Il 9 gennaio si teneva ad Alesso un incontro sul lago di Cavazzo, sulle due grosse centrali e sulle centraline carniche e friulane, con riferimento, pure, al problema della politica regionale in un settore così delicato.
Su detto incontro ha relazionato subito la stampa locale, ma forse in modo non esaustivo, e privilegiando la sequela dei politici presenti.

Esso aveva come oggetto, secondo Franceschino Barazzutti che lo introduceva, principalmente il lago dei Tre Comuni e la sua salvaguardia, ma pure: «Il passamano delle centrali idroelettriche in Friuli», come precisava Piero Cargnelutti il 5 gennaio 2016 sul Messaggero Veneto, sottolineando che «in Friuli si produce energia ma i proventi finiscono nelle tasche di società extraregionali». (Piero Cargnelutti, Non svendete le centraline del lago dei tre comuni, in: Messaggero Veneto, 5 gennaio 2016).
Quindi Barazzutti continuava riassumendo gli aspetti salienti del passaggio di mano delle centrali e centraline carniche e friulane per la produzione di energia elettrica, mai state però, come ben precisava Cargnelutti, in possesso e sfruttamento da parte di enti od agenzie territoriali carnico/friulane. (Ivi).
Per dir la verità ai primi del Novecento, Vittorio Cella, in rappresentanza del gruppo delle cooperative carniche, ed altri avevano cercato di sfruttare, a fini energetici, le acque dei principali fiumi carnici, dopo aver creato, a livello provinciale, l’Ente Autonomo Forze Idrauliche in Friuli, proponendo un progetto globale che superasse la «proliferazione incontrollata delle piccole centraline». (Cfr. Laura (Matelda) Puppini, Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le Cooperative Carniche 1906-1938, Gli Ultimi, 1988, p. 175-192). Ma poi, quando pareva che la possibilità di iniziare i lavori per la derivazione del Tagliamento in zona Avons fosse cosa fatta, era venuto il fascismo, che aveva reso l’Ente inoperante regalando alla S.A.D.E., presieduta dal conte Giuseppe Volpi di Misurata, magnate dell’industria elettrica, Ministro dell’industria dal 1925 al 1928, presidente di Confindustria dal 1934 al 1943, promotore dell’industria di Portomarghera, e prima governatore della Tripolitania, lo sfruttamento delle acque carniche. (Ivi, p. 191).
Ma ritorniamo all’ oggi.

Con un comunicato del 28 dicembre 2015, A2A, la multiutility lombarda che controlla Edipower faceva sapere che, per effetto di un’operazione di scissione, era stato assegnato a Cellina Energy Srl tutto il nucleo udinese costituito dal complesso di impianti idroelettrici di titolarità Edipower, fatta eccezione per le due grosse centrali di Ampezzo e Somplago.
Cellina Energy Srl è interamente partecipata dalla Società Elettrica Altoatesina (Sel srl), «società creata dalle Provincia autonoma di Bolzano, che aveva una partecipazione dell’8,4% in Edipower» (Ivi). Cellina Energy Srl, a sua volta, cedeva le centraline friulane, appena acquisite, a “Edison s.p.a.”, ricevendone in cambio le quote che “Edison” aveva nelle società satellite della stessa, l’altoatesina “SelEdison s.p.a.” e “Hydros”, di Bolzano.
La nuova configurazione, che interessa anche le proprietà degli impianti friulani, è già entrata in funzione con il primo gennaio, e pare essere il frutto della volontà della società altoatesina Sel (ora sparita essendosi fusa con Azienda Energetica s.p.a. a creare Alperia s.p.a.) di rinunciare a diverse partecipazioni esterne per mantenere il controllo dell’energia locale in Sud Tirolo: «Ora le società pubbliche – ha dichiarato Arno Kompatscher, presidente della Provincia di Bolzano – potranno attuare politiche energetiche e tariffarie per i cittadini». (Ivi).
Di fronte a questa situazione, che vede ben 26 centrali friulane passare di mano in mano, i comitati carnici per l’acqua intendevano aprire la discussione sulla possibilità che la Regione si occupasse direttamente dell’energia che viene prodotta sul suo territorio ed allo stesso tempo cercasse di attuare politiche di sviluppo del settore a vantaggio degli abitanti delle zone montane.
Il problema, a mio avviso, è di rilevanza notevole. In sintesi noi abbiamo la materia prima, ma non la sfruttiamo. Quanto valga per esempio lo sfruttamento della sorgente di Fleons, a Forni Avoltri, non perché sia esempio da seguire ma per capire quanto vale ora l’acqua, è presto detto: da che si legge su L’Adige del 28 gennaio 2014 la Società Goccia di Carnia, in quella data in mano a “Avm private equity”, milanese, che stava assorbendo la Pejo da San Pellegrino, aveva chiuso il bilancio, l’anno precedente, con un attivo del 3%, 20 milioni di euro di fatturato e 140 milioni di bottiglie vendute. (Nicola Guarnieri, Acqua Pejo sposa Goccia di Carnia, in http://www.cisltn.it/…/rass…/2014/01/20140128LAdige1.pdf).

