La riforma della sanità in Italia, con i suoi problemi è attualmente al centro di prese di posizione partitiche, di adesioni, polemiche, dictat, imposizioni che trovano ampio spazio sulla stampa e sugli organi di informazione, dimenticando che l’oggetto della sanità è la salute, e che la salute è legata concettualmente e praticamente, alla malattia, alla origine della stessa ed alla sua cura.

E diagnosi e cura non possono appartenere alla sfera tanto cara ai politici del un po’ sì ed un po’ no, e delle opinions, e la diagnosi deve essere scritta, anche da parte del medico di base, che dovrebbe tenere una scheda per ogni paziente. Inoltre a me pare che alcuni medici magari pensino di operare in scienza e coscienza, ma la scienza non vada oltre un certo limite, essendo tra l’altro ormai l’informazione medica inquinata dal mercato, dalla propaganda, dalle manie, dalle imposizioni e dai proibizionismi accesi.

Non da ultimo, sempre più l’agire di alcuni medici pare ruotare intorno all’incomunicabilità ed alla discutibile conoscenza, e si muove tra clichè, mode, tabù. E penso tristemente a quando ad ogni donna in menopausa veniva diagnosticata, con strani balzelli, una cistite interstiziale che non presuppone uso di antibiotico, togliendo dall’emisfero diagnostico vaginiti ed uretriti batteriche oltre ivu e cistopieliti!!!!  E cosa potrebbe accadere se infermieri, con tre anni di conoscenze, fossero parificati ai medici? Inoltre diagnosi errate possono passare da uno all’altro, creando una filiera di errori senza fine, per terminare, poi, magari in un cul de sac. E si può giungere sino a negare l’ovvio, come quando ci si accaniva a voler risolvere il problema del rapporto fra cieli e terra, ponendo questa al centro dell’universo, anche dopo che le immagini del canocchiale andavano dicendo altro. Ma vorrei ora passare ad alcune considerazioni di carattere generale che riguardano le fissità ed i tabù, trattando di un problema non tanto poi banale: le infezioni urinarie in particolare nell’anziano.

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I medici di base sanno benissimo che le infezioni urinarie recidivanti nell’anziano, in particolare allettato o in carrozzella, e quindi in situazione predisponente anche a causa dell’uso del pannolone, sono una realtà, ma si comportano in modo diverso, sino a negare i sintomi, seguendo magari opinioni diffuse, e sposando il concetto di batteriuria asintomatica, anche quando vi è presenza di sangue nelle urine, quasi questo non fosse un sintomo degno di approfondimento anche sul versante infettivo, e sottovalutando quanto può emergere da un esame delle urine.

Tra le ‘fissità’ mediche nello specifico brilla, secondo me, quella che vuole ogni infezione delle vie urinarie essere prevenibile, non si sa perché solo nelle femmine, acidificando l’urina, senza pensare che il buon Dio ha dato un ph nella norma per qualche motivo, e facendo fare affari d’oro ai venditori di mirtillo rosso.
Ora da che si sa, acidificare l’urina con mirtillo rosso potrebbe prevenire solo cistiti da escherichia coli. Infatti, come si legge in: http://www.nutrizionista-ancona.it/mirtillo-rosso-e-infezioni-alla-vescica/: «Circa 30 anni fa è stato dimostrato che se si mette del succo di mirtillo rosso in una provetta con E. Coli, questi non è più in grado di attaccarsi. (…). Studi successivi hanno dimostrato che la capacità adesiva di E. Coli nell’urina di un soggetto che beve succo di mirtillo è molto minore di quella di un soggetto che beve solo acqua. La capacità adesiva del batterio diminuisce alcune ore dopo l’ingestione del succo, e resta molto bassa per tutta la giornata».
Quindi è stata dimostrata solo la minor capacità di un particolare batterio di aderire alla parete non che qualsiasi patogeno vescicale non sia in grado di agire se una persona assume mirtillo rosso. Pertanto il suo utilizzo potrebbe esser consigliato qualora si sappia che il soggetto soffre di infezioni recidivanti da escherichia coli, e dopo aver curato l’infezione stessa, ben sapendo che, comunque, l’infezione potrebbe ripresentarsi. Inoltre anche acidificare ad oltranza l’urina, in funzione preventiva, non è buona cosa, e potrebbe comportare irritazioni al sistema urinario, tanto che in certe forme irritative della vescica viene sconsigliata l’assunzione di alimenti acidi od acidificanti, mentre il mirtillo rosso tra l’altro, se usato per lunghi periodi, può generare osteoporosi, ipercistinuria, calcoli renali. (http://www.my-personaltrainer.it/alimentazione/acidificare-le-urine.html).  Ed in ogni caso il mirtillo rosso non è un antibatterico.

