A La Russa, Rauti e Santanché «un manipolo di post -fascisti» (1) di Fratelli d’italia, che vorrebbe utilizzare il 25 aprile per ricordare i morti di tutte le guerre, che per inciso si ricordano già il 2 novembre (2), ed i morti da Covid – 19, di cui molti sono oggetto di indagine in particolare in Lombardia e pertanto è preferibile se ne ricordi la Magistratura, rammento che la Liberazione fu, per noi, una bandiera alta sul pennone del castello di Udine, come a Monte Croce Carnico ed in ogni paese dell’Italia liberata. E quella bandiera era il tricolore, sia per la gente che per i partigiani osovani e garibaldini, una bandiera, un vessillo che affossava ogni svastica ma anche ogni fascio littorio, e la disonestà, la corruzione, il mal affare fascista, nella prospettiva di un futuro di onestà e rettitudine. La liberazione fu la realizzazione di un sogno di riscatto nazionale, sociale e personale, fu il segno per una Italia nuova, fu un nuovo Risorgimento anche morale che affossava un linguaggio ed un regime con tutti i suoi simboli e precetti.

E così ricorda il chirurgo Gino Pieri quel momento ad Udine, assieme al suo tumulto interiore, alla sua emozione indescrivibile:

«Giunge una pattuglia di partigiani che porta buone notizie: i tedeschi sono in fuga dappertutto fuorché verso Beivars, dove ancora fanno resistenza; la città è libera, presidiata dalle formazioni partigiane. E tutti si indugiano a domandare dettagli e a commentare il grande avvenimento.
Ad un certo momento, dalla folla che si è agglomerata a poco a poco davanti all’ospedale, sale un vocio confuso, e poi grida più alte: – La bandiera! La bandiera!…
E tutti puntano l’indice verso la città. Guardo in quella direzione e vedo la bandiera tricolore issata sulla specola del Castello. (…). Chi può resistere alla tentazione di precipitarsi in città? Le vie sono tutte pavesate di bandiere e si riempiono di folla esultante. Salgo rapidamente la rampa che mena al Castello. Andirivieni di partigiani e di borghesi eccitati e festanti». (3).

E così si poteva leggere su “Carnia Libera”, il giornaletto della Garibaldi Carnia, numero datato 1° marzo 1945:

«La lotta partigiana è lotta di Popolo per la libertà. Ed è concetto fondamentale nostro quello di riunire tutte queste forze al conseguimento del fine comune: Libertà di Popolo e libertà di Patria. Nome profanato e santo quello di Patria Nostra, ante diviso e vilipeso per troppi anni quello di nostro Popolo. Noi lottiamo per il riscatto di quel nome, per la valorizzazione, in tutte le sue forme, di questa entità politica». (4).  

E così si poteva leggere sul numero datato il 1° maggio 1945:

«L’ora della vittoria è vicina! L’offensiva alleata è incominciata, ha travolto il nemico, lo ha sbaragliato ed ora lo insegue. MILANO, TORINO, E GENOVA si sono scosse: i loro Partigiani e il Popolo tutto si sono levati in massa e ripetono le eroiche gesta del Risorgimento, hanno cacciato dalle loro terre l’odiato invasore.
Il Po è superato: le avanguardie alleate si approssimano al Bacchiglione. VERONA è conquistata, VICENZA, PADOVA e VENEZIA odono da vicino il rombo del cannone.
Carnici! Anche l’ora della nostra riscossa è vicina. (…). BASTA CON IL TERRORE NAZISTA – MORTE ALL’INVASORE TEDESCO – MORTE AI TRADITORI FASCISTI».  (5).

E così riportava, già nel novembre 1944, “L’Italia Nuova”, organo del CLNP di Udine, sulla sperata liberazione:

«Usciti fuor dal pelago alla riva, volgiamo uno sguardo al passato ed uno all’avvenire. Al passato per affrancarlo completamente e rendere più spedito e sicuro il nostro passo verso l’avvenire. Al passato per essere non immemori e scorgere la profondità dell’aberrazione morale in cui un regime, che disonorava il popolo italiano con le quotidiane isteriche adulazioni al tiranno, ci aveva piombati; all’ avvenire per ritrovare nella riconquistata coscienza delle pubbliche libertà quella virile, consapevole e dignitosa concezione della vita politica che è proprio di un popolo civile d’alte tradizioni. 
Non ubriachiamoci di parole: lasciamo questo triste privilegio di parole al passato che aveva generato il più basso, il più bolso e il più stucchevole retoricume.
Pensiamo che la libertà è essenzialmente questione di educazione e di misura […]. Pensiamo un poco e riflettiamo: la libertà è il presupposto necessario della rettitudine e della onestà nella cosa pubblica. Quando quella fioriva, fiorivano in massimo grado in Italia anche queste, quando quella ci fu tolta, queste decaddero e dileguarono dalla vita politica italiana lasciando il posto alla corruzione ed alla disonestà.
Non vale ritornare sul doloroso recente passato: nient’altro che alla rovina ci poteva condurre la lunga serie di aberrazioni, delle storture e dei farneticamenti in cui eravamo caduti. Al di sopra di ogni machiavellismo, resta sempre questo grande insegnamento valido così per gli individui come per i popoli: che i successi che si mietono da altro che dalla onestà e dalla rettitudine sono fragili e miserabili e che ogni vera grandezza viene da quelle soltanto.
Ed onestà e rettitudine noi intendiamo non solo nelle cose di denaro, ma come prassi e costume di vita e di pensiero a qualsiasi partito si appartenga». (6).

E così narrava ‘Valter’, il comandante osovano Albino Venier.

7 MAGGIO (1945).

«Alla mattina presto prendo la bicicletta e vado a Paluzza.
Spero che i mongoli se ne siano andati. Uno sbandieramento totale in paese: i partigiani già in servizio di ordine pubblico, composti nelle loro uniformi. (…).
Ed ecco che poi, verso le 10 arriva … trionfante una camionetta inglese: poi altre ancora. Ci chiedono se è libero il Passo di Monte Croce Carnico. Diciamo di sì.
E prima di loro prendiamo una macchina, carichiamo una decina di patrioti e con la bandiera tricolore spiegata andiamo su, verso il passo, a rimettervi per primi la bandiera tricolore sul vecchio confine della Patria!
E così termina questa guerra di liberazione contro l’odiato tedesco, responsabile di tante criminalità». (7).

E così mi ha raccontato Giovanni Marzona, il partigiano osovano ‘Alfa’:

«Alla liberazione, giunta qui ai primi giorni di maggio, ero sui monti di Verzegnis, sopra il Lago di Cavazzo. E sono corso a Cesclans, dove suonavano le campane, mentre arrivavano gli americani. Ed ero contentissimo, perchè era la fine di tutto, era la fine della guerra, era l’inizio di una cosa nuova. Fino al giorno prima si era sparato, e pur sapendo che gli alleati erano alle porte, in quelle ultime giornate, quando altre parti d’Italia erano già state liberate, ci sono stati attimi di incertezza. Ma poi quell’incertezza non c’era più, ed io ero contentissimo, e correvo guardando il lago. E a Cesclans ho incontrato Deotto, che era stato anche a Milano per la Liberazione. Ma era tutto finito, era tutto finito. Poi ho preso la via per il mio paese e sono giunto ad Invillino, alla mia casa, ed ho stretto mia madre in un lungo abbraccio, ho tolto gli abiti sporchi e li ho buttati via, mi sono lavato e vestito di fresco». (8). 

E questa poesia, per me bellissima, intitolata “25 aprile” è di Giuseppe Bartoli, partigiano della “Silvio Corbari”:  

«L’importante è non rompere lo stelo/ della ginestra che protende/oltre la siepe dei giorni il suo fiore/ C’è un fremito antico in noi/che credemmo nella voce del cuore/piantando alberi della libertà/sulle pietre arse e sulle croci/.
Oggi non osiamo alzare bandiere/alziamo solo stinti medaglieri/ricamati di timide stelle dorate/ come il pudore delle primule:/noi che viviamo ancora di leggende/incise sulla pelle umiliata/dalla vigliaccheria degli immemori/.
Quando fummo nel sole/e la giovinezza fioriva/come il seme nella zolla/sfidammo cantando l’infinito/con un senso dell’Eterno/e con mani colme di storia/consapevoli del prezzo pagato/sentivamo il domani sulle ferite/e un sogno impalpabile di pace/immenso come il profumo del pane/.
E sui monti che videro il nostro passo/colmo di lacrime e fatica/non resti dissecato/quel fiore che si nutrì di sangue/e di rugiada in un aprile stupendo/quando il mondo trattenne il respiro/davanti al vento della libertà/portato dai figli della Resistenza». (9).

E in chiusura ricordo a chi se lo fosse dimenticato, che l’art. 1 del Decreto Legislativo Luogotenenziale 22 aprile 1946, n. 185, così recita: «A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale». E quanto qui scritto è stato sancito in modo definitivo tre anni più tardi, con la legge 269 del maggio 1949. Quindi o quelli di FdI riescono a far abolire questo articolo e la successiva legge o la loro idea, per inciso, potrebbe essere illegale. (10).

