Come è noto, il 7 gennaio gli studenti delle scuole superiori della nostra e di altre regioni avrebbero dovuto tornare in classe, ma, caso del tutto inusitato, non lo hanno fatto, a causa del perdurare della pandemia e delle decisioni, condivisibili o meno, che le autorità hanno deciso di adottare per contrastarla. In circostanze diverse e con differenti motivazioni, un fatto analogo e altrettanto inedito era accaduto a Tolmezzo esattamente cinquant’anni fa. Il 7 gennaio del 1971, gli studenti delle scuole superiori della Carnia, che avrebbero dovuto ritornare nelle loro aule dopo le vacanze natalizie, non lo fecero per una precisa e, per molti sorprendente, ragione: avevano deciso, infatti, di prolungare anche ai primi giorni dell’anno lo sciopero che era iniziato il 22 e 23 dicembre con un’assemblea generale di tutti gli istituti e con un corteo al quale aveva partecipato oltre un migliaio di studenti. Quel 7 gennaio, così, gli studenti si riunirono di nuovo in assemblea generale al Cinema David per confrontarsi sulle proposte elaborate dai gruppi di studio durante le vacanze, mentre il giorno seguente si svolsero le assemblee di istituto per approvare le specifiche piattaforme rivendicative.

Questi avvenimenti possono essere, a ragione, considerati come il momento di nascita del movimento studentesco e della contestazione anche in Carnia, ma, per quanto rilevanti, furono praticamente ignorati dagli organi di informazione dell’epoca. A quel tempo la televisione, pur molto seguita, mandava in onda solo i primi due canali RAI e non esistevano i TG regionali; non c’erano, ovviamente, né internet, né i telefonini, mentre le “radio libere” sarebbero sbocciate verso la metà del decennio e gli studenti, per esprimersi, non avevano nemmeno a disposizione le pagine del “Messaggero Veneto Scuola”. Esisteva un forte controllo politico dell’informazione e sfogliando le cronache dei quotidiani di quei giorni colpiscono le “censure” e lo spazio dato invece ad articoli con tanto di fotografie dedicati ad una riunione del Movimento giovanile della DC a Tolmezzo, all’elezione di “Miss Pignarul” e alla benedizione del “labaro dei combattenti di Amaro”. Solo il quotidiano Il Gazzettino, il 7 gennaio, dedicò un “trafiletto” di poco più di una ventina di righe all’argomento. Se non ci fossero i ricordi ben vivi dei protagonisti e, soprattutto, la fonte diretta rappresentata dai molti volantini ciclostilati diffusi all’epoca, sarebbe così difficile sapere dell’esistenza stessa di questa esperienza, che pur non passò senza lasciare conseguenze. 

Cosa accadde esattamente? Da alcune settimane, in modo spontaneo ma sempre più esteso, in tutta Italia i giovani stavano protestando contro la Circolare del Ministro Misasi (la n. 376, per l’esattezza), ennesimo tentativo fallimentare di attuare una riforma scolastica di facciata, ma il cui vero obiettivo era quello di regolamentare e limitare le assemblee che gli studenti avevano iniziato ad organizzare. C’era, dunque, la consapevolezza e la volontà di appartenere ad un movimento di rinnovamento più ampio, ma, se identico fu il motivo che scatenò le azioni di protesta, del tutto autonoma ed originale fu la strada intrapresa dagli studenti in Carnia. Stupisce, innanzitutto, la grande unità raggiunta e il livello di mobilitazione attuata in tutti gli istituti, da quelli professionali degli edili al liceo scientifico. L’obiettivo comune era ottenere la dovuta attenzione dei confronti dei problemi della scuola e garantire un effettivo diritto allo studio. Così non ci fu nessuna esitazione, ad esempio, a manifestare solidarietà agli allievi dello “Stringher”, privi di una sede propria e precariamente ospitati nei locali della Casa della Gioventù di proprietà della Parrocchia. Questa vicinanza e unità di azione non piacque in alcuni ambienti, suscitò la reazione di quei genitori che temevano una “contaminazione” politica dei loro figli e provocò da parte dell’estrema destra l’imbrattamento dei muri esterni del centro studi, subito ripuliti dagli studenti in sciopero che denunciarono la provocazione.

Contrariamente alle voci fatte circolare ad arte, non c’erano però “agenti” esterni a sobillare gli studenti carnici, che, durante il periodo delle feste, ai bar preferivano frequentare la sede del circolo universitario (il CUCC) dove si riunivano per discutere apertamente dei loro problemi. Lo si capisce anche dalle rivendicazioni presentate ai presidi e ai collegi dei docenti: un misto di utopia e richieste concrete. Naturalmente non tutto fu accolto (riconoscere “tutto il potere” all’assemblea sarebbe stato obiettivamente qualcosa di “rivoluzionario”), ma da subito in alcune scuole vennero introdotte delle importanti novità che riguardavano la didattica, il rapporto con i docenti, l’apertura ai problemi della società. Tra questi cambiamenti meritano di essere citati: le interrogazioni programmate e la discussione del voto; la possibilità di proporre alle lezioni argomenti e testi presentati da parte degli allievi; l’apertura pomeridiana dei locali scolastici per poter svolgere libere attività di gruppo; la creazione di una sala di lettura dove erano disponibili quotidiani e riviste di ogni tendenza politica che ci giungevano gratuitamente da ogni parte d’Italia; la partecipazione di una rappresentanza studentesca alla gestione della cassa scolastica. Inoltre veniva riconosciuto una sorta di “permesso sindacale” che consentiva ai delegati di istituto di recarsi durante le lezioni a colloquiare con i colleghi delle altre scuole, qualora se ne riscontrasse l’esigenza.

A distanza di un paio di mesi vennero anche organizzati, in orario extra scolastico, un cineforum che dava particolare attenzione ai temi di attualità ed un “corso di educazione politica”, durante il quale rappresentanti di partiti e movimenti si confrontavano sui loro programmi e rispondevano alle sollecitazioni degli studenti. Lo scopo era quello di creare dei cittadini informati e consapevoli e di prepararci al momento in cui avremmo potuto esercitare il diritto di voto, anche se, fino al 1975, questo era possibile solo dopo il raggiungimento dei 21 anni d’età.

Alla base dell’agitazione, dopo anni di vana attesa di una riforma della scuola adeguata ai nuovi tempi, c’era una convinzione, forse ingenua, che tutto ormai dipendesse da noi. C’era una voglia di essere protagonisti e responsabili: di informarci, di discutere e di cambiare. Per avere una società più giusta e democratica – come emerge dalla lettura del volantino “Foglio di informazione degli studenti di Tolmezzo” in sciopero – era necessario avere una scuola migliore, nella quale si investissero le risorse e le intelligenze necessarie a dare uguali opportunità a tutti e, seguendo l’insegnamento di Don Milani, a superare gli svantaggi derivanti dal diverso livello di reddito e di istruzione delle famiglie di provenienza.

Come si vede sono temi tornati, anche nella situazione odierna, di grande attualità. In molti credo che si chiedano, con apprensione mista a speranza, come sapranno reagire i nostri ragazzi.

Tolmezzo, 15 gennaio 2021      

Marco Lepre (componente del collettivo studentesco del Liceo Paschini nel 1971).

Questo articolo, a me inviatomi da Marco Lepre,  è già stato pubblicato da radiostudionord news il 20 gennaio 2021. L’immagine che accompagna l’articolo è tratta da: https://www.liceotosi.edu.it/lavocedeglistudenti/2019/03/07/unistruzione-troppo-formale/. Lmp.

 

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