Stasera si è parlato di centraline e di energia idroelettrica a Tolmezzo, in un convegno promosso dal Cai, e così ho deciso di riprendere, con questo articolo, le relazioni di coloro che hanno evidenziato, il 26 gennaio 2019 ad Udine, i limiti delle centraline idroelettriche che stanno riempiendo il territorio montano ed i problemi che creano ad ambiente e popolazione. Naturalmente scriverò qualcosa anche sull’incontro odierno, ma devo ancora preparare il pezzo.

Ma vediamo insieme, lettori, cosa ci ha raccontato Silvio Vuerich, quel sabato del primo mese dell’anno.

Sivio Vuerich dice di rappresentare il Consorzio Vicinale di Bagni di Lusnizza. Il Consorzio sta lottando, dal mese di luglio 2018, per bloccare la costruzione del secondo impianto proposto per lo sfruttamento idroelettrico del rio Zolfo, e ringrazia Cristian Sergo in particolare per il grande aiuto dato, per esser stato il referente che lo ha consigliato e che gli ha dato buoni suggerimenti, ma anche Massimo Moretuzzo per la disponibilità dimostrata.

Il problema è che si vuole costruire una seconda centralina sul rio Zolfo, su di un bacino imbrifero di 4,8 Kmq, quindi al di sotto dei 10 kmq previsti dal nuovo piano tutela acque. Ma si è adottato il solito trucchetto di cui parlava Gaia: hanno presentato l’istanza di autorizzazione unica per il progetto il 28 marzo 2018, prima che avvenisse la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale Regionale del nuovo piano tutela acque; ed è stato detto che qualcosa, a livello regionale, ha permesso a tutte le istanze di questo tipo, presentate in precedenza, di essere portate avanti.

Nel merito di quanto detto da Vuerich, così si legge sul Messaggero Veneto: «Il rio Zolfo non è un rio antropizzato, o meglio lo è solo nel tratto messo in sicurezza dopo l’alluvione del 1996. Oltre il ponte, fino al Fella, mantiene le sue caratteristiche naturali. Osservando la vegetazione che cresce nell’oasi di pace, il diniego del Consorzio si rafforza: “Se per la realizzazione della centrale a monte non si è tenuto conto della pericolosità geologica prevista dal Piano di assetto idrogeologico ora chiediamo di valutarlo”. Il Consorzio vuole fare chiarezza pure sul divieto a realizzare centraline idroelettriche nei bacini imbriferi inferiori ai 10 Kmq introdotto dal Piano di tutela delle acque. Il bacino imbrifero del rio Zolfo rientra in questa casistica ma nonostante ciò «l’iter della pratica va avanti perché la domanda è stata presentata lo scorso 28 marzo, otto giorni dopo l’approvazione del Piano e 45 prima della pubblicazione sul Bur». (1).

Dunque: su di un triangolo: 269/5 di Società Autostrade e su proprietà tutte del Consorzio di Bagni di Lusnizza, dovrebbe venir edificata l’opera di presa della nuova centralina. Ma, come si legge su di un articolo su www.ilpais.it: «Tutti i Beni del Consorzio sono caratterizzati dal vincolo di inalienabilità, inusucapibilità e indivisibilità, a garanzia della loro comproprietà intergenerazionale e quindi della loro conservazione, nonché sottoposti al vincolo di tutela paesaggistica» (1). Quindi vi è la centrale esistente, con il suo scarico a novanta metri. Poi l’acqua, comunale, verrebbe ricaptata, in zona interessata anche da un attraversamento autostradale, in territorio tutto del Consorzio di Bagni di Lusnizza e caratterizzato dalla sorgente di acqua solforosa famosa in tutta la regione. (2). 

