Il dott. Pier Paolo Pillinini di Tolmezzo è il direttore del Pronto Soccorso e Medicina d’urgenza dell’Ospedale civile di Tolmezzo. La mattina del 24 giugno 2022 è intervenuto ad Aplis di Ovaro, nel contesto di un incontro promosso da: ‘Dolomiti Mountain school’, sulla situazione dell’ospedale della cittadina carnica e sul servizio da lui diretto, e lo ringrazio davvero per questo. Vediamo cosa ha detto. (1).

Pier Paolo Pillinini. Sanità e pronto soccorso in montagna. Il presente e le prospettive.

«Grazie a tutti. E ringrazio per questo confronto o meglio per questo mio tentativo di esporre, nei pochi minuti di cui dispongo, un tema molto complesso. Ed è difficile anche concettualmente fare una sintesi di grossi problemi. In premessa dico che io sono una persona positiva, una persona solare, ma questa prima diapositiva che vi mostro rappresenta la tragedia che sta avvenendo ora in Ucraina, e questa foto ha suscitato un po’ la sensazione che ho percepito parlando di sanità nel nostro territorio. Sinteticamente: una devastazione.

È vero che, se dovessimo parlare in termini positivi, guardando al bicchiere mezzo pieno, uno potrebbe dire che ogni tragedia, ogni epidemia, ogni guerra porta poi ad una elevazione, ad uno sviluppo e quant’altro. E bisogna essere positivi e pensare che anche da questa devastazione qualcosa di positivo possa risultare.

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La questione ovviamente nasce dalla conoscenza dello stato di salute di un territorio, e un numero alto di carenze si notano proprio in Carnia. Ma da cosa possiamo trarre questa conoscenza? Da informazioni e dati. In sanità i dati non mancano e noi li possiamo ottenere da diverse fonti e canali. Ed il sistema informatico regionale è virtuoso in questo: dati vari possono essere agevolmente ‘carpiti’ e tratti dai database e dai depositi informatici della Regione, ma i grossi problemi restano quello della comprensione di questi dati, e cioè della loro analisi, e quello delle informazioni che possiamo ottenere dagli stessi.

Questi dati sono le fonti per capire lo stato di salute di una comunità, e vi possono essere dati di ambito strettamente sanitario ma vi possono essere anche dati di carattere ed interesse sociale: per esempio quelli presenti nell’anagrafe dell’analisi patologica, in quella dei trattamenti chirurgici, delle radiografie, delle tipologie di visite ambulatoriali: cardiologiche, neurologiche, visite di pronto soccorso e quant’ altro. 

Tutto questo insieme di dati, se utilizzati in maniera appropriata, se studiati su base scientifica, ci possono dare una visione estremamente interessante dei problemi e farci comprendere la loro dimensione.

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Potremmo quindi parlare di come sta una popolazione in termini di salute, parlando di mortalità, di natalità, di incidenza di una determinata patologia e quant’ altro. Ma grazie al contributo di un collega, il dott. Schiava (2), che mi ha fornito alcuni dati di riferimento, ho compreso che uno degli indicatori più importanti, interessanti, particolari da analizzare, per capire qual è lo stato di salute di una comunità, è quello che indica gli ‘anni potenziali di vita persi a causa di morte prematura’ in una determinata comunità. (3).

Pertanto voglio qui parlare non di mortalità in generale ma di questo indicatore, che credo sia abbastanza significativo se adeguatamente interpretato.

Ma cos’è questo indicatore? Praticamente è un indicatore di misura del tasso di mortalità precoce in una popolazione, tarata su un cut-off (4). Cioè noi fissiamo un limite di mortalità media per la popolazione: lo scostamento per mortalità anticipata di una comunità dallo stesso ci dà, percentualmente, questo indice di anni di vita persi per una determinata comunità.   

Perché abbiamo voluto utilizzare questo indicatore? Perché, come dicevo, l’interpretazione dei dati, talvolta, se non correttamente eseguita, ci può creare delle distorsioni rispetto alla realtà di un territorio.

