Vi garantisco ch talvolta mi arrovello per capire alcune scelte carniche, ma non riesco a trovare per le stesse una motivazione logica. Per esempio: perché Ampezzo ha deciso di dedicare un monumento al settantesimo della diga per la centrale idroelettrica di Sauris? Ha portato al paese energia a basso costo? Ha migliorato le condizioni di vita degli abitanti del Comune? A me francamente non pare e non consta che gli ampezzani si siano visti cancellare la bolletta dell’elettricità, mentre ritengo che gli abitanti di La Maina non abbiano gioito per la diga, come quelli passati dalle case alle baracche in Val Venosta. «Oltre 60 persone vivevano a La Maina prima della diga» – ricorda nel sottotitolo di un articolo di Tanja Ariis il Messaggero Veneto. (Tanja Ariis, Sauris, ecco com’era il borgo sommerso dall’acqua 65 anni fa, in Messaggero Veneto, 11 marzo 2013).

«Una sessantina di persone […] viveva lì, a cui in estate si aggiungevano le famiglie che avevano stavoli in quella località. Si trattava di una comunità abbastanza vivace. C’erano attività economiche di sfruttamento boschivo e le imprese Nigris e De Antoni lavoravano nei boschi sulle rive del Lumiei e nell’area. C’erano teleferiche, una segheria e due mulini. Già negli anni ’20 gli abitanti di Sauris avevano pensato di costruire una piccola centrale idroelettrica e nel ’23 fu costituita una società idroelettrica saurana, per cui qui gli abitanti avevano già la luce. C’era poi una locanda che era un bell’edificio in pietra: era il primo punto di sosta e ristoro che la gente trovava arrivando a Sauris, da lì arrivavano le notizie più fresche. D’estate ci passavano i pastori con le pecore da portare in malga, di lì passavano boscaioli, commercianti e ambulanti. (…). Prima si chiamava “la Stua” (c’era una chiusa per la fluitazione del legname lungo il Lumiei fino ad Ampezzo), poi prese il nome dalla chiesetta costruita nel 1830 da due sacerdoti del paese. Lo spostamento degli abitanti dalla vecchia borgata fu conseguente al progetto di costruzione della diga fatto dalla Sade i cui lavori iniziarono nel 1941». Chi viveva lì dovette spostarsi più su, costruendo nuove abitazioni. «Ci sono – dice Lucia Protto – alcune foto impressionanti dell’inizio dell’invaso: l’acqua comincia a salire e si vedono ancora i vecchi edifici e sopra si vedono gli edifici nuovi. Dal racconto delle persone emerge il dramma di dover lasciare tutto e veder salire l’acqua» (Ivi) e «una lapide ricorda i 20 operai morti durante i lavori della diga». (Ivi).
Non solo: se si legge il libretto di Gino Piva, ‘Su per Carnia’ si viene a sapere che in località la Maina vi era la confluenza del torrentello Poch con il Lumiei, ed era, allora, prima dei lavori della diga, uno dei più bei riposi «che la vita può concedere». (Gino Piva, Su per Carnia, Aquileia ed. Udine, 1932, p. 83).

In sintesi una parte dell’economia saurana dovette sparire per le concessioni alla Sade, creata e guidata dal veneto Giuseppe Volpi conte di Misurata, pure Ministro dell’Industria sotto il fascismo, e sostenitore della costruzione del petrolchimico di Marghera, che aveva bisogno di energia. E dovremmo dedicare alla diga, simbolo di quella operazione economico finanziaria un monumento?

Inoltre quella diga e le centrali connesse, come quella di Somplago, non condizionarono solo la vita dei saurani, ma anche quella dei carnici in generale. Come infatti non dar ragione al signor Bonolis, quando scriveva al Messaggero Veneto che «In Friuli hanno cominciato le grandi compagnie produttrici di energia idroelettrica (leggi S.a.d.e.) a mettere le mani sull’acqua pubblica, e i risultati negativi non si sono fatti attendere […]. (…). . Non basta: adesso (da alcuni anni) si parla di energia “eco sostenibile”, di nuovo energia idraulica prodotta da piccole centraline, il cui progetti, incentivati con il contributo di “certificati verdi” […] stanno provvedendo a dissecare i pochi residui torrenti rimasti in Carnia […]»? (Giancarlo Bonoris, Torna l’allarme siccità, ma non è un’emergenza che nasce oggi, in: Messaggero Veneto 5 luglio 2017).

Analisi corretta, penso tra me e me, mentre mi ritorna alla mente il “Comunicato del Comitato Acque delle Alpi sulla perdita di corsi d’acqua per speculazione a fini incentivi idroelettrici”, da me postato su www.nonsolocarnia.info il 22 luglio 2016, che così inizia:«La speculazione creata dagli incentivi alle rinnovabili si sta bevendo gli ultimi fiumi e torrenti liberi delle Alpi e degli Appennini; anche gli ultimi, rari corsi d’acqua ancora integri stanno scomparendo inghiottiti dalle condotte di nuovi impianti idroelettrici» (Comunicato del Comitato Acque delle Alpi sulla perdita di corsi d’acqua per speculazione a fini incentivi idroelettrici”, da me postato su www.nonsolocarnia.info il 22 luglio 2016).

