Carlo Danzi commentando la risposta di Laura Matelda Puppini a Paolo Strazzolini su questo sito si dice curioso di sapere quanto accaduto a Malga Silvagno. Gli racconto volentieri, e racconto ai lettori, quanto ho appreso su quei fatti in buona parte dal voluminoso e documentatissimo libro di Ugo de Grandis: Malga Silvagno. Il giorno nero della Resistenza vicentina, Schio, Edizioni Grafiche Marcolin, 2011, perché è un episodio che può offrire elementi utili per uscire dal dibattito sclerotizzato sulla Resistenza in corso nella nostra regione presentando un’ottica e fatti diversi.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, si stabilisce nella zona di Fontanelle di Conco, sull’Altopiano di Asiago nel Vicentino, un gruppo di giovani militari cattolici e monarchici che volevano sfuggire alla leva fascista. L’ ambiente è caratterizzato da trattative tra gruppi ed esponenti di potere locali con l’intervento di esponenti del clero e di personaggi ambigui, per gestire in modo indolore la possibile transizione che si cominciava a prevedere dal fascismo al post-fascismo.

Il gruppo condivide i valori conservatori e cattolici della società locale, il suo scopo è di armarsi e di attendere la fine della guerra per partecipare all’insurrezione finale. Accanto alla base di Fontanelle, alla malga Silvagno, si stabilisce però un gruppo di partigiani garibaldini guidato da quattro esponenti comunisti dal curriculum di tutto rispetto di cui scriverò poi. I quattro iniziano una trattativa con il gruppo di Fontanelle con il compito di trasformarlo da conservatore ed attendista in una formazione partigiana vera e propria, attiva militarmente e disponibile ad operare unitariamente alle formazioni garibaldine.

Sono loro che organizzano la prima azione, l’uccisione del colonnello fascista Antonio Faggion, il 26 dicembre 1943. Ma evidentemente questo progetto dà fastidio agli ambienti politici ed alle lobby di potere locali, che fanno arrivare al gruppo dei giovani di Fontanelle di Conco l’ordine di eliminazione dei quattro; evidentemente non potevano esistere su quel territorio bande partigiane di cui facessero parte anche i comunisti e che si sottraevano al controllo dei gruppi di potere locali.

Il 30 dicembre (ma per alcuni  il 28) una squadra di partigiani cattolici sale da Fontanelle di Conco alla Malga Silvagno ed uccide due dei quattro lasciando incolumi gli altri componenti del gruppo garibaldino dopo – elemento inquietante – aver chiesto loro se fossero o meno cattolici ed avere avuto risposta positiva. I due sono sepolti frettolosamente nei pressi della malga. Gli altri due, che erano scesi a Fontanelle, vengono attesi al ritorno lungo il sentiero, mitragliati alle spalle e sepolti in una foiba, un buco profondo nel terreno conosciuto come Busa del Giasso.

I quattro partigiani comunisti uccisi da partigiani cattolici a malga Silvagno. Disegno da un manifesto per una passeggiata commemorativa sul luogo. In: https://www.vicenzatoday.it/eventi/passeggiata-antifascista-a-malga-silvagno-una-storia-non-esiste-se-non-viene-raccontata.html.

Chi sono i quattro uccisi?

Il primo che ricordo qui è Ferruccio Roiatti “Spartaco”, perché è il collegamento diretto delle vicende di Fontanelle con il Friuli, essendo Ferruccio il fratello di Pietro “Gracco”, commissario politico della brigata Garibaldi – Carnia che morirà nel dicembre 1944 forse suicida o forse ucciso dal nemico in una stalla a Pieria di Prato Carnico circondata dai cosacchi e data alle fiamme.
Ferruccio era stato condannato nel 1934 a otto anni di carcere dal Tribunale Speciale per attività comunista e nell’estate del 1943 aveva trascorso anni in carcere o nei campi di internamento.

