Divagando su Porzus. Ma Toffanin era davvero Marino?
Lasciamo per un momento a lato la nota dinamica con cui si svolse l’azione alle malghe il 7 febbraio 1945 seguita dalle uccisioni a Bosco Romagno, e passiamo ad altre considerazioni senza dimenticare che quello che in Grecia fecero gli Inglesi, armi in pugno, e cioè mettere a tacere l’Elas e sostenere il governo di Papandreu che da alcuni veniva definito «un’accozzaglia di politicanti screditati» (1), in Italia fu fatto anche attraverso i lunghissimi processi per i fatti di Porzûs, che si connotarono pure come processi al comunismo e che iniziarono con l’incarcerazione di alcune persone senza processo alcuno nel campo di concentramento di Padova (2), in quanto ritenute possibili autori della strage di Topli Uorh, facendo comprendere che la guerra era finita ma il modus operandi fascista era ancora in auge.
Così Aldo Plaino Valerio ed altri, compreso il medico di Ampezzo Armando Zagolin, vennero fermati il 10 luglio 1946 e rinchiusi senza processo, non in un carcere ma in un ex- campo fascista, in nome non si sa di quale legge, per quanto accaduto a Topli Uorh. Fra questi, Marco Cesselli cita pure: Valeriano Rossitti, Italo Zaina, Bruno Grion, Bruno Pizzo e Dario Enzo Iaizza, ma pare non fossero stati i soli. (3). Ma su questo antefatto ai processi, spesso gli storici tacciono. Infine merita una nota la triste storia di un medico di tutto rispetto come Armando Zagolin, che tante vite aveva salvato e tanto si era prodigato per gli altri, che fu infamato da turpi dicerie come quella che avesse abusato della figlia, che il 10 luglio 1946 fu condotto in campo di concentramento a Padova per una azione che non aveva mai fatto e che, appena liberato, morì di tisi il 22 o 28 agosto 1947 all’ospedale di Udine.
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La documentazione presente in Archivio Istituto Gramsci Roma, scarna, starebbe ad indicare l’esistenza, il 19 novembre 1944, di più gruppi, detti Battaglioni gappisti, uniti sotto la denominazione di I^ Brigata 13 Martiri di Feletto Umberto, tra i quali però non c’è l’Amor né c’è Giacca. Detta Brigata, era guidata e fu sempre guidata, per quello che ci è dato sapere, da 3 persone: Marino, comandante, Erso, Capo di Stato Maggiore e Valerio commissario politico. Il primo problema che sorge è se Giacca fosse anche Marino, che comandava detta Brigata. Infatti nessuno chiama Toffanin Marino ma quello che è più significativo è che nelle interviste a lui fatte dopo aver ricevuto la grazia, egli mai dice di essere Marino e questo si ritrova solo nelle sentenze di condanna. Ma se da mesi era il comandante del più grande gruppo di gappisti in Friuli, con nome di copertura Marino, perché egli non si riconosce in quel nome, ma dice solo, intervistato in età avanzata (era nato nel 1912), di essere stato a capo di tutti i gap ma altresì di aver pure organizzato il colpo alle carceri, in solitaria: “Go fato tutto mi”? (4). E leggendo l’intervista fatta al noto gappista da Mario Bruno Bellato, durata 4 o 5 ore ma riassunta in poche righe, certe volte mi pare che un Giacca, sornione, prenda pure un po’ in giro chi lo intervista, dopo che sembra proprio esser diventato una specie di figura in primo piano anche per i media e per altri, tanto che dice che molti sono venuti da lui: compagni giornalisti, storici, studiosi, «son sta in televisiòn; mi conto sempre come faso con voi». (5). “Lui ‘conta sempre …’ Ma cosa? E anche se fosse stato solo una figura minore della Resistenza, con ‘Porzûs’ era ormai salito agli onori della cronaca: perché non darsi allora un po’ di lustro dicendo pure che guidava tutti i Gap?
