Oggi sono andata alla cerimonia in ricordo di quei giovani morti sul fronte greco albanese, senza sapere perchè. Ogni tanto bisogna commemorare, pensare, riflettere. Qualcuno, non ricordo chi, ha parlato dei monumenti in memoria che debbono diventare pietre vive, i nomi incisi che devono diventare ricordo di persone “in carne ed ossa” che hanno sofferto, che hanno perso la vita. E da ciò è scaturito questo mio articolo, relativo al Memoriale Italiano di Auschwitz,  sradicato e cancellato assieme alla memoria ed alla storia. Ma bisogna ricordare, per non compiere gli stessi errori, diceva qualcuno stamane, e come non dargli ragione?

 

Nel lontano 1947, quando la memoria di ciò che era realmente accaduto ad Auschwitz ed in Polonia a causa dei nazisti era vivissima, il parlamento polacco deliberò la creazione di un museo – memoriale, che comprendesse l’area dei campi Auschwitz I e Auschwitz II. Nel 1979 il sito venne dichiarato patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Nel 2007 la denominazione iniziale del museo: “Auschwitz Concentration Camp” venne, su richiesta del governo polacco, modificata  ufficialmente in “Auschwitz Birkenau – German Nazi Concentration and Extermination Camp (1940-1945)”. (https://it.wikipedia.org/wiki/Campo_di_concentramento_di_Auschwitz).

Fin dall’inizio degli anni Settanta, l’Associazione Nazionale Ex-Deportati (ANED) avviò una riflessione circa la necessità di un memoriale, sollecitando lo studio di architettura milanese BBPR per la sua progettazione ed iniziando una capillare raccolta di fondi per la sua realizzazione. Il 24 aprile 1971, durante una riunione del Comité International d’Auschwitz, Emilio Foa, rappresentante italiano e membro dell’ANED di Roma, comunicò l’assenso ricevuto dal Ministero dell’Arte e della Cultura polacco al “progetto di allestire un’esposizione nazionale italiana ad Auschwitz” e nel febbraio del 1972 la realizzazione del Memoriale venne posta nell’agenda delle cose da fare. Quindi, nel 1975, lo studio progettista presentò un primo progetto, e nell’estate 1978 venne creato un “comitato operativo” finalizzato alla sua realizzazione, composto da Gianfranco Maris, Dario Segre, Bruno Vasari, Lodovico Belgioioso, Emilio Foa, Teo Ducci e Primo Levi. A quest’ ultimo venne affidato il compito di redigere un testo-base” relativo agli intendimenti del Memoriale. Il 13 novembre del 1978, in una seconda riunione del comitato, il testo prodotto da Primo Levi venne approvato all’unanimità, e si decise che il memoriale italiano avrebbe dovuto essere un luogo di raccoglimento e di ricordo.
Nell’estate del 1979 l’opera risultava terminata e l’Aned provvide al suo trasferimento ad Auschwitz, assieme agli operai incaricati del suo montaggio. I lavori si protrassero fino alla fine del mese di ottobre. Infine il 13 aprile 1980 il memoriale veniva inaugurato con una solenne cerimonia. (https://it.wikipedia.org/wiki/Memoriale_italiano_di_Auschwitz).

Poi l’oblio.

E così si giunse al 2008. Ma a trent’anni dalla sua ideazione, si veniva a sapere che il memoriale versava in stato d’abbandono ed era stato oggetto di pesanti critiche e di un’azione legislativa che, all’inizio del 2008, ne aveva messo in discussione la sua stessa esistenza.  L’Aned si era subito mossa per difendere sul piano giuridico l’opera di sua proprietà, mentre l’Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea si adoperò immediatamente per  coinvolgere la Scuola di Restauro dell’Accademia di Brera e i sindacati edili di CGIL, CISL, UIL (Lazio, Lombardia, Nazionale) per un’azione di sensibilizzazione sull’argomento, anche attraverso una petizione. (Ivi). Nel settembre il Cantiere Blocco 21 si trasferiva ad Auschwitz e, grazie al lavoro di 32 allievi della Scuola di Restauro di Brera, compiva i rilievi necessari, puliva l’opera, allestiva una mostra itinerante, ed elaborava un progetto di conservazione e integrazione del memoriale, detto Progetto Glossa, che veniva approvato dall’Aned e presentato alle autorità italiane. Benché la petizione avesse raccolto pure firme di importanti studiosi italiani e stranieri, il Cantiere Blocco 21 non riuscì a smuovere l’attenzione collettiva. (Ivi e “L’Accademia di Brera restaurerà il Memorial italiano di Auschwitz”, in: http://www.deportati.it/news/brera_080508.html).

