Il 26 gennaio 2019 sono stata ad ascoltare l’incontro sulle centraline, promosso dal benemerito Franceschino Barazzutti di cui questo articolo riassume la prima parte, a cui seguiranno le altre. E due aggettivi mi sono venuti alla mente: legale ed etico, che possono marciare fianco a fianco ma anche essere agli antipodi. Perché non sempre ciò che è legale è eticamente concepibile.

Leal, Palar, Pecol, Charadia, Fuina, e via dicendo: vi è tutta una serie di torrenti, rii, sorgenti, fino all’Acquatona, tutti captati o con progetti di captazione e con una o due centraline realizzate o in ipotesi, che significano chilometri di terreno prativo, montano, di varia tipologia e natura senza acqua a monte di ogni centralina, e cubature su cubature di cemento che, se le centraline verranno abbandonate, rappresenteranno ferite permanenti sul territorio che non si rimargineranno mai, non solo perché ciò che nel creato si altera non si ricrea, ma anche perché nessuno distruggerà le centraline costruite, una, due sul rio a, una, due sul rio b … una due sul  rio c… . Tutte queste centraline, che vengono vissute dai proprietari ma anche ritengo da molti comuni della montagna friulana non nel loro insieme, ma singolarmente, possono portare, secondo me, ad una alterazione globale del sistema idrogeologico, già massicciamente intaccato dalle centrali che furono Sade, e da mille altri balzelli, e potrebbero configurarsi come un castigo di Dio per noi montanari, ma anche per quella gente di pianura a cui i nostri incauti politici hanno promesso acqua potabile dai monti, se servisse, e che non ne avranno. (1). Ma quale acqua hanno promesso, se la Carnia è quasi trasformata in uno sterile ghiaione, mentre le Alpi si asciugano e si inaridiscono sempre più per vari motivi? E non credo di errare poi molto, pensando così.

Sembrava un bollettino da disfatta da Caporetto ambientale quanto sentito stamani. Ma tranquilli, miei cari lettori, è tutto legale. Tutto legale, ma tutto etico al tempo stesso? E no, questo proprio no, distruggere l’eden non è eticamente concesso. E fare anche solo un tentativo di alterare definitivamente l’equilibrio naturale, concorrendo nel piccolo alla distruzione della vita futura non è etico, secondo me, non è fare del bene. Perché bene e male esistono, come esistono Dio e Mammona, Dio il creatore e Satana il distruttore. Ma ormai nessuno crede più al diavolo ed agli inferi e neppure a Dio.
Le leggi si lasciano scrivere, penso fra me e me, mentre mi vengono pure alla mente coloro che inseriscono codicilli in un testo normativo nazionale, all’ultimo momento.  (2).

Ma, scusandomi per questa secondo me indispensabile premessa, che non vuol offendere alcuno ma solo esprimere un mio pensiero anche contestabile, passo a riportare cosa è stato detto nel corso dell’incontro del 26 gennaio, che aveva come oggetto le centraline che prolificano nella montagna friulana, facendo di tanto in tanto alcune considerazioni e rimandando anche a: “Dario Tosoni, geologo. La situazione dell’idroelettrico nel Friuli Venezia Giulia”, a: “Considerazioni sull’alluvione in Carnia e su alcuni problemi non solo carnici, mentre fuori ha ripreso a piovere”, ed al “Comunicato del Comitato Acque delle Alpi sulla perdita di corsi d’acqua per speculazione a fini incentivi idroelettrici” ”, tutti su: www.nonsolocarnia.info,ed a cosa è stato detto nel corso dell’incontro di sabato, 26 gennaio 2018.

L’INTRODUZIONE DI MARCO LEPRE.

Marco Lepre, presidente di Legambiente Carnia, dopo aver ricordato il compleanno di Romano Marchetti e la morte di Giulio Regeni, ha aperto l’incontro in sostituzione di Sandro Cargnelutti, presidente regionale dell’associazione, impegnato in altra sede, sottolineando che lo sfruttamento per fini idroelettrici della montagna carnica ha origini lontane, e risale a circa 40 anni fa, con le concessioni alla Sade, la costruzione delle dighe di Sauris e Verzegnis e le centrali di Ampezzo e Somplago. (3). Oltre ai danni idrogeologici e lo sfruttamento del territorio per la produzione di energia idroelettrica, la Carnia non ha avuto neppure un riscontro economico per la popolazione. Infatti a fronte dell’uso massiccio dell’acqua locale, la Sade praticava, per le piccole industrie della zona, delle tariffe maggiori di quelle praticate per le grandi industrie di porto Marghera. Pertanto si può dire che la Carnia, negli anni cinquanta, è stata usata come una colonia, perché ha sostenuto, con le proprie risorse, delle attività industriali esterne al territorio, senza dare nulla allo stesso, e costringendo la popolazione montana ad emigrare.
La desertificazione dell’ambiente ed una ricaduta economica negativa sul territorio sono dunque stati il risultato di queste concessioni e di questa politica, ed i due aspetti sono strettamente collegati fra loro, e questi problemi della montagna vogliamo, anche ora, affrontare in qualche modo.