Ma per ritornare all’incontro, Franceschino Barazzutti faceva notare come, in consiglio regionale, fosse stato presentato, nel corso del 2015, un ordine del giorno trasversale, chiedendo un disegno di legge sulla gestione dell’energia idroelettrica, per non giungere impreparati ma competitivi al 2020, data della scadenza delle concessioni in uso per le due grandi centrali di Ampezzo e Lago dei Tre Comuni, nel tentativo di raggiungere l’autonomia anche in detto importantissimo settore.
Il problema però, secondo me, è come mai la Regione Friuli Venezia Giulia non sia intervenuta nell’acquisto delle centraline, lasciando in mano a privati la gestione e lo sfruttamento anche delle ultime acque carniche e friulane. Infatti nel 2015 essa ha prodotto il “Piano regionale di tutela delle acque (PRTA)”, strumento previsto all’articolo 121 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, avente lo scopo di descrivere lo stato delle acque nella nostra Regione e di definire le misure per il raggiungimento degli obiettivi di qualità attraverso un approccio di tutela della risorsa, di garanzia del minimo deflusso vitale ed attraverso il risparmio idrico. Ma detto piano prevede pure interventi per la sostenibilità dello sfruttamento delle risorse idriche. Naturalmente il Piano doveva avere una fase attuativa. Che ne è stato?
Eppure a Tolmezzo, come in altri centri regionali, nel 2015 era stato pure previsto un incontro -convegno, svoltosi il 5 maggio 2015, con argomento: il Piano di gestione 2015 – 2021, direttiva quadro acque 2000/60/ce, per il distretto idrografico delle Alpi Orientali, ed in particolare: «l’incidenza della pressione determinata dall’uso idroelettrico sullo stato complessivo delle acque del Friuli Venezia Giulia», «La definizione dell’algoritmo di calcolo del deflusso minimo vitale in Friuli Venezia Giulia», «Le misure del Piano Regionale di Tutela delle Acque – Uso Idroelettrico», «Le misure del Piano di Gestione delle Acque per i corpi idrici in relazione all’uso idroelettrico». (http://www.regione.fvg.it/rafvg/cms/RAFVG/ambiente-territorio/pianificazione-gestione-territorio/Foglia20/). Ma poi … Ma poi?
Non si sa, infatti, perché la Regione Friuli – Venezia Giulia non abbia tentato di presentarsi come acquirente delle centraline, allo scadere delle concessioni, come suggeriva anche Enzo Marsilio, ma forse tardivamente. Vi è chi ipotizzava la mancanza di un ente preposto da crearsi all’uopo, ma vi era anche chi diceva che forse in regione non si conoscono le potenzialità del già esistente B.I.M.
Comunque ci si deve presentare preparati alle prossime scadenze del 2020-2021, in modo che la Regione F-vg, superando gli schieramenti politici, possa acquisire almeno le 5 piccole centrali della Val Meduna ed almeno una parte di quelle grosse di Somplago e di Ampezzo, iniziando a trattare con Edipower e vedendo come fare sin da ora.

