, semmai, di ideali socialisti, non consta avesse fatto tresca alcuna per fondere Osoppo e Garibaldi, ma avesse appoggiato, come gli altri, il comando unico divisionale, non consta fosse stato comunista, come invece sostengono don Aldo Moretti e Claudio Dominissini.

Essi scrivono, riguardo al btg. Carnia, che: «comunista ne era il comandante, Barba Livio (Zoffo Romano) come egli si dichiarò in risposta alla domanda formale fattigli nell’inchiesta promossa per ordine del C.L.N. per i fatti di Pielungo, dal 7 al 12 agosto 1944. […]. Ma egli andò con Verdi e con i verdi […]» (52), facendo apparire che Barba Livio fosse stato messo sotto accusa dal C.L.N. dal 7 all’12 agosto 1944, il che non consta dal documento datato 11 agosto 1944 concernente le “Deliberazioni della Commissione di inchiesta del CLN”, deliberazioni che rendevano effettivo l’arresto di Aurelio e Verdi e nominavano Livio Vice- comandante interinale della divisione Osoppo/Friuli. (53).
Anche Giampaolo Gallo sposa la tesi che Romano Zoffo sia stato stato destituito «per la sua attività ritenuta troppo “rivoluzionaria” (parla di espropri e distribuzione di terre ai contadini poveri) e che per questo motivo egli sia stato sottoposto ad inchiesta». (54).
Comunque, pare proprio che, dopo l’incontro fra Valent, Polacaic e Silla e Vico e Miari, gli uomini del btg. Carnia non riconoscano più Livio come comandante e neppure le nomine da lui effettuate. Pertanto, per loro, il Carnia è senza comandante come pure la brigata. Ed anche Livio ha sentore di quanto sta accadendo Infatti egli, il 24 agosto, ritorna a trovare il neonato val But (che Gian Carlo Chiussi dice chiamarsi btg. val Fella), e racconta della situazione catastrofica del btg. Carnia. Gian Carlo Chiussi scrive, invece, che una visita al btg. val Fella è avvenuta il 25 agosto, ma poco importa. (55).

Da sinistra guardando a destra: Verdi Candido Grassi, , Vico Giovanni Battista Caron,  Miro Giovanni Battista Marin,  Mario Manlio Cencig, Aurelio don Ascanio De Luca a Topli Uork. (http://www.partigianiosoppo.it/easyne2/Fotografie/foto-di-gruppo-dei-capitani-dellosoppo-da-sinistra-a-destra-candido-grassi-detto-verdi-g-b-caron-1732.aspx).

E si giunge al 26 agosto. Chiussi racconta che, mentre sta rientrando con Livio ed altri a Salvins, incontrano un partigiano del btg. Carnia, disarmato e che se ne sta tornando a casa, che li avvisa che, a Villa Santina, «c’erano uomini del Carnia, che attendevano Livio per arrestarlo». (56).

 E così prosegue: «All’altezza del ponte di Esemon, rimasti senza benzina, ci portammo da Mirko per chiederne un poca. Costì incontrammo Aurelio, assieme ad un ufficiale inglese (magg. Rudolph), ed a loro richiesta, avvertii Livio che gli volevano parlare.  Livio, infuriato e cominciando a capire quanto si stava tramando nei suoi confronti, e non riconoscendo alcuna autorità ad Aurelio, dopo un po’, e solamente per riguardo verso l’ufficiale inglese, acconsentì». (57).  E Paolo/Pitti continua scrivendo: «ho sentito Livio invitare Aurelio a portarsi a Villa Santina presso gli uomini del Carnia, per chiarire la situazione». (58). Quindi al ritorno di Livio dal colloquio con Aurelio e Rudolph, le loro strade si dividono e Chiussi scende a Villa Santina per incontrarsi con i compagni del battaglione che si trovano lì, mentre Barba Livio sale a Lauco, dove viene raggiunto, verso la mezzanotte, nuovamente da Chiussi.

In quella circostanza Barba Livio viene a sapere che Polacaic, Valent e Silla avevano ricevuto l’ordine da Aurelio e Verdi di procedere alla nomina dei nuovi comandanti dei battaglioni a sua insaputa, esautorandolo anche dal comando della Brigata. (59). A questo punto Barba Livio decide di convocare, il 27 agosto, il battaglione e far votare, alla presenza di un inglese, i comandanti del btg. Carnia e, praticamente, la fiducia alla sua persona come comandante di Brigata. Ma il battaglione che egli aveva così ben organizzato e comandato, a causa «dei maneggi di cui sopra», negò qualsiasi comando a Barba Livio, esautorandolo.

Invano Chiussi tenta di spiegare la situazione e che la nomina di Livio a comandante di Brigata era regolare: egli non viene creduto. (60).

A questo punto, sempre secondo il racconto di Paolo/Pitti, egli si allontana da Salvins con Barba Livio che resta, però, comandante del btg. val Tagliamento e del btg. val But, non essendo stato destituito da comandante di Brigata dall’intera Osoppo/ Carnia, alla volta del comando del val But o Fella che dir si voglia.
All’altezza di Comeglians Livio e Paolo/ Pitti incontrano Tredici, Angelo Cucito, che inizia a parlare a Livio dello spostamento di alcuni reparti, come in precedenza convenuto, nulla sapendo. Romano Zoffo avverte il comandante garibaldino di non esser più comandante del Carnia, che si definisce battaglione autonomo, non più agli ordini del Comando Regionale Triveneto del Corpo Volontari della Libertà. La notizia allarma, giustamente, Tredici, che dichiara che disarmerà i reparti che non intendano collaborare con la Garibaldi.

La voce circola. Anche Augusto, Carlo Bellina di Cleulis, che comanda il btg. Gramsci della Garibaldi, ritiene un pericolo la situazione creatasi e vorrebbe procedere pure contro il val Fella, per cui Livio aveva chiesto a Tredici garanzie di non intervento, come per il val Tagliamento, ancora sotto il suo comando.
Secondo Chiussi, però, in quel periodo, voci furono messe in giro dai garibaldini per screditare la Osoppo (61),  ma in un contesto di guerra appare chiaro che i garibaldini temessero una situazione del genere, ove nessuno sapeva più di chi fidarsi e cosa stesse accadendo.

