Premessa. Chi scrive, a chi e perché.

La “Lettera di Natale” per diversi anni è stata l’espressione dei vissuti e delle riflessioni di un gruppo di preti delle Diocesi del Friuli Venezia Giulia e del Veneto. La terribile pandemia in atto ha agevolato alcune situazioni e reso possibile quel coinvolgimento –già da tempo iniziato –con donne e uomini, compagni di viaggio della vita, di una fede vissuta con umiltà e ricerca, sempre incarnata nella storia, nella condivisione di tante vicende umane incontrate, con attenzione particolare a quelle segnate da povertà, marginalità e fatica di vivere. Questa Lettera è espressione dunque di una partecipazione più allargata –e sempre ulteriormente allargabile –ed è certamente rivolta a tutte le persone che non s’arrendono ad accettare la disumanità e s’impegnano a essere umani e a diffondere umanità; nel contempo essa è rivolta non solamente a singoli uomini e donne, ma in special modo alle comunità (associazioni, parrocchie, gruppi, movimenti, organizzazioni,…) che abitano le nostre terre e che quest’anno vorremmo si sentissero particolarmente sollecitate a confrontarsi per individuare cammini plurali e al medesimo tempo unitari che mirino a costruire una nuova cultura di accoglienza e di servizio agli scartati della nostra società all’interno di un “noi” che sia più forte della somma di piccole individualità.

Come Gianfranco Sinagra (1) ha affermato qualche settimana fa dalle pagine del quotidiano “Il Piccolo”, “serve un io che sappia farsi noi. Serve altro che il solo obiettivo di difesa personale. Distanziarsi non è isolarsi. Serve capire che, solo proteggendo il noi, l’io riuscirà a sopravvivere e avrà forza”.

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(1) Medico cardiologo, direttore del Dipartimento cardiovascolare dell’ASUGI-Università di Trieste.

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La memoria viva del Natale di quest’anno.

 Ci chiediamo quale senso possa assumere la celebrazione del Natale, della memoria viva della nascita di Gesù nella stalla di Betlemme, in mezzo a decine di migliaia di morti nel nostro Paese e a oltre un milione e mezzo su tutto il pianeta a causa della pandemia che ha colpito la nostra umanità. Vorremmo ricordare ciascuna delle vittime di ogni luogo, appartenenza, colore della pelle, cultura, lingua, condizione sociale ed esistenziale, fede religiosa. E, insieme, i loro familiari e amici, le loro comunità di appartenenza.

Avvertiamo la possibile consolazione del Natale proprio perché Dio è diventato un essere umano, uno di noi, e ha condiviso in tutto, fuorché nel male, la nostra condizione, anche l’ingiustizia, la sofferenza, l’abbandono e la morte. Il suo amore incondizionato è continuato oltre la morte e Lui risorto, vivente, ci accompagna, ci comunica vicinanza, condivisione, incoraggiamento.

Il Natale ci chiama dunque a vivere questo momento come tempo di rigenerazione, momento di riapertura alla speranza, di sorpresa e di dono per accogliere e poi accompagnare la vita nuova che deve venire.
Il Natale ci dice che un tempo nuovo può essere cercato e costruito nell’opera di uomini e donne che rammentano di essere umani e di essere tutti fratelli e sorelle, ricominciando a credere alla comunità degli umani che è il nostro quartiere, la nostra città, il nostro Paese, mettendoci qualcosa di nostro.

Il dramma attuale rivelativo di precarietà.

La drammatica pandemia ci rivela alcune dimensioni fonda-mentali e ci sollecita a riflettere personalmente e insieme come comunità locale e planetaria.
Constatiamo di essere creature ancor più fragili e precarie e che il senso di onnipotenza, della supremazia, della presunzione di superiorità devono lasciar spazio a un’indispensabile umiltà negli atteggiamenti, nelle parole, nelle relazioni e nei gesti.
La scienza, la ricerca, la medicina sono indispensabili, ma all’interno di reciprocità e umanità condivise, sempre in atteggiamento e pratica di servizio.
Riscopriamo –e con evidenza drammatica –che siamo interdipendenti, che nessuna persona, comunità e popolo è superiore agli altri; che l’umanità ha un unico destino di vita e di morte, che ci si può salvare solo insieme.