Quanto esposto da Vuerich è ben sintetizzato in queste parole tratte dal già citato articolo su www.ilpais.it: «Nel piccolo bacino, che non raggiunge i 5 kmq, è presente già una centralina di 97 Kw e, a breve, verrà valutato un progetto per una seconda centralina, a valle di quella esistente, per circa 32 Kw nominali, proposto dalla società privata Basso Zolfo s.r.l. Tutto questo in prossimità del centro abitato e del famoso Chiosco dell’acqua solforosa, che rende Bagni conosciuto a molte persone in tutta la regione. Non a caso il Rio Zolfo, infatti, deve il suo nome alla presenza di ben tre aree di sorgenti solforose, localizzate in destra orografica e poco a monte del rilascio della centrale esistente, le quali immettono il loro contributo in alveo. Il Comune di Malborghetto, di converso, ha ottenuto già la concessione relativamente ad un’area di sorgente e richiesto l’ampliamento alle altre due aree limitrofe in quanto è interessato a valorizzare questa risorsa sotto il profilo turistico, memore del ruolo di Centro termale svolto da Bagni di Lusnizza in epoca austroungarica. Tutto ciò confligge con l’autorizzazione di una seconda centralina anche perché la portata dichiarata in progetto (che il Consorzio di Bagni ritiene fondatamente molto più piccola di quella dichiarata ed allo scopo si sta attivando per delle verifiche) non sarebbe, nel tempo, più tale per il venir meno in alveo del contributo dell’acqua solforosa. Tutto questo senza considerare i cambiamenti climatici in essere e il loro impatto sul regime idrologico.
Il progetto prevede che l’acqua turbinata dalla prima centralina e rilasciata nell’alveo del Rio Zolfo venga ripresa dopo circa 90 mt, intubata e rilasciata proprio a ridosso della pista ciclabile “Alpe Adria”, in prossimità del Fella. I ciclisti di passaggio (ma anche gli ospiti e gli abitanti stessi del paese) vedrebbero l’alveo per lo più in secca o solamente con un modesto rigagnolo». (3).

Ma ritorniamo alle parole di Vuerich. Egli dice che la condotta per la seconda centralina passerebbe tutta su proprietà del Consorzio, e l’opera di presa dell’acqua verrebbe fatta nella zona del chiosco dell’acqua solforosa, ma non basta. Lo scarico avvererebbe all’altezza del ponte della pista ciclabile, e l’acqua poi si getterebbe, come si getta ora, nel Fella. Un lungo tratto del rio Zolfo resterebbe così in secca, togliendo pregio anche alla casa Mons. Luigi Faidutti, in epoca austroungarica hotel Tomasoff, dove furono costruite le prime vasche per l’acqua sulfurea per cure. Invece ora, con l’acqua solforosa, sembra che non abbiano di meglio da fare che far girar le turbine. Infatti in quest’area, ove è prevista la nuova centralina, c’è un piccolo canaletto che immette nel rio Zolfo le acque solforose provenienti da 5 sorgenti, ed è zona di interesse unico a livello culturale e paesaggistico, perché non bisogna dimenticare che Bagni aveva, in epoca austro-ungarica, due stabilimenti termali.

Inoltre il bacino imbrifero è sotto i 10 chilometri, e vi è anche, nella concessione, un problema regionale. Infatti a p. 33 del progetto generale della centralina richiesta dalla Basso Zolfo, si trova un elaborato presentato dalla società di progettazione incaricata dal committente, unitamente al resto, al Servizio Energia. Ora avendo già sul rio Zolfo una centrale esistente, i rappresentanti del Comitato hanno potuto chiedere l’accesso agli atti, e pure i dati delle portate derivate ed in turbina, per quanto riguarda la centrale già in funzione, che, in teoria dovrebbero esse rilevati da sensori.  Ma il punto qual è?

Per tutte queste centraline lo snodo è quello di definire in modo serio la portata naturale disponibile in alveo. Ora la Società Basso Zolfo ha a disposizione un salto motore ridicolo, di soli 25 metri. Quindi o si dicono cose non vere sulla portata in alveo, cioè sull’acqua a disposizione, o altrimenti questa centralina, come sostenuto dal Consorzio, con la portata naturale, di 100, 110 litri al secondo, realmente esistente, risulta una centralina di 15 kilowatt. Ma nel progetto generale viene riportato il piano Tutela Acque, e la cartina degli apporti specifici ivi segnalati, e la Regione dice che ci sono 50 litri al secondo al kmq. di apporto specifico al secondo. Ma qual è il bacino imbrifero, l’area sottesa fino alla nuova presa? È di 4,76 kmq.. Quindi 4,76 x 50 fa 238 litri. Quindi la società ha chiesto 220 litri, al di sotto di quanto riportato dalla cartina regionale della tutela acque. Ma se la società progettista avesse chiesto l’accesso agli atti relativi alla centralina già in auge, avrebbe visto che la portata naturale disponibile in alveo è di 110- 120 litri al secondo per tutto l’anno.  E 110 è la metà di 220.