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Anche Walter segnala, ma in data 24 agosto, la notizia che i garibaldini, allarmati, vogliono disarmare il btg. Carnia, non sapendo che cosa stia succedendo. Livio decide, di concerto con Walter, di mandare una squadra di osovani a recuperare le armi, per «salvare il salvabile». (62).  Walter inizia a non capire cosa stia succedendo, a non vederci chiaro, e non comprende più cosa stia facendo Livio, che gli appare come uno che «si sente mancare la terra sotto i piedi» a causa del btg. Carnia. (63). Ma aggiunge: «Se, nel complesso, c’è qualche cosa che non conosco, mi sembra che i patrioti di quel Btg. errino molto a non riconoscere Livio quale Comandante di Brigata. Per me – continua WalterLivio è un Comandante in gamba, capace e più che idoneo a comandare la Brigata. Ho sempre avuto – scrive ancora Albino Venier – una buona considerazione per lui, anche ammirazione, posso dire». (64).

Romano Zoffo si ferma con la compagnia tutto il giorno. «Alla sera, – scrive Walter – giunge una staffetta dalla Divisione e ci dice che Livio non è più il comandante di Brigata. Non si capisce un bel niente ormai» – commenta Albino Venier. A questo punto Bruno e Max, Enzo Moro, partono per la Divisione, a vedere com’è la situazione. (65).

Sempre secondo Albino Venier, il 28 agosto Livio giunge di nuovo a trovare il btg. val But.
Al btg. Carnia il malumore serpeggia ed egli non sa più cosa fare. Verso sera giunge un motociclista della Divisione portando una convocazione. «Comandanti di Battaglione e di Compagnia della Brigata sono invitati per domani sera in località Preone […] per eliminare la controversia e ricostruire il comando di Brigata. E di Livio che ne sarà? – scrive Walter. È stata iniziata un’inchiesta sul suo conto, sembra voluta da lui. Speriamo non gli vada male- commenta – non se lo merita proprio». (66).

Comunque, vista la situazione, Walter si premura di fa prelevare da una pattuglia del Val But, la mitragliatrice pesante in dotazione al btg. Carnia, aderendo ad una richiesta di Livio. «Inventino qualsiasi camorra, – scrive Albino Venier – ma devono rientrare con la pesante. Sento che stiamo facendo una fesseria, ma dato che il Carnia è in disgregazione è necessario fare così». (67).

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Poi, la sera del 29 agosto, Walter si reca alla riunione di Preone, con una macchina che in salita si deve anche spingere e che scende a gran velocità. I partigiani si fermano a parlare al posto di blocco garibaldino con Mirko ed infine raggiungono Preone. E qui, dopo una notte passata a parlare, giocare a carte e dormicchiare sui tavolini dell’osteria, prendono parte all’incontro programmato, presieduto da Mari e Vico.
Si critica l’operato di Livio nel periodo in cui comandò il btg. Carnia. L’accusa non è molto fondata ed è alquanto evasiva (68), secondo Walter.
Ma i rappresentanti del battaglione Carnia non ne vogliono sapere del loro ex – comandante e, di conseguenza, Romano Zoffo non può restare comandante della Brigata carnica della Osoppo. Se ciò avvenisse il btg. Carnia si scioglierebbe.
Si comprende, da quanto riportato da Albino Venier, come non venisse più accettata la persona di Barba Livio, come fosse stato screditato agli occhi dei suoi che, magari, come Valent e Polacaic, «per questioni personali, mal sopportavano l’autorità di Barba Livio». (69).

La seduta viene interrotta per le decisioni del caso e per permettere di proporsi a possibili candidati alla carica di comandante di Brigata.
Infine Bruno viene nominato nuovo comandante di Brigata, carica che accetta solo dopo essersi sincerato che Walter accetti quella di vice- comandante. Essi, infatti, sono abituati a valutare molte situazioni insieme. Commissario di Brigata viene eletto Romano Marchetti, vice – commissario Umberto detto Berto, Rinaldo Zannier, di Zuglio. (70).
Così ha termine il periodo carnico di Barba Livio o Livio che dir si voglia, accusato di comunismo e di intendersela con i garibaldini ma pare solo reo di essersi comportato correttamente ai tempi della crisi di Pielungo, di essere favorevole al comando unico, e di non essere filo democristiano. E pare che vi fosse, allora, chi già pensava ed agiva sulla base della possibile spartizione del potere post liberazione quando questa era ben lontana da venire.

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Il 30 agosto Chiussi, mentre si sta recando al comando della Garibaldi/Carnia per spiegare la situazione, incontra, a Comeglians, Aurelio, con Muk, Corrado Sebastianutti del btg. Italia, ed un inglese. Chiussi viene fermato e gli dicono che Barba Livio ha ordinato il disarmo dei patrioti osovani e lo accusano di esser passato, assieme a Romano Zoffo, agli ordini della Garibaldi. Chiussi reagisce alle accuse negandole, e dice che si sta recando da Tredici per chiarire l’accaduto. Quindi Chiussi, lasciato andare, porta a termine il suo compito e rientra da Barba Livio, a cui narra l’accaduto. A questo punto Romano Zoffo si porta a Preone e chiede di essere messo sotto inchiesta. (71).

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L’inchiesta viene condotta da don Lino e da Miari mentre la commissione giudicatrice è composta da: Carlo, Giovanni Bazzoni, presidente della stessa, Mircia Toppano e Gianni Ameglio (ma anche Amelio) Sguazzin (72),  e riguarda, principalmente, Barba Livio, ma anche, più in generale, tutto il gruppo del “vecchio” comando del btg. Carnia, cioè pure Paolo/ Pitti, Lena e Dirza I, che successivamente, disgustato per l’accaduto, abbandona la resistenza, almeno così par di capire, o viaggia da solo. (73).
Ma sembra che nella storia della Osoppo ci sia più di qualcuno che ad un certo punto, forse poco amato dai vertici, inizia a viaggiare da solo. Anche Romano Marchetti, mandato a casa, nel febbraio 1945, da don Ascanio De Luca Aurelio, per aver voluto proporre il secondo comando unico carnico, è uno di questi. (74).

