Gianni Ortis, presidente dell’Istituto Friulano di Storia del Movimento di Liberazione, ha esordito a Treppo Carnico ricordando che Nello ed in particolare Carlo Rosselli ci hanno insegnato l’importanza dell’impegno, costante a sostegno della democrazia in Italia, ed ha ripreso il tema del liberalsocialismo.  

ANTIFASCISMO E LIBERALSOCIALISMO DA ALDO CAPITINI.

Sul liberalsocialismo mi pare importante però proporre alcuni spunti da una vecchia ricerca di mia figlia Annalisa Candido, svolta al Liceo Scientifico Pio Paschini d Tolmezzo che ha come oggetto il liberalsocialismo, intitolata: “Aldo Capitini, religioso, antifascista. non violento fautore di un radicale rinnovamento della società”, Liceo Scientifico Pio Paschini, Tolmezzo, 2003, inedita che forse presto pubblicherò su www.nonsolocarnia.info previo permesso di Annalisa.  

In essa Annalisa inizia la parte su Aldo Capitini citando quel Circolo della Cultura, sorto a Firenze nel 1920, di cui facevano parte anche i fratelli Rosselli, a cui ho già accennato nell’articolo precedente.
«Nel 1920 veniva fondato, a Firenze, un Circolo di cultura, che si era posto, inizialmente, l’obiettivo di discutere di argomenti di attualità. La sua finalità era quella di studiare e seguire lo sviluppo delle idee contemporanee nei suoi molteplici aspetti, e per questo si leggevano testi e giornali italiani e stranieri e si tenevano conferenze e discussioni su argomenti di attualità. Dopo la marcia su Roma, esso divenne luogo di incontro di uomini di diverso ceto sociale e di diversa cultura, che sentivano l’esigenza di ritrovarsi per cercare di capire cosa stesse succedendo in Italia. L’attività del Circolo si svolse indisturbata sino alla fine del 1924. L’ultimo giorno dell’anno la sede venne assalita e distrutta dai fascisti, al termine di un’adunata che aveva raccolto squadristi provenienti da tutta la Toscana: il Circolo, infatti era malvisto perché era composto da persone che si permettevano, ancora, di ragionare con la loro testa. Essa fa una delle prime esperienze di critica al fascismo nella città toscana. (Tiziana Borgognini  Migani, Introduzione, in: Aldo Capitini-Tristano Codignola. Lettere 1940-1968, (a cura di Tiziana Borgognini  Migani), Scandicci, La nuova Italia, Firenze 1997, p. XXV.)». (1)

Ed io ritengo che proprio questo Circolo di Cultura sia diventato il crogiolo ove si forgiò inizialmente l’idea liberalsocialista, che Carlo Rosselli per primo precisò in uno scritto pubblicato in Francia, seguito da Aldo Capitini, che lo codificò nel 1937.

Quel circolo di cultura fu anche fucina di antifascismo. «I sostenitori del movimento antifascista, a cui aderiva anche Capitini, raggiunsero, nel 1937, il consenso intorno ad una formula politica che venne chiamata, provvisoriamente, “Liberalsocialismo”. “Allora -scrive Capitini – c’era lo statalismo fascista e sorgeva, perciò, l’esigenza di un socialismo decentrato, strutturato democraticamente. Allora c’era il totalitarismo che generava l’avversione al dominio di un solo partito, di una sola idea, e di una sola interpretazione di essa, di un solo capo, despota di tutta la stampa, della radio, dei tribunali, della polizia, della tortura. Allora c’era la corsa agli armamenti, la teoria che il fine giustifica i mezzi, che la vendetta è un dovere, e noi (antifascisti religiosi – non violenti) sentivamo la nostra opposizione andare a cercare le sue carte d’appoggio, le sue consolazioni, nelle espressioni più vere del Vangelo, di San Francesco, di Mazzini, di Tolstoj, di Gandhi, sentivamo, cioè, che al male del fascismo si poteva e si doveva contrapporre un profondo bene, e che questo, prima che politico, era etico religioso, prima che propagandistico era intimo. Ma solo così toccammo una profondità che squalificava, radicalmente, il fascismo.” (“Complessità del liberalsocialismo”, 1945, in Aldo Capitini, “Liberalsocialismo, edizioni e/o. Roma, 1996, pp. 59-60).