Ma vi è un secondo problema. Su questo algoritmo, cioè sulla portata naturale, si innesca il discorso del minimo deflusso vitale. Ma nel caso specifico ha come riferimento 220 litri, non la metà. I calcoli dicono che vi sono 25-26 litri al secondo di minimo deflusso vitale. Ma il 23 settembre 2018 non pareva fosse così perché dalle immagini, mandate dai soliti volenterosi collaboratori al Comitato, il rio Zolfo è in secca a valle della captazione della centralina esistente, non ha acqua. Infine se qualcuno si mettesse sul ponte dell’autostrada, direbbe che nel rio Zolfo c’è acqua. Ma non sa che quell’acqua è quella solforosa che si immette dall’area delle sorgenti. Infatti alla settima briglia della centralina c’è una delle sorgenti di acqua sulfurea che porta acqua. Ma a monte della zona delle risorgive non ce n’è. E questo si vede dalle fotografie scattate. Infine al servizio regionale gestione risorse idriche questa zona è indicata come quella n.2 per il monitoraggio, per obbligo di legge triennale, dall’entrata in funzione della centralina esistente. E i geologi pagati dalla società che gestisce la stessa, hanno fatto le misure di portata nei giorni in cui c’era il piano di monitoraggio, e quindi nei giorni di piena e non di magra. E dal piano di monitoraggio, la zona in secca mostrata, dovrebbe avere una portata di 30 litri a secondo. E questo per dire che accadrà la stessa cosa con la seconda centralina.  Inoltre la seconda briglia di presa nella centrale esistente

Ed infine lo scandalo, che è stato denunciato al servizio Gestione Risorse Idriche regionale. La briglia di presa coanda della centrale esistente, ha la canaletta del dmv, cioè del minimo deflusso vitale, ostruita e posta in sinistra idrografica. Ma nel progetto iniziale della Basso Zolfo, i professionisti che avevano steso la progettazione mostravano una bella griglia coanda con una canaletta posta centralmente, non a sinistra. E se essa fosse posta al centro, l’acqua del dmv verrebbe rilasciata, ma messa a sinistra ed in quella posizione … In sintesi chi gestisce la centralina si sta prendendo tutta l’acqua, con il risultato che il rio Zolfo è praticamente in secca per circa 1, 1,2 chilometri.

Per correttezza Vuerich, in chiusura, specifica anche che, nella briglia coanda, se vi è una portata superiore a quella massima derivabile, c’ è acqua in eccedenza sopra la griglia, che va a finire in alveo, come quando il tirante idraulico in vasca si alza, perché esiste un meccanismo che vieta di prelevare più di tot, ma questo accade solo quando la portata è ben al di sopra di quella massima di derivazione della centrale.

Ma attualmente la portata naturale è di 100- 120 litri, la canaletta del dmv della griglia coanda è ostruita, vi è un rigagnolo di acqua che viene rilasciato. Inoltre, visto che i concessionari hanno l’obbligo di comunicare i dati di portata derivata e rilasciata annualmente, entro due mesi dalla fine dell’anno, il Consorzio ha chiesto i dati per il 2014, 2015, al servizio Gestione Risorse Idriche. Ma il responsabile ha risposto che il computer era rotto. Proprio così: nel 2018 ci è stato risposto che non si poteva avere i dati di portata della centralina sul rio Zolfo del 2014 e 2018, perché il computer di centrale era rotto!!!

E con questa considerazione, ribadendo che quello che ha narrato è quanto accade nei fatti, Silvio Vuerich chiude il suo intervento.

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Quanto ho scritto è tratto dalla mia registrazione dell’incontro del 26 gennaio 2019, e da fonte giornalistica. Avevo comunque inviato a Vuerich l’articolo, perchè gli desse un’occhiata, come sono abituata a fare, ma dopo aver atteso più giorni, non avendo ricevuto risposta, ho deciso di pubblicarlo. Se ci sono inesattezze Silvio Vuerich è pregato di avvisarmi perchè possa correggere.

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Note.

(1) https://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2018/08/12/news/no-alla-centralina-sul-rio-zolfo-prelevera-l-acqua-solforosa-1.17149667

(2) http://www.ilpais.it/2018/09/18/bagni-di-lusnizza-in-difesa-del-rio-zolfo/.

(3) Bagni di Lusnizza (Lusniz in friulano, Lužnice in sloveno, Lusnitz in tedesco) è una frazione del comune di Malborghetto-Valbruna (Ud). È la prima frazione che si incontra andando da Pontebba verso Tarvisio ed è formata da due borghi separati da un prato in cui sorge la chiesa del paese, dedicata a San Gottardo. La località è nota per la sorgente di acque solforose che scaturiscono dal Rio del Solfo, qualche centinaio di metri ad est dal borgo superiore. (https://it.wikipedia.org/wiki/Bagni_di_Lusnizza).

(4) http://www.ilpais.it/2018/09/18/bagni-di-lusnizza-in-difesa-del-rio-zolfo/.

L’immagine che accompagan l’aerticolo è tratta, solo per questo uso, da: https://friulisera.it/lega-mazzolini-impianto-idroelettrico-rio-zolfo-non-auspicabile-vogliamo-ridare-alla-montagna-le-risorse-del-suo-territorio/

Laura Matelda Puppini

 

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