A primi di settembre, secondo Marchetti, vi è l’elezione diretta del nuovo comandante del btg. Carnia e risulta eletto Silla.
Alla fine del “processo”, il 22 settembre 1944, secondo Tiziano Sguazzero, Romano Zoffo viene invitato ad un maggior senso di responsabilità e rimane a disposizione, ma, di fatto, egli viene formalmente allontanato da qualsiasi comando in zona operativa carnica. (75).  Intanto, il 20 settembre, si cerca di formare il Comando Unico Carnico, ma il primo tentativo non riesce.

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A Barba Livio viene dato l’incarico di spostarsi alla prima Brigata, comandata da Bolla, in qualità di capo – servizi. (76). Ai primi di ottobre, con una situazione resa difficilissima per l’invasione tedesca e cosacca delle zone libere, Barba Livio, accompagnato da Planure, si porta a Resia e quindi a Tanamea, territori facenti parte della zona operativa della prima brigata. (77).
Ai primi di novembre, secondo Giancarlo Chiussi, per ordine di Bolla, Barba Livio crea la 6a brigata Osoppo, formata dal btg. Val Torre, dal Prealpi allora in allestimento, e dal Tarcento. «…mi trovo abbastanza bene –scrive Livio ad Oreste Meroi – soprattutto perché sono in mezzo a gente che ragiona (Bolla, Olmo, Candido), … molto diversa da quella di Tramonti». (78).

Terminata l’inchiesta, Paolo/Pitti rimane in Carnia con la Missione inglese, Lena con la brigata Pal Piccolo/ Carnia. Nei mesi di dicembre, gennaio, febbraio, la vita del gruppo comandato da Livio, come egli la descrive nel suo diario, presenta difficoltà varie simili a quelle che si trova ad affrontare Bolla a Topli Uork, (79),  che iL noto comandante condivide con la Missione inglese “Mac Pherson”.

Il corpo di Romano Zoffo in primo piano, ucciso a villa Orter dai cosacchi.  (http://www.partigianiosoppo.it/easyne2/Fotografie/le-dodici-salme-delle-vittime-rinvenute-nella-fossa-a-villa-orter-a-tarcento-il-29-aprile-del-1945-1503.aspx).

L’ambito operativo in cui si muove Barba Livio in quel periodo e poi, anche a causa dei frequenti rastrellamenti dei cosacchi e tedeschi, riguarda la zona fra Uccea, Sella Carnizza, Resia, Chialminis, Cergneu.      

Il 26 aprile 1945, Barba Livio si trova a Chialminis. Invitato dal Comando cosacco con sede a Tarcento a parlamentare, si reca ivi con un civile, e fa rientro, il giorno dopo, al reparto dichiarando l’intenzione dei cosacchi di mettersi a disposizione del gruppo osavano ovverossia, almeno così pare, di arrendersi allo stesso. L’appuntamento è per il giorno seguente. Come convenuto, il 27 aprile 1944 Romano Zoffo si reca alla sede del presidio cosacco che è in villa Orter. Ma l’appuntamento si rivela un’imboscata. Il gruppo viene catturato dai cosacchi, i suoi componenti vengono seviziati e quindi chiusi in una cantina che viene fatta esplodere con la villa il 29 aprile 1944. (80).
Del valoroso comandante, originario di Amaro, non resta che il cadavere bruciacchiato. Cosa ha spinto i cosacchi a trucidare Livio? Pura cattiveria, sopraggiunte voci che davano Romano Zoffo in odore di comunismo, buona memoria su chi era stato nemico? Romano Zoffo non morì, infatti, solo. Catturato e barbaramente seviziato, Barba Livio fu ucciso con gli osovani: Giuseppe Turrini Benzina, di Tarcento; Dario Treppo Virgilio, di Sedilis di Tarcento; Stelio Sartori residente a Gorizia; ed ai garibaldini: Onorio Pontotti Ardito, di Artegna; Sergio Villani Bucaniere, di Monfalcone; Guglielmo Novelli Willi di Monfalcone; Leone De Zanna di Cortina d’Ampezzo; Sergio Pallaoro, di Merano; Eugenio Troi; Leo Cardini di Cortina d’Ampezzo (81), ed un tedesco ed russo non identificati.

Il 30 aprile 1945 già si chiede per lui la medaglia d’argento al valor militare, che risulta concessa.

E DIVISE LE TERRE INCOLTE TRA LE POVERISSIME FAMIGLIE DI VINAIO….

Nell’aprile o maggio 1944, Romano Zoffo cerca, assieme a don Francesco Zaccomer, Franzac, di alleviare l’indigenza degli abitanti del paese, facendo tagliare un bosco o due di proprietà comunale presso Vinaio e distribuendo la terra agli abitanti della borgata. Questo modo di procedere verso una proprietà comunale, poteva avere alla sua origine il modo di pensare di alcuni socialisti dei primi del ‘900, che erano contrari a lasciare terre comunali incolte. (82).

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Scrive Romano Marchetti: «Secondo la mia personale opinione, senza però possedere alcuna pezza significativa in merito, la divisione delle terre pubbliche fra i frazionisti di Vinaio discende più dalle dure condizioni in cui gli stessi si trovavano all’epoca, e quindi contingenti, piuttosto che da aspetti ideologici. Inoltre essa fu possibile grazie alla presenza, in loco, di un pievano coraggioso e dal carattere deciso che, secondo me, si rifaceva, nel proprio agire, più a modelli evangelici di altri, in un momento che consentiva strappi alla legalità formale grazie all’aiuto di partigiani amici.
L’intera vicenda non può essere comprensibile se non si ricorda che Vinaio, allora, era, da molti decenni, il vivaio di questuanti, accattoni ed altro, molto abili nel piagnisteo, che ogni sabato setacciavano tutte le porte degli abitanti più facoltosi della Carnia e dei territori contermini, alla caccia di elemosine.

La povertà della zona era dovuta al fatto che il territorio di Vinaio difettava, in grado estremo, di terre da poter ridurre ad arativo. Anch’io ricordo il suonare continuo del campanello alla porta di casa mia e mia madre che si presentava con la “palanca” da dare al povero o con un pezzo di pane, e talvolta gli aggiungeva giacche, pantaloni, scarpe dismesse.

