Montagne perdute e trasformate in “locations” anche per motori? Parliamone.
Mi preme scrivere ancora qualcosa sulla montagna che fu l’ambiente di vita di mio marito Alido, da bimbo e ragazzino, che ne conosceva e conosce molti segreti e che sa orientarsi guardando le cime, amata da mia madre che sulla Carnia scrisse la sua tesi di laurea, da mio padre, dai miei nonni, in particolare il saurano Emidio Plozzer. Ma ora qualcosa sta cambiando e da luogo di vita e risorse, la montagna si è trasformata in location, in sfondo per altro, da raggiungere con nuove vie che la violano, il che è orribile e snaturante oltre che presumibilmente inquinante e pericoloso. Ed inizio questo mio testo riproponendo in parte un articolo di Mario Di Gallo, dottore in scienze forestali e guida alpina, oltre noto esponente di Legambiente.
Egli nel suo” Montagne di roccia, montagne di carta”, articolo pubblicato dal ‘Messaggero Veneto’ il 16 luglio 2023, così si è espresso: «I recenti accadimenti che hanno coinvolto Il sentiero Cai 227 inducono a una riflessione complessiva sulla costruzione delle strade forestali. Occorre premettere che non c’è alcun pregiudizio sulle strade che in via ordinaria servono alla gestione forestale e pastorale; ultimamente però esse puntano al settore turistico e sportivo con la conseguenza di spingersi in luoghi impervi sempre più impervi non adatti ad accogliere masse di frequentatori, magari inseguendo uno sviluppo (turistico?) sui generis all’insegna di un non esplicitato ma ben evidente, “costi quel che costi”».
Quindi ha continuato scrivendo che il progetto di viabilità camionale, per il tratto compreso tra casera Cjampiut di sotto e casera Tuglia, ha trovato forti resistenze, supportate da puntali perizie geologiche e dal fatto che in quella zona non ci sono né boschi produttivi né pascoli utilizzabili. Inoltre detto percorso è di un valore eccezionale a livello naturalistico e paesaggistico. Ma naturalmente la strada è stata comunque realizzata, dico io, anche se il Pleros ha vomitato sopra il sentiero morituro, il 4 luglio del 2023, ben 500 metri cubi di roccia.
Ed ancora Di Gallo: «C’è un precedente ancora più emblematico: la strada realizzata due anni fa tra Malga Saisera e Rifugio Grego. Tralasciando le difformità realizzative abnormi rispetto al progetto, va segnalato l’innesco di un vasto movimento franoso di almeno 1000 mq di superficie, probabilmente provocato dall’avanzamento dei lavori di scavo. (…). Il caso denota una ingiustificabile superficialità ed una chiara sottovalutazione dei segnali che la montagna, anche per bocca dei suoi abitanti, invia a chi dovrebbe osservare ed ascoltare, prima di decidere ed agire.
Questi sono solo un paio di esempi che, travalicando i pur importanti aspetti ambientali e paesaggistici, denotano scarsa attenzione verso la tutela della vita umana pur di sventolare la bandiera dello sviluppo della montagna a tutti i costi. Eppure i limiti che la montagna vera, di roccia e di ghiaioni, di terrazzi alluvionali e di paleofrane impone […] non riescono ancora a scalfire il sonno della ragione di alcuni amministratori di beni pubblici. (…). Recentemente infine abbiamo dovuto accusare un’altra minaccia al buon governo del territorio montano. Essa è celata in nuce all’interno del nuovo regolamento che concede contributi per realizzare strade forestali (DPReg 57/2023). Si finanziano strade pagate al 100% a fondo perduto a proprietari privati e pubblici di terreni e a imprese boschive, in zone soggette a vari vincoli: idrogeologico e paesaggistico, ma anche in aree tutelate dalla Rete Natura 2000 e in parchi e riserve naturali.