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Ma possiamo capire meglio cosa voglio dire guardando questa diapositiva. Qui si vede l’applicazione dell’indicatore ‘spalmato’ sulla regione Fvg e vedete che l’immagine riporta due colori: i territori più virtuosi vengono distinti con un colore, quelli meno con un altro. Lo scostamento dalla media varia da un + 5% ad un – 5%, ma tutto sommato vi è un certo equilibrio rispetto al cut-off.

Ma se incominciamo a dettagliare… Infatti il problema grosso è una questione di dettaglio. Se io devo applicare questo indicatore su di un contesto più focalizzato, cioè quello della pregressa Aas3, Azienda per l’Assistenza Sanitaria n. 3 – Alto- Friuli- Collinare- Medio Friuli, cosa notiamo rispetto alle zone comprese nelle Aziende udinese, goriziana e triestina? Vediamo chiaramente che non tutto il territorio appare uniforme nel colore. E il territorio dell’ex- Aas3 sicuramente, in questo contesto, risulta il più penalizzato.

E, per inciso, l’indicatore di anni di vita persi è valutato prendendo in considerazione ogni causa di morte.

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Facciamo ancora un passaggio ed entriamo in un contesto più puntuale. E da questa diapositiva si nota già come le cose cambino. Qui il nostro territorio montano primeggia, purtroppo, negativamente, come quello con percentuale più alta in anni di vita persi.

Quindi si muore molto di più e molto prima in Carnia rispetto alle altre parti della regione.

Pertanto questo ci aiuta a capire che i dati devono essere puntuali e dettagliati in base ad una determinata logistica. E ci si riferisce sempre a cause di morte in generale. (…).

Se poi andiamo in maniera ancora più virtuosa ad analizzare questo indice nei tre comuni montani con popolazione superiore ai tre mila abitanti, si nota questa situazione: diciamo che Tolmezzo qualcosina guadagna, ma di fatto, sostanzialmente, si vive meglio dove la popolazione è più elevata.

Ma uno potrebbe però obiettare: questo lo sapevamo!

Questo però non vuol dire che io debba scontare una pena aggiuntiva per vivere in Carnia! E poi siamo sicuri che questo vivere in Carnia, in situazioni disagiate, sia la cosa migliore? C’è qualcosa che possiamo fare per limitare o modificare questo andamento? Io credo di sì. E forse queste ulteriori diapositive ci faranno capire il perché di queste cose.

Inoltre guardate questo diagramma: esso ci indica in pratica che, pur avendo un miglioramento in questi indici di mortalità nel tempo (cioè nella grafica il dato si riduce ma questo potrebbe avvenire anche per la riduzione della popolazione), di fatto il gap che esisteva tra i comuni italiani dove si moriva di più 20 anni fa e gli altri dove si moriva meno, è rimasto invariato in un ventennio. E parliamo del periodo che va dal 1985 fino al 2011 – 2015.

Ma sono, questi dati che vi mostro, fissati al 2015. E non vi è stato ancora un aggiornamento. (5). Non chiedetemi perché. Poi in separata sede, magari, ve lo dirò.

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Ma vediamo un pochino come questo indice di “anni potenziali di vita persi a causa di morte prematura” possa basarsi pure su patologie specifiche: per esempio le patologie tumorali rispetto a quelle cardiovascolari, in maschi e femmine ovviamente, mostrano uno scenario che conferma una priorità. Però vi suggerisco pure di guardare […] un attimino questa parte della slide.

Essa è interessante perché mostra un virtuosismo rispetto alle altre parti della regione, in particolar modo se parliamo di patologie tumorali. Insomma: voi siete persone intelligenti e potete capire che quanto vedete sta a dimostrare che una condizione di default è una condizione di carenza che può esser modificata. Infatti dalla slide si nota come la presenza sul territorio di un centro di eccellenza come è appunto il C.R.O. di Aviano abbia modificato un po’ gli stili, ma anche quelli che sono i risvolti, di una determinata situazione.