Ci si può quindi immaginare la perdurante angustia, nell’animo del sacerdote, per detta situazione che stava pure alla radice di molti mali retaggio dell’ozio e del parassitismo; si può immaginare la ricerca di una soluzione al problema che non poteva essere che questa: fornire anche alle molte famiglie dei senza-terra, o quasi, la possibilità di lavoro produttivo in proprio.
L’altro “contraente”, Barba Livio, per carattere e decisione non era da meno del prete, egli seguiva le idee di G.L. e del P.d.A. ed era comandante. Inoltre non poteva certo sfuggire a Romano Zoffo e cioè a Barba Livio, il valore propagandistico che sarebbe derivato, al suo gruppo partigiano osovano, dalla divisione di quelle terre. Egli pensò, forse, di acquisire maggior fiducia e dedizione popolare per la propria formazione da quell’azione, soprattutto nei confronti di quella comandata da Mirko di stanza poco lontano. Marchetti aggiunge che la Garibaldi ritenne che gli osovani fossero stati ladroni, in quel frangente. Forse Menotti Aita aveva già lottizzato il bosco, e ne fu dispiaciuto. Forse il prete ha convinto Barba Livio a fare arativi. Noi osovani avevamo allora buoni rapporti con Aita Menotti ed Umberto De Antoni perché ci finanziavano» (Scritto da Romano Marchetti).

Bruno Cacitti, invece, ritiene che, per quanto riguarda il taglio dei boschi nella zona fra Lauco e Vinaio, «sbagliò il prete». Egli dice che il bosco fu tagliato presente Aita Menotti, che aveva bisogno di legno per la sua segheria, e forse altri avevano bisogno di soldi. «Hanno fatto tagliare un bosco ingiustamente, hanno rovinato su tutto. …Non so perché…Perché avevano bisogno di soldi. Io ero lì, al comando. (…). Allora c’era con me Carletto Chiussi che mi diceva di intromettermi ( di dire la mia n.d.r.). Ma lì c’è stato lo zampino di Aita Menotti». Per quanto riguarda quest’ultimo ed Umberto De Antoni, Cacitti dice che sostenevano l’Osoppo «perché avevano i loro interessi. (…). Con l’Osoppo erano più docili, più amorosi (che con la Garibaldi n.d.r.), per loro interesse. (…). Quelli han fatto i loro interessi con i tedeschi, con i partigiani, con tutti!». Poi dice che non conosce esperienze simili a quella del taglio del bosco tra Lauco e Vinaio, allora, e continua: «Jo i doi la colpe prin a chel plevan che al ere li, a chel bonsignôr…. Al ere Aita e i industriâi che a vevin dibisugne di len e àn profitât…». (83).

A causa di questo tentativo di dar da mangiare alla povera gente, Barba Livio fu accusato di esser comunista e don Francesco Zaccomer ebbe “delle grane”,come si suol dire, nel dopoguerra. «Il taglio del bosco ebbe, peraltro, nel dopoguerra, conseguenze giudiziarie per Franzac,  – scrive Luciano De Cillia – accusato di essersi appropriato dei relativi fondi. Sulla spiacevole vicenda don Zaccomer, nel frattempo divenuto parroco di Nogaredo di Corno, fornì, nel luglio 1969, esaurienti spiegazioni». (84).

Lapide commemorativa di Romano Zoffo, morto per la nostra libertà a 33 anni, dopo esser stato torturato dai cosacchi. (http://archivio.anpiudine.org/easyne2/archivio-fotografico/lapide-commemorativa-allinterno-del-cimitero-per-romano-zoffo.aspx).

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REQUIEM PER IL GRANDE COMANDANTE DEL BTG. CARNIA.

Gian Carlo Chiussi così scrive su Barba Livio e su ciò che dallo stesso apprese.
«Ricorda – mi disse Barba Livio – che di tutto quello che fai oggi dovrai rispondere domani.»
«Così egli si manifestava con tutti gli altri partigiani: severo, spesso anche un po’ rigido per ciò che riguardava la disciplina, ma disciplina che derivava, oltre che dall’aver trascorso una lunga carriera da sottufficiale prima e da ufficiale poi, anche da un’esperienza acquisita sul fronte orientale, sui metodi e sui sistemi dei reparti partigiani sloveni. Allo stesso modo era anche molto sensibile alle eventuali necessità o evenienze familiari di ogni qualsiasi patriota o collaboratore. (…). […] in tutto ciò che faceva, vi è sempre stata una cosciente responsabilità, così come, dopo la messa sotto accusa di Verdi ed Aurelio per i fatti del 19/7/ 1944 a Pielungo, egli mantenne sempre una linea coerente alle disposizioni dei Comandi Superiori  ed in base a regole da essi emanate; egli stesso chiese con lettera a Verdi di essere messo sotto inchiesta, quando gli furono mosse le accuse di essersi autonominato Comandante di Brigata.» (85).

Chiussi rammenta anche che Barba Livio gli dette l’opportunità di formarsi «una mentalità adeguata alle responsabilità, al rispetto di chi ti dorme accanto, al dovere che hai verso gli altri che con te dividono i rischi di una vita partigiana.» (86). Ed aggiunge: «Zoffo Romano, che fu il comandante dell’Osoppo in Carnia, fu esautorato appunto perché considerato comunista; sarebbe senz’altro stato oggi un socialista Lombardiano o giù di lì, ma niente di più. Tanto è vero che anche dopo non passò mai alla Garibaldi ma rimase nell’Osoppo prima in val di Resia e poi sopra Gemona- Tarcento. Posso senz’altro affermare che le mire politiche dei vari esponenti D.C. e del partito d’azione si fecero una lotta spietata, tanto da raggiungere ad un certo momento una vera e propria lotta fra noi nell’ Osoppo, con arresti dei capi considerati pro o contro un’idea politica e giustificandola con l’incapacità militare ed organizzativa, con ordini che arrivavano da non ben qualificati CLN locali, regionali, triveneti. Perché ormai è cosa chiara che chi fin d’allora si considerò uomo politico e quindi importante per un domani, raramente partecipò ad una lotta diretta, come dire con l’arma in mano, e non assunse che raramente, comandi di reparto.» (87).