Ciò significa – prosegue Di Gallo- incentivare i soggetti di cui sopra a ricercare superfici che siano boscate oppure no da infrastrutturare quale alibi per emungere soldi alle casse del bilancio regionale, magari accampando la motivazione dello sviluppo turistico montano. Ma di quale turismo parliamo? (…)»
Il testo di Mario Di Gallo continua ma io vorrei passare ad altri aspetti odierni relativi alle nostre montagne.
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Un primo aspetto che vorrei sottolineare è il franare inesorabile ed in aumento in particolare delle Dolomiti ampezzane, il secondo il numero di morti, incrodati e salvati in montagna, magari senza neppure una assicurazione Cai e saliti così, per diletto, senza la minima conoscenza degli aspetti relativi alla sicurezza; il terzo è la motorizzazione delle cime, il quarto il bostrico che distrugge i boschi, ma per arginare il quale si potevano utilizzare le somme per Vaia date alla Protezione Civile che non si sa dove siano finite, pare, se Alberto Terasso pone il problema dello stato dei boschi per i quali sembra non sia stata spesa una lira, ed infine i concerti con migliaia di migliaia di persone a Tarvisio, per cui, però rimando a “Quando la musica fa male all’ambiente! Ancora concerti ai Laghi di Fusine: perseverare è diabolico”, in: www.nonsolocarnia.info.
Ed ancora: seguendo nel tempo ‘Il Dolomiti ‘, ‘L’Altramontagna’ sempre legato alla prima testata ma che approfondisce i temi delle “terre alte”, o “Studio Nord news” pare di leggere, spesso, un bollettino ‘di guerra’ fra morti, feriti, recuperati, frane anche non di poco conto, ghiacciai che si distaccano e via dicendo, e si può pure ipotizzare l’inizio del ‘De profundis’ per la montagna stessa. Ma vi chiedo pure: avete mai sentito dire che la giunta regionale sta almeno prendendo coscienza di questi problemi? Macché, pensa ad altro.
Eppure urla da tempo la montagna violata, ma non c’è politico regionale in posizione decisionale che la ascolti, almeno così pare; e bevono, ridono, schiamazzano, corrono con moto e in futuro quad rombanti i turisti, decisi a massacrare tutto ed anche il loro corpo in nome del divertimento, dell’adrenalina, e dell’ “io pago”, tronfi del poter poi raccontare, con un selfie scattato in bella vista, di aver avuto l’impressione momentanea di essere i padroni del mondo e del territorio che per lo più non abitano e ben poco conoscono.
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Ma ritorniamo a ‘Il Dolomiti’ e L’Altramontagna’, che è testata di ‘Il Dolomiti’ ed a ciò che sta accadendo alla montagna ed in montagna solo negli ultimi giorni: “5 agosto 2025. ”È stato sconvolgente. Da brividi”. Crolla un pezzo di ghiacciaio dell’Ortles, l’impressionante VIDEO: ”Prima il boato. E poi ci siamo sentiti piccoli’‘. E sullo tesso tema: “Distacco sul ghiacciaio dell’Ortles? Preventivabile vista la situazione” il presidente del Servizio Glaciologico Pietro Bruschi: “Crolli destinati ad aumentare”. Stessa data: Cima Falkner, in pochi istanti crollato l’equivalente di mille piscine olimpioniche di roccia: “Fondamentale rispettare i divieti, probabile che si verifichino nuovi distacchi”.