Ma come avrebbe potuto farlo se restava sempre nel cividalese e dintorni, in Bosco Romagno o paraggi, se dall’agosto 1944 alla fine di settembre si era unito alla Divisione Natisone, se poi, dalla testimonianza di ‘Il Gobbo’ cioè di Armando Basso di Orsaria, località vicino a Premariacco ed a Cividale, Giacca frequentava «spesso la (sua) casa per sentirvi, di sera, le trasmissioni di Radio Londra», prima e dopo Porzus? (6). Non solo: lo stesso testimone aveva raccontato che, prima dell’azione alle malghe, Giacca si trovava da lui e gli disse «Domani sera non vengo perché dobbiamo fare una azione in un luogo dove c’è tanta neve» (7), ritenuta poi da lui quella a Topli Uorh, e sempre il Basso dichiarò pure che il Toffanin gli aveva confidato di aver compiuto l’eccidio di Porzûs ma che «aveva agito dietro ordini che gli erano stati dati». (8). Anzi il Giacca, a suo dire, pareva indignato perché i suoi ‘antichi’ superiori, che però nessuno sa chi fossero, «lasciavano gravare soltanto sulle sue spalle l’intera responsabilità dell’accaduto» alle malghe, a guerra finita. (9).
Ma d’altro canto: se Giacca era il capo dei Gap, perché doveva ubbidire agli ordini di altri, per esempio a quelli di Ultra, Alfio Tambosso, e di Franco, Ostelio Modesti, da lui citati? (10). E gaveva fato tutto lui o no? Non da ultimo, Toffanin parla di 3 brigate Gap (11) ma c’era solo la 13 Martiri di Feletto allora, ed una seconda in fieri. (12).
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Inoltre un’altra cosa bisogna dire: che solo se si poteva ipotizzare che ci fosse un gran comando centrale dei gap friulani, ipotesi formatasi nel tempo, che era in contatto con i vertici udinesi e, a livello gerarchico, milanesi del Pci da cui dipendeva pure operativamente, e che il capo fosse il Toffanin, si sarebbe potuto creare il più grande processo della storia al comunismo italiano nel dopoguerra, per infangare e per portare lo Stato verso la ‘giusta via’ dell’americanizzazione e della cancellazione degli aneliti ad un mondo nuovo, complice anche la Santa Romana Chiesa, che si dette da fare non poco per criminalizzare i comunisti.
Solo infatti sulla base di una ricostruzione di una dipendenza gerarchica in toto andò a finire che nei processi per i fatti accaduti a Topli Uorh e dintorni «furono coinvolti: Luigi Longo, Palmiro Togliatti, Vincenzo Bianco, il Comitato di Liberazione triestino, il CLNAI, Umberto Massola, Aldo Lampredi e altri dirigenti politici delle due parti». (13). E le tesi difensive furono sistematicamente cancellate come improbabili, il che fa pensare ad una storia già scritta almeno parzialmente dalla politica, ed invano Plaino per esempio cercò di dire …. Perché nessuno ha approfondito mai quale fu la reale tesi difensiva … Certamente riportò qualcosa ‘L’Unità’ degli anni cinquanta, ma quella la leggevano solo ‘i rossi comunisti’ con lo stigma della scomunica da parte della Chiesa e forse qualche socialista. E allora si costruì un caso mediatico non di poco conto che si protrasse per decenni dai fatti e continua, se stiamo ancora a cercar di capire ed a scriverne, essendosi tra l’altro trasformato, nel tempo, in una specie di saga di “Lu ha dit lui, lu ha dit iei”.
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Così, secondo me, un fatto locale seppur dolorosissimo ed incomprensibile, e giustamente sottoposto a processo, divenne, dopo esser stato gonfiato a dismisura senza rispetto per vivi e morti e neppure per il capitano De Gregori, uomo d’onore, ufficiale effettivo del R.E.I., partigiano, l’urlo congiunto della destra che covava in seno ancora retaggi del ventennio e dell’ala della Osoppo democristiana, fortemente politicizzata e fortemente anticomunista e ostile verso qualsiasi novità, in una Italia che comunque non aveva nulla e necessitava del ‘Piano Marshall’ e che usciva perdente, sanguinante e stordita da una guerra lunghissima e dolorosissima per l’Europa tutta e dal fascismo.
Non da ultimo, nel documento gappista datato 4 dicembre 1944, intestato: “Corpo Volontari della Libertà. I^ Brigata 13 Martiri di Feletto U.” con oggetto “Relazione sulle Formazioni della I^ Brigata G.A.P.” si legge che allora esisteva ufficialmente solo la I^ Brigata G.A.P e che era in formazione la seconda, che si sarebbe chiamata “Sterminio ai Nazifascisti” e che la “13 Martiri di Feletto U” era comandata da Marino che, come Erso, Capo di Stato Maggiore della stessa, era già del P.C.I. (14). E allora cosa gli sarebbe servito avere un ordine da Ultra o Franco per agire?
Inoltre, da quello che si sa, dopo il suo passaggio alla lotta armata in Jugoslavia, Mario Toffanin si iscrisse la Partito Comunista Jugoslavo (15) e non riprese più la tessera di quello italiano.
