Leggo sul sito della Regione F-VG un’intervista all’Assessore Panotin, in relazione alla modifica delle amministrazioni comunali oltre che all’eliminazione delle Province con sostituzione delle stesse con Unioni di comuni, anche in alternativa alle Comunità Montane  già esistenti.

Pare che, dopo le Unioni dei Comuni, verranno fusi i piccoli comuni stessi, in unità locali più grandi.

Riporto qui, a riprova,  una parte dell’intervista all’Assessore.

«Anche i Comuni dovranno cambiare quindi?

Sì, certamente. Una riforma provinciale o regionale non è scindibile da quella che coinvolge il fitto reticolo comunale. Il Comune è una realtà amministrativa “vicina” al cittadino, ma che, al tempo stesso, deve assicurare i servizi territoriali necessari, evitare la frammentazione e il campanilismo, incidendo significativamente sulla moltiplicazione delle competenze. Uno dei problemi più grandi che abbiamo rispetto agli attuali Comuni è che non soddisfano il principio di adeguatezza.

Sono troppo piccoli…

Certamente, abbiamo Comuni piccoli o piccolissimi che affrontano difficoltà quasi insormontabili nel tentativo di offrire servizi adeguati ai cittadini e spesso non ce la fanno. “Piccolo non è più bello”. Non ci possono essere ovunque le competenze giuste per gestire problemi che sono oramai quasi nella totalità sovracomunali.
Riprendo una riflessione che condivido di Gabriele Ciampi che ci ricorda come quegli “antichi confini comunali – che conosciamo e sentiamo come nobili – sono il prodotto di una storia e di una geografia urbana durata una lunga serie di secoli. Ma oggi conclusa. I nuovi problemi che si propongono alla città diffusa, esigono soluzioni che, ad esempio, non possono sottostare al veto di un Comune rispetto all’interesse di una molteplicità di Comuni. Non è più accettabile una visione campanilistica che blocca, per gli interessi di un singolo Comune, interventi essenziali per un’intera area vasta”.

Come superare questa criticità?

Abbiamo recentemente approvato una norma importante, quella prevista nel DDLR n. 37 del 25 marzo 2014, che agevola i processi di fusione tra due o più comuni. Il futuro sarà di superare la dimensione comunale micro, quella sotto i 1000 abitanti, per arrivare a una soglia minima di 3-5.000 abitanti per comune. Questo intervento normativo rappresenta un passo necessario per accompagnare il vero cuore della riforma delle autonomie locali, su cui stiamo lavorando con certosina pazienza in queste settimane, ossia l’individuazione delle modalità, dimensioni, forme di governo delle aggregazioni di comuni per la formazione di enti di area vasta (federazioni di comuni, distretti, mandamenti o come vorremo chiamarli) che gestiranno assieme molte funzioni ora attribuite ai singolo comune o alle Province. Ma di questo avremo modo di discutere ampiamente nei prossimi mesi…»
(“Le ragioni e gli effetti della riforma regionale degli enti locali”, intervista all’assessore Panotin, in sistema delle Autonomie locali, in Regione F-Vg, senza data).

Da una breve ricerca condotta principalmente su wikipedia, ho tratto questi dati per i principali stati europei.

FRANCIA
La Francia ha 36.700 comuni, di cui 122 superano i 50.000 abitanti. A livello di popolazione, si va dal comune più popolato, Parigi, con 2 milioni di abitanti, fino agli zero abitanti di 3 comuni, non ancora soppressi.
AUSTRIA
In Austria ci sono 2.357 comuni, che sono amministrazioni di terzo livello, ma i comuni austriaci hanno però diverso status. Il comune più piccolo è quello di Gramais con 57 abitanti, che è collocato al 2.357° posto dell’ elenco.
GERMANIA
L’ampiezza dei comuni è molto diversificata, anche per numero di abitanti. Berlino con circa 3,4 milioni di abitanti è il più grande comune della Germania, il comune di Wiedenborstel, con solo 5 residenti, è il più piccolo.
SPAGNA
In Spagna solo 145 comuni hanno più di 50.000 abitanti. I comuni spagnoli sono 8116, ed all’ 8116° posto dell’elenco degli stessi, per numero di abitanti, si trova il comune di Illán de Vacas, con 5 abitanti.

Come ben si vede, nessuno di questi stati, ma credo neppure altri dell U.E., hanno limitato il numero dei comuni prima esistenti, proponendo, secondo un sistema discutibile, un grande comune con almeno 3000 abitanti. E se ne guardano bene, per non perdere l’elettorato, ma anche perchè il principio delle piccole municipalità funziona, come organizzazione amministrativa di gestione democratica, che tiene conto delle esigenze e della rappresentatività anche di pochi. Chi andrebbe, comunque, in Carinzia, Andalusia, Catalogna, e via dicendo, a fondere comuni? Inoltre, come anche in Italia, le grandi città europee sono divise in altre sotto unità amministrative.

Non si capisce, quindi, su che base si sia deciso in F –VG.  di fondere comuni, ammesso che quanto dice l’assessore Panotin sia ancora valido, quasi si dovesse fare, come la riforma della sanità, ad ogni costo, salvo poi non sapere se detta riforma abbia migliorato il servizio e abbattuto i costi. Perchè sulle spese complessive, l’assessore Telesca, per quello che ne so, continua a tacere. Sappiamo solo che si limita il pronto soccorso periferico di Gemona per potenziare quello di Udine, ecc..

Vi è stata, per l’aggregazione dei comuni in Unioni, che in Carnia ricalca territorialmente la vecchia e già esistente comunità montana, uno studio di fattibilità in funzione del risparmio, motivazioni di qualche ordine, ecc? O si ragiona solo per similitudine, come par di capire dai 10 punti per spiegare la riforma, sull’apposto sito regionale?

Infatti pare che in F – vg svolte epocali siano date per scontate, senza che io, almeno, sappia per che motivi, con che studi alle spalle, con che conseguenze. A un po’ più di un anno dalla nuova Giunta Regionale, pare che siamo ad una rivoluzione, che forse prepara quella dell’Italia renziana intera. Con quale modello europeo? Chiediamocelo.
Sempre come espressione del mio pensiero e di mie perplessità, qualora detto programma di fusioni fra piccoli comuni fosse ancora valido, senza volerne a nessuno, e passibile di critica. Laura Matelda Puppini

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