Nella parte conoscitiva del PRTA, il Tagliamento, a valle di Ospedaletto, viene considerato come corpo idrico fortemente modificato. Il piano prevede, pertanto, lo studio di azioni di mitigazione del fenomeno e una valutazione costi/benefici delle possibili alternative agli usi specifici esistenti. Una soluzione evidenziata è quella di prendere in considerazione il progetto di realizzazione di una condotta di collegamento tra il lago di Cavazzo e il sistema derivatorio Ledra – Tagliamento, per garantire il fabbisogno di acqua per fini irrigui del Consorzio Ledra-Tagliamento da un lato, ed il miglioramento degli ecosistemi acquatici del fiume Tagliamento a valle di Ospedaletto dall’altro. In detto contesto, veniva ipotizzata, pure, la realizzazione di un canale di by – pass che convogliasse direttamente le acque della centrale di Somplago all’emissario del lago di Cavazzo, come da progetto dell’ingegner Dino Franzil, (http://comitat-friul.blogspot.it/2012/10/salviamo-il-lago-di-cavazzo.html) con lo scopo di recuperare le condizioni di naturalità del lago stesso. (Progetto di piano regionale di tutela delle acque. Lago Cavazzo).

Di questo si è parlato, pure, ad Alesso, e Franceschino Barazzutti ha sostenuto con forza che si deve prima bypassare l’acqua della centrale di Somplago e poi dare risposta ai problemi del Consorzio in questione, pena l’avere un ulteriore problema. Si è inoltre ribadita l’importanza di seguire le linee dettate dalla conferenza sul clima di Parigi del 2015, modificando il piano energetico regionale che volge ancora, per esempio con la centrale a gas di Monfalcone, all’utilizzo di combustibile di origine fossile. Infine bisogna guardare ad esempi positivi già presenti sul territorio, come Secab, e tendere all’autogestione delle risorse idriche ed ambientali e loro sfruttamento. Ma per questo argomento rimando ai miei precedenti sempre su: www.nonsolocarnia.info.

PERÒ ALLA BASE DI SCELTE TERRITORIALI IMPORTANTI VI È ANCHE IL DISCORSO DELLA PROGETTUALITÀ PER L’INTERO TERRITORIO MONTANO E DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA. PARE CHE LA REGIONE F-VG E LO STATO PENSINO SOLO IN TERMINI DI TAGLI ALLA SPESA, DI FARE CASSA, E NON RIESCANO AD USCIRE DA QUESTA LOGICA, QUANDO BASTEREBBE INTERVENIRE SULL’EVASIONE FISCALE ED I MANCATI INTROITI DA LAVORO NERO E CORRUZIONE.

Ieri ho ascoltato l’incontro di presentazione del volume di Tanja Ariis, La Montagna degli Altri. Diventare montanari e inventarsi un lavoro, Andrea Moro ed., organizzata dalla Cooperativa Cramars, da sempre interessata ai problemi del lavoro in montagna, e presente con le sue iniziative sul territorio.
Sono intervenuti anche un operatore in proprio nel settore agroturistico, l’austriaco Kaspar, il gestore del campeggio di Tramonti di sotto, un grafico milanese che vive ad Oltris, ricercando la natura incontaminata, come ormai molti fanno, almeno da turisti.