Qualcuno dirà – continua Lepre – come mai siamo qui a parlare, ancora una volta, dei soliti problemi, già sufficientemente noti. In primo luogo perché, finalmente, ci sono su questi temi delle proposte interessanti che stanno venendo avanti, e ci sono tre elementi di novità positivi in questo scenario preoccupante, che copre uno spazio che va dai laghi di Fusine alla Val Pesarina, alla Valle del Lago.

La prima novità è la legge sulle comunità energetiche, approvata dal Consiglio regionale della Regione Piemonte, che permette a comunità di persone, enti ed imprese, di scambiare fra di loro l’energia prodotta da fonti alternative. Questo è un fatto molto importante, perché se la Regione Fvg approvasse una norma di questo tipo, non si dovrebbe più verificare quanto accaduto in occasione dell’ultima alluvione, quando comuni che hanno nel loro territorio molte centraline idroelettriche, come per esempio Forni Avoltri, sono rimasti senza elettricità per più giorni, perché il comune non poteva neppure allacciarsi alla centralina privata che sorge a pochi metri dall’abitato, e gli utenti erano obbligati a ricevere elettricità solo dall’Enel, il cui sistema di distribuzione era però stato interrotto dalla caduta di alcuni alberi. Così dei produttori di energia elettrica sono rimasti senza corrente elettrica, il che è un paradosso.

La seconda novità è la direttiva europea sulle fonti energetiche rinnovabili, che introduce la figura del ‘prosumer’, favorendo, appunto, la creazione di comunità energetiche.

La terza novità importante, che speriamo vada in porto perché è stata molto contrastata ed avversata, è il decreto del governo che riduce gli incentivi per il mini- idroelettrico, che sono stati l’elemento trainante per le continue domande di derivazione su di un territorio che è già sfruttato a più che sufficienza, e dove si dovrebbe, semmai, incominciare a pensare di ripristinare quell’utilizzo plurimo delle acque che era la caratteristica della cultura e della civiltà alpina di un tempo. Il decreto che riduce od elimina gli incentivi al micro idroelettrico dovrebbe essere giunto all’attenzione di Bruxelles, per cui potremmo sapere qualcosa in breve tempo.

Inoltre, sul tema della montagna e dell’idroelettrico, son previsti, entro breve tempo, due convegni: uno promosso dalla Commissione Tutela ambiente montano del Club Alpino Italiano (C.A.I.), che riguarda strettamente le conseguenze ambientali delle derivazioni per le piccole centrali idroelettriche, che si terrà a Tolmezzo, l’altro promosso dall’Ente Bacino Imbrifero del Tagliamento, che dovrebbe trattare maggiormente gli aspetti relativi alla gestione della risorsa idroelettrica e i possibili benefici per il territorio.
Infine sta prendendo forma la proposta della creazione di una Società Regionale per l’utilizzo e la gestione degli impianti idroelettrici presenti sul suo territorio.

Marco Lepre, urbanista e presidente di Legambiente Carnia, passa quindi la parola ai rappresentanti dei comitati locali che hanno sul proprio territorio la spada di Damocle rappresentata da autorizzazioni o realizzazioni di centraline idroelettriche, che non possono non avere conseguenze molto pesanti sull’ambiente montano.

«Alcuni anni orsono, quando ci occupammo delle derivazioni idroelettriche in Carnia – si legge su di un articolo a firma di Alessandro Di Giusto – un anziano abitante di Forni di Sopra ci disse che prima o poi avrebbero captato anche i sassi.
È stato facile profeta, ma neppure lui immaginava che, negli anni a venire, con l’avvento degli incentivi per la produzione di energia rinnovabile, la sua sarcastica previsione sarebbe stata superata. Perché l’assalto alle acque montane continua imperterrito, dalle Valli del Natisone a quelle carniche, senza che sia possibile intravvedere un limite, mentre negli uffici regionali sono depositati di continuo nuovi progetti per centraline idroelettriche». (4).

