Dato il mio interesse per questi temi, e credo anche quello di qualche lettore, riporto in questo articolo quanto emerso all’assemblea nazionale congiunta dei comitati territoriali per il no nel referendum costituzionale e dei comitati territoriali contro l’Italicum, il 24 giugno a Roma, con obiettivo la fusione in un unico soggetto politico. Poi riporterò, nel prossimo articolo, anche le finalità del gruppo che fa capo ad Anna Falcone e Tomaso Montanari, che non sono in antitesi con quelle del Coordinamento per la democrazia Costituzionale, anzi spesso convergono.

  L’introduzione è stata tenuta da Alfredo Grandi, e la riassumo qui per sommi capi.

Dopo aver rivendicato l’importanza del ruolo svolto per la vittoria del no il 4 dicembre dai comitati presenti, Grandi si è soffermato sulla fretta successiva per approvare una nuova legge elettorale, e sul tentativo di far dimenticare il risultato del referendum. «Nessuna riflessione, nessuna autocritica, un preoccupante disprezzo per il voto degli elettori e quindi per la democrazia» – sottolineava, mentre «La campagna referendaria ha mobilitato energie, promosso partecipazione, dimostrato che quando le persone possono contare rispondono e partecipano al voto, scelgono. Deludere le aspettative dei cittadini vuol dire aprire una frattura democratica severa e preoccupante».

Poi l’atteggiamento del governo verso i referendum Cgil, che si configurava come una vera e propria provocazione, pur di non giungere al voto e che ha portato i comitati al fianco del Sindacato. «È il simbolo di un modo inaccettabile di governare – affermava Grandi – è uno dei tanti sberleffi alla democrazia, una vera e propria imposizione» e ci dice che siamo di fronte a qualcosa di più del tentativo di Renzi di tornare al potere: siamo dinanzi alla volontà delle classi dominanti italiane ed europee di imporre sempre e comunque le loro scelte, anche quando non hanno il consenso degli elettori. «Per questo – continuava Grandi – dobbiamo fare una scelta di fondo sulla legge elettorale. Noi abbiamo sempre tenuto insieme Costituzione e legge elettorale, e sappiamo che se anche il futuro parlamento sarà subalterno ai capi partito, senza una propria autonomia e funzione, torneranno anche gli attacchi alla Costituzione».
Il popolo italiano, invece, ha bisogno di un Parlamento che sappia approvare la carta dei diritti dei lavoratori della Cgil, che decida con autonomia, i cui componenti rispondano agli elettori, e che riesca a riequilibrare il peso delle classi dominanti ed a correggere gli squilibri sociali e le divaricazioni crescenti di reddito e di condizione civile fra gli italiani.

Per quanto riguarda la legge elettorale, che ancora non c’ è, l’impegno dei comitati per in no e contro l’Italicum non è finito. Una legge elettorale coerente, per Camera e Senato, oggi è scomparsa dal video della politica e con troppa facilità si dà per scontato che non ci siano le condizioni per approvarla, salvo vagheggiare, poi, decreti dell’ultima ora per intervenire in modo inaccettabile e antidemocratico sulle regole elettorali.

Ma noi dobbiamo chiedere, invece, con tutta la forza di cui siamo capaci, una nuova legge elettorale che segni una netta discontinuità con le leggi di questi anni, che lasci alle spalle Mattarellum, Provincellum, Rosatellum, ed il cosiddetto “tedesco” in salsa Renzi/Berlusconi. «E non vogliamo una legge elettorale che «trasformi con qualche trucco contabile una minoranza di elettori in una maggioranza parlamentare», in modo tale da tentare di nuovo di fare approvare le modifiche del sistema istituzionale, a partire dalla Costituzione. La legge elettorale è problema centrale, e dalla sua stesura dipenderà largamente il futuro del paese, potendo dimostrarsi anche il trampolino di lancio per un disegno autoritario e accentratore.

La proposta dei comitati invece si basa sul fatto che la legge elettorale deve avere due punti fermi: una forte iniezione di proporzionale e la possibilità per i cittadini di scegliere tutti i loro rappresentanti in parlamento. E non si deve avere fretta di votare una legge elettorale, quasi si volesse chiudere la partita al più presto. «La legge elettorale non è un affare privato della maggioranza e dei suoi traffici con la destra, delle posizioni ondivaghe di altri: riguarda il nostro paese, tutti noi» – continua Grandi. Tutti debbono assumersi le loro responsabilità, prosegue, e noi faremo in modo di giungere alla sua approvazione in tempo per le prossime elezioni politiche.