Guardiamo e riconsideriamo situazioni già conosciute, ma nascoste e sottostimate per supponenza e indifferenza:

  1. i poveri e gli impoveriti di questa società e dell’intero pianeta: la mancanza di cibo, di acqua potabile, di assistenza sanitaria, di scuole, di lavoro, di casa, di una vita dignitosa;
  2. le persone vittime della violazione dei diritti umani, delle guerre in cui si usano le armi prodotte e vendute anche da alcune fabbriche del nostro Paese, della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento sul lavoro e nel mercato della prostituzione, della violenza sulle donne, vittime in particolare in questa situazione di pandemia;
  3. i migranti, che chiedono sempre un’attenzione particolare perché rappresentano il fenomeno dirimente la convivenza dell’umanità, facendo emergere di fatto le cause strutturali delle loro forzate partenze,
  4. sottoponiamo a una considerazione doverosa la condizione di migliaia di profughi sulla rotta balcanica con l’avallo, anche da parte dell’Italia e dell’Europa di politiche che vanno contro l’uomo: così per i respingimenti al confine tra Italia e Slovenia, per cui –come già avviene da tempo in Slovenia e Croazia –ai profughi viene pure negato il diritto di presentare la domanda di rifugiati per essere riportati nei boschi della Bosnia, fuori dall’Europa, da dove erano partiti con la speranza di essere accolti. Costretti a vivere in condizioni disumane in campi profughi, dove è assente la risposta alle minime e fondamentali esigenze, nei boschi, nelle tende, nelle case abbandonate, e costretti a subire violenze, maltrattamenti, torture e atrocità inaudite (2).

Nella situazione drammatica, che coinvolge nello stesso momento tutta l’umanità, vivere il Natale può significare ripensare radicalmente e profondamente alla vita, all’importanza di ogni persona, comunità e popolo da avere a cuore, di cui prendersi cura, insieme alla casa comune in cui tutti abitiamo, da preservare e custodire.

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(2) Come ampiamente documentato dai rapporti mensili sulla violazione dei diritti umani redatti da Amnesty International, dal Danish Refugee Council e dal Border Violence Monitoring Network (una rete internazionale che riunisce lungo tutta la dorsale balcanica, persone, tra cui medici, legali e avvocati, e associazioni, tra cui la Rete nazionale “RiVolti ai Balcani” composta da oltre 36 organizzazioni italia-ne) così come dai reportage di Nello Scavo pubblicato in due puntate sul quoti-diano “Avvenire” sabato 5 dicembre u.s. col titolo “L’odissea degli ultimi. L’orrore alle porte d’Europa” (pag. 9 -https://www.avvenire.it/attualita/pagine/lorrore-alle-porte-delleuropa) e domenica 13 dicembre u.s. intitolato “L’esodo degli ultimi. Ecco le violenze degli agenti croati” (pag. 7 -https://www.avvenire.it/attualita/pagine/torture-su-migranti-al-confine-tra-croazia-e-bosnia-vide scavo?fbclid=IwAR2PEKL3lcdvFjftVN6MIk5dIT_jPZeRwnLuTzvsarIX9wkih8RXCI3nrnA), e di Luisa Pozzar pubblicato su “Famiglia Cristiana” di domenica 15 novembre u.s. col titolo “Respinti a un miglio dalla salvezza” (pagg. 60-64). A questo abbondan-te materiale rimandiamo.3I passaggi dell’importante enciclica riguardano: le ombre di un mondo chiuso; un estraneo sulla strada; pensare e generare un mondo aperto; un cuore aperto al mondo intero; la migliore politica; dialogo e amicizia sociale; percorsi di un nuo-vo incontro; le religioni al servizio della fraternità del mondo.

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L’insegnamento del Vangelo nelle parole e nei gesti di papa Francesco.

Interprete fedele di Gesù di Nazaret e del Natale del Vangelo è papa Francesco con tante riflessioni e segni di cui lo ringraziamo con vicinanza e affetto; in particolare per le due encicliche: la “Laudato si’” del maggio 2015 e, più recentemente, con firma e presentazione il 3 ottobre scorso sulla tomba di san Francesco, la “Fratelli tutti” sulla fraternità e l’amicizia sociale (3).