 EMIL LENISA. LA NUOVA CENTRALINA SUL PESARINA.

Quindi prende la parola Emil Lenisa, del Comitato “Acque libere in Val Pesarina”.

Per quanto riguarda la situazione globale della Val Pesarina, mi pare interessante quanto scrive Alessandro Di Giusto nell’articolo già citato in nota 4: «Il caso del torrente Pesarina, nel cui bacino idrografico sono già in funzione ben 10 centraline, rischia di diventare […] l’emblema di uno sfruttamento scriteriato delle acque, dato che è stato presentato un nuovo progetto per la costruzione di una centralina. L’opera di presa dovrebbe captare l’acqua a monte dell’abitato di Pesariis. Una condotta interrata lunga alcune centinaia di metri, che attraverserebbe i prati posti tra l’abitato e il corso d’acqua e comporterebbe tra l’altro, […] l’esproprio temporaneo per pubblica utilità dei terreni attraversati che sarebbero ovviamente devastati da scavi e strada di servizio. La condotta dovrebbe sbucare a valle dell’abitato dove sarà costruita la centrale vera e propria proposta nel settembre dell’anno scorso dalla Energymont Srl, che ha sede a Martignacco.

La richiesta riguarda la concessione per la derivazione d’acqua ad uso idroelettrico, in sponda destra del torrente Pesarina,  nel  territorio  di  Prato  Carnico  alla  quota  di  762,50  metri sul livello del mare,  in  corrispondenza dell’esistente briglia, per 190 litri al secondo, per la produzione della potenza nominale di 84,53 Kw, e con la restituzione delle acque tramite condotta interrata alla quota di 712,70 metri in sponda sinistra dello stesso corso d’acqua (dopo averlo attraversato),  all’altezza del campo sportivo di Pesariis». E così continua, citando le parole di Giacomino Gonano, presidente dei Pescatori Val Pesarina: «Già dal 1990 hanno cominciato a chiedere concessioni per centraline sul Rio Malins, sul Rio Vinadia, poi a seguire Rio Liana, Siera, Ialma, Fuina e sul torrente Pesarina, in più tratti. In tutto 10 derivazioni con varie centraline con il risultato che di acqua ne resta ben poca.
Mancano le scale di rimonta e rilascio del deflusso minimo vitale per modo di dire, hanno avuto il solo risultato di desertificare non solo il torrente principale, ma pure i rii dove ogni forma di vita è stata di fatto ridotta ai minimi termini impedendo la riproduzione della fauna ittica. Ho presentato a vari livelli un dossier rimasto lettera morta, nel quale chiedevo di smetterla con le derivazioni, ma ogni tentativo di porre un freno è stato bloccato sul nascere. Come se non bastasse, quasi tutte queste centraline appartengono a privati che di certo non risiedono a Prato Carnico. Ecco perché la richiesta della gente è la stessa ripetuta da anni: smettetela di depredare l’acqua dei nostri fiumi e di fare devastare il nostro ambiente». (5).

Emil Lenisa ha ribadito i motivi per cui la popolazione della Val Pesarina non vuole l’ennesima centralina: perché all’interno del bacino idrografico della valle sono già presenti 8 impianti funzionanti e due in fase di realizzazione, il che comporta che il Pesarina sia interessato per il 48% del suo corso da tratti sottesi da impianti idroelettrici. L’’Arpa ha classificato lo stato ecologico del Pesarina appena sufficiente, e la realizzazione di un’altra centralina potrebbe far precipitare la situazione, allontanandolo definitivamente dai parametri definiti dall’Unione Europea. Ed oltre che un impatto ambientale pesante, detta centralina avrebbe un impatto negativo anche sulla comunità e sul turismo di Pesariis: infatti la sua condotta attraverserebbe la campagna prospicente l’abitato, interessando una zona paludosa e nei paraggi del campo sportivo, e non bisogna dimenticare che il Pesarina, che ha un valore paesaggistico certificato dalle disposizioni del T. U. sulle acque, è un luogo ricreativo d’estate sia per i residenti che per i turisti.
Non da ultimo, dai pochi dati economici presentati assieme al progetto, si viene a sapere che detta nuova centralina potrebbe avere dei risultati positivi per la proprietà solo se supportata da grossi incentivi pubblici.

Emil Lenisa sottolinea così un problema che pare proprio generale e che verrà ribadito anche in seguito: se non ci fossero gli incentivi nessuno si metterebbe a costruire centraline su ogni rio, e così così Lenisa chiude il suo intervento.

