Secondo me, ora, in Italia in sanità  pubblico e privato possono coesistere, dipende da cosa si intende per “privato” ed esistono anche strutture private, convenzionate, accreditate  o meno, che offrono un servizio pubblico/privato importante ed accessibile. Anche il pubblico ha i suoi costi, e moltissime pecche, ed è farraginoso e super burocratizzato, anche il privato può fare prezzi non molto distanti da quelli pubblici ed avere bravi medici, e dare buone prestazioni a livello diagnostico-curativo, e bravi medici possono esercitare in privato all’interno del ssn. Il problema del ssn non è questo, è il caos in cui è vissuto ed in cui sta ancora vivendo, è l’ingerenza politica e non solo politica, è la disorganizzazione, è il non saper programmare, fra spese inutili sprechi ecc., (Cfr. Cittadinanzattiva. Sprechi e buone pratiche in sanità. Dossier marzo 2016, link anche attreverso www.nonsolocarnia.info, 19 marzo 2016) in un vortice di leggi leggine, piani, riforme, e via dicendo.

Ed uno dei nodi irrisolti sono competenze ecc. dei medici di base, che non possono fare ipotesi diagnostiche senza il supporto di un laboratorio analisi o radiologico ecc. vicinissimo, senza visitare recandosi anche a domicilio, senza il supporto di specialisti in un moltiplicarsi di patologie internistiche ed una popolazione sempre più anziana, con un contratto nazionale che permette molta discrezionalità nell’operare, a meno che non sia cambiato. E se la gestione del paziente deve essere del medico di base, (ma anche il concetto di “gestione del paziente” ora informato, potrebbe cambiare, modificando la tipologia di rapporto esistente e volgendo all’ interazione), compatibilmente con le umane possibilità, 1000 pazienti sono già troppi, figurarsi 20 – 30.000 in gruppi di 4 con fasce orarie diverse!  Inoltre il medico di base, che non sempre è vissuto dal paziente come il suo medico, (perchè per esempio un diabetico potrebbe vivere così il diabetologo, ecc. ecc.) agisce di fatto staccato dall’ospedale visto come centro di servizi ambulatoriali e diagnostici ma ora sempre più lontano, in certi casi.

Infine la stessa organizzazione ospedaliera viaggia, almeno in provincia di Udine,  fra le aree vaste già instaurate, l’accentramento selvaggio ora voluto, e le esigenze del territorio.  Altro problema è che gli ospedalieri devono fare gli ambulatori. Ma sono sicura e convintissima che non si deve togliere i servizi del ssn, come per esempio la chirurgia, o gli ambulatori o i medici di base, fare modifiche epocali ed inoltre senza uno straccio di analisi, di dato, di riscontro, il che, fra l’altro, potrebbe comportare uno spendere di più per stato e regioni ed uno  star peggio per l’utenza. “Investire in sanità, guadagnare in salute” intitolava un convegno casertano, e più la popolazione sta bene meno si spende. Inoltre io sono convinta che una medicina difensiva medica, nel senso di guardare ossessivamente alle possibili denunce prima che al proprio lavoro, con una visione unicamente aziendalistica non paghi, e sono convinta che riforme “vuote”, tranne che nei tagli e nei nuovi vocaboli da riempire a piacimento da parte della politica ragionieristica, come quella varata in regione Fvg, non dovevano venir approvate, se ci fosse stato un briciolo di buon senso.

Limitare e togliere gli sprechi è un discorso, affidare un cambio epocale della sanità ad un solo assessore coadiuvato da un dirigente, e approvarla in fretta e furia è altro. Togliere servizi di pronto soccorso, pensarli senza una sala chirurgica, tagliare piccoli ospedali, ambulanze, servizi, accentrando tutto anche i laboratori analisi di zone definite disagiate, ma che io chiamerei diversamente strutturate rispetto alle città, e togliere sanità e salute è la stessa cosa, ed incide massicciamente su altri aspetti di carattere economico. Ed un sistema sanitario nazional/regionale non può vivere nel caos e su ipotesi creative, atte a tentar di quadrare i cerchi. Mancano medici, mancano infermieri, questo in aas3 ma anche in aas4 è sotto gli occhi di tutti. Inoltre pare che i soldi per aumenti di stipendi ai dirigenti e medici di base ci siano. Ma questo non c’entra nulla col pubblico e privato, c’entra con la politica e quant’ altro. Semmai bisogna implementare il privato convenzionato o a basso costo, qualora già esistente. Per esempio a Roma vi è pure la soluzione privata a costo “sociale” per visita, cioè con costo a carico del paziente analogo al ticket per prestazioni ssn, ma senza possibilità di scegliere il medico. Infine secondo me non vi può essere un pronto soccorso oculistico, in provincia di Udine, che funziona ad ore, non vi può essere, nel polo Gemona/Tolmezzo, un servizio oculistico ambulatoriale ma anche per visite con prescrizione urgente, che non copre tutte le giornate della settimana tranne la domenica. Comunque il problema per il Fvg è quello del modello che si vuole seguire, che, pare per salvare e sostenere le super specialistiche udinesi, che potrebbero coordinarsi a livello interregionale con spesa a carico dello stato e non solo regionale, come da decisioni di molti anni fa in ottica diversa, cerca di farne cadere il costo sulle periferie. 

Sull’argomento rimando pure alla lettura dell ‘articolo: “Sanità privata. Convegno a Venezia. Sempre più necessaria la collaborazione tra pubblico e privato accreditato”, 17 maggio 2016, in: http://www.quotidianosanita.it/veneto/articolo.php?articolo_id=39803,

Per precisare il mio pensiero e senza offesa per alcuno, e se erro correggetemi, ma per parlare di questi problemi che sono e sono stati oggetto anche di incontri e convegni in Italia.  Laura Matelda Puppini

L’immagine che correda l’articolo,  è tratta, solo per questo uso, dal sito: http://www.inchiostroverde.it/. Laura Matelda Puppini

 

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