 

Il 30 marzo 2014, il consiglio nazionale dell’Aned, dopo due giorni di incontri, pubblicava il seguente appello:

« Il Memoriale italiano collocato nel Blocco 21 di Auschwitz, è in pericolo: dal luglio 2011, per decisione unilaterale della Direzione del Museo, è chiuso al pubblico, inaccessibile persino agli studiosi.

La direzione del Museo, sostenuta dal governo polacco e dal Consiglio internazionale di Auschwitz, ritiene che l’installazione italiana non corrisponda più alle linee guida emanate dal Museo negli ultimi anni, che richiedono allestimenti di taglio pedagogico-illustrativo, mentre quella italiana è un’opera d’arte, un’installazione che, ripromettendosi di comunicare un orrore non altrimenti descrivibile, parla appunto con il linguaggio dell’arte.
In assenza di una iniziativa delle istituzioni pubbliche italiane, l’Aned ideò, progettò, realizzò, finanziò (con mezzi propri e attraverso una sottoscrizione pubblica) e alla fine trasportò dall’Italia alla Polonia e allestì il Memoriale, alla cui progettazione e realizzazione avevano lavorato personalità della cultura italiana del calibro di Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Primo Levi, Pupino Samonà, Nelo Risi, Luigi Nono, al fianco degli ex deportati allora al vertice dell’Aned, a cominciare da Gianfranco Maris, Teo Ducci e diversi altri. L’inaugurazione avvenne nella primavera del 1980, alla presenza di decine di ex deportati giunti dall’Italia, di rappresentanti delle Comunità ebraiche italiane e del ministro Marcora in rappresentanza del governo.

A giudizio dell’ANED, proprietaria dell’opera, il Memoriale Italiano di Auschwitz, dopo un necessario intervento di restauro e con opportune istallazioni illustrative, starebbe magnificamente lì dove è sempre stato, testimonianza della cultura e dell’arte nazionali, a ricordo di tutte le deportate e di tutti i deportati uccisi nei Lager nazisti. Ma la direzione del Museo, il consiglio delle personalità internazionali che la affiancano, il governo polacco, quello italiano e numerose organizzazioni ebraiche internazionali sostengono che quell’installazione dovrebbe essere rimossa per lasciare spazio a una documentazione puntuale della sola Shoah italiana.
Dopo aver cercato a lungo di resistere a questa impostazione, e dopo aver cercato di persuadere le autorità italiane e polacche del valore dell’opera, dando prova di moderazione e di realismo Aned si è piegata obtorto collo a questa richiesta che non condivide, e si è detta disponibile a trasferire l’opera nel nostro paese, in una località significativa per la storia della deportazione italiana, così da lasciare spazio a un nuovo allestimento italiano nel Blocco 21 di Auschwitz.

Da diversi anni, però, tutti i tentativi esperiti per individuare una soluzione sono falliti. Nessun Comune italiano, tra quelli interpellati, si è detto per ora disponibile a ospitare il Memoriale, a causa degli alti costi del trasferimento e della difficoltà di reperire l’area necessaria. Dal canto loro i Governi che si sono succeduti in questi anni hanno negato di avere le risorse utili a salvare un’opera che per oltre trent’anni ha onorato la memoria della deportazione e la cultura italiana nel mondo.
Da Auschwitz intanto si moltiplicano le pressioni a fare in fretta, pena l’assegnazione dello spazio fin qui occupato dall’Italia a un altro paese.

Aned fa dunque appello al Governo, alle istituzioni, alle forze politiche e culturali, affinché concorrano a reperire le risorse e gli spazi necessari per una degna conclusione di questa vicenda che è spiacevolissima e offensiva per tutti i superstiti dei Campi e i familiari dei Caduti. Dalle dichiarazioni occorre passare ai fatti. È in primo luogo compito del Governo, del Ministero dei Beni artistici e delle attività culturali proporre in tempi stretti una soluzione concreta e praticabile e mettere a disposizione le risorse per realizzarla, se non vogliono assumersi la responsabilità della perdita di una presenza italiana ad Auschwitz e della distruzione di un bene culturale di assoluto valore.
Aned si impegna fin d’ora:
•    a raccogliere la documentazione sull’opera del Memoriale attraverso ogni mezzo possibile (foto, istallazioni, video, eccetera).
•    a sostenere una campagna di informazione nazionale  e europea sul problema, evidenziando che il Memoriale è la prima opera d’arte multimediale europea.
•    a ottenere attraverso il Governo italiano, nel malaugurato caso si fosse costretti a rimuovere l’opera del Memoriale italiano dal luogo in cui è sorta, l’assicurazione dal Governo polacco che lo spazio del Blocco 21 rimanga nella disponibilità dell’Italia per la memoria della sua deportazione.

Il Consiglio Nazionale dell’Aned.   Bologna, 30 marzo 2014». (http://www.deportati.it/news/appello-aned-il-memoriale-italiano-ad-auschwitz-in-pericolo.html).