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E se si ridimensiona il ruolo di Giacca a mero comandante del btg. Amor, chi avrebbe potuto essere Marino? Vi sottolineo solo questa frase detta dal Toffanin e riportata in: “Intervista al Comandante Giacca, cit.”. Dopo aver detto che giunse ad Udine nell’aprile 1944, egli così scrive: «Arrivai alle dieci e mezzo e incontrai Lino Occhi (Sic! Ma è Zocchi come in intervista 1993 N.d.r.) veterano della guerra di Spagna. Mi disse. “Ho fame. E tu?” e io: “Beh ho bevuto un caffè”. “Andiamo a mangiare Mario”. Dopo due ore mi fece conoscere Dario di Napoli che aveva in mano i Gap». (16). Era forse Marino? Io me lo sto chiedendo. Ma nella intervista del 1993 descrive questo incontro in modo diverso e dice che in quell’occasione gli fu presentato Modesti e che prima di lui a guidare i G.A.P. c’era Maks. (17).
Non so chi fosse Dario di Napoli, né l’ho incontrato prima d’ora in alcuna storia, ma è innegabile che avesse in quel momento in mano i Gap. Perché poi non fu chiamato per i fatti di Porzûs come Marino, svanendo nel nulla? Era forse morto in azione o in galera o sotto tortura prima della fine della guerra? O si chiamava invece Maks che Giacca cita in altra intervista come suo predecessore? Non lo so ma se egli era Marino si spiegherebbero molte cose. Inoltre pare strano che dopo questa presentazione che pare quasi un passaggio di consegne da uno notissimo ad uno sconosciuto, Giacca abbia preso il comando di tutti i Gap friulani quando non conosceva nè il Friuli nè i gappisti. Ma in questa storia ci sono molti misteri che la valanga di testimonianze orali anche per avvalorare firme autografe e di documenti dubbi come quello firmato da Marino Marco e Valerio, che anche per i giudici presentava qualche problema, non hanno mai aiutato a risolvere. Inoltre chi era Erso, del PCI, capo di Stato Maggiore della “13 Martiri di Feletto U”? Per quanto riguarda Mario Toffanin Giacca e se egli fosse anche Marino, bisogna predere atto che nel volume” Sangue sulla Resistenza. Storia dell’eccidio di Porzûs, di Tommaso Piffer, Mondadori 2025, egli non si preoccupa neppure di questo problema chiamando il Toffanin con il suo cognome ed in fondo attribuendogli solo il nome di copertura di Giacca. Ma facendo così senza motivazione alcuna che io abbia trovato scritta, è come sottintendesse che a suo avviso Toffanin non guidava la “13 Martiri di Feletto U.” ma solo un suo gruppo. Ma allora chi era Marino?
Ed in chiusura ripeto che per me l’eccidio di Topli Uorh e Bosco Romagno furono fatti isolati compiuti da un gruppo di gappisti acquartierati in loco al comando di Toffanin e nulla hanno a che fare con gli sloveni, questioni e sogni di confini, ed altro. Ma questa fu l’ipotesi iniziale ed errata di Nicholson, che poi servì benissimo nel dopoguerra. E chiudo scrivendo che continuo qui una analisi dal mio punto di vista da storica che può essere messa in discussione, iniziata nel 2016 ed ai cui contesti ho dedicato vari articoli. E se qualcuno ha le prove che Marino sia Giacca, per cortesia mi scriva. Ci sarà un problema in meno o forse qualcuno in più. Senza voler offendere alcuno questo ho scirtto e per continuare un dibattito.
Laura Matelda Puppini
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Note.
1 – Giuseppe Tramontana, La Grecia dall’occupazione alla guerra civile (1940- 1949) https://www.tuttostoria.net/storia-contemporanea.aspx?code=405 ma ci sono diverse fonti che parlano di questo.
2 – Marco Cesselli, Porzûs due volti della resistenza, riedizione integrale, Aviani & Aviani ed., 2012, p.73.
3 – Ibidem.
4 – “Resoconto incontro con Mario Toffanin, comandante Brigate Gap Friuli avvenuto in Capodistria (Skoffie), l’11.12.1993”, di Mario Bruno Bellato, presenti anche Filippo Defend dell’ A.P.O. di San Vito al Tagliamento e Davide Saccomano, garibaldino, p. 6.
5 – Ivi, p. 3.
