Introduzione.

Prego, per una volta, di non vivere l’on. Pellegrino solo per il Partito che rappresenta ma di leggere qualcosa di importante per tutti. Il futuro del pianeta non è prerogativa della destra o della sinistra, come ben ci ha ricordato Francesco Papa con la sua “Laudato si”, e io credo si debba smettere di dividersi in ambientalisti o meno: tutti dobbiamo esser interessati alle generazioni future, che sono i nostri nipoti, e operare per limitare i danni  ambientali, per un futuro sostenibile, sposando il poco e meglio. Ma è anche vero che se noi cittadini possiamo fare qualcosa, se l’impegno non diventa nazionale e verso un’altra economia, poco resta da sperare.

Mi trovavo domenica pomeriggio ad Udine, alla Loggia del Lionello, per sentire tante considerazioni sul clima, su questo nostro pianeta tanto bistrattato, per ricordare che siamo i custodi della terra, non i padroni. Pareva una festa, non era una marcia, ma forse pochi sapevano di questo incontro importante ed internazionale che ha interessato la popolazione di molti stati e città: da Sydney a Città a Capo, da Tokyo a Dakha, da Bagdad a Madrid da Roma a San Paolo da Nuova Delhi a Kampala, Melbourne, Ottawa. La marcia  globale per il clima è stato un successo,  785mila persone, anche se paiono poche rispetto ai miliardi che popolano la terra, ma che non vivono sempre in buone condizioni, anzi,  vi hanno partecipato, 2300 eventi sono stati realizzati in 175 Paesi diversi, come precisa Avaaz, organizzatore. Cittadini di tutto il mondo si sono mobilitati per dare ai nostri figli un futuro sostenibile.
Ad Udine ho sentito gli interventi, ho visto le persone danzare insieme, mentre pensavo, lo confesso, al Premier Renzi che cento ne fa, pare, ed una ne pensa, che vuol vendere a privati la rete elettrica delle ferrovie dello Stato, con che risvolti per il trasporto pubblico futuro non si sa. Già iniziano a preoccuparsi i pendolari: e se i privati desiderano dismettere qualche tratta che si farà? Ritorneremo alle locomotive a carbone? Non è che io veda tutto nero: ho solo vissuto abbastanza da aver visto, letto, sentito a sufficienza. E poi le leggi della finanza, come tutti sanno, non contemplano l’ interesse pubblico ma solo quello privato.
Ma per ritornare alla marcia sul clima, tutti gli interventi sono stati interessanti, ed ho perduto il concerto perché dovevo e volevo rientrare a Tolmezzo. In particolare ho ascoltato con interesse le parole del Sindaco di Udine, che dava spunti pratici, attuati ed attuabili nel contesto urbano, e l’intervento dell’ on. Arch. Serena Pellegrino, che qui pubblico. Laura Matelda Puppini

Serena Pellegrino. Intervento alla Marcia per il clima, ad Udine. Loggia del Lionello, 29 novembre 2015.

Permettetemi di ringraziare tutti coloro che oggi hanno permesso che questa manifestazione si possa svolgere pacificamente in tutte le città del mondo. Una marcia che avrebbe dovuto svolgersi anche il 12 dicembre a Parigi a conclusione della conferenza delle parti voluta dall’ONU.
Purtroppo sapete che così non sarà. In questi giorni simbolicamente milioni di scarpe saranno silenziosamente deposte dai “marciatori” per dire un fermo NO alle politiche dei governi promotori di azioni che favoriscono le emissioni di co2.