In particolare quest’ultimo documento mette a nudo il fatto che, negli ultimi due secoli, a fronte di strepitosi progressi realizzati da donne e uomini in vari campi – nella salute, nel benessere, nel lavoro, nella tecnologia, nella scienza, nei diversi ambiti sociali, nella scuola, nell’assistenza, nei trasporti, negli scambi culturali e artistici, negli organismi politici, nel diritto – “diciamolo, siamo cresciuti in tanti aspetti, ma siamo analfabeti nell’accompagnare, curare e soste-nere i più fragili e deboli delle nostre società sviluppate”. Sappiamo forse farlo in cerchie ristrette, ma non è un’attitudine sociale né tantomeno un’attitudine della comunità cristiana che, in molti casi, abituandosi ad ascoltare il Vangelo, è finita per non lasciarsi provocare più nella concretezza da quelle pagine “scandalose” che richiedono un cambiamento e delle nette prese di posizione.

Papa Francesco, traghettandoci in un sogno profetico che non sia utopia o miraggio e che non ci faccia perdere il contatto con la realtà, ci propone un progetto alternativo di umanità. Siamo arrivati e siamo ancora in gran parte all’interno del paradigma che sta alla base della modernità. È antropocentrico; l’essere umano è signore e padrone della natura e della terra, che hanno senso solo nella misura in cui sono subordinate a lui. Questa visione ha portato alcuni vantaggi, ma insieme ha creato un principio e conseguenti scelte di autodistruzione.

È necessario, indispensabile un nuovo paradigma: quello della fraternità universale e dell’amicizia sociale e così passare da una struttura tecno-industriale economicista e individualista a una umanità solidale nella preservazione e cura di ogni vita, basata sulla giustizia e sulla concreta affermazione dei diritti umani fondamentali: cibo, acqua, salute, istruzione, lavoro, casa, vita dignitosa, in un continuo rapporto di custodia, premura e cura gli uni verso gli altri e nella relazione con tutti gli esseri viventi che abitano la stessa casa, da salvaguardare con attenzione e impegno massimi. È la conclusione alla quale sono arrivati anche i giovani economisti, recentemente convocati da papa Bergoglio ad Assisi nello scorso mese di novembre, riconoscendo come il sistema economico-valoriale abbia bisogno di un profondo mutamento.
Per il vescovo di Roma centro della sua ultima enciclica e simbolo di questo nuovo paradigma è la parabola del buon Samaritano che, di quell’estraneo sulla strada lasciato mezzo morto dai briganti, contrariamente a chi gli passa accanto con disinteresse e indifferenza, si fa “prossimo”.

Quel racconto maturato sulla strada tra Gerusalemme e Gerico rappresenta situazioni ed attori dei nostri giorni e chiede la responsabilità di individuare nei nostri territori le varie strade che scendono a Gerico per incontrare e prendersi cura dell’“estraneo sulla strada” perché nessuno rimanga ai margini della vita.

Il cambiamento globale esige sensibilità e scelte che superino l’indifferenza personale, incidano sulla globalizzazione dell’indifferenza. Sono decisive la sensibilità, l’attenzione, la cura nei confronti dell’estraneo che s’incontra sulla nostra strada per uscire dall’atteggiamento del sacerdote e del levita che si girano dall’altra parte mettendo in luce insensibilità, indifferenza, individualismo.

Siamo chiamati dagli incontri con le persone a farci “prossimi”, a esercitare una strategia della cura, a sollecitare altri a condividere questa scelta per formare il “noi” della concreta solidarietà.

La cura e la qualità.

In questo tempo drammatico della pandemia la questione della salute è prioritaria e le pratiche della cura indispensabili: emergono umanità, sensibilità, professionalità, disponibilità ammirevoli e insieme lacune e carenze conseguenti anche a scelte sbagliate, a tagli incomprensibili, a supponenze ingiustificabili.

Si avverte con forza umana, etica e spirituale che nella cura si esprimono le sensibilità e gli atteggiamenti migliori di attenzione, il “prendersi a cuore”, il preoccuparsi: la cura non individualistica ed egocentrica della propria vita, ma di ogni persona che incontriamo – nell’ascolto, nella condivisione, nell’accompagnamento –, di ogni persona senza alcuna distinzione, con attenzione particolare a chi, per diversi motivi e nelle varie situazioni è sofferente, ammalato, discriminato, carcerato, etichettato ed escluso per la sua diversità.