Escherichia coli, poi, è battere che vive normalmente nell’intestino, e che può provocare infezioni addominali anche mortali, e sulle quali il mirtillo rosso non agisce in modo alcuno. Nel lontano 2011 una epidemia di infezioni intestinali, poi diagnosticate come causate da escherichia coli, colpì la Germania, coinvolgendo migliaia di persone e provocando 53 vittime. La causa fu attribuita all’ingestione di germi di grano contaminati, ma – accusa la rivista Nature –  dopo un anno dalla spaventosa epidemia si poteva notare la lentezza europea nell’adottare le adeguate contromisure che al tempo erano state proposte e sollecitate. «Tutto, nell’indifferenza generale, è rimasto come prima, sia per quanto riguarda la riforma dei sistemi di contenimento delle epidemie, sia, soprattutto, per quanto riguarda le misure di prevenzione» e nel 2012 i paesi membri dell’UE stavano ancora discutendo il da farsi, e pensando a come intervenire anche sulle carni, essendo pure le stesse possibile veicolo infettivo. (Giordano Masini, Morti della morte sbagliata. Escherichia coli un anno dopo, in: La valle del Siele, 1 giugno 2012). Che l’acqua e i cibi contaminati siano il grande veicolo di infezioni non è una novità e fa parte del sapere antico, ma nessuno vuol parlare dell’inquinamento ambientale, e si preferisce, magari, far bere mirtillo a gogò. Inoltre coloro che hanno propinato in scuole ospedali e caserme carne guasta avrebbero dovuto esser condannati subito all’ergastolo, come coloro che inquinano facendo ammalare. (Cfr. http://www.ansa.it/toscana/notizie/2017/11/08/carne-avariata-in-mense-scuole-ospedali-e-caserme-arresti_43551f68-1d35-482a-8d46-6c96de466eb8.html).

Il proliferare di germi nel basso apparato urinario, nei genitali e nel colon, poi, potrebbe esser anche favorito dal lavoro sedentario protrattosi per molte ore al giorno, con stasi e ristagni di urine, sperma e feci, ma cosa vuoi che sia, basta adottare la settimana corta che fa risparmiare l’economia. E lo stare fermi certamente permette il formarsi di infezioni urinarie ed al pavimento pelvico non solo in coloro che sono in carrozzella e che sono allettati. Ma in ogni caso prima di trattarle a gogò con mirtillo rosso, credo che debba venir fatta una analisi precisa del o dei germi infettanti e della loro quantità, onde intervenire in modo adeguato non trascurando sintomi come sangue in urina, che mai dovrebbe essere presente, e che non si sa quale genio abbia detto essere normale.

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Altra fissità di alcuni rappresentanti della classe medica, anche specialistica, nel trattare infezioni urinarie, è la presenza di nitriti in urine. A parte il fatto che la possibilità di trasformazione dei nitrati in nitriti potrebbe dipendere anche dalla quantità dei primi assunti con l’alimentazione, i nitriti sono rilevabili solo in urina concentrata. Inoltre non tutti i germi ma solo escherichia coli ed alcuni altri di origine intestinale producono positività ai nitriti, ma non: Staphylococcus, Streptococcus, Haemophilus. E «Il test dei nitriti nell’urina è più accurato se eseguito sulle prime urine del mattino, che hanno sostato a lungo in vescica dando il tempo a eventuali batteri di metabolizzare i nitrati. La negatività del test non esclude comunque un’infezione, dato che alcuni germi non hanno la capacità di ridurre i nitrati a nitriti». (http://www.my-personaltrainer.it/salute/nitriti-urine.html).
Ed ancora. «I batteri hanno bisogno di stazionare in vescica almeno 4 ore, per riuscire a compiere la trasformazione dei nitrati in nitriti, falsi negativi possono avvenire per la presenza di vitamina C o urobilinogeno, falsi positivi possono essere dati dalla presenza in urina di pigmenti o di alcuni farmaci. (https://cistite.info/esami-diagnostici/valori-dell-esame-chimico-delle-urine.html).
In sintesi la possibilità di utilizzare la trasformazione dei nitrati come fattore diagnostico di infezione, presuppone alcune condizioni e la positività al test implica solo la prescrizione di ulteriori approfondimenti diagnostici. Un dato importante invece, indicativo di ivu, è quello della presenza di leucociti in urina. (http://www.my-personaltrainer.it/salute/nitriti-urine.html).
Infine, come tutti sanno «Nelle urine di un individuo sano non ci sono né batteri, né parassiti e neppure lieviti» (Ivi) mentre la presenza di cellule squamose potrebbe indicare impurità nel campione, e quindi implica il ripetere l’esame, non certo l’evitarlo, e l’incidenza sull’esame urine dell’assunzione di diuretici dovrebbe esser tenuta nella giusta considerazione. (Ivi).