6 – Il processo di Porzûs. Testo della sentenza della Corte d’Assise d’ Appello di Firenze sull’eccidio di Porzûs con prefazione di Gianfranco Bianchi e note di Silvano Silvani, avvocato, edizioni Ribis – La Nuova Base ed. 2004, p. 200.
7 – Ibidem.
8 – Ibidem.
9 – Ivi, p.201.
10- “Resoconto incontro con Mario Toffanin, op.cit., p. 5.
11 – Ivi, p. 6.
12 – Documento gappista datato 4 dicembre 1944, intestato: “Corpo Volontari della Libertà. I^ Brigata 13 Martiri di Feletto U.” con oggetto “Relazione sulle Formazioni della I^ Brigata G.A.P.”, in: Archivio Istituto Gramsci. Roma. In: “Veneto – Friuli – Friuli – Varie – Fondo B.G. – Sez. IX – cart- 2 Fasc. 6 – 09462-09463.
13- Wladimiro Settimelli, Porzûs: difficile e doloroso parlarne con obbiettività, in: Patria Indipendente, 27 luglio 2008.
14 – Documento gappista datato 4 dicembre 1944, op. cit.
15 – Intervista al Comandante Giacca”, a cura del Collettivo Propaganda di Rivoluzione, Quaderni di rivoluzione, Supplemento a ‘Rivoluzione’ Padova 2005, leggibile online, p. 9.
16 – Ivi, p. 11.
17 – “Resoconto incontro con Mario Toffanin, op. cit., p. 6.
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L’immagine che accompagna l’articolo rappresenta le malghe a Topli Uorh (anche Uorch o Uork), è stata scattata da Paola Treppo, e si trova in https://caisag.ts.it/anello-delle-malghe-di-porzus/. L.M.P.
https://www.nonsolocarnia.info/divagando-su-porzus-ma-toffanin-era-davvero-marino/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2025/08/foto-paola-treppo-_malghe_di_porzus.jpg?fit=660%2C227&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2025/08/foto-paola-treppo-_malghe_di_porzus.jpg?resize=150%2C150&ssl=1STORIALasciamo per un momento a lato la nota dinamica con cui si svolse l’azione alle malghe il 7 febbraio 1945 seguita dalle uccisioni a Bosco Romagno, e passiamo ad altre considerazioni senza dimenticare che quello che in Grecia fecero gli Inglesi, armi in pugno, e cioè mettere a tacere...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia

Vi confesso che ogni tanto, presa da non si sa quale anelito di buona volontà, riprendo in mano anche vecchi articoli, salvati per un domani, facendo un po’ di pulizia ma scoprendone anche di interessanti. Così è stato in questi giorni ed ho reperito un articolo di Ilaria Purassanta, pubblicato dal Messaggero Veneto l’11 febbraio 2012, ed intitolato: “Napolitano a Porzus. L’Anpi: “La visita chiuda le polemiche”. Quello che appare è come ancora si usi a fini politici la storia dell’eccidio accaduto alle baite, come sempre fatto, nonostante la buona volontà di alcuni di chiudere un argomento pasticciato per quanto possibile, di cui di sicuro vi è solo il nome dei morti (ora e grazie a Paolo Strazzolini e Alessandra Kersevan) e che il gruppo che salì alle malghe era formato da gappisti guidati da Mario Toffanin, fuggito poi altrove e mai presentatosi a processo alcuno. L’uso politico dell’argomento si legge in particolare nel sottotitolo dell’articolo citato, che così recita: “Vincenti: “Basta con le umiliazioni alla nostra Resistenza”. L’assessore Riccardi: quel luogo sia monumento nazionale”. Ora questo ci fa capire il potere dell’ora dux della sanità che ha secondo me in mano le nostre vite, che si occupava quindi prima di storia e di Corridoio Baltico, cercando di sponsorizzare la stazione di bosco Verde, spesa folle per un’opera praticamente deserta ed inutilizzata (Cfr. Tarvisio, niente più stazione fantasma col Corridoio Baltico, in Messaggero Veneto, 21 ottobre 2011) con la sua solita politica di dichiarare ed ancora dichiarare e di farsi protagonista attraverso immagini di repertorio più giovane o meno giovane, di cui il Messaggero Veneto deve avere un gran casetto pieno.