LA LIBERAZIONE FU IL CONCRETIZZARSI DI UN SOGNO, REALIZZATO SUL SANGUE DI TANTI, FU UN VOLTARE PAGINA, FU UN AFFOSSARE IL PASSATO E VOLGERE AD UN FUTURO DI ONESTÀ, RETTITUDINE, PLURALITÀ, DIRITTI, E DI REPUBBLICA.

DIFENDIAMO QUESTI VALORI E PER QUESTO: OGGI E SEMPRE RESISTENZA!

W LA LIBERAZIONE DAL NAZI-FASCISMO, VIVA IL 25 APRILE. W L’ITALIA DELLA COSTITUZIONE DEL 1948 E NATA DALLA RESISTENZA.

Laura Matelda Puppini

1- Ettore Boffano, FdI & C: Chi ha paura del 25 aprile, in: Il Fatto Quotidiano, 20 aprile 2020.

2- Cfr. per esempio, “Calendario cerimonie e commemorazioni nei cimiteri e a Milano per Ognissanti e giorno dei morti, novembre 2019”, in: http://www.milanotoday.it/attualita/commemorazioni-morti-2019.html, dove si legge: «Sabato 2 novembre. (…). Ci sarà il sindaco Giuseppe Sala in Sant’Ambrogio per la Messa in suffragio dei caduti di tutte le guerre e in servizio».

3- Gino Pieri, La bandiera! La bandiera! “L’aria È per sempre purificata”, in: Patria Indipendente, 18 marzo 2012.

4- “Noi siamo tutto ciò che ci unisce”, in: https://www.nonsolocarnia.info/n-1-del-giornaletto-partigiano-carnia-libera-organo-del-gr-brigate-garibaldi-nord-1-marzo-1945/.

5- “L’offensiva della liberazione è in pieno sviluppo”, in Carnia Libera, giornaletto della Garibaldi Carnia, n. 5, 1° maggio 1945. Ricordo che la liberazione della Carnia avvenne il 6-7 maggio 1945.

6- “Presentazione”, in: L’Italia Nuova, Organo del Comitato Provinciale di Liberazione Nazionale, novembre 1944.

7- Albino, Luigi, Teresina Venier, Una famiglia unita nel turbine della guerra, Aviani&Aviani ed., 2013, p. 264.

8- Racconto al cellulare del partigiano osovano Giovanni Marzona, ‘Alfa’, in data 21/4/2020, con permesso di pubblicazione. 

9- http://arpaeolica.blogspot.com/2016/04/25-aprile-in-una-poesia-di-giuseppe.html.

10- https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1946-04-24&atto.codiceRedazionale=046U0185&elenco30giorni=false.

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A chi non li avesse ancora letti, ricordo che ho già pubblicato su www.nonsolocarnia, per il 25 aprile i seguenti articoli:

25 aprile e giorno del ricordo: giornate nazionali e non di associazioni specifiche.

Laura Matelda Puppini. “25 aprile: festa della Liberazione d’Italia. Da che cosa?” – Tarcento 27 aprile 2019.

Uomini che scrissero la storia della democrazia. Renato Del Din. Per il 25 aprile, festa della liberazione d’ Italia dal nazifascismo.

25 aprile” Festa della Liberazione. Paola Del Din: Noi non abbiamo combattuto per fare gli eroi …

25 aprile 2017. Il discorso del Sindaco di Udine in ricordo della lotta al nazifascismo che ci permette ora di vivere in un contesto di libertà non però privo di problemi.

Ero a Roma il 25 aprile per ricordare, festeggiare imparare … ero a Roma il 25 aprile ….

25 aprile. Per il 70 esimo della liberazione dell’ Italia da…

LMP.

https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2016/04/previsioni-25-aprile-2016-festa-della-liberazione.jpg?fit=500%2C485&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2016/04/previsioni-25-aprile-2016-festa-della-liberazione.jpg?resize=150%2C150&ssl=1Laura Matelda PuppiniETICA, RELIGIONI, SOCIETÀSTORIAA La Russa, Rauti e Santanché «un manipolo di post -fascisti» (1) di Fratelli d’italia, che vorrebbe utilizzare il 25 aprile per ricordare i morti di tutte le guerre, che per inciso si ricordano già il 2 novembre (2), ed i morti da Covid – 19, di cui molti...INFO DALLA CARNIA E DINTORNI