Ed ancora: “È Federico Beltrami la vittima del tragico incidente in montagna. Il 38enne è precipitato da un sentiero per oltre 200 metri;” “Con scarpe da ginnastica e pantaloncini corti a 3000 metri di quota: salvati dal soccorso alpino due escursionisti già in ipotermia per l’abbigliamento inadeguato” in Tirolo; “Dramma a tremila metri di quota, escursionista 75enne precipita in un canalone e muore sotto gli occhi di un gruppo di alpinisti” 4 agosto 2025: “Altra giornata di lavoro intenso per elicotteri e squadre del soccorso alpini. Serie di infortuni in quota, le raffiche di vento complicano gli interventi” in zona Comelico e Dolomiti bellunesi. “Ennesima tragedia in montagna: ritrovato senza vita l’alpinista disperso da domenica. È precipitato per oltre 200 metri” a Sondrio; “Paura nella grotta, 4 speleologi non rientrano dall’esplorazione: lunga operazione del soccorso alpino” accaduto sulla Paganella. Questo solo fra il 4 ed il 5 agosto 2025. E vi posso garantire che nell’agosto 2024 non andava meglio. E non possiamo dimenticare il crollo del monte Pelmo, descritto nell’ articolo del 27 luglio 2025 “Il boato e la polvere: franano ancora le Dolomiti. Crollo di roccia e sassi dalla cima Monte Pelmo”- Sottotitolo “Una frana si è staccata dal Monte Pelmo, sul versante di Selva di Cadore. Un crollo di grandi dimensioni accompagnato da un forte boato”. E potrei continuare.
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E poi sempre il 5 agosto c.a., “Rifugi abbandonati, tapis roulant pericolanti e sprofondati nel terreno, cannoni sparaneve divelti (foto): reportage dagli impianti di Scanno”, ma non serve andare in Abruzzo perché ci sono articoli su articoli che parlano in diversi siti di rifugi anche Veneti, con la porta lasciata aperta in inverno, che hanno subito la distruzione di arredi e raccattato vandalismi e sporcizia.
E oggi, 6 agosto: “Senza attrezzatura adeguata, affronta un sentiero difficile in alta quota. Sfinito, non riesce a proseguire e chiama i soccorsi: un turista recuperato dall’elisoccorso”; il 31 luglio 2025 su L’AltraMontagna: “Anche se fossero tutti rispettosi della natura, una tale folla avrebbe effetti negativi sul territorio” – Sottotitolo: “Il NoBorders Music Festival si svolge, ancora, in un ecosistema delicato”; ed in aggiunta: “Scivola tra i sassi mentre percorre un corso d’acqua e si ferisce, rimanendo bloccato: soccorsi in azione per un 51enne” articolo sempre datato 6 agosto 2025; ed in aggiunta, stessa data: “Rally notturni sui tornanti della Val Gardena (IL VIDEO) auto da corsa a tutto gas che si sfidano al buio”, e questo è solo un assaggio di ciò che si trova.
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E veniamo a quanto accade, di similare, in Carnia e nel tarvisiano, riprendendo i titoli degli articoli su “Studio Nord news”. 6 agosto 2025: Scivolano sul greto del torrente a Lauco: soccorsi due uomini”. 5 agosto 2025: “Soccorsa una turista a Forca Lis Sieris nel gruppo del Montasio”; sempre 5 agosto 2025: Intervento di Soccorso alpino sul Monte Cervino per quattro alpinisti friulani; 4 agosto 2025: “Malborghetto, si infortuna andando a funghi, soccorsa una donna; stessa data: “Infortuni e malori tra Tarvisio e la Val Resia”. E ancora: 2 agosto 2025: “Fungaiolo disperso ritrovato dai soccorritori a Tarvisio; 30 luglio 2025: “Soccorso alpino in azione per un parapendista precipitato sul Monte Valis”; 25 luglio 2025: “2 escursionisti bloccati dalla nebbia sul Monte Canin”; 26 luglio 2025: “Si perdono a malga Fleons: recuperati”; 25 luglio 2025: “Soccorsa donna in difficoltà sul Monte Siera; 24 luglio 2025: “Cercatore di funghi disperso e ritrovato a Castel Valdajer”; 24 luglio 2025: “Tarvisio. Soccorso escursionista caduto sul Monte Lussari; 22 luglio 2025: “Soccorsi in azione in Val Pesarina per un’escursionista infortunata; 18 luglio 2025: Enemonzo, trovano un ciclista in un fossato e lanciano l’Sos; ;stessa data: “Soccorso alpino in azione per un ventenne infortunatosi a Sappada”; 17 luglio 2025: “Si blocca sopra salti di roccia scendendo dal Monte Hoberdeider a Sappada”; 12 luglio 2025: “Paularo, minorenne si frattura il femore cadendo su un prato ripido, interviene l’elisoccorso”; stessa data: “Soccorso un alpinista nelle Dolomiti Friulane; 11 luglio 2025: “Forni di Sopra, soccorso a quota 1600 metri un escursionista colto da malore; 5 luglio 2025: Soccorso alpino e 118 in azione tra Taipana, Moggio Udinese e Malborghetto; 3 luglio 2025: Gemona, parapendista resta impigliato su un albero a 4 metri di altezza; 3 luglio 2025: Malore sopra il Rifugio Grego nel Tarvisiano, soccorso escursionista del 1947; 1 luglio 2025: “Paularo, brutta caduta per un settantenne a Forca di Lanza”. E per ora mi fermo a luglio, ma se andate a giugno è un disastro pure. Inoltre il numero di incidenti stradali è davvero alto.
Quindi ho torto quando propongo dei corsi per andare in montagna ed un vademecum da seguire, come hanno fatto per i bikers in Trentino? Infatti si tende a fare dei corsi di nuoto per chi va al mare …. (Cfr. mia proposta in: “https://www.nonsolocarnia.info/incontro-di-cimolais-parte-terza-si-parla-di-turismo/). Inoltre da anni associazioni varie sottolineano che, mentre moto e auto da rally in città devono seguire il codice stradale, nulla di tutto questo accade in montagna, dove scorazzano indisturbate.
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Inoltre l’attuale visione della montagna, come una location attrezzata per turisti, è agghiacciante, come lo sono alcune rilevazioni riassunte in un paio di articoli. Uno è intitolato: “Niente gelato ‘al Puffo’, o ghiaccio in rifugio e allora preferiscono tornare a valle”; “Ho visto turisti ai piedi del Sassolungo che pensavano di essere in Marmolada: manca educazione”; un altro: “Overtourism l’Alto Adige è da bollino rosso, ma i pernottamenti e gli arrivi diminuiscono. A pesare maggiormente è la contrazione del turismo tedesco” a favore pare di un turismo che distrugge e non porta nulla, da: “Mordi e fuggi”.
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Ma emblematico del nuovo corso è l’articolo: “Hanno scambiato la Carnia per un luna park: proteste contro i tour in quad” in udinetoday.it, pubblicato il 31 luglio 2025, in cui si narra che vi è stata la richiesta, da parte Asd Team Quad Livenza di Prata di Pordenone alla Comunità Montana della Carnia per ben 15 quad fuoristrada e una trentina di persone, di poter scorrazzare impunemente su strade forestali e sentieri anche coperti dal vincolo di ‘Natura 2000’ creando un precedente non di poco conto. Patto per l’Autonomia- Civica FVG ha preso subito posizione per bocca di Massolino, che ha dichiarato: «La montagna non è un circuito da percorrere a motore […] ma un ecosistema delicato da proteggere. Iniziative come queste rischiano di compromettere anni di lavoro e milioni di euro investiti in promozione turistica e tutela ambientale» mentre Mirco Dorigo ha sostenuto che «la Carnia non è il parco giochi di nessuno».
