«La parola “crisi” non evoca solamente il risultato di lunghi anni di speranze largamente infondate e naufragate nel nulla, ma anche il momento culminante di una grave malattia, […] da cui si può guarire solamente attraverso una cura radicale e un cambiamento repentino degli stili di vita, dell’atteggiamento verso i consumi, della quotidianità, del modo di intendere il rapporto dell’individuo con gli altri, della cultura. – scrive Marco Del Bufalo – . La crisi del 1929 per gli Stati Uniti rappresentò essenzialmente una grande occasione di ricostruzione e di guarigione da una grave malattia che, trascurata troppo a lungo o addirittura non diagnosticata, esplose in modo improvviso e virulento, imponendo […] un cambiamento radicale nella società, nell’economia e nella cultura. La crisi offrì agli Stati Uniti l’occasione di ripensare il modello di società e di ricostruire un tessuto economico, politico e finanziario, senza comprimere i diritti individuali e allargando ampiamente quelli sociali». (Marco Del Bufalo, La grande crisi e gli Stati Uniti: cause, fatti, risposte, in http://www.treccani.it/scuola/tesine/).

La crisi fu causata, sempre secondo Del Bufalo, dalla globalizzazione delle merci e dei capitali, in presenza di sovraproduzione interna, già ipotizzata dagli analisti economici prima della grande guerra, e concomitanti salari bassi.
Però quel 24 ottobre 1929, in cui la borsa crollò, colse molti impreparati, anche perché il Presidente U.S.A., Coolidge, nel dicembre 1928, aveva disegnato, davanti al Congresso ben altro scenario, affermando che mai si era vista una situazione così favorevole per gli U.S.A., caratterizzata da tranquillità, pace sociale interna e da cifre in economia, da anni della prosperità. (Ivi).

Pur non potendo paragonare del tutto, per la diversità dei contesti storici, la crisi americana del 1929 a quella italiana attuale, è pur vero che in presenza di compressione dei salari, ed in Italia di carenza di lavoro e precarizzazione dello stesso, si va inevitabilmente verso una profonda  recessione.

Inoltre negli anni ’20, in America, era invalsa l’idea di potersi arricchire con facilità grazie alle speculazioni finanziarie in borsa, spesso non legate ad effettive attività produttive, ipotizzando una finanza fine a se stessa, se così si può dire. Come non ricordare i giovani anche nostrani che anni fa specularono e persero invece che continuare a guadagnare? Come non ricordare che anche la crisi attuale è figlia della speculazione, di una finanza slegata dal modo reale, e della mancanza di lavoro? E perché non pensare che se i padri costituenti sancirono che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro non fu a caso, vista la loro esperienza, ma perché consideravano il lavoro molla per l’economia? Ed il lavoro è un optional o un diritto, come la salute che si migliora con un buon servizio sanitario per tutti?

Ma per ritornare agli U.S.A, si giunse ad un punto ove la finanza iniziò a muoversi slegata dalla produzione e gli indici in borsa non tenevano più conto del ristagno reale economico in vari settori importanti dell’economia, ed il mercato divenne facile preda per gli speculatori. A ciò si aggiunse, inoltre, la carenza del mercato estero.

In sintesi, scrive sempre Marco Del Bufalo, «[…] la causa principale della crisi del 1929 fu la pretesa ottocentesca e deterministica dei liberisti dell’epoca che il mercato avesse una capacità quasi naturale di autoregolarsi, senza alcun intervento esterno, meno che mai dello Stato.»

Chi colpì, in particolare, la crisi economica americana? I piccoli e medi risparmiatori. Inoltre il nichilismo  e la povertà colpirono gli americani, alcuni si suicidarono, molti non sapevano di che vivere, la fiducia nella Nazione andò cancellandosi e nacque persino un piccolo Partito Comunista, che sognava la Russia, fuori da ogni crisi e dove tutti mangiavano, dopo aver vissuto tempi duri sotto gli  czar.