Il secondo che ricordo è Giuseppe Crestani “Bepi”, nato a Duisburg ma di genitori italiani e residente fin da bambino in provincia di Vicenza. Giuseppe era emigrato nel 1936 in Francia e da qui era andato in Spagna nel corso della guerra civile, diventando ufficiale delle Brigate Internazionali. Ferito, internato in Francia e poi confinato a Ventotene, aveva iniziato nell’autunno del 1943 ad organizzare le formazioni partigiane sulle montagne vicentine.

Il terzo è Tomaso Ponterollo “Masetti”, lavoratore veneto emigrante che aveva trascorso diversi anni in Algeria e poi in Istria dove era stato arrestato nel 1936 anche lui per attività comunista.

Il quarto è un certo Zorzi, o “Maschio”, la cui identità non è stata ancora del tutto accertata.

I particolari di queste morti sono stati a lungo e con grande tenacia nascosti dagli ambienti anticomunisti e cattolici della provincia di Vicenza, dominata per anni dalla Democrazia Cristiana. La storia ufficiale della resistenza vicentina non è stata quella reale, e sui quattro “rossi” trucidati dai cattolici è sceso un pesante silenzio, forse condito con minacce, una sorta di damnatio memoriae. Anche le inchieste condotte a suo tempo dai garibaldini e dagli esponenti comunisti non erano approdate a nulla.

La causa sta a mio parere nella linea togliattiana di unità resistenziale, che aveva per ragioni politiche diffuso una immagine della Resistenza priva di contrasti interni. I garibaldini non avevano insistito su errori e crimini delle formazioni non comuniste proprio in nome di quella unità (cosa invece non fatta da parte dei responsabili di formazioni di diverso colore).

Col passare del tempo una parte dei protagonisti di quelle vicende era morta, alcuni uccisi dai nazisti, alcuni reduci delle formazioni cattoliche avevano ribadito accuse, dimostratesi false, di violenze e furti commessi dai garibaldini uccisi, il membro del Comitato Militare Provinciale reo di avere probabilmente trasmesso ai giovani cattolici in montagna l’ordine di eliminazione dei comunisti si era dichiarato del tutto estraneo ai fatti. Si andava verso la definitiva rimozione?

In realtà nel 1989 un prete coraggioso ed appassionato di vicende resistenziali aveva iniziato ad accennare a quei fatti. Finalmente, il libro di De Grandis ha dimostrato in modo inequivocabile che erano accaduti e perché. Finché qualcuno non proporrà una loro convincente e diversa interpretazione, questo è lo stato dell’arte.

Qualcuno parlando dei fatti di Fontanelle di Conco li definisce una “Porzus alla rovescia”, per me i dettagli sono importanti e pertanto ritengo questa definizione non del tutto esatta. Ma è vero che essi dimostrano come anche le formazioni non comuniste ed anticomuniste erano composte, come le comuniste, di persone con le loro fobie e prevenzioni ideologiche, che talvolta si sono espresse con uccisioni efferate, e nessuno può rivendicare una “innocenza” a prescindere.

Marco Puppini

L’immagine che accompagna l ‘articolo rappresenta la lapide posta a malga Silvagno a ricordo dei 4 partigiani uccisi, da me elaborata in rosso a ricordo del loro sangue sparso. Da: https://it.wikipedia.org/wiki/Eccidio_di_malga_Silvagno. Foto di ‘Nordavind’, scattata il 13 marzo 2019. L.M.P.

https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2023/05/Malga-Silvagnoimm1.png?fit=720%2C540&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2023/05/Malga-Silvagnoimm1.png?resize=150%2C150&ssl=1Laura Matelda PuppiniSTORIACarlo Danzi commentando la risposta di Laura Matelda Puppini a Paolo Strazzolini su questo sito si dice curioso di sapere quanto accaduto a Malga Silvagno. Gli racconto volentieri, e racconto ai lettori, quanto ho appreso su quei fatti in buona parte dal voluminoso e documentatissimo libro di Ugo de...INFO DALLA CARNIA E DINTORNI