Quindi bisogna incominciare a pensare che forse qualcosa si può fare al di là del fatto di subire una determinata situazione o regola: che si muore più in montagna che sul resto del territorio.

E le stesse considerazioni potremmo farle per quanto riguarda le patologie cardiovascolari ma anche per quanto riguarda le patologie respiratorie, […], e per i traumi che, come vedete, sono sempre in poll position.

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E passiamo ora a guardare pure i dati sulla situazione attuale dell’Alto Friuli. Nel 2022 il nostro territorio, che va da Sappada fino a Tarvisio e lambisce i borghi gemonesi, afferisce al solo ospedale di Tolmezzo. Fino a qualche anno fa afferiva pure ad un altro ospedale, che era quello di Gemona, ora trasformato. Esso non ha più un pronto soccorso e non è più un ospedale, e non fruisce più neppure dell’etichetta di ‘ospedale’, ma è di fatto un centro distrettuale che si occupa di cronicità e di tutta un’altra serie di situazioni. Ovviamente questo ha fatto sì che l’ospedale di Tolmezzo abbia dovuto rispondere alle esigenze di un ambito più vasto, comprendente pure un territorio che, in precedenza, fino al 2014, afferiva all’ospedale di Gemona.

Inoltre abbiamo pure acquisito la comunità di Sappada, che ha ulteriormente implementato, con i suoi 3.200 abitanti, il numero di coloro che hanno come riferimento, per occupazione posti letto, l’ospedale tolmezzino. Ma per quanto riguarda l’ospedale di Tolmezzo, in particolare per quanto riguarda la mia attività, io vi mostro solo questi dati, riferibili al 2019, e quindi in situazione pre-pandemica, che spero vediate bene: il pronto soccorso dell’ospedale di Tolmezzo aveva allora circa un 25.000 accessi all’anno, distribuiti tra ora ex codici bianchi, verdi, gialli e rossi, e, rispetto ad altri ospedali, sostanzialmente, forse aveva una tipologia di accesso un po’ diversa: mentre per esempio il pronto soccorso di San Daniele, pur avendo 30.000 accessi, aveva però, nel 2019, una stragrande maggioranza di accessi di codici bianchi cioè di accessi impropri, valutabile intorno al 50%, il pronto soccorso di Tolmezzo aveva all’epoca una afferenza di codici bianchi nemmeno di un terzo, mentre predominavano i codici verdi e gialli, distintivi di patologie appropriate per un approccio in pronto soccorso.

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Altra cosa interessante per l’ospedale di Tolmezzo: all’epoca (2019) esso aveva una cospicua quota di accessi legati ai traumi: più di 1/4 dei pazienti che giungevano in pronto soccorso, lo facevano per traumatologie varie dipendenti da diversi fattori, e vi giungevano per lo più in particolari periodi dell’anno, che sono la fascia estiva e la fascia invernale.  Pertanto di può dire che il numero di accessi al pronto soccorso di Tolmezzo è condizionato dall’afflusso turistico in inverno su piste da sci, etc. etc., in estate dal turismo in bicicletta, mountain bike, in gita turistica, in montagna (forse meno) e quant’altro.

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Per quanto riguarda il tasso di ricovero nel 2019, anno a cui si riferiscono i dati, possiamo dire che avevamo un tasso di ricovero dignitoso, valutabile intorno all’11,6 % dei pazienti che afferivano in pronto soccorso a Tolmezzo, media considerata virtuosa, se vista come: noi ricoveriamo di meno.

Ma attenzione! Perché ricoverare di meno non vuol dire fare bene le cose. Talvolta significa solo esser obbligati a fare così, a ricoverare di meno, perché non ci sono sufficienti posti letto.

E bisogna tenere conto anche di questa situazione e del fatto che abbiamo implementato il bacino di utenza con pure i 10.000 residenti in Canal del Ferro, senza l’ospedale di Gemona aperto, ed a fronte di una riduzione dei posti letto nel nosocomio carnico. 