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Così il comunista Osvaldo Fabian ricorda Barba Livio:  

«Ricorderò soprattutto Barbe Livio, Romano Zoffo, Medaglia d’arg. V.M. già capitano dell’esercito, comandante di Btg. e poi di Brigata della Osoppo a Lauco ed altrove, appartenente al Partito d’Azione, uomo aperto anche a nuovi esperimenti sociali a favore della gente dei luoghi come fu quando, a Vinaio di Lauco, redivivo Emiliano Zapata, varò un piano per l’espropriazione e l’assegnazione alla gente di lotti di terreni demaniali incolti da sfruttare e che entrò per questo in gravi contrasti con i comandanti clericali dell’ Osoppo venendo per questo rimosso dal comando del reparto e trasferito in altra zona. Di Barba Livio, in occasione di quel fatto che gli procurò tante ingiuste amarezze, non posso non ricordare la faccia addolorata e disgustata di quel grande gentiluomo che addirittura mi ventilò l’idea di passare nelle formazioni garibaldine, ma che poi, solo per rispettare la parola data, accettò il trasferimento ad altro incarico ed in altra zona sempre tra gli osovani ove diede nuove dimostrazioni della sua rettitudine, del suo grande valore.» (88).

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Così lo ricorda Primo Cresta: Livio «amava la vita e le sue gioie, ma aveva un sovrano disprezzo del pericolo. Era il classico capo partigiano, con forte personalità, rude ed autoritario, ma anche generoso e comprensivo. (89).

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E così scrive Romano Marchetti sul numero 7 di “Carnia” datato 30 giugno 1945:

«L’altro ieri, ad Udine, è stato sepolto anche Livio. Molte erano le bare dei morti per la libertà. (…). Ma Livio era della Carnia ed aveva in Carnia guidato per primo la sorte dei verdi: alla Carnia di Livio noi parleremo. Livio era un comandante che aveva le qualità del comandante in grado eminente, il suo tratto era tale che il reparto da lui comandato doveva far blocco: le maglie saldate da una giusta oculata disciplina. Livio era anche un uomo di carattere […]. (…). Livio era anche un uomo giusto e metodico. Quando ha giudicato ha colpito nel segno: ogni suo patriota è buon testimonio della sua serietà, prudenza, capacità in proposito. (…). Livio era anche generoso, molto generoso, troppo generoso, per alcuni paesi.». (90).

LE MOTIVAZIONI PER CUI A ROMANO ZOFFO DI AMARO, MA RESIDENTE AD ARTEGNA, È STATA CONCESSA LA MEDAGLIA D’ARGENTO AL V.M.

A Barba Livio è stata concessa la medaglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione:

«Uomo di azione, animatore e trascinatore risoluto, faceva parte del movimento partigiano fin dall’inizio della lotta clandestina, imponendosi all’ammirazione dei commilitoni per le sue doti di capo e di combattente. Nominato comandante di Brigata per le sue altissime qualità militari, diveniva popolare per le sue gesta eroiche e per la fermezza e prontezza con le quali risolveva i più difficili ed importanti problemi operativi. Il suo spirito e la sua mente si rivelavano intieramente durante il ciclo operativo insurrezionale nel corso de quale infliggeva forti perdite all’avversario e costringeva più presidi a capitolare. Intervenuto per una trattativa di resa richiesta dal comandante di un presidio nemico, veniva dallo stesso catturato e barbaramente trucidato. Sublime esempio di dedizione spinta sino al sacrificio estremo, per la causa delle libertà.» (91).

Laura Matelda Puppini.

Prima pubblicazione come appendice 1 in:  “Marchetti Romano (a cura di Laura Matelda Puppini), Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel ‘900 italiano”, IFSML e Kappa Vu ed., 2013, pp. 355-368, con titolo: “Barba Livio, il battaglione Carnia e la crisi di Pielungo”.

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NOTE. 

[1] Nei documenti pubblicati da Alberto Buvoli, Romano Zoffo è noto come Livio (BUVOLI Alberto, Le formazioni Osoppo Friuli – documenti 1944- 1945, ed. I.F.S.M.L., 2003), e Livio lo chiamano Albino Venier ed altri. Barbe e Ferro potevano essere, verosimilmente, due attributi aggiunti a Livio, vero nome di battaglia. Pertanto Romano Zoffo, nome di battaglia, secondo me Livio, detto anche Barba Livio o Livio Ferro, diventati poi, o scambiati per nomi di battaglia.

[2] CHIUSSI Gian Carlo, Con la Osoppo in Carnia, memorie del periodo partigiano, ottobre 1982, inedito proveniente da Marco Puppini, terzo allegato a firma Gian Carlo Chiussi, pagina non numerata, in ordine numerico p. 79. Documento n. 5286 o 5296, proveniente da “Ufficio storico Udine”. Timbro della Deputazione Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione. Il testo di Gian Carlo Chiussi, che è identico all’ inedito solo senza allegati, è stato pubblicato come Gian Carlo Chiussi, Diario di un osovano in Carnia nella guerra 1943-1945, ed. A.P.O.. Il nipote di Romano Zoffo, Enrico Mengotti, figlio di Rita sorella di Barba Livio, mi ha narrato che suo nonno era un imprenditore edile, e che si recò per lavoro in Romania con la famiglia. Qui, a Vulcan, cittadina ora ubicata nel distretto di Brașov, nella regione storica della Transilvania, acquistò una miniera di carbone, dando lavoro ad un congruo numero di minatori locali. Romano Zoffo seguì i suoi genitori, e studiò, come del resto sua sorella Rita nata nel 1911, in Romania, ove le scuole di un certo livello erano però in mano ad ungheresi. Così andò a finire che Romano Zoffo e sua sorella impararono a parlare ungherese. Quindi il nonno rientrò in Italia, perché gli affari, con la supremazia del petrolio, non andavano più così bene. Ed anche Romano e sua sorella fecero ritorno in Patria.

[3] SGUAZZERO Tiziano, Il contributo azionista alla lotta di Liberazione in Friuli, in Storia Contemporanea in Friuli, ed. I.F.S.M.L., n.8, 1977, p 158.

[4] CRESTA Primo, Un partigiano dell’Osoppo al confine orientale, Del Bianco ed., 1969, p. 48.

[5] CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., pp. 3 – 4. Per quanto riguarda Romano Zoffo, Chiussi scrive, a p. 3, che, prima dell’8 settembre 1943, prestava servizio ad Udine al 2° fanteria nella caserma di via Aquileia.

[6] Ivi, p. 4.

[7] Ivi, p. 5.

