Sfogliando i miei numerosi appunti, ho trovato dei fogli di scarto riempiti di note su di un incontro di Innovalp (1), attività conoscitiva e propositiva gestita da Cramars di Tolmezzo, che mi pare ponga degli spunti interessanti di dibattito ed azione.

Inizio dicendo che si è nuovamente parlato, nel corso di detto incontro, che ritengo sia quello tenutosi il 28 marzo 2019, di riabilitazione della montagna, in una Italia ove i territori in declino comprendono il 50% dei comuni sopra gli 800 metri e si estendono per migliaia di chilometri di suolo patrio e dove la montagna ha perso da 1 a 5 abitanti per mq.
Ed ormai, per la montagna, si può parlare di impoverimento e depauperamento del patrimonio fisico ed umano, oltre che di perdita di socialità e scambio anche fra persone e popoli. Ma questo fenomeno pare non tocchi solo l’ambito alpino ed appenninico, ma intere regioni, come per esempio la Calabria, e, fra poco, il Friuli Venezia Giulia.
E questo depauperamento totale rischia di mandare in crisi sistemi territoriali complessi, trascinando poi, di conseguenza, in un vortice anche i centri della pianura.

La risposta a tutto ciò è dare la possibilità di rigenerazione ai luoghi attraverso una progettualità che coinvolga una pluralità di soggetti. Ma siamo sempre a livello teorico. Inoltre è importante salvaguardare l’autenticità dell’architettura alpina, ma sposando pure sicurezza e comodità.

Queste considerazioni venivano riportate da Maurizio Ionico, urbanista, mentre Giovanni Tubaro, architetto, docente all’università di Udine, riproponeva, per la montagna, il ‘social housing’, cioè una tipologia  di interventi sul tessuto abitativo e sui paesi atti a tener conto di più obiettivi quali, per esempio: il supporto alla costruzione di una comunità di abitanti, la progettazione di spazi collettivi condivisi ed aperti, la proposizione di strumenti per la ricerca e l’innovazione sociale. (2). E forme di social housing potrebbero comportare il trasferimento in montagna di famiglie, ponendo affitti a basso costo, ma ahimè, se mancano lavoro e servizi, oltre che di fatto comunità, io credo che sia molto difficile attuare un progetto che potrebbe andar bene per le periferie delle città, che però già trasudano di abitanti.

Ma Giovanni Tubaro non si fermava qui, e proponeva, per la montagna, anche un approccio trasversale ai problemi che vedesse nella valorizzazione del paesaggio antropico un proprio fulcro. Ma siamo sempre alla teoria, penso tra me e me, mentre qui si sta lottando contro le centraline, le moto e i 4×4 che percorrono indisturbati i nostri territori, come ne fossero i padroni.

Non solo: per poter iniziare a svolgere una politica attiva per la montagna ci vorrebbero sia i luoghi del dialogo, sia una comunità attiva e partecipe, sia politici rappresentativi della volontà popolare, che mancano tutti in questa Italia.

Marco Bussone ha quindi lanciato alcune proposte pratiche indispensabili per mantenere il tessuto sociale in montagna: premiare i negozi di vicinato, richiedere la presenza almeno di uno sportello postapay e bancario e di un ufficio postale che possa diventare pure centro di aggregazione con la farmacia. Ma ci sono dei piccoli problemi nella realizzazione di questi obiettivi: che detti servizi vengono forniti da privati, che magari non hanno utile alcuno a operare in piccole realtà paesane.
Pertanto, come ha sottolineato Bussone, essi possono venir raggiunti solo attraverso un accordo con Federfarma e Poste Italiane, che si è già impegnata, bontà sua, a non chiudere più sportelli minori. Ma domani potrebbe cambiare idea.