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Questo per quanto riguarda il Pronto Soccorso, […], ma vediamo ora come va sul territorio, che risulta essere la spina nel fianco, perché è un tessuto […] che è stato degradato dalla pandemia la quale ha evidenziato, in qualche modo, quella che è una fragilità del sistema che risale a parecchi anni fa.

Il territorio friulano è caratterizzato da un 43% di aree montane ed un 57% di aree di pianura, collinari, spiagge e quant’altro. Inoltre abbiamo in montagna una densità di popolazione che è particolarmente bassa. E noi rappresentiamo, in area montana, il 5,2% della popolazione regionale in generale. Se poi focalizziamo il dato sulla Carnia e Canal del Ferro, scendiamo al 4%.

Inoltre la zona montana ha un indice di vecchiaia aumentato rispetto alle medie regionali e parallelamente abbiamo un basso indice di natalità. E questi sono gli scenari sia logistici che di popolazione. Ora la Carnia è scesa sotto i 37 mila abitanti, e i dati del 2020 riportano a 36.900 circa i residenti sul territorio carnico. E fra Tarvisio, Canal del Ferro e Carnia, raggiungiamo, più o meno, i 46- 47 mila abitanti. ma fin qui ho riferito i dati sulla popolazione stanziale.

Ma i numeri di coloro che arrivano in Carnia e nella montagna friulana sono molto diversi, ed i servizi non sono solo per gli stanziali. Abbiamo infatti una aliquota di persone che frequenta il nostro territorio, vuoi perché c’è un ritorno degli emigranti, vuoi perché ci sono i vacanzieri occasionali, vuoi perché si svolgono diverse attività sportive e quant’altro, che portano, nei week end, tranquillamente alla possibile presenza anche di 100- 150 mila persone. Ma le risorse sanitarie sono sempre quelle. 

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E veniamo ora quella che è un’altra ‘spina nel fianco’, fra le tante, del nostro territorio. In questa slide si vedono i tempi che vengono indicati dal Ministero per i primi interventi sui codici giallo-rossi in area urbana ed in area extra- urbana: 8 minuti per un intervento sanitario su codice giallo-rosso in area urbana, 18-20 minuti in area extra- urbana. Beh, già qui capiamo che si sta parlando di tempistiche non così facilmente sostenibili. E quindi si è pensato, qualche anno fa, mi pare dal 2017, […]  di tappezzare la Carnia di ambulanze e mezzi di soccorso per ridurre i tempi di intervento. (…). Però voglio per inciso dire, rispetto a quanto si evidenzia sulla slide, che l’ambulanza che si trovava ad Ovaro è stata portata a Rigolato.

Con questa logistica, non rispettiamo proprio a pieno i tempi per interventi di primo soccorso con codici giallo-rossi, ma ci siamo abbastanza, e, per esempio, tenendo conto che da Tolmezzo a Forni di Sopra ci sono 44 chilometri, intervenendo da Ampezzo stiamo dentro i 18-20 minuti.

Ma questo scenario si presenta solo in fascia diurna, cioè dalle ore 8 alle ore 20. Purtroppo le cose cambiano la notte, quando questa è la situazione nella fascia oraria 20 – 8 del mattino: 2 mezzi di soccorso a Tolmezzo, 1 mezzo da poche settimane a Sappada, 1 mezzo di soccorso a Tarvisio ed 1 a Gemona per tutta la Carnia, Canal del Ferro e Val Canale.  (…).

Questa situazione logistica non permette, la notte, un appropriato ed adeguato intervento, e bisogna incominciare a ragionare su come risolvere questo problema.  

Ma non ci sono risorse per poter pensare a raddoppiare la copertura di soccorso di notte, e qualcuno dice: ma c’è pur l’elisoccorso anche di notte!

Ma non è tutto così semplice come sembra, perché il volo notturno, in questo momento, ha una metodica applicativa diversa dal volo diurno, e se l’intervento diurno dell’elisoccorso può avvenire dovunque, questo non succede di notte, dove giocoforza l’elicottero deve avvalersi di piazzole illuminate da fari di cui la Carnia, in questo momento, è sguarnita. E quindi resta questo grosso problema degli interventi notturni di primo e pronto soccorso.