[8]  Variabilmente Salvins di Vinaio o Salvins di Lauco. Le informazioni relative ai primi passi del btg. Carnia sono tratte da: ANGELI Giannino, TIRELLI Roberto, L’Osoppo per la libertà della Carnia (1943-1945), ed. A.P.O. Ud, 2003, p.135 e VENIER Albino, Dalla Carnia al fronte russo…e ritorno, Tolmezzo 1991, p.132. Seconda edizione In VENIER Albino, Luigi, Teresina Venier, Una famiglia unita nel turbine della guerra, Aviani&Aviani ed., 2013, pp. 129- 131.

[9] VENIER Albino, op. cit., p. 132, Seconda edizione, op. cit., 130.

[10] ANGELI Giannino, TIRELLI Roberto, op. cit.  p. 39. Citazione da Giso Fior, Mion.

[11] CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., p. 6 e p.8. Fu la compagnia guidata da Terenzio Zoffi, Bruno, locata a Noiaris di Sutrio che partecipò all’azione del 15 luglio 1944 al ponte di Noiaris, dove perse la vita Aulo Magrini Arturo della Garibaldi.

[12] Ivi, pp. 8-9.

[13] Ivi, p.9. Ezio De Antoni, figlio di un fratello del famoso imprenditore boschivo Umberto De Antoni, (https://ricerca.gelocal.it/messaggeroveneto/archivio/messaggeroveneto/2007/07/02/NZ_10_UDD13.html) divenne poi medico radiologo. Morì nel 2000.

[14] La comunicazione alla famiglia di Cosmo Valeriano indica la data di morte del giovane il 25 luglio 1944, ed anche Gian Carlo Chiussi riporta a p. 10 del suo scritto, citato, tale data. Pure Romano Marchetti ritiene veritiero che l’azione sul fortino di Caneva sia avvenuta il 25 luglio 1944, e precisa che i corpi furono lasciati lì a monito, mentre Albino Venier colloca erroneamente l’azione il 27 luglio 1944. 

[15] CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., pp. 10 – 11. Tale azione è descritta pure in modo dettagliato da Albino Venier in: VENIER Albino, op. cit., pp.154- 155. Seconda edizione, pp. 145-146.

[16] Verbale della riunione dei Comandi Garibaldi e Osoppo per la costituzione di un Comando di coordinamento operativo, in: BUVOLI Alberto, Le formazioni Osoppo Friuli, op. cit., pp. 74- 76. Sulla presenza di un accordo preciso cfr. GALLO Giampaolo, La crisi di Pielungo, in: Storia Contemporanea in Friuli, ed. I.F.S.M.L., n.8, 1977, p. 89. La deliberazione del C.L.N. P. – Udine per la costituzione di un comando unico tra le brigate Garibaldi ed Osoppo in Friuli è stata pubblicata da Ines Domenicali nel suo: Il C.L.N.P. di Udine attraverso i suoi atti e documenti, in: Storia Contemporanea in Friuli, n. 11, ed. I.F.S.M.L., 1980, Verbale della seduta del 25 luglio 1944, p. 141.

[17] Ivi, p. 81.

[18] Si tratta della: “Relazione sulla situazione politico-militare della Brigata Osoppo” scritta da Carlo Comessatti ed indirizzata al “Comitato Provinciale del Partito d’Azione – Udine”, datata 18 luglio 1944, riportata da: GALLO Giampaolo, La crisi di Pielungo, op. cit., pp. 84- 87. Carlo Comessatti era un noto esponente del P.d’A..

[19] Ivi, pp. 84- 87.

[20] Ivi, p. 87.

[21] Ivi, p. 83.

[22] Ivi, pp. 81- 83. La lettera di padre Generoso a Lino, datata 30 luglio 1944, è riportata da Alberto Buvoli come “Lettera di Matteo a Lino” in: Le formazioni Osoppo Friuli, op.cit. pp. 86- 90.

[23] GALLO Giampaolo, La crisi di Pielungo, op. cit., pp. 89- 91 e p. 93.

[24] L’idea di Verdi era che il distaccamento di Paularo formasse una nuova brigata. Invece, da quanto scrive Walter, si passò poi ad una divisione del btg. Carnia, di cui 3 compagnie andarono a formare, per ordine di Abba, nuovo comandante di Brigata, il nuovo battaglione poi chiamato ‘Val But’, e comandato da Bruno, Terenzio Zoffi. (VENIER Albino, op. cit., p. 159. Seconda edizione, op. cit., p. 148). Bisogna far attenzione perché ‘val But’ si chiamava anche una brigata della Garibaldi/Carnia. Secondo Gian Carlo Chiussi, però, il gruppo guidato da Terenzio Zoffi, Bruno, poi Btg, Val But, prese per un periodo il nome btg. Val Fella. (CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., p. 17).

[25] “Lettera riservata del Comando brigata sulla costituzione di quattro gruppi di battaglioni”, in: BUVOLI Alberto, Le formazioni Osoppo Friuli, op.cit. pp.77- 78.

[26] CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., p.12.

[27] CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., p.14.

[28] VENIER Albino, op. cit., pp. 158 – 159, Seconda edizione, op. cit., pp. 147-148.

[29] BUVOLI Alberto, Deliberazioni della Commissione di inchiesta del CLN, in: BUVOLI Alberto, Le formazioni Osoppo Friuli, op.cit. pp.92- 93. In nota 1 a p. 93 si può leggere che «In effetti Verdi e Aurelio, non ancora arrestati, continuarono a recarsi liberamente presso i reparti, cercando di giustificare il modo con il quale avevano gestito il comando».

[30] CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., pp.14 – 15. Il verbale della seduta del C.L.N.P. di Udine, datato 25 luglio 1944, in cui lo stesso stabilisce la Costituzione di un Comando Unico fra le brigate friulane della Osoppo e della Garibaldi in Friuli ed i verbali della Commissione d’inchiesta del C.L.N. relativi ai fatti di Pielungo, datati: 11 agosto 1944, 12 agosto 1944, 19 agosto 1944, 23 agosto 1944, 28 agosto 1944, sono pubblicati da DOMENICALI Ines nel suo: Il C.L.N. Provinciale di Udine attraverso i suoi atti e documenti, in: Storia Contemporanea in Friuli, ed. I.F.S.M.L., n.11, 1980, pp. 141 -154. Dal verbale della seduta del 28 luglio 1944, riportato ivi, a p. 143, si evince che erano contrari, per l’Osoppo, al Comando Unico solo il comandante Verdi e il vice – comandante Aurelio

[31] CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., pp.15- 16.