Questa visione dell’umanità assume come orientamento e criterio la “qualità” e non più la “quantità”: certo, ribadisce l’importanza decisiva del lavoro e della produzione, però con attenzione prioritaria all’uguale dignità delle donne lavoratrici e degli uomini lavoratori, ai loro tempi di vita, alla salute nei luoghi di lavoro e nell’ambiente circostante.

Certo, ribadisce l’importanza dei consumi, sempre però verificati dall’equità, dalla essenzialità e sobrietà, dalla semplice e gioiosa convivialità, con il superamento dell’inaccettabile e scandalosa lontananza tra chi ogni giorno muore di fame e chi spreca e scarta il cibo; tra chi vive nell’abbondanza e nei privilegi, e chi è confinato tra la vita e la morte.

Vivere il Natale in prospettiva: riflessione e azione.

La celebrazione del Natale di quest’anno 2020 può diventare un momento di riflessione, vicinanza, silenzio, ascolto, preghiera, condivisione. Queste dimensioni, richiamate con fatica negli anni precedenti, oggi sono diventate una necessità da vivere personalmente e insieme come famiglie e comunità con disponibilità e responsabilità. Davanti a chi, soprattutto tra i giovani, fatica a guardare al futuro ed è massacrato da questa crisi, siamo consapevoli di esser chiamati a seminare fiducia, cercare nuove strade, indicare piccoli sentieri, sognare squarci.

È quello che vorremmo proporvi nei prossimi mesi, facendolo insieme, costruendolo insieme.

Questa Lettera allora sarà solo un “indice”, uno stimolo aperto, per affrontare di volta in volta, periodicamente –quando sarà possibile, in presenza; fino ad allora, attraverso le videoconferenze, alle quali, nostro malgrado, ci siamo già abituati –, temi che, approfonditi con l’aiuto di amiche e amici esperti nei rispettivi campi, ci permettano di costruire veri e propri “laboratori” per imparare sempre più la strada del “noi” anche mediante l’apporto di riflessioni, esperienze concrete, momenti di vera gioia negli incontri o anche di delusione, di cui far tesoro per ripartire.

Nell’attesa di potervi fornire presto maggiori informazioni sull’iniziativa, vi salutiamo con cordialità augurandovi un Natale che ci trovi tutti in un cammino di luce verso quel Dio incarnato che si è fatto prossimo sulle strade dell’intera umanità.

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Sacerdoti: Pierluigi Di Piazza, Franco Saccavini, Mario Vatta, Pierino Ruffato, Paolo Iannaccone, Fabio Gollinucci, Giacomo Tolot, Piergiorgio Rigolo, Renzo De Ros, Luigi Fontanot, Alberto De Nadai, Albino Bizzotto, Antonio Santini, Nandino Capovilla, Gianni Manziega, Lionello Dal Molin, Massimo Cadamuro, Giorgio Scatto; Gruppo “Camminare Insieme” di Trieste; Centro “Ernesto Balducci” di Zugliano (UD); Associazione “Esodo” di Venezia, Comunità Monastica di Marango di Caorle (Ve).

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Il testo ha in copertina una immagine di Cristo buon Samaritano che non riesco a portare in jpg per inserirla. Pertanto ne ho scelta un’altra, per accompagnare questo testo che è: Il buon Samaritano. Dipinto. From a collection of public domain Christian clip art. https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Samaritan.jpg.

Il testo della lettera è preso da: http://pprg.infoteca.it/easynet/Archivi/BALD/Files/lettera%20di%20natale%202020%20def.pdf in: http://www.centrobalducci.org/easyne2/LYT.aspx?Code=BALD&IDLYT=359&ST=SQL&SQL=ID_Documento=3895.

Buon Natale a tutti. Laura Matelda Puppini

https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2020/12/Samaritan.jpg?fit=320%2C267&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2020/12/Samaritan.jpg?resize=150%2C150&ssl=1Laura Matelda PuppiniETICA, RELIGIONI, SOCIETÀPremessa. Chi scrive, a chi e perché. La “Lettera di Natale” per diversi anni è stata l’espressione dei vissuti e delle riflessioni di un gruppo di preti delle Diocesi del Friuli Venezia Giulia e del Veneto. La terribile pandemia in atto ha agevolato alcune situazioni e reso possibile quel coinvolgimento...INFO DALLA CARNIA E DINTORNI