E “L’aver preso in questo senso l’opposizione al fascismo, l’averla derivata da un insieme di motivi ben complesso, l’averci messo una consapevolezza non solo dei riferimenti italiani, ma dell’orizzonte universale, costituì un nucleo di possibilità religiose, etiche, politiche, che fece del liberalsocialismo una confluenza di diverse provenienze, un movimento più che un partito.” (Ivi, p.61)».  (2). 

Ed ancora, prendendo sempre da Annalisa Candido: «Il problema sociale e politico rimanda a due aspetti fondamentali: la libertà e la socialità. La ricerca e l’affermazione del valore della libertà devono avvenire in tutti i campi di vita; la socialità fa partecipi tutti dei valori fondamentali, quelli su cui si deve fondare uno stato. L’importanza della libertà e della socialità sono fondamentali per una situazione di benessere e giustizia, per la “gioia di celebrare la presenza infinita dell’umanità nelle singole persone”. (Aldo Capitini, Liberalsocialismo, 1937, in “Liberalsocialismo, edizioni e/o. Roma, 1996, p. 19)». (3). Però: «Gli ordinamenti sociali sono certamente importanti e devono venir studiati e attuati in modo che la libertà e la socialità divengano “l’atmosfera politica ed economica delle nuove genti”, le strade attraverso cui concretizzare ed organizzare, giuridicamente, queste due “supreme aspirazioni”. Esiste, secondo Capitini, un patrimonio di esperienze, schemi, piani, che potrebbero venire in soccorso per fondare la nuova società: essi giacciono nelle biblioteche, nelle direzioni dei partiti e dei giornali. Ma ciò che impedisce a molti di attingervi è l’animo che è turbato, incerto, stravolto, dall’attuale esperienza storica. Bisogna, pertanto, educare gli animi al rinnovamento, soprattutto gli animi di quelle persone che “vedono” queste nuova società ” che verrà dopo decenni o secoli”, ma temono le forze reazionarie. Per questo diventa, sin d’ora, importante, il ruolo degli educatori: infatti “senza educazione e rivoluzione intima, gli innovatori di domani assomiglierebbero troppo ai reazionari […] di oggi, dai quali è bene scindersi.” (Ibid., p.20)». (4).

E se da un lato Capitini nega validità reale alle tesi marxiste o del socialismo estremo, dall’altra si chiede: «“Dov’è il liberale oggi?” I liberali, a suo avviso, sono in crisi perché intendono in modo “atomistico ed individualista ” l’affermazione della persona e non ne difendono il valore spirituale; ciò ha portato “certi liberali” a “farsi sostenitori di regimi autoritari e, non poche volte, tirannici.” (Ivi, p.23). Essi, in tal modo, hanno difeso la loro proprietà e l’ordine tradizionale, ma non sono stati dei veri liberali, cioè dei reali sostenitori della libertà. (Ivi, p.23)». (5).

E sempre secondo Capitini, «la società è impregnata del culto della personalità individuale; ma vi è anche una “personalità della nazione” che viene esaltata, esasperata, e quando ciò accade la produzione dei valori umani viene depressa. Diventa fondamentale l’assolutizzazione di Sé, della propria tradizione, dei propri costumi. La critica del filosofo perugino alle teorie che, all’epoca, si basavano sul “Volksgeist”, sulla prevalenza dello spirito nazionale, è più che chiara. Egli ritiene necessario, obbligatorio, opporsi ad una tale visione della “Nazione” e rivendica l’importanza di avere gruppi dirigenti “privi di quell’enfasi che poi diventa potenza e ricchezza personalistica.” (Ivi., p. 23). Questi ultimi dovrebbero essere “austeri, quasi anonimi”; porsi l’obiettivo di stabilire l’equilibrio ed il senso della probità; essere costantemente dediti al loro compito. Perché la sfera politico – economica non divenga assoluta è necessario che essa rimanga sempre in contatto con i valori morali e religiosi, validi per tutti gli uomini. Questi ultimi dovrebbero essere “austeri, quasi anonimi”; porsi l’obiettivo di stabilire l’equilibrio ed il senso della probità; essere costantemente dediti al loro compito. Perché la sfera politico – economica non divenga assoluta – sostiene Capitini – è necessario che essa rimanga sempre in contatto con i valori morali e religiosi, validi per tutti gli uomini». (6).