E di fatto non abbiamo una statistica dei servizi presenti nei paesi della Carnia, della val Canale, del Canal del Ferro, che ci potrebbe dare un quadro della possibilità di vita in detti centri, né sul trasporto pubblico. E la sanità è allo sfacelo, come i servizi socio- assistenziali, in tutto il Fvg, par di capire, tranne forse Udine, a causa pure della scelta scellerata, non fatta però da questa giunta né credo dalla pregressa, di uscire dal ssn e passare al ssr, senza una analisi di ciò che avrebbe comportato realmente e dei costi, quando esisteva in Fvg un sistema che era in bilico ma rispondeva alle esigenze territoriali.

E, sempre secondo Bussone, resta prioritario il problema di ‘riabilitare ‘ luoghi’ abbandonati per vari motivi.  Per esempio eventi naturali, come un terremoto, tanto per fare un esempio, possono diventare acceleratori di disgregazione sociale e spopolamento, ed all’Aquila la tanto discussa ricostruzione ha portato i precedenti abitanti della città a muoversi al di fuori della stessa.

Non da ultimo, si è sottolineato, nel corso dell’incontro, come si debba uscire dai contributi a pioggia, cosa per altro sostenuta fin dagli anni ’70 per esempio dal gruppo Gli Ultimi, aiutando solo la progettualità propositiva, anche attraverso una fiscalità differenziata per le aree marginali.

Però io ho ascoltato Torrenti a Lauco, ad uno degli incontri del Pd per il primo maggio, che, rispondendo a Carpenedo, diceva che a suo avviso la sola fiscalità differenziata non risolve ogni problema perché essa può essere un aiuto per chi ha un mercato, ma senza un mercato e quindi un guadagno, una attività produttiva e commerciale è destinata a morire.
E ci sono, è vero, singole esperienze di recupero e riqualificazione dei borghi positive, descritte nell’ incontro, ma io mi chiedo se, ora come ora, possano fungere da modello generalizzato.

Santo Stefano di Sessanio, per esempio, paese arroccato dell’Abruzzo, ora fra i borghi più belli d’Italia, è stato acquistato in toto da privati e trasformato in luogo per un turismo di nicchia. Questa soluzione, che io non augurerei mai a nessun luogo della Carnia, ha comportato però un grosso problema: quello del dialogo tra i fruitori di un turismo per ricchi e la popolazione residua.
Attualmente però, piuttosto che la vendita a privati di un paese intero, che non pare soluzione ottimale, si tende, sempre secondo i relatori all’incontro citato, a ravvisare nelle cooperative di comunità le forme migliori di economia funzionale al territorio. Ma per fare cooperative, ci vuole popolazione attiva, non solo quattro vecchi.

E, per illustrare una esperienza positiva di cooperativa, si è narrato come, nel leccese, 70 pastori di greggi di pecore si fossero uniti in cooperative, e fossero riusciti a generare, con il loro lavoro, 700.000, 00 euro di fatturato. Ma in Carnia non ci sono pastori e credo che la scelta di dedicarsi alla pastorizia sia veramente di nicchia, per non dire di quattro gatti.

Ed un altro problema della montagna nazionale è il possibile abbandono, piano piano, di nuclei abitati. Così, per non perdere pure patrimonio abitativo, in Piemonte, ad Ostana, borgo in pietra posto ai piedi del Monviso e disabitato totalmente fin dalla seconda guerra mondiale, l’amministrazione comunale ha deciso di intervenire a salvaguardia dello stesso, assumendo la funzione di portatrice di innovazione ed iniziativa, o di start up per dirla con un termine alla moda.
Ed attualmente Ostana non solo è entrato a far parte, pure lui, dei borghi più belli d’Italia, ma ospita iniziative di alto livello, come il festival della biodiversità linguistica, con il premio Ostana, o il centro di studio e ricerca dei fiumi alpini (Alpstream), gestito dal Parco del Monviso, che potremmo conoscere meglio e magari contattare.

E certamente bisogna attuare una politica che dia valore aggiunto alle aree marginali della penisola, solo che in Carnia mancano conoscenze e il desiderio di impegnarsi in scambi e contatti.

Un’altra esperienza di recupero lavorativo ed abitativo è stata fatta a Revertino Calabro, in provincia di Catanzaro, dalla società Entopan (3) ed è stata narrata, all’ incontro Innovalp, da Gennaro di Cello, vice-presidente della stessa. Però si trattava di altri tempi.