Il 27 gennaio 2015, compariva su storiastoriepn.it, un articolo dal titolo: “Il Memoriale italiano ad Auschwitz non va rimosso. Interrogazione a Renzi, Gentiloni, Franceschini”,in cui si ribadiva che il Memoriale italiano ad Auschwitz non andava rimosso perchè «è opera d’arte e documento storico che deve restare dov’è, quale testimonianza del nostro Paese nel campo di sterminio nazista nella Polonia occupata», e si riferiva dell’interrogazione posta dalla deputata Serena Pellegrino e da altri 50 parlamentari a Renzi, Gentiloni e Franceschini perchè si attivassero per il Mantenimento del Memoriale ad Auschwitz.
«I motivi ideologici e politici che hanno portato alla censura e alla chiusura del Memoriale e che spingono verso la sua rimozione, sono anacronistici ed inammissibili: con essi si cancellano i dati incontrovertibili di cui il Memoriale stesso è un documento. Il suo significato artistico e storico impone che esso rimanga nel luogo dove è stato creato: Auschwitz non è in alcun modo paragonabile alla periferia di Firenze, dove si è suggerito di trasferire l’installazione». – dichiarava Pellegrino, che sottolineava, pure, come la rimozione del Memoriale comportasse «una violazione dei diritti umani, del diritto Internazionale, del diritto di proprietà intellettuale e della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo nonché una violazione della Convenzione internazionale per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale dell’UNESCO e un crimine di distruzione di beni culturali ed artistici». (Il Memoriale italiano ad Auschwitz non va rimosso. Interrogazione a Renzi, Gentiloni, Franceschini”, in. storiastorepn.it).

Il 18 ottobre 2015,  sul sito storiastoriepn.it compariva un articolo intitolato: “Appello per il Memoriale Italiano ad Auschwitz”, in cui si leggeva che: «È in atto un pericoloso processo di manipolazione e distruzione dei campi di sterminio nazisti, disseminati in Germania, in Austria e in Europa, ciascuno dei quali rappresenta un monumento alla memoria ma le cui tracce vengono distrutte, erose, vendute, inglobate in aree verdi o urbane. Questo succede ovunque, ad esempio, nel Campo di Gusen o a Jacenovac ma anche ad Auschwitz dove l’annunciato trasferimento del Memoriale Italiano a Firenze potrebbe significare la sua dissoluzione. Al pari delle azioni belliche che mirano alla demolizione di mausolei ed antichi monumenti, anche le manipolazioni storico-politiche come la “deportazione” del nostro Memoriale, possono disintegrare la memoria delle vittime del Nazifascismo e della Shoà […]». (Gherush92 Committee for Human Rights, Appello per il Memorile italiano ad Auschwitz, in:http://www.storiastoriepn.it/). Inoltre in detto articolo si precisava che il Memoriale ricordava pure l’Armata Rossa che liberò Auschwitz, e gli italiani, donne e uomini ebrei, rom, omosessuali, dissidenti politici, deportati nei campi di concentramento nazisti, e si chiedeva l’adesione ad un appello da inviare a Matteo Renzi, Paolo Gentiloni e Marino Tomasz Orłowski, Ambasciatore della Repubblica di Polonia in Italia, per salvare l’opera e la sua collocazione in quel contesto naturale per cui era stata pensata, in quanto il suo trasferimento altrove avrebbe significato, di fatto,  la distruzione dell’opera.(Ivi).

Infine, il il 3 gennaio 2016, il finale: sempre su storiastoriepn.it compariva un articolo dal titolo: “Deportati, liberatori e falce e martello fuori da Auschwitz. lo scempio è compiuto”, ove con scarne parole si informavano i lettori che: «Nel 70° anniversario della liberazione di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa, il memoriale italiano che ricorda tutti i deportati italiani, l’antifascismo, la resistenza e i liberatori, è stato rimosso dal blocco 21 di Auschwitz per motivi revisionisti e negazionisti e forse sarà ricollocato accanto all’Ipercoop di Firenze. Vergogna ai responsabili di questa offesa». Si ricordava, inoltre, che gli architetti progettisti erano stati partigiani del movimento liberalsocialista “Giustizia e Libertà”. (Deportati, liberatori e falce e martello fuori da Auschwitz. lo scempio è compiuto, in: storiastoriepn.it).

Dove andrà a finire il Memoriale Italiano e dove è ora? Che dire dei nostri politici, del nostro Governo e del Partito della Nazione ma anche di altri, che pare proprio non abbiano mosso un dito per salvare un’opera d’arte italiana collocata in un contesto preciso, e che ricorda morti italiani? Chiediamocelo. Al prossimo scempio od alla prossima puntata di questo.

Laura Matelda Puppini

 

 

 

 

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