Il 20 gennaio 2017 scrivevo, su www.nonsolocarnia.info, un articolo intitolato: “No alla X Mas nelle sedi istituzionali della Repubblica italiana. Motivi storici”, e commentandolo, Lorenzo De Min mi invitava a leggere, nel merito, Sole De Felice. La Decima Flottiglia Mas e la Venezia Giulia. 1943-1945, edizioni Settimo Sigillo, 2000. Ho accettato l’invito ed ho letto il volume. Riporto pertanto qui alcune considerazioni sullo stesso.

Non so, francamente, come Sole De Felice possa essersi laureata con il massimo dei voti in Storia Contemporanea con questa dissertazione sulla Decima Mas (Sole De Felice, op. cit., Introduzione, p. V.), perché a me pare molto lacunosa sia nel titolo che nella contestualizzazione, sia nella chiave di lettura, (che in storia non può essere fantasiosa ma deve essere rigorosamente scientifica), che nella bibliografia.  

E chi presenta il volume è Bartolo Gallitto, avvocato del Movimento Sociale Italiano- Destra Nazionale, marò nella Decima e presidente dell’associazione combattenti Decima flottiglia Mas, che nell’introduzione scrive questa sua opinione personale: «Indubbiamente tempi bui ed incerti, ma altrettanto indubbiamente va rilevato che la causa non poteva essere sbagliata se si concretizzava, come del resto riconosciuto, nell’estrema difesa del suolo della Patria, contro le orde di invasori comunisti, il cui ruolo internazionale, ora ingloriosamente crollato, ha travolto molti suoi sostenitori nostrani, così come ha rammentato il ben noto Romolo Gobbi nel suo altrettanto noto “Il mito della Resistenza”: di loro la storia ricorderà soltanto le atrocità ed i proditorii assassinii». (Bartolo Gallitto, Introduzione, p. IX, Sole De Felice, op. cit.) il che non sta né in cielo né in terra, perché la Decima collaborava con i tedeschi, e lottava contro i partigiani, definiti allora e poi ‘patrioti’, perché volevano cacciare i nazifascisti dal suolo italico, rendendolo agli italiani e sognando la fine del fascismo ed un governo democratico. Romolo Gobbi, poi, è ben strano personaggio, passato dalla collaborazione con ‘Quaderni rossi’ e ‘Classe operaia’, e dalla vicinanza ideologica ai gruppi di ultrasinistra, a sostenitore di ben strane teorie quali quella che la «Resistenza fu un espediente della sinistra per assolvere gli italiani che erano stati fascisti», (https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/08/29/la-resistenza-un-mito-da-buttare.html) che fa da sfondo al volume citato da Bartolo Gallitto.

Il primo limite del volume è relativo all’argomento scelto: ‘La Decima Flottiglia Mas e la Venezia Giulia 1943-1945’, in primo luogo perché la Xa fu in Venezia Giulia, o, correttamente, nella Zona di Operazioni del Litorale Adriatico, inizialmente e poi dal dicembre 1944 al gennaio 1945 al seguito dei tedeschi, ed utilizzata in una fase di azione fra le tante, per impedire l’afflusso di viveri ai partigiani dell’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia e permettere il deflusso verso la Germania dei soldati nazisti in ritirata dai Balcani, per poi ritornare in Veneto. Infatti, così scrive Luca Valente nel suo: “La Decima Mas nel vicentino: una prima ricognizione, in: Quaderni Istrevi, n. 1/2006, a p. 60: «Poco dopo la sanguinosa battaglia di Tarnova della Selva la Decima Mas rientrò in Veneto: la maggior parte delle unità si acquartierò nel Vicentino nel febbraio-marzo del 1945. Un gruppo si sistemò tra Padova e Vicenza, e venne schierato a scaglioni, un altro si suddivise tra Thiene, ove si locò pure il gruppo comando guidato dal generale Giuseppe Corrado, Carrè, Chiuppano, Bassano e Marostica. (Ivi, p. 60). Ma non è l’unica fonte nel merito.

