Gentilissimo dott. Paolo Benetollo, – direttore generale Aas3,
Gentilissimo dott. Massimo Valentino, responsabile Radiologia Tolmezzo,
Gentilissimo dott. dott. Nelso Trua, direzione medico – ospedaliera Tolmezzo.

in riferimento a quanto pubblicato il 22 marzo 2017 sul Messaggero Veneto in un articolo di Alessandra Ceschia intitolato: “Esami in 3 D per curare le donne“, sul pieghevole per Innovalp – ultima facciata interna, e sul sito dell’aas3 relativamente all’acquisto di una mammografia 3 D per l’ospedale di Tolmezzo, per cui si chiede, anche da parte dell’aas3 secondo Alessandra Ceschia, colletta ai privati e sforzo comunitario costando la stessa 180.000 euro, non avendo capito alcune cose, sicuramente per limite mio,

con la presente chiedo alle SS. VV.

se vi sarà compartecipazione nella spesa e se vi è previsione di spesa per la gestione del macchinario in questione da parte dell’aas3, che comunque dovrà fornire una serie di garanzie se non altro per farlo funzionare adeguatamente;

se detta scelta sia stata sufficientemente ponderata, visto che Cittadinanzattiva pone l’acquisto di macchinari non utilizzati o funzionanti a scarto ridotto fra le prime voci di spreco in sanità, (Cfr. “Sprechi in sanità. Da cittadinanzattiva“, in: www.nonsolocarnia.info, e link testo integrale in: Cittadinanzattiva. Sprechi e buone pratiche in sanità. Dossier marzo 2016, in www.nonsolocarnia.info), essendo fra l’altro presente la mammografia 3 D ad Udine, come si legge in: http://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/oncologia/mammografia-3d-e-tomosintesi-la-nuova-diagnostica-nei-tumori-del-seno;

se i casi di tumore al seno non evidenziati nel territorio dell’aas3, pur essendosi accorta per tempo la paziente del problema ed essendosi presentata tempestivamente per l’esame, e non avendo dovuto aspettare per lunghe liste di attesa, e quindi riconducibili alla strumentazione od al radiologo siano tali da giustificare la spesa per mammografia 3D come privilegiata rispetto ad altre scelte aziendali, gravando pure sulla cittadinanza carnica, quando l’aas3 pare abbia ben altri problemi da che si legge e si sa (carenza medici ed infermieri, carenza pediatri 24 h anche sul territorio,  limitati posti letto internistica, problema trasformazione pronto soccorso ed ospedale Gemona, assistenza territoriale, funzionamento cap, ecc. ecc.);

se si sia valutata la differenza tra la Rm e la mammografia 3 D, sul cui uso si trovano ben pochi articoli che ne confermino i vantaggi rispetto all’iter tradizionale, che può prevedere, oltre la mammografia, pure l’ecografia ed eventualmente, in presenza di un nodulo, un “ago aspirato” dirimente (http://www.airc.it/esami-medici/ago-aspirato-mammella.asp). Inoltre la mammografia 3 D pare sia maggiormente precisa in caso di seni densi e quindi per esami su persone giovani, ma da che so il cancro giovanile al seno ha spesso cause genetiche e tradizione familiare, come confermato pure dall’articolo: http://www.ospfe.it/il-professionista/societa-medico-chirurgica/archivio-convegni-2013/il-tumore-della-mammella-a-ferrara-stato-dellarte-e-innovazione/Novita%20in%20ambito%20radiologico-Corcione.pdf, il che potrebbe comportare, per la prevenzione, oltre alla stesura dell’ anamnesi familiare per ogni giovane donna al momento di una visita ginecologica magari annuale, la palpazione del seno ed una ecografia di screening, (come so fare a Roma), e, se del caso, l’invio ad un centro che già possiede una mammografia 3 D, come pare sia il Centro Senologico dell’ospedale di Udine o altro nella stessa città, o la prescrizione dell’analisi di mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2, per persone in cui si sospetti una possibile familiarità od altri casi, (Cfr. http://www.laboratoriogenoma.it/prestazioni_sottocategoria.asp?IdCat=14&IdSubCat=27), eseguibile presso l’ospedale di Udine;

se tale apparecchio verrà utilizzato, poi e di fatto, solo dalla dott. Ilaria Facecchia, in quanto referente per immagini senologiche della radiologia tolmezzina, (Alessandra Ceschia, op. cit.) e comunque solo all’interno del nosocomio tolmezzino, od anche per lo screening regionale, nel qual caso però, tra l’altro, indipendentemente dalla sua locazione, dovrebbe non entrare a far parte del patrimonio dell’aas3, ma della Regione Fvg o dell’azienda ospedaliera udinese, referente per lo screening ed a cui spetta il compito di seguire i casi dubbi (ww.regione.fvg.it/rafvg/cms/RAFVG/salute-sociale/screening-prevenzione-tumori/FOGLIA7/aziende/asuiud.html), e che già, forse, lo possiede secondo la Fondazione veronesi;