E non dimentichiamo che “I rumori di origine antropica possono influenzare l’integrità degli ecosistemi e la natura umana”, come intitola un articolo pubblicato il 29 luglio 2025 su L’AltraMontagna. Il testo fa riferimento ad uno studio condotto da oltre 70 ricercatori per un periodo di tre anni in diverse parti del mondo, pubblicato sulla rivista Nature Ecology&Evolution. In esso si legge che, mentre i rumori di origine biologica «danno origine a sinfonie che seguono ritmi prevedibili, attraverso il tempo – le stagioni e le ore del giorno – e lo spazio – attraverso diverse latitudini […] i suoni prodotti dall’uomo (voci, traffico e altri macchinari), sono invece meno prevedibili e spesso entrano in conflitto con le biofonie». Pertanto risulta indispensabile «Proteggere il paesaggio acustico […] per sostenere sia l’integrità degli ecosistemi che la salute umana”», ma, e questo lo aggiungo io, per noi della montagna friulana non c’è speranza. Pare quasi realizzarsi un vecchio progetto di un politico tolmezzino, che voleva suddividere la Carnia in una serie di zone per motociclisti a cui ora si aggiungono i quad, in un attacco globale alle zone coperte da vincolo europeo e che, fra qualche anno, se continua questo andazzo, non avranno più nulla di naturale. Ed ancora chiediamoci: “Cui prodest?”
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A questo punto mi sovviene uno dei migliori articoli che abbia letto su L’AltraMontagna pubblicato il 28 luglio 2025 ed intitolato: «Se la montagna assomiglia sempre più al mare: tra gonfiabili per bambini, Jovanotti, urla e videochiamate nemmeno il cartello “attenti all’orso” ti può salvare», di Luca Panesi, che inizia così: «Il racconto (vero) di un giorno di ordinaria follia in montagna (non importa dove, il discorso vale per un luogo come per un altro) tra bikers vestiti da Batman che sfrecciano per i sentieri, ciclisti con bici elettrica che salgono senza pedalare, proposte di acquisto e affitto di ogni cosa, code, urla e stress. Si è in montagna ma la montagna non interessa più, è uno sfondo, un paesaggio, tutt’al più un luogo che può trasmettere un po’ di adrenalina. E lupi e orsi che c’azzeccano in questo grande lunapark?
Un tranquillo weekend … di paura. E pensare che eri andato in montagna per cercare un po’ di pace, di ricaricarti, di far respirare ai bambini aria pulita e profumo di boschi».
E così uno risale in auto, pensando che la montagna sembra ormai «ad una di quelle riviere invivibili dove risuona a tutto volume Jovanotti, i gonfiabili sono più frequentati del mare e sulla sabbia sfrecciano offerte di ogni tipo da “cocco bello” a “massaggia piedi” dagli aquiloni alla gita in motonave». Ed inoltre dopo un tempo interminabile a parcheggiare, ti metti in fila per la cabinovia e vedi bikers rigorosamente tutti in nero simil Batman, che «in mezzo a bambini e ai genitori bestemmiano ed usano ‘parole da duri’ e che, una volta infine saliti in quota, scendono vertiginosamente in mountain bike, creando un pericolo per tutti o salgono con bici elettriche.
Arrivato dopo mezz’ ora alla cabina della cabinovia, uno finalmente sale in quota, dove ti attendono distributori di palline, dolci, dolcetti, parchi gioco con attrazioni d’ acqua, gonfiabili e Jovanotti che riecheggia ai megafoni. E c’è una marea di gente: mamme e papà che videochiamano da casa, che invitano i bimbi a salutare i nonni, che mostrano le montagne ‘selvagge’, che scattano foto e che urlano, urlano, per «mantenere il contatto con la realtà di ogni giorno». Poi dopo una passeggiata, ecco il pranzo, rigorosamente a base di polenta e frico o salsiccia, a prezzi esorbitanti, tra una folla di paganti per mangiare, per entrare in un vero pollaio, per vedere un coniglietto od accarezzare un asinello. Infine ci sono i manifesti che invitano a fare un giro in elicottero.
Ed infine uno risale in auto sfinito per il «bombardamento di urla, suoni, proposte di ‘spesa’ e tentativi di resistere», mentre nel paesino che conoscevi tutto è in vendita. Così si risale in macchina e finalmente tutto è finito. Solo una proposta, alla fine: magari giriamo questo articolo alla giunta regionale prima che sia troppo tardi.