Per quanto riguarda l’organizzazione del mondo economico, Capitini auspica il passaggio dei capitali dai pochi ricchi ad organismi collettivi che abbiano come fondamento “la socialità infinita e libera” e  la socializzazione dei mezzi di produzione e ricorda come «coloro che non offrono che il lavoro, cioè gli operai ed i braccianti agricoli in particolare, prima del fascismo avessero cercato di associarsi, avessero proposto contratti collettivi, conducendo una lotta per non essere considerati come cose da “accettare o rifiutare” e per il passaggio della proprietà e dell’iniziativa, in campo economico, dai padroni alle organizzazioni dei lavoratori. (Ivi, p.24)». (7).

E «Questi sono dei fini condivisibili anche dal liberalsocialismo, cosi come la lotta alla disoccupazione, che all’epoca raggiungeva punte notevoli. “Ai disoccupati non si può rispondere in modo generico – sostiene il filosofo – non si può dire a due milioni di uomini di starsene in disparte perché l’industria e l’agricoltura non hanno bisogno di loro.” (Ibid.). Né si può sostenere, davanti a loro, che, essendo libera l’iniziativa, essi, teoricamente, possono diventare ricchi. L’assurdità di questo principio è palese già nello stesso momento in cui viene formulato, baste pensarci su e guardarsi intorno.

Per uscire dalla situazione presente è necessario, in primo luogo, che gli individui non si sentano “come atomi staccati dagli altri e perciò paurosi e violenti.”. (Ivi, p.25). Il principale problema da risolvere è quello di “fondare, nell’individuo stesso, un centro di universalità e di valore”, è, quindi, un problema attinente alla sfera religiosa ed intima di ciascuno. Ma è, allo stesso tempo, un problema di istituzioni, perché esse, in vario modo, concorrono alla visione che l’uomo ha di sé stesso ed al potenziamento di alcuni aspetti rispetto agli altri: gli organismi sociali, pertanto, debbono essere la conferma di questa visione della società e dell’individuo». (8).

Ed ancora: «Oggi si tende […] a far coincidere capitale e lavoro, ma ciò non può avvenire nel mondo moderno se il lavoro non si solleva fino ad essere “coscienza e capacità tecnica”, non il rozzo lavoro idoleggiato. La critica al mito del forte e bellissimo coltivatore ariano, che lavora la terra duramente e da essa ricava il “profitto”, diffuso soprattutto in Germania, è palese.

Capitini guarda, invece, con una certa simpatia, al formarsi di una classe di tecnici che si collochi tra gli operai ed i dirigenti: una classe nuova che può portare avanti istanze precedentemente inesistenti. Comunque, ormai, secondo il filosofo, l’addestramento tecnico è diventato un’esigenza per tutti e deve venire sviluppato in ogni settore produttivo. Egli auspica la creazione di veri e propri “centri tecnici” che mantengano, negli associati, la consapevolezza dell’importanza del loro lavoro, dell’apporto personale che ciascuno può dare, secondo la propria responsabilità e capacitò settoriale. Questo vale per l’operaio ed il contadino come per il docente universitario. In questo modo ogni campo lavorativo usufruirebbe dell’apporto dell’intelligenza dei vari individui che vi operano». (9).

Ma perché il liberalsocialismo non accetta il marxismo? Utilizzo ancora alcune frasi dallo studio di Annalisa: «Capitini non sostiene le tesi dei comunisti, non appoggia la lotta di classe, che è avvalorata da esigenze meramente economiche, e che non dà risposta alcuna alla realizzazione dei valori fondamentali per l’animo umano. “Dobbiamo pur vivere queste poche ore o pochi anni, – egli scrive – esplicare al massimo la nostra fede […]; non dobbiamo lasciare che venga un’ondata di materialismo, di dittatura, di economicismo di massa, lasciare che trionfi il regno della necessità poi, forse, quello della libertà. ” (Ivi, p.21).
Per questo è importante a suo avviso, sostenere la diffusione della cultura perché essa permette l’evoluzione dell’animo umano attraverso l’apprendimento di idee diverse ed il loro successivo confronto, ed aiuta la persona a realizzarsi nella sua pienezza. “L’insufficienza di cultura porta, sempre – secondo Capitini – al prevalere della burocrazia e del militarismo.” (Ivi, p.21)». (10).
Ma ricordo che Romano Marchetti, molto vicino al liberalsocialismo, da anziano parlando con me diceva che forse il suo giudizio globale sul marxismo e sul comunismo era stato influenzato da tutta la sua educazione in epoca fascista, impregnata di anticomunismo, ed imperniata sull’anticomunismo.