Inoltre, guardando al futuro, è stata progettata, assieme ai radicali italiani, una nuova proposta normativa per la raccolta firme per i referendum, mentre Alessandro Pace si sta interessando ad una sulla sfiducia costruttiva. Ma è altresì importante procedere ad una regolazione della vita democratica dei partiti, che oggi, troppo spesso, possono dipendere da una persona, che accettano primarie aperte a tutti negando il ruolo degli iscritti nelle scelte, oppure risolvono davanti al giudice contenziosi della loro vita interna.

Per quanto riguarda i comitati per il No e per l’abolizione dell’Italicum, la richiesta da parte dei partecipanti di rimanere in campo, di continuare l’azione politica, è stata ampia, corale, e ha portato a scegliere di avviare una trasformazione associativa e organizzativa per adeguarsi alla nuova situazione, senza presentare però candidature. Infatti, per Grandi: «Solo se resteremo autonomi potremo continuare a mantenere rapporti di credibilità con tutto l’arco delle forze in campo e potremo, di volta in volta, senza preoccupazioni, convergere su singole iniziative o criticare posizioni che non condividiamo […]». «E questo ci differenzia dai comitati guidati da Guido Calvi (che hanno dato origine a ConSenso con programma il cambiamento all’interno del centro-sinistra. N.d.r.)». E va ricordato che il criterio di fondo che ci ha permesso di essere forti e di vincere è stata la disponibilità a collaborare e a convergere su obiettivi comuni. La frantumazione non aiuta nessuno e potrebbe disperdere un grande patrimonio di credibilità.

Grandi poi, dopo aver riassunto per sommi capi la storia della nascita del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, ha continuato ringraziando le personalità che hanno permesso di coagulare cittadini molto diversi tra loro intorno al No al referendum, cittadini dotati di disinteresse personale, passione e competenza, e portatori di storie e collocazioni diverse nella sinistra. «Noi abbiamo incrociato un sentimento profondo dei cittadini che non si è fatto ingannare dagli opinionisti interessati, e il lavoro sui social è stato prezioso per spiegare e mobilitare a livello di massa». Se da questo deriverà un nuovo assetto non solo della sinistra ma del governo del paese, non potremo che esserne lieti, ma purtroppo la scelta del Pd di riconsegnare a Renzi la leadership del partito, impedisce alcune possibilità. «Il Pd farebbe bene a fare i conti con la coincidenza dei destini personali di Renzi con quelli del partito – continuava Grandi – che non a caso lo condanna ad un accordo con le destre, come dimostrano le vicende di questi giorni, con uno scambio di reciproci favori inaccettabile, oppure a perdere le elezioni. Finché la situazione resterà questa c’è poco da rifarsi al centro sinistra».

E, comunque sia, «per noi ci sono tutte le ragioni per rimanere in campo svolgendo un ruolo diverso e autonomo da iniziative politiche. Anna Falcone e Tomaso Montanari, che stimiamo, si sono impegnati in un percorso a cui guardiamo con simpatia e affetto, ma è un percorso diverso dal nostro e la distinzione dei ruoli deve essere chiara». Ed ormai non ha più senso proseguire con due associazioni. Il Coordinamento per il no nel referendum costituzionale e quello contro l’Italicum devono fondersi in un unico soggetto politico, da chiamarsi, con riferimento alle origini, “Coordinamento Democrazia Costituzionale” con statuto da definire insieme e non proposto in forma pre-confezionata, «praticando il confronto tra punti di vista diversi, cercando il consenso più ampio nelle scelte essenziali», ed evitando centralismi e strutture sovraordinate.

Grandi poi enucleava una serie di proposte concrete: una iniziativa pubblica per il mese di  settembre per rilanciare la necessità di una legge elettorale proporzionale che dia la possibilità agli elettori di scegliere i propri rappresentanti evitando un nuovo parlamento di nominati; il sostegno alle iniziative della CGIL contro l’annullamento del referendum sui voucher e la loro immediata reintroduzione, e per una nuova legislazione sui diritti del lavoro; l’appoggio alla legge di iniziativa popolare sull’immigrazione promossa da Bonino e don Colmegna, e sostenuta da ACLI e ARCI; il totale appoggio alle azioni della LIP per l’organizzazione dei movimenti della scuola, per  il potenziamento delle forme di sovranità del cittadino, ed ad altre iniziative, portate avanti da detto movimento, collegate ai temi della partecipazione dei cittadini, alla valutazione della qualità dei servizi, ed alla trasparenza. Inoltre pieno sostegno deve venire dato all’azione predisposta dal Comitato Romano per il superamento delle modifiche apportate nel 2012 all’art. 81 della Costituzione, che hanno introdotto l’obbligo del pareggio di bilancio. Infine si prevede l’organizzazione, insieme al Fatto Quotidiano, di una ‘scuola di formazione’ sui temi istituzionali.