Scriveva nel lontano, 1981, quando si ipotizzava la costuzione di una ulteriore centrale idroelettrica ad Amaro, il geologo Lucio Zanier, il suo “Fatti e misfatti S.A.D.E. -E.N.E.L in Carnia e forse una proposta di miglioramenti” Ribis ed.. Sullo stesso si può leggere la prefazione di Marco Marra, che così sostiene: «[…] le acque prelevate dal loro sito naturale, sono state portate altrove, attraverso gallerie e condotte, per soddisfare le richieste crescenti di energia di apparati industriali in espansione. (…). Ma con le acque si allontanarono dai loro siti anche gli uomini e, mentre altrove si affermava un certo benessere (che sarebbe stato pagato però duramente nei decenni seguenti con una catena di risvolti negativi) in Carnia, come in tante zone di montagna, si delineava lo spettro dello spopolamento e il degrado irreversibile del territorio». (Lucio Zanier, Fatti e misfatti S.A.D.E. -E.N.E.L in Carnia, op. cit, p. 9).

Relativamente ai danni derivati dagli impianti idroelettrici S.A.D.E. poi E.N.E.L alla Valle del Tagliamento, di cui fa parte Ampezzo, ed alla Val Degano riprendo sempre da Lucio Zanier. « […] si intende portare a conoscenza ciò che è successo e ciò che sta succedendo nella Valle del fiume Tagliamento dopo che sono state attuate, da parte della SADE, le derivazioni idroelettriche a servizio degli invasi di SAURIS e dell’AMBIESTA. (…). Nella Val Tagliamento e Val Degano si verificarono danni a diverse attività antropiche che si possono sintetizzare come segue: danni all’agricoltura ed ai boschi, al turismo ed all’artigianato […]» (Ivi, p. 22). In particolare Zanier sottolinea che i danni all’agricoltura ed ai boschi e la sparizione di una moltitudine di sorgenti anche in zona Invillino Cavazzo Carnico è da attribuirsi all’ abbassamento della falda idrica a causa del prelievo dell’acqua dal Tagliamento e dai suoi affluenti. (Ivi, pp. 20-30). I terreni risultano inariditi a valle dell’invaso, i greti sono in secca, l’aria ed il suolo, con la captazione forzata delle acque, sono meno umidi, mentre l’acqua non fa più da volano termico, il che incide su vari settori economici, compreso il turismo, mentre voragini si erano allora aperte nei greti del Tagliamento e del torrente Lumiei.  (Ivi, pp. 31-35).  La pesca anche sportiva ha risentito della situazione mentre è sparita pure la sorgente dell’acqua Pudia, vanto di Arta. (Ivi, p. 37). Pesci ed uccelli sono limitati dalla situazione, mentre le attività di ripopolamento ittico, come quella creata ad Enemonzo, non possono più andare avanti. Ed in Carnia, ad un turismo naturalistico, collegato alla ricchezza dell’ambiente naturale, si è sostituito un turismo di massa e consumistico, mentre anche il lago naturale di Cavazzo è stato alterato dalle acque fredde provenienti dalla galleria del lago di Verzegnis, che serva la centrale di Somplago. (Ivi, pp. 38-39). Non da ultimo non si possono dimenticare pesci morti e fanghi causati dai lavori di pulizia del lago di Sauris nel 2013.

E la comunità di Ampezzo vuole erigere un monumento alla diga ed alla centrale, che hanno desertificato la Carnia, tanto che anche anni fa c’era chi parlava di ‘furto’ delle acque?

Ora poi, come non bastasse la captazione dei fiumi, i comuni concedono captazioni anche dei rii, per centraline che producono quasi nulla ed impattano molto sull’ambiente. (Cfr. Dario Tosoni, geologo. La situazione dell’idroelettrico nel Friuli Venezia Giulia, in: www.nonsolocarnia.info).

Mi ricordo il volto del saurano Emidio Plozzer, mio nonno, quando sentì o lesse del disastro del Vajont. Avevano anche lì promesso il progresso, ma poi … (Cfr. Tina Merlin, Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont, Cierre ed).