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Interessante poi l’articolo datato 3 marzo 2025: «“Quelli che …” il turismo sostenibile”: tra bici strazzaboschi e lancio in parapendio a Land Rover, sci con petardi e “c’è il wifi” in vetta. O loro o l’ambiente», di Andrea Castelli, in “Il Dolomiti” 3 marzo 2024 di cui riporto solo la presa in giro iniziale: «Ehi voi, “amici della montagna”! Quando organizzerete un campionato di bici strazzaboschi in quota con razzo nel culo e lancio dalla vetta con parapendio a Land Rover, sci ai piedi con petardi a valanga e kajak a tracolla in mezzo a palme di gomma con musica a palla ed Happy Hour imbragati sul cròzz? Vorrei iscrivermi e dedicarmi così al vostro “turismo sostenibile”. Come si sarà capito cerco di anticipare i tempi. Si può sorridere, vero, ma è con tanta tristezza che lo scrivo, perché l’andazzo è questo». Credetemi, il precedentemente citato di Luca Panesi e questo ci danno numerosi spunti su cui riflettere.
E per ora mi fermo qui per dire che, mentre i salvataggi in montagna fanno immagine, noi poveri abitanti della Carnia e della montagna friulana viviamo con una sanità ridotta agli sgoccioli, e sempre più vessati dalle scelte di politici che ben poco conoscono, almeno pare, dell’ambiente montano, seguendo sogni di gloria e fissità capitalistiche. E se erro correggetemi.
Laura Matelda Puppini
La foto che accompagna l’articolo è stata scattata da me lungo la strada che da Ligosullo porta a Valdaier nel 2017. Laura Matelda Puppini
https://www.nonsolocarnia.info/montagne-perdute-e-trasformate-in-location-anche-per-motori-parliamone/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2025/08/SAM_5389.jpg?fit=1024%2C768&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2025/08/SAM_5389.jpg?resize=150%2C150&ssl=1Senza categoriaMi preme scrivere ancora qualcosa sulla montagna che fu l’ambiente di vita di mio marito Alido, da bimbo e ragazzino, che ne conosceva e conosce molti segreti e che sa orientarsi guardando le cime, amata da mia madre che sulla Carnia scrisse la sua tesi di laurea, da mio...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia

TGCOM24 ha pubblicato ieri un articolo intitolato “Turismo, la montagna presa d’assalto da vacanzieri spesso impreparati”, in cui relaziona di un servizio a ‘Zona Bianca’ del 6 agosto 2025, ove si legge che anche in montagna sempre più spesso vacanzieri impreparati non adottano le giuste misure per godersi le ferie in sicurezza, cosicché “non è difficile imbattersi in scalatori improvvisati che fanno registrare un aumento degli interventi da parte dei soccorsi. Un numero mai visto prima di questa estate”. “Molto spesso ci arriva una chiamata di intervento perché le persone non erano preparate – spiega Alex Barattin, del Soccorso Alpino -, verso sera perdono il tracciato o abbandonano il sentiero quando ormai sta facendo buio. Succede tutti i giorni in questi giorni, dalle 20 alle 50 volte al giorno. L’utenza è cambiata, le persone sono meno esperte rispetto a qualche anno fa, sono vacanzieri che si affidano al turismo mordi e fuggi””. Inoltre spesso,”capita che i turisti non siano adeguatamente equipaggiati per affrontare la montagna o non tengano in considerazione il tempo necessario per affrontare il percorso, andando incontro a esperienze spiacevoli e che a volte possono finire in una visita al Pronto Soccorso”, ma anche, dico io, in ferite, in fratture, ed anche per fortuna, in rari casi, nella morte. E io ho letto di persone salite in montagna con infradito ai piedi, con pantaloncini corti e senza un K-Way o una giacca a vento, insomma senza essere adeguatamente vestite e pensando, magari, di farsi guidare, invece che da una cartina, da un cellulare quando non dappertutto c’è campo.