[32] VENIER Albino, op. cit., p. 163.

[33] GALLO Giampaolo, La crisi di Pielungo, op. cit., pp. 106 – 107. Costituzione del Comando unico Garibaldi-Osoppo Friuli, in: BUVOLI Alberto, Le formazioni Osoppo Friuli, op. cit., p.97. Vedi anche: CESSELLI Marco, Il golpe anticomunista 1944 lacera la Resistenza alto adriatica, Quaderni altoadriatici, non datato, pp.93- 97. Il volume di Marco Cesselli è stato riedito, da che si legge in versione integrale, nel 2015 da Aviani&Aviani con titolo, Il golpe di Pielungo. L’ombra lunga di Porzûs, a cura di Paolo Strazzolini, alterando però il significato del testo con il modificarne il titolo, che doveva restare originale.

[34] CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., p. 17.

[35] CESSELLI Marco, op.cit, .p. 98.

[36] Ivi, pp. 102- 104. Cfr. in proposito anche CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., p. 17.

[37] GALLO Giampaolo, La crisi di Pielungo, op. cit., p. 108.

[38] Ibid. Per quanto precede la notte fra il 17 ed il 18 agosto, la stessa ed i giorni seguenti: cfr. GALLO Giampaolo, La crisi di Pielungo, op. cit., pp. 108 – 111 e pp. 102- 104, CESSELLI Marco, op. cit., pp. 98 – 102, e BUVOLI Alberto, Le formazioni Osoppo/ Friuli, op. cit., p.98. Le versioni non concordano totalmente su chi liberò Verdi ed Aurelio e chi arrestò gli azionisti Abba, Spartaco, Gandini ed altri. Marco Cesselli, a p. 104 del testo già citato, sostiene che: «Sul golpe fiorisce una girandola di versioni utilitaristiche e poco credibili.». Egli, che è Gandini uno degli arrestati, sempre nel testo citato, nelle pp. 104 – 106 mette a confronto alcune di queste versioni, mostrandone l’infondatezza. In particolare egli muove critiche alla versione dei due sacerdoti friulani: don Aldo Moretti e don Ascanio De Luca. Per il clima di intimidazione e i rischi corsi da Abba e Spartaco, cfr. pure, SGUAZZERO Tiziano, op. cit., p. 191.

[39] GALLO Giampaolo, La crisi di Pielungo, op. cit., pp. 109 – 111 e BUVOLI Alberto, Le formazioni Osoppo/ Friuli, op. cit., p.98. Il testo delle dimissioni è pubblicato in: GALLO Giampaolo, La crisi di Pielungo, op. cit., pp. 110- 111.

[40] GALLO Giampaolo, La crisi di Pielungo,op. cit.,  p.111.

[41] Ivi, p.109.

[42] CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., p 22 e VENIER Albino, op. cit., p. 168, seconda edizione, op. cit., p. 156.

[43] VENIER Albino, op,. cit., p. 168, seconda edizione, op. cit., p. 156.

[44] Ivi, p. 168, seconda edizione, op. cit., p. 156. Il 21 agosto 1944 La Divisione Osoppo si struttura, da 4 in 5 brigate. (BUVOLI Alberto, Le formazioni Osoppo/ Friuli, op. cit., p.98 e Nuova costituzione organica della Brigata Osoppo Friuli, Ivi, pp. 98-99).

[45] CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., pp.17 – 18.

[46] Ivi, p.18.

[47] ANGELI Giannino, TIRELLI Roberto, op. cit., p. 47.

[48] CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., p.22.

[49] Ivi, p. 19 e p.22.

[50] Deliberazioni della Commissione d’inchiesta del CLN, in: BUVOLI Alberto, Le formazioni Osoppo/ Friuli, op. cit., p.98

[51] CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., p. 19.

[52] MORETTI Aldo, DOMINISSINI Claudio, Una pagina di storia trasmessaci dai buoni usati nella resistenza in Friuli, in Storia Contemporanea in Friuli, ed. I.F.S.M.L., n.7, 1976, p. 282.

[53] BUVOLI Alberto, Le formazioni Osoppo/ Friuli, op. cit., p. 92.

[54] GALLO Giampaolo, La resistenza in Friuli, 1943- 1945, ed. I.F.S.M.L. , 1989, p. 118.

[55] VENIER Albino, op. cit., p. 170, seconda edizione, op. cit., p. 158. CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., p.22.

[56] Ivi, p.23.

[57] Ibid.

[58] Ibid.

[59] Ibid.

[60] Ibid.

[61] Ivi, p. 23 – 24

[62] VENIER Albino, op. cit., p. 170, seconda edizione, op. cit., p. 158.

[63] Ibid. Testualmente Walter usa “mancare l’acqua sotto i piedi”, ma questo modo di dire non esiste.

[64] Ibid.

[65] Ivi, pp. 170 – 171, seconda edizione, op. cit., p. 158.     

[66] Ivi, p. 174, seconda edizione, op. cit., p. 161.     

[67] Ibid.

[68] Walter non specifica l’accusa ma è quella riferita da Gian Carlo Chiussi, come accusa mossa all’ incontro di Preone, in: CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., p. 19 e da Aurelio nel suo diario. 

[69] VENIER Albino, op. cit., p. 175, seconda edizione, op. cit., p. 162. La citazione è tratta da: CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., p.19.

[70] VENIER Albino, op. cit., p. 175, seconda edizione, op. cit., p. 162.     

[71] Ivi, p. 24.

[72] Ivi, p. 25 e SGUAZZERO Tiziano, op. cit., nota 56, p.120

[73] CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., p. 25.

[74] MARCHETTI Romano, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel ‘900 italiano, Ifsml Kappa Vu ed. 2013, p. 149.  Sempre secondo Romano Marchetti, dopo la crisi del btg. Carnia, ad un certo punto anche Teobaldo Di Ronco, Il Moro, divenne un cane sciolto. (Ivi, p. 148).

[75] Cfr. GALLO Giampaolo, La resistenza, op. cit., p. 161.

[76] CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., p. 28.

[77] Partigiano non identificato, forse il facente funzione di attendente a Livio quando comandava il btg. Carnia.  (CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., p. 25).

[78] Ivi, p.25.

