Sono stata oggi con Alido a Lauco, alla Casa del popolo, ad ascoltare l’incontro per la festa del Lavoro, per il 1° maggio, ed ho parlato con persone a me note e meno note. Ed ho avuto modo di riflettere sul lavoro, che non sempre nobilita l’uomo, come dice un noto proverbio e neppure ‘rende liberi’. ‘Arbeit mach frei’ era infatti scritto all’entrata del campo di sterminio di Auschwitz.

Ma perché l’uomo deve lavorare? Per poter vivere e mangiare, direbbe uno che ha poche idee e chiare, ma nei secoli il lavoro si è collegato ad una tipologia di struttura sociale o in senso socialista o in senso autoritario, portando così il lavoratore a essere soggetto di diritti oppure oggetto per la produzione, a trovare soddisfazione nel lavoro oppure no, a desiderare di aggiornarsi o meno. E scrivo questo perché il nuovo mondo neoliberista e consumistico che si è delineato a livello mondiale ha portato anche l’Italia verso un ritorno a forme schiavizzanti di lavoro, a tagli di diritti perpetrati da governi (ad incominciare da quello retto da colui che, dicendosi di sinistra, ha tagliato l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori ed ha prodotto l’informe job act) che, a mio avviso, tendono a proporre una società dominata da pochi gruppi ricchi, a cui viene assoggettata la massa delle persone che lavorano.

Questo avviene però con varianti rispetto ai tempi di ‘il lavoro rende liberi’: per esempio con l’uso del cellulare, diventato sia mezzo di controllo sociale e di veicolazione al tempo stesso di nuovi anche assurdi bisogni, sia di diffusione di opinioni e valvola di sfogo, che permette al singolo di non incontrarsi con altri per dire le proprie idee, cercando di studiare strategie comuni per superare i problemi, nel rispetto degli altri che pare sparito, ma solo di esprimere se stesso in qualche modo, al di fuori della reale relazione sociale, mentre anche l’amore è ridotto spesso alla mera meccanica del ‘trombare’ per dirla con riferimento ai maschietti, ed ad un discorso di possesso. Ed il cellulare favorisce il rimuginare sulle proprie idee senza mediazione e confronto. Ma non solo: il cellulare è anche diventato il mezzo con cui puoi ricevere, dall’oggi al domani, il licenziamento, come può essere usato da un maschio pusillanime per dare il benservito ad una donna o viceversa. E credetemi, io penso che sia tutto voluto, tutto studiato, in questo maledetto mondo occidentale che ha tolto a noi soddisfazione, voglia di vivere, giustizia sociale.

Un secondo aspetto l’ho già affrontato in un articolo che si intitola: «Può una persona impiegata scindere se stessa dal suo essere lavoratore? Chiediamocelo. ed è quello che ogni informazione relativa alla propria attività lavorativa ed al proprio ambiente di lavoro deve essere tenuta segreta, o deve esser veicolata dall’azienda, pena il licenziamento o la denuncia od ambedue. E vai! Così non si saprà più nulla e non avremo altro che incensi! Ma pensate cosa comporta questo, oltre l’eliminazione di ogni pensiero dissidente ed anche diversamente propositivo rispetto a quello del manager di turno, che piace magari anche alla politica: che se io mi trovo vicino ad un ispettore forestale regionale Fvg in un incontro pubblico, egli non può parlare di politica forestale di fatto, ma devo farlo magari io, che so solo alcuni aspetti. E così i medici e gli infermieri non possono parlare o scrivere sul ssn o ssr, i postini su poste italiane, quelli che lavorano in ferrovie sul trasporto su treno, e via dicendo. E dato che ormai le leggi sono fatte in modo che tutto sia opinabile, come diceva anche mio padre, va a finire che chi dice qualcosa paga, perchè ormai pare che l’azienda, che può pagarsi un buon avvocato, di fatto abbia sempre ragione. Berlusconi docet.

In questo modo di procedere, pare che le aziende, (ed in modo aziendale sono ormai strutturati anche i servizi pubblici) comandino i lavoratori allo stesso modo in cui li comandavano nel 1800, introducendo, via via, ogni forma di sopruso e deumanizzazione e sottoponendoli ad un controllo per il quale non servono più neppure gli spioni, che ancora esistono però, temo.

La deumanizzazione del lavoro è una delle caratteristiche tipiche della società europea odierna, oltre la limitazione del controllo ispettivo, come ci narrava oggi a Lauco la sindacalista Sandra Bortozzo, che ha illustrato come, con le nuove norme, ad ogni ispezione del lavoro debba essere presente un rappresentante del padronato, se può, se ha tempo. E nessuno a livello politico dice nulla, perché mentre un tempo, come ho già scritto, la sinistra e la destra non passavano per il centro, ora neppure a livello di partiti si riesce ad elaborare qualcosa di diverso dal seguire la moltitudine al potere e le sue elaborazioni schiavizzanti per i lavoratori, anche specializzati, come il procedere per protocolli, con tempi di lavoro stabiliti, dove tu sei solo un ‘esecutore materiale’ (mai un soggetto pensante), di filiere di azioni e modelli prestabiliti dall’alto, ed imposti dal manager di turno, per il bene dell’azienda. Perché credetemi: di Adriano Olivetti ce ne è stato uno solo.