Pertanto non è vero che a Tarnova si impedì la “corsa per Gorizia”, salvando l’italianità, perché esisteva ancora l’Ozak nel dicembre 1944 – gennaio 1945, ed azioni dei tedeschi, compiute assieme a truppe collaborazioniste, contro partigiani ed alleati vi furono prima e dopo l’intervento della Decima Mas nella selva di Tarnova, nel contesto della seconda guerra mondiale, non ancora terminata. (Cfr. Storia della collaborazionista X Mas con i nazisti occupanti, dopo l’8 settembre 1943. Per conoscere e non ripetere errori., in: www.nonsolocarnia.info).

Mi pare poi invero quasi fantascientifico, sostenere, come fa la De Felice, che «Borghese costituì la Divisione Xa con l’obiettivo principale di inviarla in Venezia Giulia» (Sole De Felice, op. cit., p. 86) pensando di «dedicare il periodo piemontese al suo addestramento» (Ibid.), e che «Ciò nonostante sarà coinvolta in quella ‘guerra civile’ da cui, in fondo ingenuamente, contava di restar fuori» (Ibid.). E sempre la De Felice pare sostenga seriamente, non si sa come, che allora si era diffusa in molti italiani la sensazione che l’8 settembre avesse significato non solo la sconfitta militare, ma qualcosa di molto più grave e profondo vale a dire la ‘morte della Patria’, cioè «la fine della nazione come vincolo di appartenenza ad una realtà etico – politica consapevole della ‘propria ragione storica’». (Ivi, p. 49). Ora che la fuga del Re e di Badoglio non avesse creato l’idea dello sfacelo dell’Italia come Nazione, ma avesse creato davvero detto sfacelo non vi è dubbio, ma chi mantenne allora saldo il vincolo etico – politico della Nazione italiana fu il movimento partigiano, che ebbe centinaia di martiri e di torturati per rendere l’Italia agli italiani. Inoltre non si sa perché la De Felice, dopo aver inventato la categoria degli ‘afascisti’, che mi è invero nuova, completi il quadretto dello sfacelo dell’idea di Nazione, (che potrebbe quindi giustificare il passaggio ai tedeschi della Decima, tanto la Patria come idea etico- politica non c’era più), con una citazione di Curzio Malaparte (Ivi, p. 51) che notoriamente è uno scrittore e non uno storico, per screditare, a mio avviso, gli ufficiali del Regio Esercito Italiano, riprendendola da altro autore e cioè Renzo De Felice. Le righe sono tratte da ‘La Pelle’, romanzo ambientato nella Napoli liberata in preda a peste e dissoluzione, che nulla ha a che fare con l’R.S.I., l’occupazione tedesca, Ozak e Ozav.  Ma pare che la De Felice, od ambedue i De Felice, in questo caso, amino i voli pindarici. 

Altro limite del volume, scritto quasi del tutto su fonti non documentaristiche tranne che per quel che riguarda mezzi d’assalto ed altri argomenti generali relativi alla storia della Marina Italiana, sta nella bibliografia citata, che non tiene conto di quanto emerso nei processi di Vicenza e Treviso, pur essendo già stato pubblicato il volume di Federico Maistrello, La Decima Mas in provincia di Treviso. Fatti e documenti., ed. Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea della marca trevigiana, 1997, e dimentica gli orrori perpetrati dalla Xa Mas in Liguria, Piemonte, Veneto, Pordenonese, e dovunque si fosse recata dopo l’8 settembre, liquidandoli con l’asserzione che non si vogliono negare «i rastrellamenti e le fucilazioni compiute dalla Decima in Piemonte, dal Canavese al Monferrato, in Friuli e in Lombardia, nell’ambito di azioni di controguerriglia». (Sole De Felice, op. cit., p. 86).

