Ho ascoltato con grande interesse alcuni incontri di Festival Costituzione (1) trovandomi a Roma, anche se con il cellulare di mio marito l’audio non era perfetto, ed uno dei più interessanti è stato quello di Gianīs Varoufakīs, ex ministro greco dell’economia agli albori del governo Tzipras nel 2015, e poi costretto a dimettersi di fatto dall’Europa, benché egli abbia dato uno straordinario contributo teorico alla comprensione della crisi economica globale, sia uno degli economisti più noti al mondo e sia stato ed è docente universitario in prestigiosi atenei. (2).

Non ho ascoltato solo il suo intervento, la cui passione si perdeva nella traduzione, e che illumina sul mondo che verrà, ma anche quello di Marco Travaglio e di altri.
E vorrei narrarvi qui le considerazioni che mi hanno colpito e che si integrano.

Gianis Varoufakis ha esordito sottolineando come esistano, anche in Europa, forme di censura preventiva o successiva. Così quando egli si recò al primo incontro dei ministri dell’economia dell’eurogruppo munito di slides, grafici, riassunti per illustrare il suo intervento, come fanno tutti in meetings e all’università, con spirito propositivo e desiderio di assolvere nel migliore dei modi il mandato del popolo greco, si sentì dire che non poteva consegnare ai presenti materiale alcuno, e si giunse a minacciare che si sarebbe sospesa la riunione se egli avesse osato farlo.

Così egli fu costretto ad illustrare a voce le proposte per il popolo greco, che si concentravano sull’aumento dei salari alla gente per permettere all’economia di riavviarsi (3) ma, quando poi chiese il verbale della riunione, con suo grande stupore scoprì che non esisteva.
Questo è accaduto, secondo Varoufakis, perché il Ministro tedesco ed i suoi alleati avevano già predisposto l’austerity ed il piano di rientro per la Grecia, e lo stesso non poteva venir in alcun modo variato.

Inoltre i mezzi di informazione, uniti, iniziarono a diffondere l’idea che i greci non avessero piano alcuno per la loro economia e per sollevarsi dalla situazione in cui erano precipitati a causa dei loro governi, mentre i burocrati europei erano dei tecnici perfetti. Invece c’era, da parte greca, un progetto, ma non fu accettato in modo alcuno, anzi fu osteggiato, vietando la sua diffusione e verbalizzazione.  E Varoufakis fu visto come quello che minacciava l’Europa, stravolgendo la realtà.

Ma il ruolo della stampa, in un contesto in cui ormai l’informazione viene definita il quarto potere, è stato messo in evidenza anche da Marco Travaglio, che ha sottolineato il compito della mala informazione nel non far capire l’accaduto. E la stampa in Italia, tranne Il Fatto Quotidiano che vive degli acquisti e della pubblicità, viene influenzata dai gruppi economici che la finanziano, per esempio il gruppo De Benedetti o Angelucci, o Caltagirone, e dai partiti, che utilizzano i giornali come bastone verso i politici che non fanno l’interesse del padrone e come carota per nutrire chi invece li fa.

La situazione delle tv non è poi migliore: la Rai è nelle mani del Ministero del Tesoro, cioè del governo pro tempore, mentre Mediaset è «in mano ad un leader politico, che continua a farne la trombetta del suo partito e del suo schieramento».  

Ma esiste anche un altro modo di manipolare le coscienze e di ottundere la realtà ed è quello di cambiare nome alle cose, per cercare di cambiare la realtà e la sua percezione da parte della gente. Così la latitanza di Craxi si trasforma in esilio, chi pretende che la legge venga applicata viene definito un ‘manettaro’, il presidente di una regione si trasforma, impropriamente, in un governatore, titolo che viene dato solo ai capi degli stati confederati Usa.

In questo scenario, diventa difficile, qui come del resto in Grecia, dove alcuni giornalisti sono anche stati uccisi, altri minacciati o sottoposti a pressioni, parlare di libertà di parola e di opinione. Ed infatti, ha precisato Paolo Mocchi, l’Italia è quarantunesima nella classifica mondiale stilata da ‘reporters without borders’ relativamente alla possibilità di esprimere il proprio pensiero, la Grecia settantesima. E qui come là, par di capire, molti mezzi di informazione hanno una linea editoriale chiarissima: vietato criticare chi detiene il potere, e bisogna sostenere lo status quo.

Ma per tornare a Gianīs Varoufakīs, egli precisa poi che, ove vi è opacità e non trasparenza nell’agire politico economico, asimmetria di potere, inversione nel presentare la realtà delle cose, come accade in alcuni paesi che formano la Ue, non vi può essere democrazia. Ed anche scelte all’interno dell’eurogruppo, relativamente alla Grecia, sono state condizionate dal silenzio di coloro che erano già con il cappio al collo dell’austerity, timorosi di vedere avanzare nuove scelte, nuove idee, da loro non evidenziate.

Si dimentica però Varoufakis di parlare anche della corruzione e delle mafie che sono presenti in alcuni paesi dell’Unione Europea, della svendita dei beni pubblici, di una classe politica incapace ed autocentrata, che ha portato all’asservimento di governi a gruppi privati nazionali o sovranazionali, come elementi di impoverimento in una nazione. Mi ricordo un treno in Bulgaria ed io in uno scomparto. Guardando dal finestrino vedevo fabbricati abbandonati ed in degrado e tetti sfondati. Ed una persona mi spiegò che forse si stava meglio con il comunismo anche se c’era poca libertà, perché poi accadde che i mercati si aprirono (non che giunse la democrazia, attenzione) al paese, che ricevette molti finanziamenti Ue, ma quel capitale non fu ben speso, e così ormai non si poteva pensare ad una nazione migliore perché il rubinetto era chiuso. Ed anche per questo motivo credo che in Romania vi siano state manifestazioni, alcuni anni fa, contro la corruzione.