Ma cosa è scritto di importante in detto articolo sulla visita di Napolitano alle malghe? Per esempio la posizione del mai dimenticato Federico Vincenti, allora Presidente dell’ Anpi provinciale di Udine che così si è espresso: “Lascio intendere con queste mie parole che la strage alle malghe è imputabile a Mario Toffanin. La responsabilità è sua […]. (…). E’ ora di finirla con con il revisionismo storico che ha colpito e umiliato la nostra Resistenza friulana, una delle più forti di Europa. (…). Adesso speriamo che con la visita del presidente della Repubblica cessino gli atteggiamenti revisionisti e gli insulti che si trascinano da 67 anni”. Ma invece ….. “A volte ritornano…”
Rispondo qui soltanto per quanto riguarda l’identità di Marino: al processo di Lucca qualcuno sollevò il problema, e ci sono due testimonianze di gappisti imputati che confermano che Marino era un altro nome di battaglia di Giacca. Sono Giorgio Julita “Jolli”, che era il comandante della brigata GAP “Tremenda” e in marzo sarebbe stato designato comandante della neocostituita Divisione GAP (Valerio Stella “Ferruccio“ commissario); l’altro è Dario Iaiza “Ivo”, che allora era diciottenne membro del battaglione “Giotto”, il più importante e organizzato dei battaglioni gappisti sotto il comando del Gruppo Brigate di Toffanin (Iaiza è rimasto per tutta la vita in contatto con il suo ex comandante). Tu potresti non considerarle sufficienti, ma poi un ragionamento da fare: Toffanin ebbe un bravissimo avvocato, Bocci di cognome, che mise in evidenza durante il processo e poi nell’arringa difensiva tutti i principali aspetti difensivi, ma mai mise in dubbio l’identità Marino-Giacca-Toffanin. Inoltre che Giacca fosse il comandante dei GAP friulani almeno fino a marzo 1945 è una cosa che emerge da una caterva di testimonianze processuali, sono sparse qua e là nei verbali, non si trovano tutte in un “mucchio” e per questo bisogna leggere centinaia e migliaia di pagine. Il problema secondo me non è costituito dall’identità di Marino-Giacca, ma dall’autenticità della relazione del 10 febbraio 1945 che nel mio libro del 1995 ho analizzato nei particolari, mettendo in evidenza un mucchio di incongruenze formali (per esempio il numero di protocollo non consequenziale) oltre che logiche; alla fine metto a confronto le tre firme con quelle di altri tre documenti agli atti del processo di Lucca sottoscritti con i nomi Marino, Marco, Valerio: le firme tra i quattro documenti sono completamente diverse (v. p. 356-358 di “Dialoghi sopra un processo da rifare”). La cosa può avere tanti significati e suscitare tante ipotesi, che qui non posso analizzare perché dovrei scrivere un altro libro, ma ciò che è più importante da osservare è che non ci fu da parte dei giudici nessuna indagine grafologica o di altro tipo per verificarne l’autenticità. Cosa che avrebbe dovuto essere fatta non solo per l’importanza del documento, ma anche perché venne presentato al processo di Lucca dopo essere stato oggetto di furto all’ANPI da parte di due osovani (Brusin ed Ermacora), e il documento (con tanti altri trafugati) rimase nelle mani di Giorgio Brusin (futuro capoarea di Gladio) per almeno due mesi prima di essere presentato ai giudici. Quindi, Laura, le perplessità, le domande e le ipotesi da fare su tutta la vicenda sono molte, profonde e complicate. Aggiungo ancora una osservazione rispetto al tuo testo; all’inizio, a proposito dei primi arresti di persone che poi non c’entravano nulla tu scrivi: “Ma su questo antefatto ai processi, spesso gli storici tacciono. Infine merita una nota la triste storia di un medico di tutto rispetto come Armando Zagolin”. Nel mio libro del 1995 parlo dei primi 7 arrestati (e poi dei successivi) per pagine e pagine e, da pagina 35 a pag. 41 nomino diverse volte il dott. Zagolin mettendo in evidenza chi era e il misfatto compiuto nei suoi confronti. Quindi almeno una storica ne ha parlato, e molto per tempo: trent’anni fa. Ma tu fino a qualche anno fa non avevi mai neppure letto il mio libro che finora, tra quelli pubblicati, è ancora quello più documentato.
Quindi secondo Kersevan di cui conosco e ho letto anche se a fatica devo dire, per il modo in cui è scritto, il volume “Porzus. Dialoghi sopra un processo da rifare” che ha il vantaggio di mettere in dubbio alcune versioni e di criticare alcune deposizioni orali “si sa che più persone dissero che Toffanin era il capo dei Gap e la certezza verrebbe da quanto sostenuto dal difensore di Giacca che non so neppure se fosse d’ufficio o meno, che mai lo negò. Ma io preferisco per ora continuare a parlare solo di documenti, per quanto in mio possesso.