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Come si ripresero gli U.S.A., allora, pur non potendo fare un similitudine totale con l’Italia di ora, ma studiandone le modalità? Attraverso il New Deal di Roosvelt e mandando a casa i repubblicani, che non avevano saputo prevedere il disastro e agire efficacemente per una rinascita degli States. (Ivi).

Il New Deal, che significa nuovo corso qui relativo all’economia del paese, fu suggerito a Roosvelt da un gruppo di docenti universitari e ricercatori che aveva il compito di consigliare il presidente sulle scelte giuste per combattere la crisi. Facevano parte di questo gruppo di lavoro tre professori universitari della Columbia University: Rexford G. Tugwell, Raymond Moley e Adolf A. Berle Jr., il giudice Samuel Rosenman e Felix Frankfurter, docente dell’Università di Harvard.

Il pacchetto anticrisi comprendeva l’intervento del Governo sulle cause della crisi e, in tal modo, sugli effetti.

Roosvelt promosse una serie di norme atte a limitare la disoccupazione:

favorendo il reimpiego dei senza lavoro in lavori pubblici (costruzione e manutenzione di strade, scuole, parchi, campi gioco ecc); con uno stanziamento di 500 milioni di dollari;

creando i Civilian Conservation Corps (CCC), ove vennero impiegati altri disoccupati, (in cambio di cibo e vestiario ed un salario di 30 dollari al mese, di cui una parte doveva essere obbligatoriamente inviato alle famiglie) nella conservazione e manutenzione delle risorse naturali, promuovendo, al tempo stesso, una politica culturale di salvaguardia dell’ambiente, ed atta a sostenere il concetto di pianificazione ambientale. I partecipanti a questo programma, in nove anni di lavoro, piantarono oltre tre miliardi di alberi, incrementarono la fruibilità dei parchi nazionali contribuirono a spegnere gli incendi boschivi e a migliorare le tecniche antincendio. (https://it.wikipedia.org/wiki/New_Deal).

Inoltre il governo Roosvelt agì sul denaro facendo una riforma monetaria che portò ad abbandonare la parità aurea del dollaro statunitense, consentendo alla FED di aumentare la quantità di moneta in circolazione, nella speranza di far diminuire, così, i prezzi nel mercato interno e di stimolare le esportazioni.

La legge di bilancio approvata il 14 marzo 1933 tagliò le spese del bilancio federale, gli stipendi pubblici e le pensioni ai veterani della prima guerra mondiale. Attaccato dai conservatori per questo provvedimento, Roosevelt si giustificò affermando che sosteneva l’esistenza di due bilanci separati: il bilancio “normale” federale che doveva essere messo in pareggio, e il “bilancio di emergenza” che serviva per sconfiggere la depressione.

Venne abrogato il proibizionismo sulla vendita di alcolici, che comportò la fine del mercato nero. La libera produzione e vendita delle bevande alcoliche, regolarmente tassate, portò ad un aumento delle entrate comunali e federali, e stimolò la creazione di nuovi posti di lavoro.

Venne stilato ed approvato, dopo un non facile iter parlamentare, Il National Industrial Recovery Act, che garantiva la protezione dei lavoratori da parte dei sindacati e la concorrenza leale fra le imprese, impedendo facili licenziamenti e situazioni discutibili in ambito aziendale.

Sempre attraverso il National Industrial Recovery Act, il governo U.S.A. regolò il prezzo di alcuni beni di prima necessità, mentre attraverso norme apposite, contenute nell’Agricultural Adjustment Act si sovvenzionarono gli agricoltori che riducevano i raccolti e gli allevatori che eliminavano l’eccesso di bestiame, con l’obiettivo di limitare la forte sovrapproduzione agricola e, contemporaneamente, di far aumentare i prezzi che avevano subito un notevole ribasso. Le sovvenzioni agli agricoltori furono finanziate da una apposita imposta sulle società.

Roosvelt intervenne pure sulle banche e sul mercato finanziario, attraverso Il Glass-Steagall Banking Act che vietò alle banche commerciali di operare nel settore finanziario e assicurò i risparmi degli statunitensi fino alla cifra di 5000 dollari.