Così facendo, la De Felice nega le torture e le azioni contro i civili inermi, spacciandole per mera controguerriglia, come se l’orrore ed il terrore, dovunque essa si fosse portata, non fossero stati causati dalla Decima Mas ma non si sa da chi, forse dai partigiani che potevano starsene a casa e collaborare. Inoltre, cita come fonte, più volte, il volume di Junio Valerio Borghese, Decima Flottiglia Mas. Dalle origini all’armistizio, Garzanti, 1950, scritto all’indomani dei processi dal comandante della Decima, oltre Junio Valerio Borghese, Junio Valerio Borghese e la X Flottiglia Mas, dall’ 8 settembre 1943 al 26 aprile 1945, (a cura di Mario Bordogna) Milano, Mursia, 1995;  Renzo De Felice, Mussolini l’alleato, vol. II, Einaudi ed., 1997, pubblicazione postuma; Giorgio Pisanò, Gli ultimi in grigioverde, Storia delle Forze Armate della Repubblica Sociale Italiana, Mi, FPE, 1967-69; Giampaolo Pansa, Borghese mi ha detto, Mi, Palazzi, 1971; Giampaolo Pansa, Il gladio e l’alloro. L’esercito di Salò, Mi, Mondadori, 1993, dimenticando di attingere più ampiamente dal documentatissimo volume di Ricciotti Lazzero, intitolato ‘La Decima Mas. Compagnia di Ventura del Principe Nero’, Rizzoli, Milano, 1984, da cui prende un paio di citazioni evitando l’impostazione del volume, e, come già detto, di riportare i processi post- bellici a rappresentanti della Decima Mas ed al suo comandante, su cui, bellamente glissa. E ho citato solo alcune delle fonti di parte. È chiara, poi, la tendenza della De Felice a minimizzare la dipendenza della Decima Mas dai tedeschi, e massicciamente portarla alle dipendenze di Mussolini, come invece non fu, e l’autrice tenta di dare una personalissima visione dei motivi che spinsero la Decima a cercare contatti con il nemico, cioè con l’Osoppo ma anche meno conflittuali con l’R.S.I., che invece potrebbero aver avuto come motivazione, quando fin dall’ottobre 1944 Borghese sapeva che la guerra era perduta (Sole De Felice, op. cit., p. 91), lo sganciamento progressivo dai tedeschi e l ‘entrata nell’ alveo delle forze accreditate come italiane, cioè di quelle dell’ R.S.I., al fine di salvarsi la pelle, salire in qualche modo sul carro del vincitore, con la scusa dell’ italianità di Trieste e del pericolo rosso. Ma sganciarsi dai nazisti non era cosa facile.

Non da ultimo, onestamente, sostiene che deve molto, per la stesura del volume, a Sergio Nesi, che era stato ufficiale della Xa, a Mario Bordogna, che, nel 1944, divenne ufficiale d’ordinanza del comandante Borghese, ed al dott. Mario Sansucci, che combatté con il Brg. Lupo, (Sole De Felice, op. cit., p. XI) non esenti, credo proprio, dall’essere di parte su questo argomento. E pare quasi che il volume sia un tentativo di difesa della Xa Mas, francamente indifendibile.

Per quanto riguarda quanto citato dall’Archivio Ufficio Storico Stato Maggiore Marina, esso riguarda o genericamente i mezzi d’assalto della Marina Italiana, (Cfr. nota 12 p. 9; nota 51 a p. 20 e altre), o dati statistici); e per quanto riguarda i riferimenti all’Ufficio Storico della Marina Militare, essi riguardano argomenti generali relativi alla Marina Militare Italiana, alla sua storia ed all’armamento e sua evoluzione nel tempo.  