Bisogna, inoltre, secondo Capitini, sostenere un “liberalismo aperto” e non chiuso, rispondente ai bisogni ulteriori dell’uomo, intervenendo anche nel mondo sociale, rinnovando continuamente gli sforzi per permearlo della persuasione dell’importanza della libertà come valore fondamentale». (11).
E «L’ideale della teoria liberalsocialista è che tutti partecipino, col più profondo e continuo apporto, alla vita comune: per es. le aziende agricole e le industrie, socializzate, possono reggersi sui consigli, sulle proposte di tutti i partecipanti, in base alle loro specifiche competenze. (12).

GIANNI ORTIS: LIBERALSOCIALISMO ED IL RIFERIMENTO ALL’ OGGI.

Gianni Ortis ha richiamato, nel corso dell’incontro a Treppo Carnico, il principio dell’ autogoverno dei popoli, tanto caro anche ai liberalsocialisti, che si trova in inizialmente tra i “14 punti” elencati dal presidente americano Woodrow Wilson, davanti al congresso, l’8 gennaio 1918, e che comprendono pure la creazione di una «associazione delle nazioni, in virtù di convenzioni formali, allo scopo di promuovere a tutti gli stati, grandi e piccoli indistintamente, mutue garanzie d’indipendenza e di integrità territoriale». (13).

Quando però l’avvocato Ortis parla della differenza fra democrazia popolare e rappresentativa, sostenendo quest’ultima, non capisco invero ora come ora, di cosa stia parlando, ma è limite mio. Infatti da che so per democrazia popolare si intende una forma di governo presente in stati del patto di Varsavia ed iniziata da Josip Broz detto Tito nella Repubblica Socialista Federale jugoslava, che implicava che i partiti comunisti fossero al potere in coalizione con altri partiti popolari e «democratico-borghesi» (14), mentre la democrazia rappresentativa è una forma di governo nella quale i cittadini, aventi diritto di voto, eleggono dei rappresentanti per essere governati», come in Italia. (15). Ma ci sono anche altre forme di governo considerate democratiche, per esempio la democrazia diretta, propria di alcuni Comunità elvetiche. Ora è chiaro che in Italia vige una democrazia rappresentativa, almeno sulla carta, mentre alcuni politici, non da oggi vorrebbero instaurare una repubblica presidenziale, a cui sono nettamente contraria. (16). Ma nella democrazia rappresentativa gli eletti devono affrontare i problemi dei cittadini, non i loro problemi elettorali, personali, di immagine. I politici stanno sempre più staccandosi dalla gente, penso tra me e me, ma alla gente devono ritornare.

Ma in Italia a mio avviso, oltre la tendenza a far volgere la nazione verso la repubblica presidenziale, ci sono altri problemi: il mantenere distinti i tre poteri legislativo, esecutivo, giudiziario, aspetto ben sancito dai padri costituenti, che avevano visto cosa poteva significare l’accentramento dei tre poteri in mano ad un solo partito e come esso fosse di fatto una delle caratteristiche della dittatura; il non permettere leggi elettorali come la Rosato, tanto simile alla cosiddetta ‘legge truffa’ del 1953, che tendono a portare un partito unico al potere ed a cercare di cancellare, in nome del fare, ogni dibattito sia esterno che interno, come peraltro ipotizzato da Renzi pure con il patto del Nazareno; fare in modo che esista il più possibile stabilità di governo fino a fine mandato (17); avere dei politici pronti ad affrontare i problemi della popolazione ed a cercare di risolverli, non che si perdano in selfie, felpe, sgambetti, twitterate, battutine e scemate varie quando il paese è sempre più alle strette, puntando solo al potere anche creando crisi per andare a nuove elezioni “per dar voce agli italiani” come ha detto Matteo Salvini, guidati peraltro ora da un parlamento eletto con il loro regolare voto, e che quindi la loro voce l’hanno fatta sentire. E scrivo quanto senza voler offendere alcuno.

Ed è importante l’appello di molte personalità di spicco pubblicato da “Il Fatto Quotidiano” il 27 agosto 2019, che si intitola “Il governo riparta dalla Costituzione”, e che invoca la proporzionale pura togliendo il maggioritario; la salvaguardia dell’ambiente da porre al primo posto; la lotta alle mafie ed alla corruzione; la lotta alla povertà; la libertà alle donne; la parità di diritti ai lavoratori; la lotta alla precarietà; il progressivo rifinanziamento del Sistema sanitario nazionale; l’ abolizione del reato di immigrazione clandestina (su cui non sono però d’accordo, perché non ritengo che ciò possa servire ad affrontare il problema degli immigrati); ed il restituire alla scuola il suo valore formativo.