A cappello del mio intervento ci tengo a comunicarvi una notizia che non si vuole far sapere: è di questi giorni la decisione della Corte di Cassazione che ha approvato i sei quesiti referendari presentati da dieci Regioni italiane contro le trivellazioni in mare. È una notizia che sta passando nelle cronache senza troppa enfasi ma che riveste un’enorme importanza, tanto più a distanza di poche ore dall’apertura della conferenza internazionale di Parigi sui cambiamenti climatici. Ora spetta alla Corte Costituzionale dare il via libera ai cittadini per poter dire NO alle trivelle e alle fossili volute dal decreto Sblocca Italia e dal decreto Sviluppo.
Ci mobiliteremo! tutti assieme.
Perché il futuro dei nostri figli e della vita su questo pianeta è preziosa.
Oggi in tutto il mondo milioni di uomini e donne si stanno mobilitando per chiedere ai rappresentati dei governi di trovare un accordo per il clima che possa assicurare un futuro giusto e sostenibile.
Perché quello che è sul tavolo di Parigi ci riguarda, tutti!
Come cittadini e come abitanti di Madre Terra!
Perché è in gioco la nostra sopravvivenza!

L’influenza dell’uomo sul sistema climatico è dimostrata con ricadute disastrose su tutti i continenti ed è colpa dei combustibili fossili che le multinazionali, con gli accordi internazionali, ci continuano a obbligare a bruciare.
Con la concentrazione di biossido di carbonio, che è aumentata a livelli senza precedenti, l’atmosfera e gli oceani si sono riscaldati, la quantità di neve e di ghiaccio è diminuita, il livello del mare si è alzato, la desertificazione interessa sempre più nuove aree, i fenomeni meteorologici devastanti si ripetono con una frequenza mai conosciuta e questo, lo sappiamo, accade sempre più spesso anche nel nostro Paese! A maggio, secondo l’Agenzia americana per gli oceani e l’atmosfera, la concentrazione d’anidride carbonica era di 404 parti per milione, ben al di sopra del livello di sicurezza che corrisponde a 350 parti per milione. È questo il limite posto dal Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici, il cosiddetto l’IPCC, per stare sotto i 2°C della temperatura media globale rispetto all’era pre-industriale.

Il riscaldamento globale sta procedendo più velocemente di quanto si pensasse e molto più in fretta delle mancate risposte che fino ad oggi sono venute dai governi dei paesi industrializzati e dal sistema economico del nostro pianeta.
Dobbiamo gestire i cambiamenti climatici, riducendo fortemente le emissioni costanti di gas serra, altrimenti il rischio di conseguenze gravi accrescerà, sarà generalizzato ed irreversibile sia per l’essere umano sia per gli ecosistemi del nostro pianeta.
I rapporti dell’IPCC hanno fornito dati e scenari che ribadiscono un punto fondamentale: dobbiamo agire, subito!
Gli eventi estremi climatici saranno sempre più frequenti e se non si interverrà subito le fondamenta stessa della nostra società come la sicurezza alimentare e l’accesso all’acqua, l’integrità degli ecosistemi e la salute umana, ma anche le infrastrutture saranno in pericolo, con un impatto immediato sui più poveri e i più vulnerabili, con la continua crescita di conflitti violenti che genereranno milioni di rifugiati climatici: gli eco-profughi!

L’ONU ha stimato che, negli ultimi 20 anni, circa il 90 per cento delle grandi catastrofi planetarie è stato strettamente connesso ad eventi climatici causando enormi perdite umane ed economiche.
Si stima che siano morte 606 mila persone, mentre i danni economici sono misurabili tra i 250 e i 300 miliardi di dollari.
Solo in Italia la spesa dovuta alle alluvioni degli ultimi sette anni, corrisponde a oltre 10 miliardi di euro con una perdita di centoventisei vite umane.
A questo sommiamo che nel 2013 erano 22 milioni le persone che si sono spostate a causa dei cambiamenti climatici, ma secondo le stime dell’ONU nel 2050 raggiungeranno i 250 milioni.
Un bilancio catastrofico.
Nonostante gli appelli delle associazioni, delle Organizzazioni non Governative e dei giuristi, ancora oggi lo status di rifugiato climatico non viene riconosciuto a livello internazionale, e ciò impedisce a milioni di persone la protezione giuridica necessaria alla propria sopravvivenza e al proprio sviluppo.