Bisogna riconoscere che l’austrico Kaspar, più degli altri anche se non da solo, ha toccato i punti dolenti del vivere ed operare in montagna. Non si può vivere in montagna se i paesi si spopolano, e bisogna creare le condizioni per un “ripopolamento”.
Non basta avere un ambiente non troppo alterato dall’uomo: bisogna anche mantenerlo, sfalciando, pulendo i boschi ed i rii, pena disastri ambientali a nord come a sud. Non per nulla, penso io, sempre quei cooperatori carnici, da cui dovremmo trarre preziosi insegnamenti, crearono un “Ente Economia Montana” con scopi: la sistemazione idraulico forestale dei bacini montani, la messa in valore della proprietà terriera, non certo attraverso la vendita a o lo sfruttamento da parte di ditte oltre confine, la realizzazione di piani e progetti, lo sviluppo del settore agro-alimentare e della pastorizia. Naturalmente il fascismo pose fine all’Ente. (Laura Matelda Puppini, Cooperare per vivere, cit., pp. 192-196).
Ma per tornare al presente, la burocrazia italiana pare peggiore persino di quella, però efficiente, dell’impero Austro- ungarico, le leggi sono troppe, lunghissime, interpretabili, come del resto quelle regionali.
Mio padre, Geremia Puppini, direttore didattico prima, ispettore scolastico poi, mi diceva un giorno che dopo la guerra si erano fatte poche leggi e chiare, ma poi il Parlamento legiferò sempre più con il risultato di giungere ad un numero altissimo di leggi, lunghe, spesso agostane, farraginose.
Le tasse sono alte, per chi vive in montagna e “paga di più tutto” e, secondo Kaspar e non solo, si controlla, dal punto di vista fiscale, chi si mantiene con il proprio lavoro anche in zone “impossibili” e belle come la Val Aupa, in modo quasi assillante, mentre si sa di una reale evasione fiscale per miliardi.
Detassare la montagna non pare possibile secondo la Costituzione, ed allora che fare? Dare incentivi, ma in che modo ed in che tempi, con quali garanzie e per cosa?

Ed allora ritorniamo ad una proposta di “progetto montagna” che peschi da quanto già scritto attualizzando,  che veda il territorio nelle sue variabili socio-economiche complessive e nella sua richiesta di lavoro e parziale autonomia. Ma abbiamo ora le forze e le leggi per realizzarlo? Probabilmente sì ma non serve solo tacere e parlare al bar, o attendere la visita dell’assessore di turno, serve anche proporre e far tesoro dell’esperienza pregressa. Ma invece in Italia si amano le novità, senza sapere che tali non sono, ma sono il riproporsi di una vecchia e superata politica che non guarda lontano.

Ora, per esempio, pare proprio che, per salvare le banche, dall’alto del suo potere, e sicuramente con la benedizione di Renzi perchè “non si muove foglia che Renzi non voglia”, come ci ha insegnato lui stesso, la ministra Maria Elena Boschi, con decreto legge, abbia permesso la vendita anche delle prime case ipotecate per mutui già concessi, non si sa con che modalità, ricavo ecc. (Nuovo regalo alle banche: via libera all’esproprio delle case, in: http://quifinanza.it/soldi/regalo-alle-banche-via-libera-allesproprio-delle-case/57718/). «Il provvedimento del governo italiano punta ad agevolare in ogni modo le vendite forzose degli immobili da parte delle banche e si muove in parallelo alle norme che il governo ha introdotto a proposito delle garanzie di Stato sulle sofferenze bancarie». (Ivi). E «Per accelerare al massimo il recupero dei crediti inesigibili da parte degli istituti di credito, il governo ha […] cancellato l’articolo 2744 del codice civile, che vieta il cosiddetto “patto commissorio” e cioè “il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore”. Il superamento di questo divieto permette quindi alle banche di entrare direttamente in possesso dell’immobile e metterlo in vendita per soddisfare il proprio credito qualora il mutuatario sia in ritardo con il pagamento di 7 rate, anche non consecutive». (Ivi). Ma dato che il mercato immobiliare è fermo, venderanno o svenderanno? O venderanno appartamenti ambiti a poche lire ad amici o che ne so? In Italia ormai “A pensar male non si fa peccato” anzi si potrebbe esser tacciati di sano realismo.

Fermiamoli e fermateli, mandateli e mandiamoli a casa, prima che per i privilegi di pochi costringano noi italiani all’accattonaggio all’estero. Non se ne può più di questo governo, che dei cittadini se ne …. Migrate ragazzi, migrate, qui è aria solo per i ricchi già noti. Questa è l’ennesima trovata, arbitraria e con abuso di decreti legge, per impoverire i cittadini, bloccare la già stagnante economia, improvvisare sulla pelle altrui, almeno secondo me. E se erro correggetemi.