Revertino è un paese che sta in una Calabria sempre più vuota ed abbandonata. Il recupero e la valorizzazione globale del paese con la sua cultura, tradizione e territorio trasformati in possibilità, inizia nel 1977, con il progetto ‘Snaif’ (4) per la Sila catanzarese. Allora vi erano già in loco il lanificio Leo, sorto nel 1885, una fabbrica per arredi di proprietà di Camillo Siriani, e una tipografia.

Il lanificio, quando venne interessato dal progetto, era sull’orlo della chiusura, aveva un grande patrimonio di impresa, e possedeva antichi stampi in legno di grande interesse ed introvabili altrove. Il progetto per rilanciarlo comportava la creazione di un museo tessile e contadino e la realizzazione di un festival, che poi è durato 10 anni, aperto in particolare ad architetti creativi che portassero idee ed esperienze in loco.
Così, alla fine, le antiche macchine hanno ripreso a funzionare, l’opificio tessile è stato ‘rigenerato’ ed ha prodotto tessuti di alta qualità e design, affinando competenze tecniche e creando nuovi posti di lavoro, utilizzando pure gli antichi strumenti e saperi e riallacciandosi al fare e saper fare, ed alle esperienze locali di artigianato. Ed anche la tipografia ha ripreso a funzionare in modo attivo.

Certamente- ha sottolineato però di Cello – i risultati ottenuti con il lanificio e la tipografia necessitano di una rete collaborativa e di una piattaforma culturale senza le quali gli stessi sono impensabili. Ma anche noi abbiamo la tessitura carnica, solo che è avulsa da qualsiasi altro contesto, e pare sia mera industria di produzione e vendita, come tante altre, come lo sono i tanti produttori di salami, formaggi e prodotti agricoli, gli artisti del legno, senza nulla che unisca le diverse esperienze.
E mi ricordo che quando andai a chiedere all’ufficio turistico in via della Vittoria a Tolmezzo se avessero qualche dépliant illustrativo dei biscotti ‘esse’ mi fu dato un foglio verde scritto fitto fitto ed illeggibile sui diversi punti vendita, per ‘par condicio’. Ma ditemi un po’ voi.

Per quanto riguarda il recupero abitativo, l’Unione Europea ha deciso di prendere in considerazione piani concreti per paesi posti in alta montagna, da sottoporre anche ad adeguamento antisismico se necessario.

Inoltre nel corso dell’incontro si è parlato pure di cohousing per gli anziani, che non significa però una soluzione da casa di riposo attuale, che è più similare ad un luogo di concentramento di ultra agé che altro, sotto la vigilanza di personale socio- assistenziale ed infermieristico, che dona una connotazione esclusivamente sanitaria all’insieme, con una comunicazione spesso falsata da chi ordina e chi subisce.

Progettualità alternative per la montagna e per gli anziani richiedono però un intervento primario di ‘rigenerazione sociale’, ed ogni ‘rigenerazione’ di borghi presuppone la presenza di persone che li abitino stabilmente. E ci sarebbe ora, magari, chi abbandonerebbe le periferie delle grandi città per vivere in un contesto più vicino alla natura, ma per mantenere una popolazione stanziale ci vogliono lavoro e servizi. Altrimenti per ben che vada, i borghi si trasformeranno in villaggi turistici o degraderanno, con perdita di unità abitative, di spazi organizzati in modo antropico e di aspetti legati alla cultura ed alla società.

Attualmente il Piemonte ha approvato un grande progetto di recupero e rigenerazione delle aree montane, che comprende sia il recupero dei borghi sia attività in forma cooperativa e la nascita di una comunità cooperativa. Ma quale comunità cooperativa, si potrebbe intravedere per la Carnia? Chiediamocelo.