Ed un altro punto mi resta oscuro, ed anche questo è un mio problema: cosa significhi “populismo” nell’uso attuale dei politologi italici, in quanto, come ha scritto Peter Wiles nel suo volume “Populism: Its Meanings and National Characteristics”: «A ognuno la sua definizione di populismo, a seconda del suo approccio e interessi di ricerca», mentre «Diversi autori hanno evidenziato la strumentalizzazione politica del termine, come Francis Fukuyama, che ha definito il “populismo” «l’etichetta che le élite mettono alle politiche che a loro non piacciono ma che hanno il sostegno dei cittadini» (18). Pertanto vi prego, studiosi, giornalisti ecc. ecc.  eliminate il populismo ed i populisti dal vocabolario, non serve a chiarire nulla ma pare serva a denigrare. Infatti ammesso anche che uno riesca a leggere tutto l’articolo di Marco Tarchi su: Il Fatto Quotidiano del 17 agosto 2019 intitolato: “Così il populista di governo diventa “sbiadito”” tanto per citare uno dei più recenti nel merito, nulla si capisce se non che detto aggettivo è stato affibbiato non si sa perché ai 5 stelle in senso dispregiativo.

Invece i Rosselli, nell’ottica liberale del loro pensiero, sostenevano principi che anche ora bisogna sottolineare come la sovranità popolare, la partecipazione delle persone alla vita sociale del loro paese, la legalità condivisa, la promozione e la garanzia a tutti i cittadini dei diritti della persona, il veto in modo esplicito a tortura e violenza.  Questi aspetti, secondo Gianni Ortis, sono assicurati dalla fedeltà al metodo di governo. (19).

Concordo invece con Ortis quando dice che il socialismo deve ora riacquistare etica, e non deve esser confuso con la socialità ma porsi come fine principalmente quello di dare a tutti uguali basi di vita e libertà. Ed a proposito di questo concetto, egli ha citato Pankaj Mishra, scrittore indiano che vive a Londra e collabora anche con il “Guardian”, autore del best seller “The Age of Anger”, che ha proposto un’etica socialista contro la destra, facendo una rigorosa critica del sistema liberista. (20).

Quindi Ortis ha citato Giacomo Matteotti, il suo rigore, la sua aperta critica a Mussolini ed al fascismo, che lo hanno portato alla morte per mano dei sicari. Mussolini era impotente davanti ai critici, e conosceva bene questa sua personale debolezza, secondo l’avvocato Ortis, pertanto ha fatto uccidere Matteotti non sapendo tenergli testa, ma forse, a mio avviso, non solo per questo, perché tutti i regimi coloniali e quelli dittatoriali da quello franchista a quello cileno, hanno torturato ed ucciso gli oppositori, e ciò rientra nella pratica di governo degli stessi. (21).

SPUNTI CONTEMPORANEI DALL’ INTERVISTA DEL FINANCIAL TIME A VLADIMIR PUTIN.

Secondo Gianni Ortis anche Nello e Carlo Rosselli volevano portare gli uomini a partecipare alla vita sociale, ed all’inizio dell’intervento ha citato pure alcune asserzioni dall’intervista che Vladimir Putin ha concesso al Financial Times in vista del G20 e di un possibile accordo economico con il Regno Unito, che ho visto, dopo avere saputo della sua esistenza dall’avvocato Ortis, seguendo la traduzione in inglese in sovrimpressione, e mi è parsa molto interessante. Sottolineo però che alcune risposte, come in ogni intervista, dipendevano dal modo con cui venivano formulate le domande. Inoltre detta intervista si è svolta il 27 giugno 2019, e la data in una intervista è aspetto importante.