[79] Cfr.: ZOFFO Romano, diario partigiano, 21 novembre 1944 – 7 febbraio 1945, copia fotostatica, in: I.R.S.M.L.  “Fondo Zoffo”, busta 1 Fascicolo 1. Non si capisce perché il diario termini con la data dell’eccidio cosiddetto di Porzûs. Cfr. anche: Il diario di Bolla (Francesco de Gregori), a cura di Giannino Angeli, A.P.O. 2001.

[80] Esistono anche fonti, come: www.anpigiovaniudine.org/node/195, che indicano la morte di Zoffo come avvenuta il 28 aprile 1944.

[81] www.anpi.it/donne-e-uomini/romano-zoffo/.

[82] PUPPINI Marco, Antifascismo di classe ed antifascismo borghese in Carnia: note per una ricerca” in AA.VV. Resistenza e società, Atti del convegno Problemi di storia della resistenza in Friuli, Del Bianco ed. ,1984, p. 614.

[83] Da: intervista registrata su cassetta, a Bruno Cacitti, nome di battaglia Lena, di Laura Matelda Puppini, Venzone, 24 aprile, 1978. Trascrizione di Laura Matelda Puppini. L’intervista è stata pubblicata su nonsolocarnia il 13/10/2018, con titolo: Uomini che scrissero la storia della democrazia: Bruno Cacitti, Lena, osovano. Perché resti memoria. (https://www.nonsolocarnia.info/uomini-che-scrissero-la-storia-della-democrazia-bruno-cacitti-lena-osovano-perche-resti-memoria/).

[84] DE CILLIA Luciano, La chiesa in Carnia, in Storia contemporanea in Friuli, ed. a cura I.F.S.M.L., n.15, 1984, nota 34, p. 169.

[85] Ivi, pp. 19- 21.

[86] Ivi, p.19

[87] CHIUSSI Gian Carlo, op. cit., terzo allegato a firma Gian Carlo Chiussi, pagina non numerata, in ordine numerico p. 79. 

[88] FABIAN Osvaldo, Affinchè resti memoria, autobiografia di un proletario carnico 1899 – 1974, ed. Kappa – vu 1999, p. 115.

[89] CRESTA Primo, op. cit., p. 48.

[90] MARCHETTI Romano, Livio, in: Carnia, settimanale della 5a Divisione Osoppo Carnia, n.7, 30 giugno 1945, in: LEPRE Bruno, MARCHETTI Romano, CARNIA LAVORO ed. Centro Studi Carnia, Tolmezzo, 1994.

[91] CRESTA Primo, op. cit., p. 49.

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Per chi volesse controllare le fonti citate.

Il volume: BUVOLI Alberto, Le formazioni Osoppo Friuli – documenti 1944- 1945, ed. I.F.S.M.L., 2003, I NUMERI DI STORIA CONTEMPORANEA IN FRIULI CITATI, in cui si trovano alcuni articoli a cui ho fatto riferimento, sono reperibili sia presso la Biblioteca Civica di Tolmezzo che l’ I.F.S.M.L. – Ud. 

Il volume: CHIUSSI Gian Carlo, Con la Osoppo in Carnia, memorie del periodo partigiano, ottobre 1982, proveniente da Marco Puppini, a cui lo aveva regalato Gian Carlo Chiussi, è stato pubblicato, senza gli allegati all’originale, dall’A.P.O., con titolo “Diario di un osovano in Carnia nella guerra 43-45”. Una copia dello stesso è consultabile presso la Biblioteca civica di Tolmezzo, un’altra presso la sede dell’A.P.O. di Udine. 

CRESTA Primo, Un partigiano dell’Osoppo al confine orientale, Del Bianco ed., 1969, si trova presso la Biblioteca civica di Tolmezzo.

ANGELI Giannino, TIRELLI Roberto, L’Osoppo per la libertà della Carnia, ed. A.P.O. Ud, 2003, è consultabile presso la Biblioteca civica di Tolmezzo.

Sia: VENIER Albino, Dalla Carnia al fronte russo…e ritorno, Tolmezzo, 1991 che VENIER Albino, Luigi, Teresina Venier, Una famiglia unita nel turbine della guerra, Aviani&Aviani ed., 2013 sono presenti nel sistema bibliotecario della Biblioteca Joppi di Udine. Il primo si può prendere in prestito presso la Biblioteca di Fagagna.

CESSELLI Marco, Il golpe anticomunista 1944 lacera la Resistenza alto adriatica, Quaderni altoadriatici, non datato, è reperibile presso la Biblioteca Joppi di Udine, ed è stato ripubblicato, a cura di Paolo Strazzolini, con titolo: Il golpe di Pielungo, L’ombra lunga di Porzûs, Aviani&Aviani ed., nel 2015.

IL DIARIO DI BOLLA (Francesco de Gregori), a cura di Giannino Angeli, A.P.O. 2001, si trova in diverse biblioteche, compresa la biblioteca Joppi di Udine.

IL DIARIO DI LIVIO è consultabile  presso l’Irsml, ora Irsrec. Fvg.

MARCHETTI Romano, (a cura di Laura Matelda Puppini) Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel ‘900 italiano, Ifsml Kappa Vu ed. 2013, è possibile averlo in prestito presso la Biblioteca Civica di Tolmezzo.

Il volume AA.VV. Resistenza e società, Atti del convegno Problemi di storia della resistenza in Friuli, Del Bianco ed.1984, in cui è inserito anche l’articolo di PUPPINI Marco, Antifascismo di classe ed antifascismo borghese in Carnia: note per una ricerca”, è consultabile presso: I.F.S.M.L. – Ud.

FABIAN Osvaldo, Affinché resti memoria, autobiografia di un proletario carnico 1899 – 1974, ed. Kappa – vu 1999, si trova nelle biblioteche civiche di Sappada ed Osoppo.

LEPRE Bruno, MARCHETTI Romano, CARNIA LAVORO ed. Centro Studi Carnia, Tolmezzo, 1994 è consultabile presso la Biblioteca civica di Tolmezzo.

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Si ringraziano Monica Emmanuelli direttrice dell’Ifsml e Alessandra Kersevan di Kappa Vu per avere dato il permesso, a nome degli editori,  di riportare qui questo testo pubblicato come Appendice n.1 al volume di Romano Marchetti, (a cura di Laura Matelda Puppini), op. cit.

Laura Matelda Puppini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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