Venne  istituita una commissione di controllo sulle operazioni di borsa e vennero vietate le azioni speculative e la cessione di azioni senza il pagamento di almeno il 55% del valore della transazione.
Roosevelt intraprese, infine, una riforma del sistema fiscale ed in particolar modo delle imposte dirette. Con la legge sulle entrate del 1934 fu disposto l’aumento delle aliquote per i redditi più alti: l’aliquota più alta passò infatti dal 63% al 75%. Con la legge delle entrate del 1936 l’aliquota che colpiva i più abbienti subì un ulteriore aumento sino ad arrivare al 79%.

Questi provvedimenti scatenarono le critiche dei conservatori e dei ricchi uomini della finanza americana che furono appellati da Roosevelt “monarchici dell’economia”, portatori di avidità e di egoismo. (Ivi).
Nel periodo del New Deal si promosse la cultura, in particolare attraverso il cinema e la letteratura, favorendo l’immagine del cittadino onesto contro il ganster dedito ai soldi ed al malaffare.
Successivamente Roosvelt , pur non senza avere opposizione sempre da parte degli stessi, emanò il Social Security Act, che istituiva, negli Stati Uniti, un sistema di sicurezza e di protezione sociale sul modello di altri stati. Il provvedimento, finanziato dai contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori nonché con i fondi del bilancio federale, erogava un sostegno economico in caso di disoccupazione, vecchiaia e disabilità.

Inoltre, caduto a causa degli oppositori il National Industrial Recovery Act, il governo Roosvelt emanò il National Labor Relations Act destinato ad appoggiare i diritti dei lavoratori e dei sindacati, chiamato familiarmente Wagner Act, dal nome del senatore che la ideò. Detto testo normativo riconosceva il diritto dei lavoratori di discutere l’ammontare dei salari e di organizzarsi in sindacati liberi e indipendenti. La legge creò anche un ente che doveva impedire il ricorso delle aziende a pratiche di lavoro irregolari. (Ivi).

Naturalmente la politica del New Deal fu pure criticata, ma portò, innegabilmente, i suoi frutti. Si parlò di interventismo statale, di ricetta vecchia, ma quello che si vide poi è che era il modo giusto per uscire dalla crisi.
IN SINTESI ROOSVELT, SEGUENDO LE INDICAZIONI DEI MIGLIORI ECONOMISTI, E SENZA FARSI IMPAURIRE DALL’OPPOSIZIONE:

SOSTENNE IL LAVORO E LA TRATTATIVA SINDACALE,

CHIESE PIÙ TASSE AI RICCHI E MENO AI POVERI,

LOTTÒ CONTRO IL CONTRABBANDO E L’EVASIONE FISCALE,

TENTÒ DI VALORIZZARE LE RISORSE AMBIENTALI,

CALMIERÒ I PREZZI DEI GENERI DI PRIMA NECESSITÀ,

INTERVENNE SULLE BANCHE E LOTTÒ CONTRO LA SPECULAZIONE IN BORSA,

FECE RITORNARE GLI AMERICANI A CREDERE NELLA LORO NAZIONE, ANCHE PROMUOVENDO LA CULTURA DI QUALITÀ.

Attualmente una riforma nel senso del welfare è stata portata da Barack Obama, che ha introdotto la sanità pubblica.

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Ed in Italia, come si pensa di superare la crisi?

Abbiamo un premier che, come il precedente, cioè Berlusconi, non ascolta pare quasi nessuno ma fa da sé pensando di esser un genio dell’economia e della finanza, ed invece di trattare seriamente i problemi va avanti a suon di fiducia e leggi “agostane”.