Ma corruzione, impoverimento, ricchi che prendono ai poveri in una specie di sindrome di Robin Hood alla rovescia, caratterizzano quei paesi sui bordi dell’ Europa che paiono assumere sempre più, nell’Unione Europea, il ruolo di ‘sotans’ di sottomessi ai poteri forti, alle nazioni forti, a causa del debito pubblico e della privatizzazione anche dei servizi e dei territori, e della svendita, pezzo dopo pezzo, della nazione, dei suoi valori, della sua storia e della sua cultura, trasformandosi in ‘terre di mezzo’, in specie di zone grigie, per dirla con Primo Levi. Questo e non altro è il rapporto di asimmetria così ben descritto da Varoufakis.

Ed al momento attuale, ha continuato il notissimo economista greco, non si pensi che qualcosa sia cambiato nell’ Unione Europea. Quando si vedrà che cifra esorbitante ha raggiunto il deficit in alcuni paesi della UE come Spagna ed Italia, vi sarà una stretta finanziaria e fiscale non di poco conto, in particolare verso i paesi più impoveriti (non poveri ma diventati tali a causa di politiche dissennate) mentre a mio avviso gli ex paesi socialisti ora entrati nell’Unione, cercheranno di salvarsi premendo sull’accelerazione del nazionalismo e dell’autarchia.

Dio ha dato alle nazioni dei talenti, ma pare che non abbiano saputo tesaurizzarli, seguendo la finanza ed i suoi interessi, riempiendosi la bocca di termini quale ‘mercato’, ‘sfruttamento’ ‘manager’ ed altro, e rispolverando, nel contesto dell’asimmetria dominante ed ancestrale, una politica francamente di tipo ‘colonialista’, ove tutto dovrebbe esser gestito dai nuovi ‘ras’, per non dire’ ducetti’, almeno nel modus operandi, nel non avere contraltare nelle scelte.

Ed ancora su di un aspetto concordo con Varoufakis: posta una linea economica e sociale, gli ‘esperti’ ed i politici si muovono entro la stessa senza saper usare il pensiero divergente, senza saper analizzare e progettare, termini che in Italia sembrano relegati nel dimenticatoio, come la prassi di coniugare la teoria con la pratica.

Infine anche in Italia la trasparenza latita davvero e sempre di più, e spesso diventa difficile ottenere un documento, il politico di turno con tanto di email ‘aziendale’ non risponde e se ne frega, oppure come per un assessore in Fvg, chiude l’uso della stessa ai soli amici, e questa Italia si è trasformata, con Berlusconi e c., complice il cosiddetto Partito Democratico, in nazione azienda retta spesso da pessimi capi e ora dall’uomo imposto dall’Europa per salvare le banche e sanare i debiti, senza alcuna visione alternativa, e nessun futuro per i nostri figli e nipoti, che lo hanno già compreso benissimo, e tacciono per non perdere il lavoro, mentre noi vecchi ci esponiamo,  perché non tutto, del sogno nato dalla resistenza, poi tradita nei suoi ideali, sia perduto.

Ed ancora una riflessione in chiusura: attualmente non è più il pensiero filosofico e religioso a condizionare l’economia, ma sono i dettati dell’economia che influenzano il pensiero e la società. E per questa economia della finanza, e per il neoliberismo colonialista, la democrazia pare occupi sempre meno spazio.  

Per la parte economica rimado ai seguenti articoli pubblicati su www.nonsolocarnia.info:

“Economia, finanza, speculazione, democrazia, costituzione e servizi”;

“Negli anni ’30, il New Deal fece uscire gli U.S.A. da una crisi senza precedenti. E noi come usciremo dalla crisi?”;

“Economia, beni primari, ed Aree dette ora “interne”, nel quadro dell’ Europa della finanza”;

“Penna bianca penna nera, o forse solamente penna a sfera. Sull’informazione, ma su che cosa?”; “

Da cittadini a sotàns? Fra Renzi, Poletti, il taylorismo, e la schiavitù, per ora di stranieri”;

“Del linguaggio e dei linguaggi, delle spese, dell’oblio. Cittadini o sotàns?”;

“Dialogo a più voci. Il vecchio mondo sta morendo. Coglieremo il lucignolo fioco che ci indicherà la strada alternativa?”;

Giovanni Sarubbi, ‘Liberiamoci dal pensiero unico capitalistico”.

Laura Matelda Puppini

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NOTE.

(1) Il programma degli incontri ed i titoli delle singole relazioni si trovano in “Libertà di espressione del pensiero” – Invito a tutti per gli incontri di Festival Costituzione, in www.nonsolocarnia.info, 9 maggio 2021. 

(2) https://it.wikipedia.org/wiki/Gian%C4%ABs_Varoufak%C4%Abs.

(3) Il metodo proposto è similare a quello adottato in Usa per superare la crisi del 1929. Cfr. nel merito il mio: “Negli anni ’30, il New Deal fece uscire gli U.S.A. da una crisi senza precedenti. E noi come usciremo dalla crisi?”, in www.nonsolocarnia.info.

L’immagine che accompagna l’articolo è di Gerd Altmann, è tratta da Pixabay, e si trova in: https://www.lavocedinewyork.com/news/primo-piano/2020/09/06/ll-mondo-torna-a-chiedere-democrazia-ma-il-suo-destino-si-decidera-in-america/ LMP.

 

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