Ho deciso di dividere quanto è stato detto il 26 gennaio, ad Udine, presso il palazzo della Regione Fvg su centrali e centraline, perchè altrimenti risultava un testo lunghissimo, e voi, lettori, avreste dovuto abbandonarlo per sfinimento La prossima puntata riporterà l’intervento di Gaia Baracetti e quello di Silvio Vuerich, rispettivamente sulla situazione che si verrebbe a creare con la costruzione della centralina sul rio Pecol, e con la seconda centralina sul rio Zolfo. Quindi alla prossima.

Questo incontro e queste informazioni non hanno avuto come scopo quello di offendere alcuno ma di discutere problemi vitali per la popolazione carnica, regionale, italiana.

Laura Matelda Puppini

Note al testo:

(1) Laura Matelda Puppini, Da Carniacque a Cafc: affare strategico, fusione obbligata, o privazione dell’acqua per la montagna e de profundis per la sua autonomia?, in: www.nonsolocarnia.info.

(2) Chiara Sarra, Di Maio: “Al Quirinale un testo manipolato”. Ma Colle e Lega si tirano fuori, 17 ottobre 2018, in: http://www.ilgiornale.it/news/politica/colle-testo-manipolato-giallo-sul-decreto-fiscale-1589536.html. Nel sottotitolo dello stesso si può leggere: «Il testo del dl fiscale è arrivato al Colle “manipolato”. Ora è giallo sul decreto Fisco approvato lunedì dal Consiglio dei ministri e che contiene la cosiddetta pace fiscale».
Alberto Vannucci, Anticorruzione, tra luci e ombre. Il mio bilancio della legge ‘divisa’ tra M5s e Lega, in: Il Fatto Quotidiano, 31 dicembre 2018. Nello stesso si legge: «[…] il Movimento 5 Stelle, quello dello slogan “onestà onestà”, passa all’incasso intestandosi una legge cosiddetta “spazzacorrotti” che – secondo le accorate parole del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede – “porta una vera rivoluzione nella lotta alla corruzione”, ed “è motivo di orgoglio e commozione. (…). Ma l’alleato leghista dalle casse pignorate, forte dell’esperienza nel far svanire nel nulla i fondi pubblici, ha rilanciato in contropiede all’ultimo minuto, facendo inserire nella legge finanziaria blindata un codicillo che apre un varco alla deregolazione nell’assegnazione dei contratti pubblici da parte delle stazioni appaltanti, quadruplicando (circa) la soglia di valore degli affidamenti diretti di lavori pubblici, forniture, servizi, senza gara e quindi a più alto rischio di malaffare».
Ma non andò meglio ai tempi del governo Renzi, quando Matteo Renzi stesso ammise di aver inserito la norma detta salva Berlusconi nel testo della delega fiscale. «La norma l’ho fatta inserire io, ma avevo ricevuto rassicurazioni tecniche da avvocati e magistrati”. È la “confessione” di Matteo Renzi sulla legge salva-Berlusconi infilata di soppiatto nel testo attuativo della delega fiscale approvata in Consiglio dei ministri il 24 dicembre, giusto alla Vigilia di Natale. Le parole del premier sono riportate oggi da Il Fatto Quotidiano e da altre testate, dopo che ieri si era scatenata la “caccia” al responsabile dell’inserimento di una norma che, stabilendo delle soglie minime di punibilità per il reato di frode fiscale, cifre alla mano avrebbe cancellato la condanna subita dal leader di Forza Italia». (Salva-Berlusconi, la confessione di Renzi: “La norma l’ho fatta inserire io”, in: Il Fatto Quotidiano, 5 gennaio 2015). E non fu, se ben ricordo, l’unico caso di ‘manina’ sotto il governo Renzi.

(3) Nel merito cfr. i miei: “Monumento ad Ampezzo per i 70 anni della diga di Sauris. Ma perché?”, e “Chiare, dolci, fresche acque di un tempo che fu. Siccità, lago dei tre comuni o di Cavazzo, fra intenti e politiche” ambedue in: www.nonsolocarnia.info.

(4)    Alessandro Di Giusto, Un’altra centrale sul Pesarina, in: ilFRIULI.it, 30 settembre 2018.

(5)    Ibid.

L’immagine che accompagna l’articolo è tratta, solo per questo uso, da: https://udine.diariodelweb.it/udine/articolo/?nid=20151103_361952 e rappresenta una centralina. Se l’immagine è coperta da copyright avvisatemi per cortesia, che la toglierò e sostituirò con altra. Laura Matelda Puppini 

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