Altro volume più volte citato come fonte è: Guido Bonvicini, Decima Marinai! Decima Comandante! La fanteria di marina 1943-1945, Mi, Mursia 1988-1989, ampiamente criticato da Federico Maistrello, in: La Decima Mas in provincia di Treviso. Fatti e documenti., ed. Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea della marca trevigiana, 1997, a p. 15, per le affermazioni in esso contenute, come per esempio, quella che voleva che i partigiani non dessero fastidio, e che, grazie al vescovo di Vittorio Veneto, nel trevigiano essi si fossero accordati con i marò, per non intervenire l’uno contro l’altro. Detta tregua, sempre secondo Bonvicini, venne rotta dai partigiani che attaccarono i poveri marò disarmati, ma tali opinioni personali non hanno documentazione a supporto, come non l’ha quella che vuole i marò aver fatto un rastrellamento sul Cansiglio, nel corso del quale non successe assolutamente niente.  Pare quindi che per Bonvicini il trevisano fosse, ai tempi della X Mas, una specie di isola felice, dimenticandosi di citare ben altri fatti, scenari, storie.

Relativamente alle fonti orali, la De Felice ha riportato o ripreso i racconti di: Mario Bordogna, Mario Sansucci e Sergio Nesi, a cui dedica una lunga intervista a fine volume, cioè fonti di parte, mentre manca una qualsiasi intervista a chi, in particolare civile, patì tutto l’orrore di cui si circondò la decima Mas collaborazionista dei nazisti e per nulla patriota. Eppure non mancavano fonti nel merito.

Per quanto riguarda la parte relativa alla Decima Mas nella Venezia Giulia, azione collocata temporalmente fra dicembre 1944 e gennaio 1945, che implica l’utilizzo in particolare del Btg. Fulmine, quando già si sapeva che la guerra era perduta, le fonti utilizzate dalla De Felice sono sempre di parte, e confondono il problema cosiddetto delle ‘foibe’ con l’invio da parte nazista della Decima nella selva di Tarnova, per aprire la via di fuga ai soldati tedeschi in ritirata dai Balcani e per tagliare la via di rifornimento viveri al IX° Korpus.  Per inciso relativamente al termine ‘foibe’ anche Roul Pupo e Roberto Spazzali riconoscono l’uso non storicamente corretto del termine per indicare fatti accaduti nel dopoguerra (Raoul Pupo Roberto Spazzali, Foibe, prima ed. Mondadori 2003, seconda ed. Il Giornale, 2017, p. 2), ma sicuramente è termine emotivamente pregnante. E intorno alle ‘foibe’ vi era un vissuto anche precedente, tanto che la citatissima frase “A Pola xe l’Arena,/ La “Foiba” xe a Pisin” era  stata pubblicata da vate Giulio Italico, al secolo Giuseppe Cobol (poi italianizzatosi in Cobolli Gigli) sul suo: “Trieste. La fedele di Roma” nel 1919. Inoltre anche dal punto di vista geologico sulle ‘foibe’ si dovrebbe fare chiarezza, perché anche Pupo e Spazzali riconoscono che la cosiddetta ‘foiba’ di Basovizza era in realtà un pozzo minerario scavato all’inizio del XX secolo dall’impresa Skoda, per intercettare una vena di carbone, e che veniva chiamata dalla popolazione slovena ‘šoht’, cioè , per l’appunto, pozzo. (Ivi, p. 225).

Ed ancora: Sole De Felice si sofferma su aspetti politici vari, che ben poco interessavano a chi combatteva sul campo, che fosse partigiano italiano, sloveno jugoslavo, soldato repubblichino o della Decima Mas, cercando di far passare l’idea che questa si fosse magari mossa in Venezia Giulia al servizio del governo del Sud, il che non è vero. Insomma il volume della De Felice, a mio parere, non è un buon libro, è un libro che a me sembra politicamente connotato da una linea di destra, che dimentica molto e ricorda poco.

Scrivo questo senza voler in alcun modo dare giudizi sull’autrice e senza voler offendere alcuno, perchè i giudizi si danno sui testi, non facendone derivare giudizi morali sulle persone che li hanno prodotti, e senza voler offendere alcuno.

Laura Matelda Puppini

L’immagine che accompagna l’articolo è tratta da: http://web.tiscali.it/latorrevalcanneto/recensioni/intervista_sole.htm, e rappresenta la copertina del volume. Laura M Puppini.

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