Il 7 agosto 2025 è comparso su “La Voce del Trentino” un articolo di Salvatore Piccolo intitolato: Montagna, bellezza che non perdona: quanto si paga quando si chiamano i soccorsi?”, in cui si legge che il Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e Speleologico è costretto d’estate ad aumentare notevolmente i suoi interventi “vuoi per l’elevato numero di turisti che popolano le montagne, soprattutto l’arco alpino, vuoi per la mancanza di preparazione (o l’indifferenza verso gli avvisi ed i divieti) da parte di questi avventori. Il numero di interventi svolti dal CNSAS negli ultimi dieci anni ha eguagliato il totale di quelli effettuati nei sessant’anni precedenti, con operazioni dovute prevalentemente a cadute, malori, mancata preparazione delle escursioni, incapacità rispetto ai percorsi da affrontare, attività svolte in condizioni meteo sfavorevoli. Un esempio emblematico, accaduto pochi giorni fa in Veneto, è stato il soccorso di un turista britannico che ignorando i divieti imposti si è avventurato su un sentiero delle Dolomiti Bellunesi chiuso per una frana. Ma chi paga gli ingenti costi dovuti a tali operazioni di pronto intervento che coinvolgono uomini, elicotteri, mezzi di terra, personale sanitario? Per lo più in ssn. Ma il porre una tariffa o meno a carico dell’utenza dipende dalle regioni. Noi se non erro in Fvg facciamo tutto gratis.
Sempre la stessa testata il 5 agosto 2025 ha pubblicato un testo di redazione intitolato: Sandali, prosecco e 1% di batteria: cronache (purtroppo vere) dai sentieri della montagna estiva” che inizia così: “Li ho visti. Li vedo ogni anno. Sono loro, i turisti “da pianura” in libera uscita, arrivati in montagna convinti che il trekking sia una parola fashion, un’attività da Instagram stories, un’escursione per smaltire il brunch. Scendono dalla macchina come se stessero per entrare in un centro commerciale, ma davanti hanno 800 metri di dislivello. A piedi. In salita. Con 34 gradi. Con poca acqua. C’è chi si presenta in sandali, chi con il marsupio a tracolla come se dovesse sorseggiare un Hugo in centro a Bolzano, e chi indossa abbigliamenti che sfidano le regole del buon gusto e della protezione UV. Alcuni si avventurano con borsoni alla mano, portandosi su cibi poco adatti e bottiglie di prosecco […]”.
Infine su “Voci di Cortina” in data 6 agosto 2025 è comparso un articolo intitolato: “Mountain Wilderness Italia: «Basta aggiungere. Destrutturiamo le montagne»”, in cui si parla dell’overtourism montano, ma anche del rapporto tra uomo e montagna, e così riporta: “Si leggono un’infinità di commenti sugli effetti dell’eccesso di presenze turistiche sulla montagna italiana. Si offre voce a esperti di turismo, a manager delle Aziende di promozione turistica, a assessori e perfino a ministre indagate. Si rabbrividisce quando si illustrano progetti facendosi forti della parola “sostenibilità” (specie da parte di politici e operatori turistici). Invece cala il silenzio sul problema reale. La montagna (come del resto tutti i beni naturali), ha dei limiti. Ovunque l’uomo questi limiti li abbatte: dove arriva, anche animato da buone intenzioni, sconvolge ambienti, identità e socialità».
Infine anche ieri 8 agosto 2 turisti sono stati salvati sulle Giulie: uno era un boy scout.
Non da ultimo la montagna contina a franare: a ‘Croda marcora’ sulle Dolomiti ampezzane’ ove la frana è ingente,ed è iniziata un paio di giorni fa.E per ora mi fermo qui.