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Per quanto riguarda la presenza di sangue nelle urine, vorrei sempre sottolineare come non debba esistere. «Il sangue è una sostanza normalmente estranea alla composizione delle urine». (http://www.my-personaltrainer.it/salute/sangue-urine.html). «Si definisce ematuria la presenza di sangue nelle urine. Il sangue può essere visto […] a occhio nudo o al microscopio, sotto forma di globuli rossi. La presenza di tracce di sangue nelle urine indica che c’è una fonte di emorragia nell’ambito del tratto urogenitale: nei reni, nei condotti che trasportano l’urina dai reni alla vescica (ureteri), nella prostata (negli uomini), nella vescica o nel condotto che trasporta l’urina all’esterno (l’uretra)». (http://www.studiourologicogallo.it/sangue_urina). Pertanto non è mai senza causa, e se uno pensa venga dall’esterno bisogna dimostrarlo e disinfettare i genitali, se uno pensa sia indice di altro bisogna sottoporre il soggetto ad ulteriori indagini, ma non sempre ciò avviene.  (http://www3.varesenews.it/salute/scheda.php?id=1255). Se il paziente è un grande anziano, il medico può fare una serie di valutazioni curative, ma non esimersi dal diagnosticare o fare accertamenti, lasciando il soggetto nelle mani di Dio.

Le cause più comuni di ematuria sono: iperplasia prostatica benigna (IPB) specie negli uomini oltre i 40 anni, calcolosi vescicale e renale, malattie del rene, farmaci, traumi, tumori, infezioni, ostruzioni dell’apparato urinario, (http://www3.varesenews.it/salute/scheda.php?id=1255) e dovrebbe portare immediatamente in un ambulatorio medico e semmai dallo specialista.
 Esistono poi altre patologie che potrebbero provocare ematuria, quali l’anemia falciforme, il lupus eritematosus sistemico, la sindrome di von Hippel-Landau. (Ivi). Invece talvolta si lascia perdere. Ma capisco anche che il buon senso medico, che voleva giustamente la presenza di sangue nelle urine assieme a batteri, anche fecali, come un segno di ivu, si trovi in grave crisi dovendo applicare le linee guida per la cura delle stesse date dalla Regione Fvg, praticamente a me incomprensibili. E almeno un tempo esisteva il discutibile e parzialmente tossico blu di metilene, o il medico in presenza di ivu recidivante in anziani dava una bustina di Monuril. Ma ora …