Nel 2009, alla Conferenza per il Clima che si è tenuta a Copenaghen, venne istituito il Green Climate Fund. Si prevedeva il finanziamento di 100 miliardi di dollari da parte dei paesi industrializzati da destinare a quelli in via di sviluppo con lo scopo di incrementare le loro azioni nella riduzione delle emissioni, nell’utilizzo delle rinnovabili e delle tecnologie pulite e nell’adattamento ai cambiamenti climatici.
Dopo sei anni quel fondo non arriva a 10 miliardi di dollari!
La Conferenza per il Clima si svolgerà a Parigi, nella città colpita al cuore dagli ultimi attacchi terroristici.
Deve essere chiaro a tutti che risolvere le cause che provocano i cambiamenti climatici significa affrontare una delle minacce maggiori alla sicurezza globale.
Uno studio pubblicato dalla National Academy of Sciences dimostra che in Siria il crollo della produzione di frumento, dovuto alla reiterata siccità avvenuta tra il 2008 e il 2010 a causa dei cambiamenti climatici, sia all’origine del conflitto scoppiato nel Paese e alle migrazioni di parte di quel popolo.
Dalla perdita di cibo e di acqua si scatenano i conflitti peggiori. E Noi non saremo esenti.
Tanti cambiamenti negati stanno avvenendo troppo in fretta.
In solo due generazioni le attività umane hanno oltrepassato la capacità della Terra di sostenere le nostre società in modo stabile.
Il testo negoziale da cui si parte a Parigi, prevalentemente a causa della mancanza di volontà politica da parte degli attori chiave, non consente ancora di assumere impegni concreti, vincolanti, di riduzione delle emissioni clima-alteranti.
Voglio ricordare che al summit sul clima del 2013, per superare lo stallo nel negoziato, fu scelto di lasciare alle nazioni la facoltà di decidere in che misura si volevano impegnare per contenere l’effetto serra. Una scelta positiva perché ha permesso ai governi di sentirsi partecipi caricandoli di un forte senso di responsabilità sulla lotta ai cambiamenti climatici.
160 Paesi, che rappresentano il 93% delle emissioni globali, hanno comunicato ufficialmente i loro obiettivi, gli impegni e le azioni che i Governi nazionali intendono adottare per la riduzione delle emissioni globali di gas serra post-2020. Ma adesso che sono stati resi noti, possiamo affermare che gli impegni volontari manifestati dai Paesi non saranno sufficienti a contenere il riscaldamento al di sotto dei due gradi centigradi della temperatura media globale.
È questo il motivo per cui si teme il fallimento della COP21.
Perché questi sono solo i propositi, non le reali agende politiche dei governi.
Secondo l’IPCC in assenza concreta di politiche correttive rischieremmo l’aumento dai 3,8 o 4,5 gradi centigradi.

In Italia stiamo già registrando un trend di aumento di temperatura pari a più del doppio di quello globale. Quest’anno si avvia ad essere il più caldo da quando, alla fine del 1800, si sono iniziate a registrare le temperature atmosferiche.
Secondo il Centro euro-mediterraneo per i cambiamenti climatici entro la fine di questo secolo la temperatura italiana rischia di arrivare a più 7,5 gradi in alcune aree del Sud. Sarà impossibile fare agricoltura, scompariranno i ghiacciai alpini sotto la quota di 3.500 metri. Diminuirà radicalmente la disponibilità di acqua. L’agricoltura nei prossimi trent’anni rischia il taglio delle rese del 50 per cento nelle coltivazioni di riso, grano e mais e un allargamento degli attacchi parassitari.
I cambiamenti catastrofici del clima che stiamo volontariamente scegliendo di imporre ai nostri figli, e a tutte le generazioni dopo di loro, non potranno plausibilmente essere annullati per centinaia e centinaia di anni.
Dalla organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) viene un ammonimento chiaro: “Il tempo gioca contro di noi. Il biossido di carbonio resta per centinaia di anni nell’atmosfera ed ancora più a lungo nell’oceano. L’effetto cumulativo delle emissioni passate, presenti e future di questo gas si ripercuoterà sia sul riscaldamento del clima che sull’acidificazione degli oceani.
Le leggi della fisica non sono negoziabili” !