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Abbiamo fatto passi avanti, da 14 anni a questa parte, per quanto riguarda la gestione delle patologie croniche, delle patologie urgenti che richiedono interventi ed ospedalizzazione, e la presa in carico del paziente contempla anche metodiche adeguate per quanto riguarda alcune patologie: patologie cardiovascolari, ictus, traumatologia e sepsi. C’ è certamente ancora da fare, ma per questi aspetti, tutto sommato, siamo abbastanza virtuosi. Ciò che ci penalizza, quindi, è la situazione logistica e dei trasporti.

E ci sono sistemi che ci permettono ormai di veicolare i pazienti grazie ad una centrale operativa, che in questo momento è una centrale unica, che gestisce e coordina questa organizzazione.

Ogni ambulanza, in montagna, ha a bordo 2 infermieri: uno anche autista ed uno assistente, diciamo supporter. I mezzi di soccorso non sono però medicalizzati. Ma la letteratura ci insegna che non vi è grossa differenza se ad intervenire sono solo infermieri: ormai il tecnicismo è altamente performante. C’ è comunque la possibilità di un ulteriore supporto: quando c’è la necessità di un medico, si fa un rendez-vous nell’ospedale più vicino con un medico. Ma ci sarebbe pure la possibilità, non ancora messa in atto, di avere a Tolmezzo un’automedica con medico a bordo, ove il medico potrebbe accorciare i tempi di intervento dando sostegno agli infermieri. (7). Ed ora ci stiamo ragionando, e vedremo se riusciremo a portare avanti questo discorso.

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Infine concludo, giusto per dare una sintesi, dicendo che stiamo andando verso una nuova organizzazione della sanità. Siamo diventati una mega- azienda, l’ospedale di Tolmezzo non è più ospedale di per sé ma fa parte di una grande famiglia, di un’area vastissima con un’utenza di circa 550.000 abitanti, che va da Sappada a Lignano. Ieri sera ero a vedere, obbligato da mia figlia, il concerto dei Maneskin a Lignano. Ed era una situazione da terrore, da terrore vero. Perché se succedeva qualcosa lì, veramente saremmo stati … Ho capito chiaramente la difficoltà a dover pensare a come organizzare un soccorso quando hai trentamila persone … È veramente un problema. Ed ho fatto qualche riflessione, e mi ha colto una certa inquietudine …

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Ma per ritornare alla sintesi finale, l’ospedale di Tolmezzo non è e non sarà più quello che è stato: un ospedale virtuoso negli anni ’80 e ’90. Ma accettiamo questa decisione perché si è deciso così.

Il problema è essere consapevoli che l’ospedale deve cambiare e entrare nel nuovo sistema che è questo, basato su una rete hub e spoke, dove Udine fa l’hub e poi ci sono tutta una serie di distretti intorno che fanno gli spoke. Sono questi concetti che non mi piacciono, anglosassoni, utilizzati per gli aeroporti. (8). Ma per me il problema che permane è quello però di non legare l’ospedale di Tolmezzo, e di questo bisogna essere consapevoli, a quello che è racchiuso nella parolina ‘spoke’.

L’ospedale di Tolmezzo, o meglio, scusate, l’ospedale della Carnia, e qui sottolineo: è l’ospedale della Carnia e non deve essere solo di Tolmezzo, deve avere un’altra fisionomia per logistica, per territorialità, per competenze, per necessità, per bisogni, perché qui parliamo di bisogni, l’ospedale di Tolmezzo deve avere alcuni privilegi diversi rispetto ad altri, e questo lo dico perché credo di essere persona esperta in questa riflessione.

Ma quali sono le necessità? Qui le elenco e poi chiudo. Abbiamo l’area trasporti. Maurizio Ionico (9) ha detto che più sono implementati, più indicano un benessere dell’area. Ma questo non accade in sanità, dove più sono i trasporti sanitari, e peggio stiamo. E qui vi è un grosso problema, perché in sanità le cose sono un pochino diverse rispetto ad altri ambiti. 