Ma per ritornare alla montagna, abbiamo bisogno di servizi per operare e vivere nel nostro territorio reso sempre più marginale, in un’ Italia ai margini, non certo del loro accorpamento in pianura; abbiamo bisogno della garanzia di avere un servizio sanitario efficiente nelle vicinanze, non uno ulteriore privato ma accreditato ad Udine, ove una clinica convenzionata chiede di esser trasformata in ospedale hub regionale attraverso trattativa privata con l’assessore di turno, come pare dal Messaggero Veneto di domenica 28 febbraio 2016, (Giacomina Pellizzari, Terapia del dolore sospesi i ricoveri, in Messaggero Veneto 28 febbraio 2016) mentre i gemonesi chiedono da tempo che venga mantenuto il loro ospedale che serve la montagna, e la cui soppressione non si sa se dia neppure i grossi vantaggi economici sperati dall’assessore Telesca e dal dirigente Marcolongo. Ma state tranquilli, ci hanno riempito di reclame sui vantaggi della riforma sanitaria regionale, dobbiamo solo credere a quanto scritto. (Pieghevole in patinata, ed a colori dl titolo: “Nuova sanità. Come cambia? A cura della Regione Autonoma Friuli -Venezia Giulia). Fra l’altro si guardi all’estero e si vedrà che i pronto soccorso non vengono certo tagliati o ridimensionati, come credo i reparti di medicina interna, cosa che invece dovrebbe accadere per il San Michele a fine marzo, magari per mantenere con fondi regionali e non statali un reparto di eccellenza per una ventina di trapianti di cuore ed un paio di super specialistiche, gestibili con altri di regioni contermini, ed adeguatamente e prioritariamente finanziati dallo stato e da un fondo specifico interregionale, visto la tipologia dell’utenza.

Serve banda ultralarga in montagna, serve UWB, non una chiavetta, serve ripensare il lavoro e l’imprenditoria in funzione di una economia locale legata al territorio, serve slegare, nell’agro alimentare, produzione da commercializzazione. Lo stato non può fare, come invece ha fatto, riforme epocali come quella delle ricette unicamente on-line, elettroniche, senza sapere se sia ovunque realizzabile, e sulla quale si sono espressi, relativamente ai problemi che comporterebbe per la Carnia ma anche per alcune realtà della bassa friulana, sia il presidente dell’ordine dei medici di Udine dott. Maurizio Rocco che il dott. Luigi Conte, segretario generale della Federazione Nazionale dell’Ordine dei medici. (Ricetta elettronica al via ma senza la banda larga i medici non ce la fanno, in: Messaggero Veneto, 28 febbraio 2016).

Bisogna che i politici siano preparati, educati, formati alla politica, e non copino solo i modelli avuti ed in atto, cioè quelli riferibili ai governi Berlusconi e Renzi; che ripensino a che significa ricoprire una carica politica al servizio del cittadino elettore, che facciano in modo che nessuno si senta solo davanti al comune, alla provincia alla regione, ma invece pare che la solitudine, davanti alle istituzioni, sia caratteristica montana. Vai a chiedere e non trovi risposte, diceva uno sabato, o devi andarci mille volte o … Non serve, secondo me, perdere tanto tempo prezioso e sottratto ad altro per le fisse delle U.T.I. , come fossero problema di vita o di morte, di efficienza o meno, di risparmio o meno: che siano tali non è provato ed esistono anche i problemi di attaccamento alla comunità non solo quelli degli “euro sonanti”. Si può spendere meglio meno e bene. Doniamo acqua, gratis, che è nostra a ditta esterna e dovremo pagarle le bollette imposte, sperando di avere soldi per farlo, creando capitale loro con lo sfruttamento di un bene nostro. Non utilizziamo le risorse locali, ci lasciamo irretire dal discorso della centralizzazione per il bene del paese, inseguiamo, a livello politico, ancora una volta, il modello dominante, caratterizzato dall’improvvisazione e dalla “voglia di fare” senza pensare. Fermiamoci a pensare, e dopo agiamo ma su un programma attuativo, senza dividerci in filo governativi e non, almeno su alcuni temi economici che implicano un discorso di cittadinanza attiva, non di sottomissione al padrone. E chiediamo con forza a chi ci rappresenta cosa vogliamo. Si può fare insieme, in montagna, non si può fare da soli.