Tina Merlin, donna da ricordare per il suo coraggio e le sue inchieste, sottolineava come: «Ovunque arriva, la Sade provoca problemi enormi. A Vallesella (Domegge) dove è in costruzione la diga di Centro Cadore, più di cento case rimangono lesionate, e la Sade si rifiuta di pagare i danni. In valle di Zoldo (diga di Pontesei) cade una grande frana. Sul Cismon (bacino del Brenta), dove si costruisce un altro lago artificiale ad Arsié, intere borgate vengono sommerse e gli abitanti fatti sloggiare. Ovunque i contadini vengono espropriati delle poche terre coltivabili nei fondovalle, e costretti ad emigrare». (http://temi.repubblica.it/corrierealpi-diga-del-vajont-1963-2013-il-cinquantenario/tina-merlin-partigiana-comunista-giornalista/).
E se fosse stato per qualcuno, si sarebbe dovuta costruire anche la centrale di Amaro, per fortuna da altri osteggiata. (Cfr. Nort, e Lucio Zanier, op. cit.).

Insomma quel progetto idroelettrico realizzato dalla S.A.D.E. del veneto Giuseppe Volpi conte di Misurata, di cui il lago artificiale di Sauris e la diga costruita per crearlo fanno parte, non ha certo portato progresso in Carnia, ma invece l’ha depauperata, da che si sa. E se erro correggetemi. Inoltre si era costituito in Friuli l’Ente autonomo Forze Idrauliche in Friuli , di cui faceva parte anche il gruppo delle Cooperative Carniche, che cercò invano di utilizzare l’acqua nostra per noi, ipotizzando un impianto idroelettrico realizzato in proprio, che sfruttasse il Tagliamento, contro gli interessi di ricchi e potenti. Basta leggere il coraggioso intervento di Vittorio Cella al IV congresso forestale italiano, nel 1921, per capire molte cose. Ed allora Vittorio Cella poté prender la parola solo perché lo richiese insistentemente Michele Gortani, che cercò di mediare, ma quando si tratta di forti interessi economici, mediare è davvero difficile. (Cfr. Laura Matelda Puppini, Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le Cooperative Carniche (1906- 1938), Gli Ultimi, 1988, pp. 175-191, in: www.nonsolocarnia.info).

Ed allora perché un monumento ai 70 anni dalla costruzione della diga?

Perché siamo masochisti?  Non lo credo proprio.

Per copiare, nei festeggiamenti, l’Università di Udine, che si è presa una vecchia turbina di a2a, nuovo padrone della centrale di Somplago e di Ampezzo, con grande pompa? (“All’Università di Udine turbina centenaria donata da a2a. Dal 1916 al 2014 in funzione nella centrale idroelettrica di Campagnola, a Gemona del Friuli”, in:https://qui.uniud.it/notizieEventi/ateneo/all2019universita-di-udine-turbina-centenaria-donata-da-a2a). Per fortuna che hanno cambiato la turbina, penso tra me e me. E secondo Dario Tosoni, che ho ascoltato a Tolmezzo il 6 dicembre 2017, si dovrebbe aprire un discorso anche sulla vetustà delle turbine e loro rendimento, ma questa è altra storia.

Per ricordare un impianto che «utilizza parte delle acque dell’Alto Tagliamento ed affluenti, da quota 980 mslm con un salto di 480 m., inaugurato il 30 marzo 1948, ed intitolato a Giuseppe Volpi? (https://www.a2a.eu/it/gruppo/idroelettrici/impianto-ampezzo). Ma a2a mica è carnica, è lombarda, ed i suoi guadagni mica ricadono sul nostro territorio!

Perché ha dato lavoro ai nostri? A quattro per un po’ di tempo, a fronte dei danni ambientali descritti da Zanier ed altri. Poi, per essere precisi, chi ha dato lavoro sono state le imprese che dovevano costruire la diga, per esempio mi pare la Rizzani, ed ai più per breve periodo, e molti lavori sono stati fatti dai prigionieri di guerra neozelandesi. (Cfr su www.nonsolocarnia.info, il mio: Terremoti del 1976, ricostruzione museo Gortani e campi di prigionieri militari alleati a Sauris ed Ampezzo, uniti in un’unica storia, )

Per vendere un po’ di polenta e frico, nel segno del nuovo turismo? Per quello basta una sagra.

Il Messaggero Veneto di ieri, intitola poi un pezzo di Gino Grillo: “Monumento all’energia per festeggiare i 70 anni della diga del Lumiei”, e qui mi perdo io, perché l’energia può esser anche umana, e quindi il tutto diventa ancor più oscuro. Utilizzavano la loro forza anche i neozelandesi, che lavoravano di ‘pala e piccone’, dimenticati finché loro stessi, pur davanti alla scarsa riconoscenza locale, si fecero vivi regalando un’ingente somma nel post-terremoto, utilizzata per il MuseoCarnico. (Cfr. il mio “Terremoti del 1976, op. cit.).

Insomma si può sapere che sta succedendo in Carnia?

Scrivo quanto solo per cercar di capire, senza voler offendere alcuno, e mi piacerebbe avere una risposta e sentire la vostra opinione.

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L’immagine che accompagna l’articolo è tratta solo per questo uso, da: https://it.wikipedia.org/wiki/Diga_di_Sauris

Laura Matelda Puppini nipote di Emidio Plozzer, saurano.

 

 

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