Per esempio, nel quadro di domande sui suoi rapporti con Trump, Putin ha detto che Trump non proviene dalla carriera politica, e vede solo il vantaggio per gli Usa, e così egli non può esser d’accordo con lui, con il suo modo di fare, per il suo approccio ai problemi. Ed è sicuro pure che Trump conosce bene ciò che il suo elettorato si attende da lui. (22). Questo mi ha fatto riflettere su come anche in Italia vi sia chi ha spesso pensato primieramente al suo elettorato piuttosto che ai problemi del paese intero, creando situazioni anche difficili per la popolazione, e pure al fatto che, quando la politica si concentra in poche mani o è dettata principalmente da una persona sola, va a finire che questi potrebbe agire e muoversi solo sulla base dell’interesse del suo elettorato o per ampliare i consensi, magari facendo aperta guerra ai critici al suo agire. E tristemente penso ai ‘gufi’ di renziana invenzione.

Ha risposto poi, sempre su sollecitazione dell’intervistatore, che i popoli americano e russo non sono identici, non hanno le stesse impronte digitali. Ma la di là di questo, egli ha mantenuto sempre rapporti con i presidenti americani, anche se è stato più facile comunicare con alcuni di loro piuttosto che con altri, e ha citato la sua esperienza positiva con Bill Clinton, il primo con cui ha avuto relazioni fattive.

Ma poi ha aggiunto che non sa se quello che Trump sta facendo sia giusto o meno, perché non è suo compito discutere questo aspetto, anche se pure lui vorrebbe capire i motivi che hanno spinto Trump a fare alcune scelte. In sintesi ha precisato che egli non è la persona giusta per rispondere a domande sulle motivazioni che hanno portato il presidente Usa a compiere alcune opzioni piuttosto che altre, ma che lo si dovrebbe chiedere direttamente a lui.
E situazioni del genere si verificano spesso anche in contesti di diverso tipo, penso fra me e me, dove viene posta una domanda all’interlocutore sbagliato, senza rivolgersi direttamente a chi potrebbe sapere qualcosa realmente. Basti pensare ad un padre che chiede al figlio spiegazioni su cosa ha fatto sua madre. Ma per fare un altro esempio, a semplici partigiani sono state poste domande su contesti e scenari internazionali o su scelte dei loro comandanti divisionali di cui nulla sapevano, per poi prendere risposte dettate dal letto poi, dal sentito dire, da ipotesi personali magari suggerite da qualche linea politica come verità vera, perché affermazioni di un testimone dell’epoca.

Quindi Putin ha pure identificato, nella storia e filosofia dei rispettivi popoli, le principali differenze che non permettono piattaforme identiche di sviluppo per Cina e Stati Uniti. (23).  Quindi storia e filosofia non sono usciti mai né dalla porta né dalla finestra, penso fra me e me, e vi è qualcuno ancora disposto a citarle. Il problema per l’Italia è però che la storia si unifica dopo l’Unità, e che in precedenza la nostra nazione era formata da una serie di stati con diversa organizzazione politica e cultura.

Non mi dilungo qui su cosa ha detto Putin, solo aggiungo che egli ha detto che i salari possono anche aumentare come in Russia, ma il reddito familiare diminuire in particolare a causa del costo dei prestiti, molto diffusi in Russia, ed a causa dell’inflazione, ed una soluzione proposta per i pensionati è che se l’inflazione si porta in un anno al 4,3 % si deve calcolare, l’anno successivo, un aumento delle pensioni ipotizzando una inflazione al 7,5, ed in Russia hanno pensato di fare così. (23).

Ma Putin ha anche parlato di crisi del liberalismo, quando ha detto che Trump pensa solo che si debba fare qualcosa relativamente al problema dei migranti. Ma è come quando parlano dell’idea liberale. Dicono che tutto nel liberalismo è positivo, che ogni cosa è come si vorrebbe, ma poi i teorici e coloro che lo propongono non fanno di fatto nulla per attuarlo, perché stanno chiusi nei loro accoglienti uffici, mentre quelli che si trovano di fronte i problemi reali ogni giorno, sommano difficoltà a difficoltà.

Inoltre ha precisato che la Cina ha utilizzato la globalizzazione per portare milioni di cinesi fuori dalla povertà. Cosa è successo e cosa non è successo invece negli Stati Uniti? Le compagnie, ed i loro manager i loro partners hanno utilizzato la globalizzazione per i loro profitti, ma la classe media non ne ha beneficiato, a differenza di coloro che hanno saputo approfittarne. E quando c’è stata da dividere la torta, essa è stata lasciata fuori.  Non da ultimo ha detto, rispetto all’autodeterminazione dei popoli: «Cosa fare della Cina lo decida il popolo cinese, nessuno lo può fare per lui. La Russia con i suoi milioni di abitanti ha i suoi principi e le sue regole di vita, e la Cina con i suoi 1.35 bilioni di abitanti ha i propri. Ed è necessario dare al popolo cinese la opportunità di decidere come organizzare la propria vita». (24).