E’ ancora possibile fermare il peggio – praticamente senza alcun impatto sulla crescita, come hanno chiarito gli scienziati dell’Ipcc – ma se non agiamo subito le generazioni future non potranno adattarsi alla rovina climatica che stiamo per consegnargli.
Dobbiamo assolutamente abbandonare progressivamente l’approvvigionamento da fonti di energia fossile e raggiungere il 100 per cento di energia proveniente da fonti rinnovabili entro il 2050, ma il governo italiano si è posto come limite il 2100.
È necessario pianificare e procedere a una riconversione non solo del settore energetico, ma anche di quello edilizio, agricolo, zootecnico e soprattutto quello dei trasporti. È indispensabile promuovere l’economia circolare! Un approccio completamente diverso rispetto alla crescita e allo sviluppo come l’abbiamo conosciuto e sostenuto in questi decenni, che hanno prodotto una ricchezza effimera. Uno sviluppo realizzato a scapito della nostra stessa sopravvivenza sulla terra. Il consumo delle risorse in modo indiscriminato non può continuare.
È necessario un progressivo arresto del consumo del suolo, la rigenerazione e riqualificazione dei centri abitati, la manutenzione del territorio nel contrasto al dissesto idrogeologico, la manutenzione delle reti idriche; non ci possono essere più soluzioni ex post. A danno avvenuto.
È sempre più necessario attuare misure di fiscalità ambientale, quali la carbon tax, e istituire forme di controllo popolare e pianificazione partecipata degli interventi che siano in grado di incidere sulle politiche ambientali.

La pianificazione del territorio che non può più perseguire le linee fin qui adottate. Troppi immobili sono stati edificati in norma agli strumenti urbanistici ma completamente fuori dalle leggi ambientali e così ci troviamo ad ogni pioggia a piangere i nostri morti.
Abbiamo l’obbligo di ricostruire il patto armonico con la Natura.
Questa è l’unica strategia che potrà darci risultati concreti non certamente la cosiddetta geo-ingegneria o ingegneria climatica, una vera e propria manipolazione del clima di cui sono ignoti gli effetti su larga scala. Questi progetti, assieme allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio, sono proposti, non a caso, dai responsabili del riscaldamento globale per non ridurre le emissioni inquinanti. Il rimedio sarebbe peggiore della causa e le conseguenze non governabili.
Perché l’appuntamento di Parigi non fallisca vogliamo che gli accordi che verranno decisi siano vincolanti e globali, con obiettivi determinati, monitorabili e aggiornati.

È positivo che tanti oggi citino l’Enciclica “Laudato si’”, la prima dedicata all’ambiente, dove Papa Francesco rivolge un appello a tutti noi: «L’umanità è chiamata a prendere coscienza della necessità di cambiare stili di vita, di produzione e di consumo, per combattere questo riscaldamento o, almeno, le cause umane che lo producono e lo accentuano».
Parole che tutti noi pronunciamo, inascoltati, da decenni.
Dobbiamo essere convinti che è ancora possibile fermare il peggio, disponiamo ancora per poco tempo di opzioni utili a mitigare e ad adattarci a questi cambiamenti perché abbiamo tutte le conoscenze per farlo.

L’essere umano è passato dall’essere una piccola presenza su un grande Pianeta a una presenza devastante su un Pianeta che scopriamo sempre più piccolo e interconnesso. Si tratta di un cambiamento radicale che necessita di una nuova consapevolezza.
Ci dobbiamo rendere conto che condividiamo un pianeta, condividiamo un’atmosfera, condividiamo un sistema climatico: è ora di agire, subito!
E il nostro futuro dipende da cosa saremo in grado di fare.
Dobbiamo ricordare ai nostri governi e a tutti noi che abbiamo, una volta per tutte, la possibilità di ammettere che siamo Custodi di questo Pianeta e non Padroni.

Onorevole arch. Serena Pellegrino.

Pubblicato con il permesso dell’on. Serena Pellegrino, da: http://www.serenapellegrino.it/. L’ immagine che correda l ‘articolo è tratta dalle immagini inviate da Avaaz. Laura Matelda Puppini

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