Inoltre nel corso dell’incontro, è stato detto che il dibattito, la progettualità e la messa in essere della stessa devono necessariamente coinvolgere la politica. Ma qui come là, si fa per dire, sono proprio i politici i meno sensibili a certi temi. Che dire, per esempio, del Parco Storico Giuseppina Le Maire a Camigliatello silano che langue, mentre gli spazi abitativi e non della Colonia continuano a deperire, da che mi dice Nella Matta Rocca?  Nel caso specifico la progettualità è stata evidenziata già nel 2011/12, ma perché e dove si è interrotta? Non solo: perché nessuno parla più di baita Torino, in Carnia, perché non si vuole donare uno spazio degno di questo nome per un museo alla resistenza carnica, perché non rivedere in senso più moderno i musei locali? Perché non mancano esempi nel merito, come non mancano esperienze di banca etica, secondo i relatori dell’interessantissimo incontro.

Eppure l’Unione Europea ha riconosciuto il valore dei territori detti ‘aree interne’ ed ha sposato il concetto di dimensione territoriale dello sviluppo, magari forse un po’ troppo tardi dico io, dopo aver appoggiato l’accentramento ‘urbi et orbi’, come ci aveva ben illustrato un relatore (5) ad un incontro di Future Forum. Eppure allora già si parlava di “cancellazione dei luoghi”. Si giungerà forse a questo? Ma cancellare luoghi significa cancellare bagagli culturali, esperienziali, territoriali.

Attualmente le leggi ci sono, la possibilità di interventi con fondi europei per le aree interne anche: ora capisco che il covid impera, anche grazie a chi se ne frega di sé stesso e degli altri, ma si può pensare anche a progettare il futuro, non solo a parole.

Ma perché nessuno è capace di farlo?

Su: Sintesi del convegno “Verso il parco storico ‘Giuseppina Le Maire’ op. cit., vengono riprese alcune considerazioni di Oreste Dito, riferibili ai primi ‘900 (6) sulle caratteristiche della borghesia e sul suo ruolo, ed egli riteneva che un reale progresso fosse possibile solo in presenza di una classe borghese colta ed illuminata «morigerata, laboriosa, produttrice» (7). Ed anche la grande esperienza di rinnovamento sociale in Carnia, realizzato con il gruppo delle Cooperative Carniche ai primi Novecento, fu caratterizzata dal felice incontro fra alcuni soggetti di una borghesia colta e produttrice, ed una base operaia e paesana, che però aveva imparato all’estero molto, ai cui problemi detta borghesia cercò di dare risposta. Perché senza Vittorio Cella, il manager del gruppo delle Carniche, Riccardo Spinotti ed altri, senza i loro contatti nel circuito dell’alta Italia, questa grande esperienza di crescita non avrebbe avuto luogo.

Ma che classe politica e borghese abbiamo oggi in Carnia?

A me pare che la classe politica italiana attuale, salvo qualche eccezione, e in particolare locale, sia incapace di pensare in modo sistemico e produttivo, abbia rinunciato a volare alto, abbia rinunciato a qualsiasi progettualità per il territorio degna di questo nome, e si perda in sterili discussioni per mantenere la sedia, in scaramucce da quattro soldi, puntando sempre e solo alle prossime elezioni ed a pararsi il culo, e scusatemi la frase politicamente scorretta, ma rende l’idea.

Ed è inutile piangersi addosso continuamente perché la Carnia si spopola e via dicendo, ripetendo ossessivamente le stesse cose, se non si cercano soluzioni che, a mio avviso, non si possono chiedere a noi cittadini della Carnia che abbiamo già fatto le nostre richieste, riassunte nel mio: ‘Piano paesaggistico regionale e richieste della popolazione carnica’, in: nonsolocarnia.info.

