Leggo su Alias dell’8 marzo il paginone scritto da Giancarlo Bocchi su Tina Modotti, la notissima fotografa friulana poi dirigente del Soccorso Rosso, dipinta come misteriosa agente dei servizi segreti sovietici. Bocchi è l’autore di un film documentario su Guido Picelli, indubbiamente ben fatto, ma è anche accanito sostenitore della tesi che Picelli, durante la guerra di Spagna, era morto non in combattimento contro i franchisti ma colpito alle spalle dai comunisti, possibilmente italiani ed appartenenti al suo battaglione. Nonostante abbia anticipato molte volte sulla stampa di essere in possesso di documenti inequivocabili, nonostante molte ricerche fatte in archivi spagnoli ed ex sovietici, Bocchi non ha trovato nulla a sostegno di questa tesi. Un lavoro fatto con tanta tenacia e sacrificio è però sempre utile. Se la tesi dell’assassinio ad opera comunista non risulta provata, vuol dire che la versione della morte in battaglia ne esce rafforzata ed al momento, ovviamente sino ad eventuale prova contraria, appare quella corretta.

Bocchi ora si misura con altri “misteri” interessandosi a Tina Modotti, la cui vita dall’arrivo in URSS nel 1930 fino alla morte nel 1939 in Messico sarebbe «per molti aspetti ancora sconosciuta e gravida di segreti, che è tuttora avvolta nelle nebbie della Storia». In realtà le rivelazioni di Bocchi non sono tali, riguardano infatti episodi noti, l’attività della fotografa friulana in quegli anni stata chiarita bene da alcune pubblicazioni recenti. Che Vidali si fosse sposato nel 1930 con Paolina Hafkina è risaputo, lo ha scritto tra l’altro molti anni fa lo stesso Vidali, ricordando come Elena Stassova, temuta presidente del Soccorso Rosso, lo avesse accusato di bigamia. A Vidali piacevano, ricambiato, le donne, mentre la sua relazione con Tina era di grande amicizia e stima ma non di passione, essendo tra l’altro difficilissimo per la coppia, impegnata in un lavoro senza soste in molte e diverse nazioni, trovarsi assieme per momenti di intimità, Noto e quasi ovvio anche il fatto che la Stassova avesse chiesto alla OGPU l’accesso per Tina ai documenti segreti del Soccorso Rosso nel momento in cui Tina ha iniziato a lavorare per l’esecutivo di quella organizzazione. I vuoti esistenti nella autobiografia di Tina consegnata al Comintern, infine, rientrano nella comprensibile prudenza con cui i quadri comunisti compilavano il suddetto documento. Per quanto riguarda l’assassinio di Andrea Nin, evocato da Bocchi verso la fine del suo articolo, si tratta di un episodio che negli ultimi anni è stato indagato a fondo, grazie anche agli archivi ex – sovietici. Tina non c’entra assolutamente niente, forse neppure Vidali, ben altri sono i responsabili di cui ormai si conoscono nomi e cognomi (vedi tra l’altro: Boris Volodarsky, El caso Orlov, Barcelona, Crítica 2013)
L’attività di Tina in URSS e poi in Spagna, per Bocchi avvolta nelle nebbie della Storia, è stata ricostruita con dovizia di particolari, ad esempio nel bel libro di Christiane Barkhausen, sempre molto abile nel muoversi tra i vari archivi ex sovietici (Tina Modotti. Verità e leggenda, Firenze, Giunti, 2003) o in quello di Laura Branciforte sul Soccorso Rosso (El Socorro Rojo Internacional en España (1923 1939). Relatos de la solidaridad antifascista, Madrid, Biblioteca Nueva, 2011). A Mosca, Tina è stata incaricata di tenere i contatti con le varie sezioni del Soccorso Rosso in Europa, anche tramite alcune pericolose missioni clandestine, e nell’America Latina, di scrivere una infinità di articoli per le riviste di queste sezioni nelle diverse lingue che conosceva, di molte incombenze di tipo organizzativo.

Lavorava probabilmente 45 ore alla settimana per leggere e tradurre documenti in varie lingue e scrivere, oltre a studiare il russo, tenere corsi e relazionare sul lavoro del proprio ufficio, organizzare l’assistenza ai perseguitati che affluivano a Mosca. In Spagna sappiamo, tra l’altro, che ha contribuito ad evacuare i bambini dell’asilo infantile situato lungo la linea del fronte sul Guadarrama, con grande rischio personale, ha prestato assistenza alla popolazione che fuggiva da Malaga sotto i bombardamenti dell’aviazione fascista, ha organizzato il congresso degli intellettuali antifascisti alla metà del 1937, ha svolto una enorme attività di assistenza agli sfollati e profughi che affluivano a Barcellona, città sconvolta dai bombardamenti anche in questo caso opera dell’aviazione fascista. Un’attività frenetica che la ha invecchiata precocemente e forse ha acuito la patologia cardiaca causa della sua morte nel 1939.

Certamente, dopo l’episodio occorso all’Hospital Obrero di Madrid, dove alcuni combattenti repubblicani ricoverati erano morti perché il loro cibo era stato avvelenato, ha anche esercitato un controllo del personale degli ospedali nei quali si trovava ad operare. Ma perché parlare di misteri e nebbie quando i documenti esistenti mostrano una attività svolta alla luce del sole, tanto faticosa e rischiosa quanto utile alle vittime della guerra e del fascismo?

Marco Puppini

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