Capitini, relativamente alla situazione che si trovava a vivere, ha sostenuto che «la situazione economica, ancora in mano al sistema capitalistico, potrà aggravarsi e si manifesteranno, in modo deciso, le conseguenze delle barriere economiche, delle spese militari, della produzione autartica di prodotti costosissimi. «E quando tutta questa gente, riempita di armi, privata di scrupoli, si scatenerà, il mondo vedrà moltiplicato il numero delle persone che vivono dell’avventura guerriera.” (Aldo Capitini, Liberalsocialismo, 1937, op. cit., p. 34). Spetta a chi ha già avvertito questi pericoli continuare a cercare di innovare gli animi, studiando, pure, a fondo, i problemi emergenti. Questo non significa, però, aspettare, quasi indefinitamente, che i tempi per il rinnovamento siano maturi, significa prepararli: ” i tempi non vengono se le forze non sono pronte.” (Ibid.). E non si prepara un nuovo ordine se non si sono generate delle forze che aiutino altre a staccarsi dai vecchi ordinamenti». (17).

Ma delle idee del liberalsocialismo ha certamente risentito notevolmente anche Romano Marchetti, mazziniano, su cui ritornerò in altro articolo.

Brucia La foresta ammazzonica del Brasile, il polmone della terra, che si configura come un disastro epocale per il mondo tutto, per quattro privi di senno e criminali internazionali che vogliono piantare soia uccidendo il mondo, pensando che dopo i vastissimi incendi il clima si comporterà come prima. Ma non sarà così. Brucia la foresta amazzonica senza che ci si interessi più di tanto al problema per un discorso di mero denaro. Anche per questo è importante parlare di valori, di cultura, di conoscenza, di socializzazione dei temi e dei problemi, prima che sia troppo tardi se non lo è già ora.

Laura Matelda Puppini

  1. Annalisa Candido, Aldo Capitini, religioso, antifascista. non violento fautore di un radicale rinnovamento della società, inedito, in: Liceo Scientifico Pio Paschini, Tolmezzo, 2003, p. 6.
  2. Ivi, pp. 7-8.
  3. Ivi, p. 8
  4. Ivi, p. 9.
  5. Ibid.
  6. Ibid.
  7. Ibid.
  8. Ivi, pp. 9-10.
  9. Ivi, p. 10.
  10. Ivi, p.9.
  11. Ibid.
  12. Ivi, p. 25.
  13. https://it.wikipedia.org/wiki/Quattordici_punti.
  14. http://www.treccani.it/enciclopedia/democrazie-popolari_(Dizionario-di-Storia)/.
  15. https://it.wikipedia.org/wiki/Democrazia_rappresentativa.
  16. Laura Matelda Puppini, 2 giugno 2018. Contro l’ipotesi di Repubblica presidenziale, in: www.nonsolocarnia.info, ed anche: Laura Matelda Puppini, Sul 2 giugno e la Repubblica, in: www.nonsolocarnia.info.
  17. “La Fed: l’Italia fra i rischi globali. L’instabilità preoccupa anche gli Usa. Intanto Pechino impone nuovi dazi, in Avvenire, 24 agosto 2019.
  18. https://it.wikipedia.org/wiki/Populismo – Paragrafo: critiche.
  19. Gianni Ortis, intervento a Treppo Carnico il 22 agosto 2019.
  20. https://it.clonline.org/storie/incontri/2018/02/28/pankaj-mishra-era-della-rabbia
  21. Gianni Ortis, intervento a Treppo Carnico il 22 agosto 2019.
  22. Vladimir Putin the full interview, https://www.youtube.com/watch?v=FbY0VpyjtuI.
  23. Ibid.
  24. Ibid.
  25. Annalisa Candido, op. cit., p. 12.
  26. Vladimir Putin the full interview, https://www.youtube.com/watch?v=FbY0VpyjtuI.

L’immagine che accompagna l’articolo, rappresenta la copertina di una vecchia edizione del volume di Guido Calogero: Liberalsocialismo, ed è tratta dal sito: https://prodottitop.com/?q=liberalsocialismo. Laura Matelda Puppini. 

 

 

 

 

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