Così va a finire che una persona che abita in Fvg ormai collega la sanità non ad un medico ma al volto del solito noto assessore, con i problemi psicologici che ciò implica, e collega la politica in Fvg al volto di Fedriga, propinato in tutte le salse, e mi scuso subito con lui per questo, dal suo ‘ufficio propaganda’. E questi ‘nuovi dei’ sono quelli che non sbagliano mai, i perfetti, gli intoccabili. Ma capite, miei lettori dove stiamo andando a finire? E ricordo che Fedriga si è negato a Legambiente che gli aveva posto delle domande in periodo pre-elettorale, andando credo solo a Gorizia, per dire, dall’articolo del  ‘solito’ Mattia Pertoldi, proprio due cosucce. Tanto il confronto non serve, pare, alla destra leghista.

Poi vi sono altri modelli anglo -americani che ci distruggono la vita e che caratterizzano la nuova società basata sul profitto di pochi ed il lavoro di tanti: quello del lavoro precario, pare oggi deificato dal governo, dovuto anche a periodi di prova che si iterano, senza sicurezza alcuna per il lavoratore, la manipolazione delle informazioni, onde creare un pensiero unico e tanti ‘guerrieri di argilla’ che formano ‘l’esercito di terracotta’; l’abbassarsi del livello di conoscenza e la negazione della scienza quando non sia funzionale al guadagno e del metodo scientifico andando indietro di secoli; il ritorno alla guerra, con una scusa o l’altra, come catalizzatore dell’attenzione popolare verso, peraltro, una lettura unica, acritica e decontestualizzata della stessa, ritornando a ‘i corociati ed i nemici dei crociati’; il far finta di niente davanti alle critiche e rispondere in modo da esulare da quanto richiesto anche in ambito istituzionale, accentrando il potere e continuando ad andare avanti in modo similare a quanto fanno più i dittatori,  che non vedono altro che il loro pensiero e gli interessi, spesso, delle multinazionali, che i democratici. E credo che chi ha recentemente scritto che ormai la Costituzione è stata affossata abbia ragione.

E poi vi sono altre due fregature: ‘l’ufficio relazioni con il pubblico” e “la carta dei servizi” che sono solo un pro forma, che non servono a nessuno, che sono parvenze senza contenuto. E gli ‘uffici relazioni con il pubblico’ rispondono al e dipendono dal padronato, mentre assessori regionali e governi si comportano come fossero proprietari di beni pubblici ed anche privati non loro, fino quasi a diventarlo pure della nostra vita e salute.

Inoltre prendo queste frasi dall’articolo : “Cos’è la «deumanizzazione» e come opera nella percezione collettiva”, di Danilo di Diodoro, in: https://www.corriere.it/salute/neuroscienze/15_gennaio_23/  per parlare del lavoratore, disumanizzato e portato a valorizzare se stesso solo come facente parte di una azienda: «C’è poi anche il fenomeno dell’oggettivazione, che rende l’individuo solo un oggetto. L’esempio tipico, di cui si è occupato in anni recenti la critica femminista, è la riduzione delle donne a mero oggetto sessuale. “L’oggettivazione sessuale si verifica quando, invece di considerare una persona nella sua completezza, ci si concentra sul suo corpo, o su parti di esso, che vengono considerati strumenti del piacere e del desiderio maschile”. (…). E quando sono oggettivate, le donne tendono a interiorizzare la prospettiva dell’osservatore e a trattare sé stesse come oggetti da valutare sulla base dell’aspetto fisico. Ma l’auto-oggettivazione incide negativamente sul benessere psicofisico, moltiplicando le emozioni negative e riducendo l’autoconsapevolezza, e contribuendo così alla diffusione degli stati depressivi, delle disfunzioni sessuali e dei disturbi alimentari». Lo stesso dicasi per i lavoratori, resi oggetti all’interno del sistema azienda e portati a percepire se stessi come un valore solo se rispondenti ai dettami della stessa.

Ed ancora, sempre dalla stessa fonte: «La deumanizzazione di un’altra persona o di interi gruppi comporta la negazione dell’identità della vittima, che viene percepita come se non fosse più una persona, dotata quindi di storia personale, sentimenti, amor proprio, cultura e diritti. È una situazione pericolosa, come hanno dimostrato anche alcuni studi realizzati già negli anni Settanta, dal momento che è il presupposto per emarginazione e violenze».