Il territorio va ricostruito, perché è stato devastato, in particolare in questi ultimi anni, quando abbiamo avuto una ‘pugnalata alla schiena’ che ha messo in luce tutta la fragilità del sistema. E colgo l’occasione per lanciare un appello per continuare con questa analisi. Perché avrei bisogno di sognare un ospedale della Carnia con delle caratteristiche peculiari, che serva a dare risposte ai bisogni, che non sono quelli di Udine ma sono quelli del territorio.

Abbiamo bisogno di ottimizzare i trasporti, e bisognerà vedere come, dato che la logistica ci penalizza, abbiamo bisogno di un modo diverso di vedere le cose perché parlare di sanità con la prospettiva di non affogare non ha senso, ed abbiamo bisogno di una ‘integrazione’ di servizi sul territorio.

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Ionico ha parlato prima di trasporto tramite biciclette. Ma l’utilizzo della bicicletta deve avere, come peraltro da lui suggerito, sul territorio tutta una serie di servizi. Perché pensate solo a una frattura alla galleria di Pontebba di un ciclista austriaco che percorre l’Alpe Adria.

Ma qui si apre pure il capitolo degli indotti che la sanità comporta. Un territorio senza sanità è un territorio che non è sostenibile, gli imprenditori non vengono ad investire, l’ottantenne cardiopatico di Trieste non viene a comperare a Sauris una casa se sa che l’ospedale più vicino sarà a Udine. Ed infine l’equità.  L’equità è importante ed è una, anche rispetto a quelli che sono gli scenari regionali. (…). Riassumendo: i punti che vorrei così, portare a casa, sono: l’importanza dell’analisi, e l’interpretazione corretta dei dati. L’epidemiologia è una scienza fondamentale per comprendere, ma va certamente contestualizzata negli ambiti di riferimento; propongo che ci sia un tavolo permanente di confronto distrettuale che prenda in considerazione e analizzi questi dati e che poi faccia in modo di portarli all’attenzione della struttura regionale, e cioè all’attenzione della governance regionale, per far in modo che si decida, in base a questi dati, cosa fare.

E la comunità non deve subire, ma deve essere protagonista, per questi aspetti, nelle intenzioni, nelle azioni e nelle scelte, naturalmente pensando a quelle che sono le risposte adeguate da dare ai bisogni di salute della comunità.

E qui io mi metto a disposizione o meglio, non lo faccio solo io: noi professionisti ci mettiamo a disposizione.

Ed ancora: investire in salute non è uno sperpero ma, guardando in modo lungimirante, è un investimento.

Faccio solo un esempio e poi, veramente, chiudo. Le semplici cure dentarie in questo momento non sono sostenute dal sistema sanitario perché mancano soldi, e la popolazione giovanile cura sempre meno i problemi della bocca, che comportano difetti della masticazione, mala digestione, etc., e tutta una serie di patologie che, fra 15 o 20 anni, verranno fuori in tutta la loro complessità. Pensiamo quindi in maniera lungimirante.

Le nostre comunità strategiche ben pensanti devono tenere in considerazione questi aspetti, devono avere le competenze per affrontare tutta una serie di problemi. Infine il ruolo dell’ospedale di Tolmezzo deve essere cambiato rispetto al passato, perché ci siamo messi in gioco in una sfida diversa e deve avere il ruolo di ospedale della Carnia.

Vi ringrazio per l’attenzione prestatami.

Pier Paolo Pillinini – Direttore del Pronto Soccorso e Medicina d’urgenza dell’Ospedale Civile di Tolmezzo».