Ed alcune vie per migliorare sono già state espresse proprio negli incontri per detto piano paesaggistico ed in altre sedi, tanto che ho scritto un articolo intitolato: ‘Un progetto per la Carnia già scritto a più mani’, leggibile in: nonsolocarnia.info. Ma ‘Aspettare Godot’ è più facile, che fare, presumo, che sposare ‘pensiero ed azione’, per dirla con Giuseppe Mazzini. Con queste considerazioni chiudo questo mio, sperando in qualche commento, e scusandomi con chi, per qualche motivo si sentisse offeso, anche se si dovrebbe aprire un vero dibattito pure su questa società del rancore (8), dell’ ‘io sono io’ e guai a chi dice qualcosa che non mi aggradi, guai a qualsiasi critica, come si vivesse con una classe politica e borghese, in Italia, formata da tanti re sole, che si sentono costantemente presenti su di un possibile palcoscenico giudiziario, che ben poco appartiene alla realtà, sbaragliando il dialogo, in un clima di perenne opposizione.

E con questo input, chiudo questo mio.

Laura Matelda Puppini

Note.

(1) Non ho segnato l’incontro da cui ho preso queste note, ma verosimilmente è Innovalp 2019, 28 marzo 2019, ‘Riabilitare la montagna’, che prevedeva interventi di: Giovanni Tubaro; Gennaro di Cello, Marco Bussone, Gianluca Nicolini, e avente come moderatore Maurizio Ionico, che però è anche intervenuto.

(2) Da: https://it.wikipedia.org/wiki/Housing_sociale.

(3) Per Entopan, cfr. http://www.effeddi.it/entopan-nelluno-il-tutto-storia-di-unazienda-possibilista/. La società, che si occupa di progettazione e consulenza centrata sull’innovazione, inizia la sua storia in un territorio isolato vicino a Lamezia Terme, a Settingiano, ed attualmente ha la sede principale è a Caraffa di Catanzaro.
Entopan nasce nel 1998 utilizzando la legge 442 per il finanziamento di nuove attività imprenditoriali su iniziativa di Francesco Cicione e di due suoi colleghi universitari di ingegneria civile. Francesco ha sempre seguito diverse passioni come la musica (ha studiato chitarra al conservatorio e suona il pianoforte), la letteratura e l’arte. Il resto potete leggerlo da soli.

(4). Io ho scritto progetto ‘Snaif’, ma potrebbe pure aver avuto altro nome, ed esser stato un mio errato appunto.

(5) A Future Forum, organizzato dalla Camera di Commercio di Udine, ora unico ente regionale, nel 2013 partecipò anche Cramars, favorendo incontri a Tolmezzo. Ed in uno di questi sentii parlare un relatore, forse Raffaele Trapasso, ma se erro correggetemi, che sosteneva impavido la bontà di una economia accentratrice di persone, cose, servizi, portando ad esempio studi europei e dicendo che era la volontà dell’Europa.

(6) Oreste Dito, Il problema educativo e la questione sociale in Calabria, Cosenza, Tipografia di ‘Cronaca di Calabria, 1909. 

(7) Su: Sintesi del convegno “Verso il parco storico ‘Giuseppina Le Maire’ op. cit., p. 32.

(8) Cfr. nel merito: Massimiliano Valerii, La notte di un’epoca. Contro la società del rancore: i dati per capirla e le idee per curarla, ed. Ponte alle Grazie, 2019; e  sempre in riferimento al volume di Valerii, direttore del Censis: https://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2019/08/28/news/societa-rancore-filosofia-1.338121.

__________________

L’immagine che accompagna l’articolo è stata scattata da me, Laura Matelda Puppini, nel corso di una gita sul monte Tuglia. L.M.P.

 

 

https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2020/10/MONTE-TUGLIA-ANNI-80-091.jpg?fit=1024%2C708&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2020/10/MONTE-TUGLIA-ANNI-80-091.jpg?resize=150%2C150&ssl=1Laura Matelda PuppiniECONOMIA, SERVIZI, SANITÀSfogliando i miei numerosi appunti, ho trovato dei fogli di scarto riempiti di note su di un incontro di Innovalp (1), attività conoscitiva e propositiva gestita da Cramars di Tolmezzo, che mi pare ponga degli spunti interessanti di dibattito ed azione. Inizio dicendo che si è nuovamente parlato, nel corso...INFO DALLA CARNIA E DINTORNI