Infine la società attuale tende non alla valorizzazione del singolo ma alla colpevolizzazione, rimandando a ciascuno ogni scelta, anche quando il soggetto è vittima di una situazione più grande di lui. E questo è proprio dei sistemi dispotici, non certo democratici. Se sbagli è colpa tua! Anche se nessuno ha detto come uno debba fare, ma anche se perdi il lavoro per aver protestato. Se tenevi un profilo basso e non dicevi nulla, ecco il lavoro lo avresti mantenuto. Questi sono gli antichi e moderni disincentivi per tener tutti sottomessi, e bisogna anche magari colpire duramente uno per far capire a tutti. Sapete quanto dovettero soffrire anche le famiglie di comunisti e socialisti, per i risultati delle loro scelte! Eppure bastava, per avere di più, che si inginocchiassero davanti alla persona giusta, che ne ‘baciassero l’anello’ …

E persino la storia nazionale viene riscritta, al di fuori di ogni contesto scientifico, in base ad un po’ sì ed un po’ no, temo per trovare meriti persino al fascio.

Ma possiamo andare avanti così, per i nostri figli e nipoti? Possiamo lasciare che il lavoro precario, la carenza di alloggi od il loro costo, i salari minimizzati, la mancata assistenza pubblica agli anziani, i posti di lavoro di coppie distanti uno dall’altro, i costi del cibo e dei trasporti, l’impossibilità a creare comunità stabili incidano anche sulla natalità e sul futuro? Il governo Meloni, ma anche Fedriga, hanno pensato che il tutto possa risolversi solo con asili nido, senza avere neppure cognizione della complessità del problema ma direi minimizzando. Ma la società italiana non farà più figli anche se ci sono gli asili nido, perché questo è solo un aspetto marginale.

Stiamo perdendo un modello sociale aperto e democratico, e stiamo andando verso un sistema dittatoriale, credetemi, e che dei sistemi dittatoriali ha tutte le caratteristiche. Inoltre ogni potente fa quello che vuole e si spende denaro pubblico in cose totalmente inutili e fra l’altro mal studiate. Tanto cosa vuoi che sia se, magari, un’opera pubblica viene appaltata prima di far fare, se la si vuole fare, una perizia geologica per vedere se regge … Ci sono i becjuz … e allora avanti con brum! Almeno io penso così.

Scusatemi questo articolo, e se erro o sono troppo catastrofica correggetemi, ma io, che ho 71 anni, ho visto anche i miei genitori sognare, ed ho vissuto in un mondo più giusto, per poi vederlo, in nome della presunta americanizzazione e modernizzazione, cadere nel baratro del ritorno indietro.  E vi è una frase che si ripresenta alla mia mente: “Il lavoro rende liberi”, che però può essere variamente intesa. Inoltre come dimenticare che il dirigente della Volkswagen Herbert Diess, dopo una visita ad Auschwitz ha affermato: «Il profitto rende liberi»? (https://www.open.online/2019/03/24/il-filosofo-il-lavoro-rende-liberi-non-e-un-motto-nazista-e-dovremmo-riappropriarcene/). Pensiamoci, lettori, pensiamoci.

Senza voler offendere alcuno, ma solo per esprimere il mio pensiero, da anziana, questo ho scritto. Ma nella società della produzione e del consumo, dove i giovani andranno in pensione a 70 anni, a che servono i vecchi improduttivi? Ma lascio questo tema alla prossima puntata, ricordando che dobbiano tutti cercare di riappropriarci dei nostri diritti che non coincidono con i ‘loro’ interessi.

Laura Matelda Puppini

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Articoli sul primo maggio e sul lavoro già pubblicati su www.nonsolocarnia.info: 

Sul primo maggio festa del lavoro, mai dei fiori, e su quel primo maggio 1944 in val Pesarina.

Donne e covid 19: tra smart working, licenziamenti, povertà ed assistenza.

Può una persona impiegata scindere se stessa dal suo essere lavoratore? Chiediamocelo.

Carlo Baldassi. Sul Jobs Act e l’art.18.

A Paluzza si parla di lavoro, con Maurizio Landini, ed alcuni politici regionali.

A Paluzza si parla di lavoro, con Maurizio Landini ed alcuni politici regionali. Seconda parte.

Marco Puppini. Cantieri Navali di Monfalcone, la morte sul lavoro.

Primo maggio 2016. Più lavoro, più diritti, più dignità!

Primo maggio: festa dei lavoratori e dei proletari, in uno stato che volge verso quello che fu prussiano?

Rossana Giacaz della Segreteria Regionale Cgil. Ssr: problemi del personale. Nessuna sanità pubblica è possibile senza organizzazione e nuove assunzioni.

Daniela Minerva: “L’ultima spiaggia: il dottore col cronometro” da RSalute. Medici come Cipputi?

Sanità: sui risparmi e sulle competenze. Verso la “cinesizzazione” del lavoro nel ssn?

 

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L’immagine che accompagna l’articolo è tratta da https://www.musiculturaonline.it/lattualita-di-tempi-moderni-di-chaplin/.

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