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La registrazione dell’intervento, tenutosi nel corso del terzo incontro di ‘Dolomiti Mountain school’ per il 2022, è mia, cioè di Laura Matelda Puppini, come la trascrizione dello stesso. Devo però dire che, forse a causa dell’acustica della sala e del microfono, ma anche del poco tempo concesso per esporre un tema così complesso che ha portato il dott. Pillinini, talvolta, a parlare in modo veloce, la registrazione non è risultata come avrei desiderato, comportando così per me, poi, un grosso lavoro per la corretta trascrizione. Spero di aver fatto comunque un buon lavoro, ma chiedo al dott. Pier Paolo Pillinini di correggere subito se non ho riportato bene qualcosa. Avevo intenzione di cercarlo, per la verità, prima di pubblicare, ma non ho alcun suo riferimento telefonico o email, tranne un numero fisso del suo studio in ospedale, datomi stamane, ove però non sono riuscita a reperirlo.  Pertanto mi assumo la responsabilità di questa trascrizione, che è però la più fedele per me possibile, e preciso che l’autore non ha letto questo testo prima che lo pubblicassi. Grazie di cuore al dott. Pillinini per questo suo intervento.

Laura Matelda Puppini

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Aggiornamento. 5 luglio 2022.  Sicuramente due slides mostrate dal dott. Pillinini, ma forse anche tre, sono state pubblicate oggi in: https://cjantarole.wordpress.com/2022/07/05/intervento-del-dott-pillinini-in-montagna-si-muore-prima-e-di-piu-co-s-mo-comitato-per-la-salute-della-montagna/. Laura Matelda Puppini

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Note.

(1) Pier Paolo Pillinini. Sanità e pronto soccorso in montagna. Il presente e le prospettive. Aplis di Ovaro 24 giugno 2022. Intervento tenuto nel contesto del convegno: “Vivere in montagna: servizi, lavoro, organizzato da ‘Dolomiti Mountain school’, di cui avevo pure posto la locandina – invito su www.nonsolocarnia.info.

(2) Il medico qui citato è il dottor Flavio Schiava, medico specialista in Igiene, Epidemiologia e Medicina Preventiva presso il Dipartimento di Prevenzione con sede a Gemona- Asufc. Cfr. pure su nonsolocarnia.info: Flavio Schiava: Demografia e salute in Alto Friuli. Introduzione di Laura M. Puppini, che contiene una serie di diapositive che non lasciavano già allora dubbi sul carente stato di buona salute della popolazione montana in Fvg.

(3)    «L’indicatore presenta il tasso standardizzato di anni potenziali di vita persi secondo l’età di 100 000 abitanti. Gli anni potenziali di vita persi sono definiti come la somma delle differenze tra i 70 anni e l’età di tutti i decessi registrati prima dei 70 anni (morte prematura). Gli anni potenziali di vita persi a causa di morte prematura riflettono lo stato di salute della popolazione. Una diminuzione di tale tasso va quindi nella direzione dello sviluppo sostenibile». (MONET 2030: Anni potenziali di vita persi, in: https://www.bfs.admin.ch/bfs/it/home/statistiche/sviluppo-sostenibile/monet-2030/indicatori-chiave/anni-potenziali-vita-persi.html).

(4) In inglese cut-off significa:“point or level which is a designated limit of something”, tradotto in italiano: “punto o livello che indica un limite designato per qualcosa”. Viene usato in statistica.

(5) Eppure la validità dell’ indice di “anni potenziali di vita persi a causa di morte prematura” per valutare lo stato di salute di una popolazione o comunità è evidenziato in: https://www.bfs.admin.ch/bfs/it/home/statistiche/sviluppo-sostenibile/monet-2030/indicatori-chiave/anni-potenziali-vita-persi.html, relativamente alla Svizzera; in: https://www.dors.it/documentazione/testo/201303/OMS_Glossario%2010%20nuovi%20termini%202006_Italiano.pdf, riferito alla Regione Piemonte; in: https://www.unife.it/medicina/educatore-sanitario/minisiti/contesti-organizzativi-e-promozione-della-salute/contesti-organizzativi-e-promozione-della-salute-mod.3/materiale-didattico/lezione-2-indicatori-condizioni-sanitarie.pdf;

(6) Qui secondo me il dott. Pillinini avrebbe dovuto dire che vi è chi dice che mancano le risorse per mettere ancora qualche ambulanza di notte sul territorio montano, perché nella realtà pare che le risorse non manchino solo che bisogna vedere come la Giunta Regionale intende spenderle.