E così terminava Grandi la sua introduzione ai lavori assembleari: «La Costituzione non è riducibile ad un programma politico di una parte, ma il programma politico di un soggetto collettivo può indicare le scelte che ritiene migliori per attuare la Costituzione e su quelle può e deve sviluppare il suo impegno».

L’ incontro assembleare si chiudeva con l’intervento di Domenico Gallo, che ha sottolineato come non fossero venute meno le ragioni per cui cittadini ed associazioni, uniti in un Coordinamento, rimanessero in campo, con il fine di operare sui grandi temi della qualità della democrazia costituzionale nel nostro paese. «Inoltre – proseguiva –  se vogliamo che il prossimo Parlamento affronti temi importanti come il rifiuto del CETA, e del TTIP, la cancellazione della riforma della ‘buona scuola’, la ridiscussione del fiscal compact, nuove politiche per il lavoro, la tutela dell’ambiente, è essenziale che la sua composizione rispecchi la volontà popolare e sia determinata, nel rispetto del criterio della rappresentanza, escludendo le deformazioni derivanti da ‘premi’ e altri meccanismi distorsivi».

Quindi riassumeva quanto emerso dall’assemblea in rapporto alla creazione di una “Alleanza popolare per la democrazia e l’uguaglianza”, nata dall’appello di due autorevoli esponenti dei Comitati: Anna Falcone e Tomaso Montanari.
Anna Falcone, intervenuta ai lavori dell’assemblea, esponeva le linee portanti del progetto, sottolineando l’importanza, per i Comitati, di mantenere la loro autonomia e terzietà.
Però, secondo Gallo – per dare di nuovo valore, concretezza e sviluppo ai beni pubblici repubblicani che la Costituzione ha consegnato al popolo italiano, «la prima urgenza è quella di ripristinare l’agibilità politica delle istituzioni rappresentative», ricostruendo quella trama di rappresentanza dei bisogni, dei diritti e delle esigenze fondamentali delle persone, che un sistema politico oligarchico ha lacerato. Da ciò deriva l’importanza della mobilitazione per una legge elettorale che restituisca la rappresentatività al Parlamento, sulla quale tutti si sono trovati d’accordo. Infatti «non può esistere un partito della Costituzione perché la Costituzione è di tutti e non può essere inglobata in una parte politica». Invece è importante che in Italia sorgano nuovi soggetti politici che operino per l’attuazione del programma politico prefigurato dalla Costituzione, «incardinato sul riconoscimento del nesso inscindibile tra questione sociale e questione democratica»; che mettano al centro dell’azione politica il lavoro, l’ambiente, la sanità, l’istruzione pubblica; la costruzione della pace e della giustizia nelle relazioni internazionali». Quindi la diversificazione tra la proposta di Anna Falcone e Tomaso Montanari e quella del nuovo Cdc sta nel fatto che quest’ultimo non vuole aderire ad un soggetto politico organizzato, perché nel Coordinamento sono presenti più sensibilità politiche, ma anche perché verrebbe meno la possibilità di portare avanti il progetto per cui Cdc è nato.

Per quanto riguarda la costruzione della nuova associazione, essa – afferma Gallo – non ha trovato controindicazioni nel dibattito. Alcuni interventi hanno sollevato l’esigenza di riequilibrare il rapporto fra i componenti originari dell’associazione e i componenti in rappresentanza dei comitati e delle realtà territoriali. Ma Gallo sottolinea come questo riequilibrio fra nucleo storico e base territoriale avverrà con l’ingresso di due rappresentanti per Regione. Infine si deve notare come le proposte concrete fatte siano state accettate. Semmai le perplessità riguardano la capacità effettiva di portarle a termine, per l’impegno richiesto. E per portare avanti proposte come quella di modifica dell’art. 81 della costituzione, non serve solo l’opera materiale dei più, «occorre che ci sia una forte spinta emotiva, occorre suscitare una forte passione politica», che trascini questa proposta collegandola con le altre iniziative, ed in particolare con la mobilitazione del mondo della scuola».

L’intervento integrale di Alfiero Grandi è leggibile in: https://coordcostituzionecr.wordpress.com/documentazione/documenti-cdc/assemblea-24062017/assemblea-24062017-introduzione-di-alfiero-grandi/, quello di Domenico Gallo in: https://coordcostituzionecr.wordpress.com/documentazione/documenti-cdc/assemblea-24062017/conclusioni-di-domenico-gallo/.

Laura Matelda Puppini

L’immagine che accompagna l’articolo è tratta da: https://www.felicebesostri.it/category/costituzione/. Laura Matelda Puppini 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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