Lo sfalcio ed alcuni servizi ambientali, per esempio, possono esser affidati ad una cooperativa fatta da giovani locali, prendendo ad esempio la Cooperativa Cadore Scs, munita di mezzi adeguati, superando “una famiglia una falciatrice”, ma anche studiando forme di co- working tanto per dirne una. E rimando al mio: “Montagna, imprenditorialità, cooperazione: con l’anpi a Paluzza”, in: www.nonsolocarnia.info.
Bisogna scegliere forme di turismo sostenibile, non i desiderata di tutti, si deve pensare a brevi tragitti a piedi in forma di marcia non competitiva, portando le famiglie sul territorio, bisogna investire in tutela e manutenzione dell’ambiente e delle sue ricchezze anche artistiche o legate alla storia e cultura materiale, in forma comune, bisogna promuovere, pure, lo sport in forma piacevole e non solo agonistico competitiva, bisogna ricordarsi che la Carnia fu terra di cultura ed economia, e fu la culla del gruppo delle Cooperative Carniche, e ben venga nuovamente, come organo deliberante non più commissariato, la Comunità Montana. E si guardi anche ai vicini all’estero: a forme già sperimentate di economia montana ed a come si sono risolti problemi comuni. Ma bisogna anche leggere, informarsi, viaggiare, studiare, come ci insegna quella Comunità Carnica che, nel lontano 1953, mandò Romano Marchetti, mio padre Geremia Puppini, Alessandro Tarlao albergatore, l’ispettore forestale Filaferro, in Svizzera, a vedere come si rispondeva ad alcune tematiche della montagna. Altrimenti a che serve l’Europa se non ad impoverirci togliendoci tutto ed a farsi maledire?

E rimando ai precedenti sempre su www.nonsolocarnia.info:

“Lettera aperta a Regione e Sindaci della Carnia sulla gestione del sistema idrico. Proposta di un consorzio pubblico”.  – “Carnia. Verso altre forme di turismo possibile che coniughino arte e paesaggio”.  – “Montagna, imprenditorialità, cooperazione: con l’anpi a Paluzza”. –  “Negli anni ’30, il New Deal fece uscire gli U.S.A. da una crisi senza precedenti. E noi come usciremo dalla crisi?” –  “Quali proposte per il futuro della Carnia e della montagna friulana? A margine degli Stati generali per la montagna, recentissimi…”. –  “Anziani ed informatizzazione”. – “Anziani in aumento: quale assistenza, quali problemi ed oneri? Chiediamocelo”.  – “Ancora sulla riforma della sanità, sulle criticità comuni, su quel laboratorio analisi, piano emergenze, proposte per il San Michele di cui nulla si sa, e sulle parole che seguono a parole….”. –  “Aspettando Robin Hood …..quei poveri che aumentano sempre di più… anche in Friuli”. – “Messaggero Veneto del 25 marzo: il dott. Pietro De Antoni sul San Michele di Gemona. Ospedali: destini legati in Alto Friuli”. – “Da Franco D’ Orlando: sulla Riforma Autonomie locali e il manifesto della montagna 2013”. –  “Su quei comuni che paiono troppo piccoli… almeno in Italia”. –  “Economia, finanza, speculazione, democrazia, costituzione e servizi”. –  “Quei tribunali minori che resteranno per sempre chiusi”. –  “Note sulla riforma sanitaria in Friuli Venezia Giulia”. E rimando sempre al mio: “Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906-1938, Gli Ultimi, 1988, sempre su www.nonsolocarnia.info.

In questo articolo, come in altri, esprimo mie opinioni, che come tali sono opinabili, senza voler offendere nessuno, e se erro correggetemi.

Laura Matelda Puppini

L’immagine che correda l’articolo è stata da me scattata negli anni ’80.

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