(7) Io però, da profana, non so se questo modus operandi per il primo soccorso che esiste ‘da sempre ‘ in Carnia sia il migliore: infatti gli infermieri coprono uno spazio non loro, quello della diagnosi e cura in emergenza, e se è utile applicare un tecnicismo consolidato, prima di intervenire si dovrebbe procedere pure ad una diagnosi e quindi alla somministrazione, se del caso, in loco, di farmaci appropriati che non mi pare siano compiti da infermieri. Insomma, vorrei capire di più.

(8) Nella realtà i termini ‘hub’ e ‘spoke’ derivano dalla ruota della bicicletta e significano ‘perno’ e ‘raggio’. (https://www.treccani.it/enciclopedia/hub-and-spoke_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/). Ma ha ragione il dott. Pillinini quando dice che essi sono stati utilizzati per indicare una tipologia organizzativa per la prima volta negli aeroporti. Infatti così si legge su: https://it.wikipedia.org/wiki/Hub_and_spoke: «Con il termine hub and spoke si intende un modello di sviluppo della rete delle compagnie aeree costituito da uno scalo dove si concentra la maggior parte dei voli. Solitamente questo scalo è anche la base (o una delle basi) di armamento della linea aerea». In informatica è il dispositivo che collega i vari clienti al server, raccogliendo i cavi provenienti dai diversi computer.

(9) Maurizio Ionico è un urbanista friulano, consulente e libero professionista nel campo dei servizi di pianificazione urbanistica, dei sistemi territoriali, dei trasporti e logistica. Ha ricoperto anche ruoli dirigenziali, per esempio quello di Amministratore Unico della Società Ferrovie Udine Cividale s.r.l., e quello di Vice Presidente della Società Pedemontana Veneta S.p.A.. È stato relatore a convegni e seminari ed ha al suo attivo diverse pubblicazioni.

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Consiglio, a chi volesse guardare altri articoli sulle criticità della sanità in Carnia, di leggere, sempre su www.nonsolocarnia.info, i recenti:

Sanità in Carnia. Criticità evidenziate.

 Sanità in Carnia. L’interrogazione di Honsell, la risposta dell’assessore e mie considerazioni nel merito.

Messaggero Veneto del 25 marzo: il dott. Pietro De Antoni sul San Michele di Gemona. Ospedali: destini legati in Alto Friuli.

L’immagine che accompagna l’articolo ritrae il dott. Pier Paolo Pillinini fotografato nel corso di un incontro tenutosi il 24 novembre 2016, ed è un particolare di una foto più ampia, dove compaiono anche altri partecipanti. Essa è tratta da: https://www.regione.fvg.it/rafvg/comunicati/comunicato.act?dir=/rafvg/cms/RAFVG/notiziedallagiunta/&nm=20161124155452007. Non esistono molte foto del dott. Pillinini medico e non maratoneta e, fra le pochissime reperibili, ho scelto questa, che non so da chi scattata. L.m.p. 

https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2022/06/pillinini67346_1telescaCredevoFosseAmore24nov16.jpg?fit=875%2C1024&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2022/06/pillinini67346_1telescaCredevoFosseAmore24nov16.jpg?resize=150%2C150&ssl=1Laura Matelda PuppiniECONOMIA, SERVIZI, SANITÀIl dott. Pier Paolo Pillinini di Tolmezzo è il direttore del Pronto Soccorso e Medicina d’urgenza dell’Ospedale civile di Tolmezzo. La mattina del 24 giugno 2022 è intervenuto ad Aplis di Ovaro, nel contesto di un incontro promosso da: 'Dolomiti Mountain school', sulla situazione dell’ospedale della cittadina carnica e...INFO DALLA CARNIA E DINTORNI