se si tratti, nel caso dell’acquisto, con coinvolgimento della popolazione, di detto apparecchio radiologico, la cui colletta per recuperare la cifra compare come sponsorizzata da medici dell’aas 3 e dalla stessa azienda, (Cfr. Alessandra Ceschia, op. cit.) di ponderata scelta aziendale o di desiderio/proposta di tre singoli operatori medici, coadiuvati dal Rotary, che è un club privato, e da una onorevole rappresentante  del Partito della Casa delle libertà, spesso in tale veste a Tolmezzo, oltre che nota sciatrice, tutti con lodevoli intenti, ma forse non avendo meditato sufficientemente sul problema.

Inoltre si sottolinea come, anche se non volutamente, si crei un precedente, dove due medici dell’aas3 sponsorizzano, certamente con buoni motivi, ma partendo da un punto di vista settoriale non per loro volontà ma per il lavoro che svolgono, una colletta pubblica, sostenuta dall’Azienda Sanitaria territoriale, senza che la cittadinanza possa sapere se, nella logica aziendale, il macchinario non per la cura (come erroneamente in titola il Messaggero veneto in: http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2017/03/22/news/esami-in-3d-all-ospedale-colletta-per-curare-le-donne-1.15076740) ma per la diagnosi, risulti indispensabile rispetto ad altre scelte.

In attesa di risposta, porgo distinti saluti.

Laura Matelda Puppini

Mi scuso subito con le persone in indirizzo per questa mia, e se non ho capito bene, correggetemi. Inoltre preciso subito che è mio intento solo avere delle risposte alle mie domande, non trovate presso l’urp perchè non competente in materia, stimolate da quanto ho letto sull’argomento, non offendere qualcuno. 

L’immagine che correda l’articolo è tratta, solo per questo uso, da http://la.repubblica.it/saluteseno/dossier/lauto-palpazione/594/. L’ho scelta volutamente, per chiarire che, se la donna, che però non deve sviluppare forme di paura ed angoscia verso una malattia che magari non avrà mai, non si accorge di un nodulo, difficilmente verrà a farsi visitare. Laura Matelda Puppini

AGGIORNAMENTO ALLE ORE 19.16 DEL 27 MARZO 2017:

A conferma delle mie domande, riporto dall’articolo: Non solo mammografia. Quando il seno è denso meglio mammografia 3D ed ecografia, in: http://www.andosonlusnazionale.it/news/2016/03/, queste considerazioni: «Uno studio dell’Università di Genova, condotto in collaborazione con ricercatori australiani, ha cercato di confrontare l’efficacia diagnostica in seni densi della mammografia 2D, con quella della 3D e dell’ecografia mammaria. L’indagine, presentata alla European Breast Cancer Conference e pubblicata sul Journal of Clinical Oncology, ha coinvolto oltre 3.200 donne con seno denso sottoposte a mammografia tradizionale con esito negativo. L’aggiunta di screening con tomosintesi ed ecografia ha permesso di identificare 24 tumori in più rispetto alla sola mammografia 2D. Tra questi, 12 sono stati individuati con entrambe le tecniche aggiuntive, 11 con la sola ecografia e uno esclusivamente con la tomosintesi.
«In altre parole, dai nostri dati emerge che ogni 1.000 donne esaminate si potrebbero scoprire quattro tumori in più con la mammografia 3D e sette con l’ecografia, casi di neoplasia al seno che la mammografia tradizionale ignorerebbe completamente», puntualizza Alberto Tagliafico, radiologo dell’Università di Genova.
Dallo studio sembra emergere che l’ecografia sia più sensibile della tomosintesi nella diagnosi del cancro, ma, secondo i ricercatori occorre comunque tenere presente che la mammografia 3D ha identificato oltre la metà dei tumori non rilevati dalla 2D.
«L’ecografia è un procedura diagnostica a sé stante, mentre la tomosintesi si esegue in modo analogo alla mammografia tradizionale sia per la paziente sia per il radiologo e potrebbe quindi diventare la modalità di prima scelta per esaminare i seni densi, cui eventualmente, in casi dubbi, affiancare l’ecografia», continua Tagliafico.
Per poter, però, inserire nelle linee guida e nello screening di routine dei seni densi mammografia 3D ed ecografia, affiancandole o sostituendole alle metodiche tradizionali, occorrono studi che ne provino l’efficacia nel ridurre la mortalità per tumore al seno e al momento questi non sono ancora disponibili. Servono inoltre ulteriori e approfonditi dati sui falsi positivi generati da queste tecniche, che nello studio genovese sarebbero intorno al tre per cento, oltre alla necessaria valutazione del rapporto costo – benefici derivante dal ricorso a tali strategie diagnostiche».

Laura Matelda Puppini

 

 

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