Così può darsi che, messi in difficoltà da super esperti che trattano magari solo infezioni gravissime, medici di base possano lasciar perdere l’esito delle analisi, sottovalutino il sintomo, non prescrivano urinocoltura alcuna ed evitino pure l’uso di disinfettanti esterni per paura che in soggetti che vivono in case di riposo o r.s.a. le stesse possano venir accusate di scarsa igiene, in attesa di vedere l’evolversi della situazione. In tal modo si tergiversa, e va a finire che il paziente non solo ha motivo di malessere recidivante, ma anche potrebbe cadere, dai oggi dai domani, in acuto, non essendo presenti accertamenti diagnostici degni di questo nome, e potrebbe finire in un pronto soccorso e successivamente in un ricovero ospedaliero da cui potrebbe uscire anche morto per carenza di dati orientativi della diagnosi o venir sottoposto ad una mole di farmaci, che magari mal può sopportare. Che fare allora di tutta la medicina territoriale, se poi non prescrive più e lascia andare il mondo come vuole? Si può vivere meglio o peggio, ed alcune situazioni possono cronicizzarsi, e, se non adeguatamente valutate e trattate, possono portare a patologie acute o collaterali. Ma forse una causa in tutto ciò è l’attuale antibiotico fobia, generata dalla politica, che sembra caratterizzi il medico virtuoso da premiare con la classica ‘caramella’, urlata da giornali e media che pare metta alla gogna chi li utilizza, in barba a Fleming, per fermare una infezione anche non gravissima ed impedirne poi una di questo tipo, che potrebbe avere anche esiti letali. (http://www.lastampa.it/2017/11/18/italia/cronache/le-infezioni-in-ospedale-uccidono-due-volte-di-pi-degli-incidenti-stradali-fhy8P4Y4nLMqa8GO6EaGSL/pagina.html). E un metodo c’è per non usare antibiotico: non prescrivere analisi che possano evidenziare una infezione, o celarsi dietro la fola che non si può prendere un campione di urina. Tanto cosa vuoi che sia …. E si soprassiede sull’abuso massiccio degli antibiotici negli allevamenti animali a livello non solo europeo ma mondiale. (Cfr. Batteri antibiotico-resistenti da animali a uomo. L’uso massiccio di antibiotici nell’allevamento animale ed i pericoli per la salute umana, in: www.nonsolocarnia.info).

Due fissità sono presenti in Italia, fino, in un caso, a dare dati falsati da parte di Lorenzin (Marcello Pamio: Vaccini: L’epidemia di morbillo esiste, ma solo nel cervello della Lorenzin, in: https://disquisendo.wordpress.com/2017/06/25/): quella sul vaccino per il morbillo, a cui personalmente non sono contraria ma che viene presentato come la panacea ad ogni male futuro, quando, con l’inquinamento, l’aumentare del gradiente geotermico ed il mutare delle stagioni non sappiamo neppure quali nuove pesti ci raggiungeranno, e l’antibiotico fobia, nata da un invito all’uso consapevole della categoria di farmaci, ma scivolata sino a un “Meglio no che sì”. (Elena Del Giudice, No all’ abuso di antibiotici, meno consumi più efficacia, in Messaggero Veneto, 12 novembre 2017).
E siamo passati, sulla stampa provinciale, da: non usate antibiotici nell’influenza, cosa che noi pazienti non vorremmo mai leggere perchè non siamo così stupidi dal farlo, a convegni della politica ove pare si inizi a urlare il dalli all’ untore al medico che li usa, facendo precipitare all’età della pietra, e ipotizzando un  comportamento virtuoso se li si nega la maggior parte delle volte, lasciando magari che il fisico del paziente si arrangi. Ma ahimè esso non sempre si arrangia come si vorrebbe. E non vorremmo che andasse a finire che, per noi poveracci, ogni antibiotico debba esser centellinato, a differenza che per i ricchi e i politici e le loro ‘aristocratiche’ famiglie, a cui nessuno li negherebbe, in barba al diritto alla salute ed alle cure. Ma un futuro ben poco radioso si profila leggendo l’articolo di Elena Del Giudice, citato, che inizia con “Più no che sì” e continua con “Addio alle armi?” e descrive in toni apocalittici il domani, su dati che nessuno sa da dove fuoriescano, facendo intuire che meno gli antibiotici vengono usati oggi più potranno salvare, non si sa neppure da che germi, nel 2050, e con il rischio, per noi pazienti, di problemi vari, fino alla sepsi, a danni vari ed alla morte, dati magari da tentennamenti medici, o da atteggiamenti per apparire virtuosi al gota dei nuovi Dei. Ma se questo è operare in modo scientifico lasciamo perdere. Un farmaco non si usa più no che sì, ma quando serve, e non devono venir tolti accertamenti diagnostici dai medici per non decidere nel merito. Sappiamo che la politica sanitaria meno usa antibiotico più risparmia sui farmaci ma vivaddio … di infezioni si può morire, restare handicappati …  Ricordando che gli antibiotici sono farmaci salvavita e che ogni infezione non grave non trattata presuppone la possibilità che poi uno cada, magari, in una gravissima con successiva ospedalizzazione, o in alterazioni del sistema immunitario ed in malattie legate allo stesso, senza voler offendere alcuno, questi miei pensieri ho scritto, e se erro correggetemi, scusandomi preventivamente se ho capito male, dato che non sono un medico.

Laura Matelda Puppini

 

 

 

  

 

 

 

 

 

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