Inoltre Renzi (coadiuvato da Madia e Boschi ed altri) pare miri al potere unico accentratore, senza avere nessun buon consigliere economico, con una visione di insieme dei problemi, ma fidandosi di sé stesso e tentando di non vedere la società nella sua divisione fra ricchi sempre più ricchi e poveri.
Anzi, sembra proprio che, essendosi pare schierato con i ricchi, tenti di togliere tutto ai poveri, dalla sua posizione di potere, come Berlusconi, di cui continua l’opera ed il pensiero, facendo crollare lo stato attraverso l’impoverimento della classe media, la precarizzazione del lavoro, l’eliminazione delle norme a tutela del lavoratore ed andando, pare, nel senso dell’eliminazione dei sindacati stessi o dei sindacalisti “gufi” ma magari intelligenti e preparati. E  modificando costituzione, parlamento, paese, come non esistessero più norme a salvaguardia dello stesso e dei ceti meno abbienti, Renzi, secondo me, sta provocando un punto di non ritorno per la nazione italiana e la sta portando verso una società in cui non esiste più stato ma solo dirigenti di società ed aziende private che comandano, non si sa con che preparazione, perchè l’ equazione posto dirigenziale = bravura non esiste in Italia.  A cosa servirebbero, in un contesto del genere le elezioni, se poi gli eletti non si sa che potere potrebbero avere?

Inoltre l’unica cosa che Renzi sa affermare, rispetto ai dissidenti anche del suo partito, sempre più in aumento, è che sono dei gufi, non parla mai nei termini di problemi e con dati seri, come quelli emanati dalla Corte dei Conti e dall’inps, parla solo in termini di favore e consenso personale, che legge attraverso i voti favorevoli o contrari a qualche sua anche balzana o soprattutto balzana proposta di legge che modifica alla radice lo Stato di diritto intero, azzerando Costituzione, diritti elementari degli italiani e facendo sprofondare la Nazione nel caos e nella bancarotta, a cui siamo molto vicini.

E se questa politica della cosiddetta austerità, che si tace esser solo per i poveri,  è quella voluta da Angela Merkel, bene: secondo il New Deal, ha ragione Tsipras, indipendentemente da se egli sia di Syriza o meno. Salvaguardare le classi medio basse e promuovere il lavoro e la circolazione di denaro, non lasciando tutto all’ iniziativa personale e privata, e svendendo così lo stato, sono ricette sacrosante e vecchie come il mondo. Se si va avanti così, con un’Europa della finanza che detta legge, e con leggi a tutela dei capitali privati dei ricchi, con un’evasione fiscale alle stelle e considerata una norma, e con lo Stato che interviene ad aiutare il privato od a regalargli i servizi, donandoglieli, e quindi, di riflesso, donando ad un’oligarchia interessata ai propri guadagni il paese, non ci si riprenderà mai più e gli emigranti saremo tutti noi, non solo i nostri figli.

«Come stanno i tuoi ragazzi?» – Chiedo a E. «Non stanno male, sono all’ estero». – risponde. Le figlie di L. e quella di M. sono in Australia, altre si trovano a Milano o Roma ed in altre grandi città, ma se potessero se ne andrebbero anche da lì, verso altri lidi, P. figlio di R. è in Finlandia, G. figlia di P. lavora a Barcellona, e sono persone intelligenti, spesso laureate.

I livelli dei discorsi del premier non superano quelli di chi lo ha preceduto e lo stesso dicasi per il governo, sembra che lo Stato debba inchinarsi in ogni modo ai signori di Confindustria e Leopolda.
Il problema è che a noi cittadini, non interessa nulla se come premier ci sia Renzi o altro, ci interessa la politica che il Governo fa e questa, essendo sull’onda di quella del governo precedente, pare continui a distruggere tutto quanto di positivo era stato costruito ed a disperdere il capitale sociale garanzia per una vita onorevole per i nostri figli.

Che dire, quindi, di Renzi, e che ci può dire, essendosi presentato come il rottamatore, (ma ora non capiamo più di che) da sempre politico e quindi figlio di un mondo che non ha visto mai i problemi, ultimamente, se non nella propria ottica autoreferenziale, e pare uso agli ambienti di Confindustria tanto da rappresentare, secondo molti, gli interessi della stessa invece che del popolo che dovrebbe servire?

«Porteremo la banda larga a tutti» – dichiara (12 miliardi che non si sa dove prenderà, e se poi accentra i servizi, che farsene nei piccoli paesi che franeranno per incuria?) «taglierò le tasse» ( 50 miliardi di disavanzo che verranno coperti anche privatizzando, di fatto, in un modo assurdo, la sanità) «muterò il lavoro» (ma più di uno non capisce perché metta in affanno i lavoratori, favorendo, come diceva qualcuno, il licenziamento anche di assunti a tempo indeterminato, togliendo l’ articolo 18 di tutela,  tanto faticosamento conquistato, e con testi normativi, come quello dello Job act,  tra l’altro incomprensibili in parte,  come qualcuno faceva notare, deregolarizzando il mercato del lavoro, sempre più privo di tutele per il lavoratore).

Non è che con: «Arriva speedy Gonzales» si risolvano i problemi nazionali, e  bisognerebbe analizzare, prima di agire,  ciò che ha mandato in crisi la nazione, studiare i problemi, conoscere le possibili soluzioni, programmare e progettare, ascoltando chi ne sa di economia, sperando che ancora ne esistano, leggendo il New Deal di Roosvelt, che fece uscire gli U.S.A. dalla grande depressione, leggendo il nostro Federico Caffè, e finendola di definire qualsiasi voglia qui maggiori garanzie per i lavoratori, per i poveri e per la classe media,  come comunista, senza neppure sapere cosa sia stato il comunismo, o come “gufo”. Io ho sempre amato Anacleto, il gufo di Merlino, in “La spada nella roccia”.

Renzi per ora non fa che aver  gli occhi chiusi, come un falco ammaestrato, e volare ove finanza vuole?  Chiediamocelo. A questo punto ben vengano i gufi, ma intelligenti, ed anche i grilli parlanti, se possibile.

Plaudo invece alla prevista recensione degli immobili vuoti e di proprietà dello stato od enti locali in Fvg, promossa dall’assessore Santoro, al fine del loro riutilizzo, ed alla posizione della Regione Fvg. contraria al taglio degli uffici postali nei piccoli paesi. Ma se in Italia secondo Renzi deve esser tutto privatizzato, il privato fa i comodi suoi e poi magari se ne va, come spesso accaduto, figuriamoci in una situazione di mercato globale! Ma almeno Renzi, Madia Boschi e gli altri ci spieghino perchè le ricette del New Deal qui ed ora non si possono applicare.  Al tempo delle regionali, a Lauco, in Carnia, si tenne un incontro, promosso dal PD, dal titolo: “Dall’ Europa della finanza all’ Europa del lavoro” e mi precipitai ad ascoltarlo. Che ne è stato poi?

A me interessano questi aspetti, a me interessa che un’ignominia come quella che interviene, per legge, sulle prescrizioni mediche, inserendo una norma di appropriatezza inesistente nell’agire professionale, (perché se un medico prescrive un esame in più è per accuratezza diagnostica e curativa , io credo, e non per medicina difensiva che è ben altro), venga immediatamente abolita e ritenuta incostituzionale anche perchè va contro l’etica professionale dei medici. Il medico non può avere le mani legate in campo prescrittivo. E mi  interessa che il governo non continui a scivolare  sulla china che porta nelle sabbie mobili la Nazione Italia.

Queste considerazioni che ho scritto sono mie opinioni personali, sempre frutto di studio ed analisi dei problemi come per mia natura, non vogliono esser offensivi per nessuno, e mi scuso subito con Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, ed altri che potrebbero sentirsi offesi da questo mio, ma credo che non si possa sempre tacere e non utilizzare un certo linguaggio comune, per cui pure mi scuso.

Laura Matelda Puppini

Laura Matelda PuppiniECONOMIA, SERVIZI, SANITÀ«La parola “crisi” non evoca solamente il risultato di lunghi anni di speranze largamente infondate e naufragate nel nulla, ma anche il momento culminante di una grave malattia, da cui si può guarire solamente attraverso una cura radicale e un cambiamento repentino degli stili di vita, dell’atteggiamento verso...INFO DALLA CARNIA E DINTORNI