Parlando di e ‘divagando’ su Porzus e gappisti …. di Laura Matelda Puppini (con ulteriori informazioni aggiunte il 6 agosto 2025).
Per capire cosa fossero i Gap (Gruppi di Azione Patriottica) bisogna ricordare che la Resistenza fu europea e diversamente organizzata sui territori. I gruppetti gappisti, parte attiva nella guerra di liberazione, vennero formati dal P.C.I. nell’ottobre 1943 (1), per operare prevalentemente in città, sulla base dell’esperienza della Resistenza francese. (2). Quindi si formarono anche gruppi gappisti legati a ‘Giustizia e Libertà’. (3). I gappisti non solo dovevano agire in sintonia ma anche essere uniti da un comune ideale che non permetteva l’intrusione di soggetti che potevano poi rivelarsi delle spie. Detti gruppetti avrebbero dovuto esser formati solo da 4 o 5 persone, per muoversi agevolmente. (4).
Inoltre esistevano le SAP (Squadre di Azione Patriottica) nate su iniziativa delle brigate Garibaldi nell’estate del 1944 con il compito di coinvolgere la popolazione nella guerra di liberazione. Esse operarono soprattutto all’ interno dei luoghi di lavoro, sia nelle fabbriche che nelle campagne, non prevedendo però un inquadramento costante ma un’attività quotidiana nei luoghi consueti della vita dei singoli soggetti che le formavano. (5).
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La prima riunione del P.C.I., per costituire gruppi G.A.P. sul territorio, fu tenuta a Cormons, secondo Vanni, Giovanni Padoan, nell’agosto del 1943, ed egli scrive che erano presenti sia Mario Lizzero Andrea che Valerio Stella Ferruccio ed anche «un certo Muzzulin, ex capitano dell’esercito, morto in un rastrellamento in una zona del goriziano sul finire del ‘44». (6). In questa prima fase Mario Toffanin (7) non c’era e giunse in zona friulana più tardi provenendo da Trieste. Giacca in una intervista resa ad un gruppo comunista, quando però non era più giovane, racconta che «noi gappisti […] avevamo come referente politico Modesti (Ostelio N.d.r) Franco, segretario del P.CI. di Udine. (…). Inoltre i Gap della zona friulana ed isontina avevano pure contatti attraverso ‘Il Piccolo” «con un maggiore inglese a Udine» (8).
Giacca come comandante del gruppo gappista era quindi in rapporto sia con un rappresentante del P.C.I. che con un Inglese, ma nessuno ha mai accusato il SOE o i militari inglesi di essere i mandanti dell’eccidio di Topli Uorch. Questo per dire che avere contatti, diremmo così di lavoro, non significa avere dipendenza gerarchica operativa.
Il gruppo gappista guidato da Giacca infatti era un gruppo autonomo che sicuramente aveva contatti con Ostelio Modesti rappresentante locale del P.C.I. ma non prendeva ordini dal P.C.I. e Giovanni Padoan, Vanni, nel suo “Abbiamo lottato insieme. Partigiani italiani e sloveni al Confine Orientale” scrive che ai tempi della Zona Libera del Friuli Orientale Giacca comandava un gruppo di uomini definiti G.A.P. che poi formarono il Btg. Amor, dal nome di battaglia di un corriere della Brigata Mameli caduto a Peternel dove avvenne una vera e propria strage per mano nazista il 20 maggio 1944 (9), confermando l’uso di chiamare un battaglione col nome di un caduto partigiano. Ma questo accadde dopo che il gruppo era passato alle dipendenze della Natisone.
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Ma andiamo per ordine. Il Commissario politico della Divisione Natisone nel suo “Abbiamo lottato insieme” dedica un intero capitolo a «Il battaglione “G.A.P.” comandato da Giacca», ove racconta che detto compagno si presentò al Comando di Divisione della Zona Libera del Friuli Orientale ai primi di agosto del 1944, circa un mese e mezzo dopo che la stessa era stata creata, assieme «ad un gruppo di uomini abbastanza numeroso ma senza nessun ordine e disciplina» (10). Giacca, a detta di Padoan, che era il commissario politico della Natisone, «non era un cattivo compagno, ma d’una limitatezza d’orizzonte e d’una ristrettezza veramente paurose». (11). Però aveva condotto a buon fine un certo numero di azioni e per questo motivo era sostenuto dal compagno Franco (Ostelio Modesti) e dagli altri dirigenti della Federazione di Udine. (12). Inoltre, sempre secondo la stessa fonte, egli, quando si presentò al comando di divisione, «raccontò un gran numero di incredibili storie. Il suo rapporto era un vero guazzabuglio». (13).
Quindi sino a quel momento il gruppo che comandava Toffanin non era enorme. Comunque sia come sia, Giacca voleva allora da un lato appoggiarsi alla Zona Libera del Friuli Orientale dall’altro rimanere autonomo con il suo gruppo, ma ricevette un deciso ordine che, se voleva restare lì, doveva essere inserito nella struttura della Natisone, dipendere dal Comando della brigata ‘Picelli’, e seguire la disciplina ed i regolamenti dettati dal comando divisionale. (14).
In un primo tempo Giacca se ne andò rabbuiato, dicendo che sarebbe andato a parlare con Modesti, ma poi ritornò ed accettò le condizioni imposte. (15). Per inciso bisogna ricordarsi, comunque, che il comando della Zona Libera del Friuli Orientale allora non era ancora unificato fra Garibaldi Natisone ed Osoppo cosa che accadde solo dopo la riunione dei comandanti osovani tenutasi il 16 agosto 1944, e poi realizzato con Bolla il 28 agosto 1944 quando Mario Cencig fu nominato nuovo comandante della Divisione. (16).
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Però il gruppo di Giacca, pur riuscendo a svolgere azioni che fruttarono pure un discreto bottino, anche grazie al fatto che il padovano aveva sangue freddo, determinazione e velocità nel portare a termine le azioni insieme con i suoi, continuava a comportarsi in modo indisciplinato.
Il nuovo btg. Amor, nome ricevuto o concordato dopo il passaggio alla Picelli, era formato, sempre secondo Vanni da più di 25 uomini, forse una cinquantina (17) mal organizzati, ed era acquartierato in un gruppo di case vicino a Faedis, lungo la strada per Attimis. (18).
Inoltre pur essendo efficienti nelle azioni di tipo gappista, gli uomini di Giacca, quando avrebbero dovuto, per ordine ricevuto, nel corso della battaglia di Nimis spostarsi verso Montecroce per sostituire un reparto, non si presentarono, ed essendo il Padoan andato a vedere cosa fosse accaduto, constatò che Giacca non c’era, ed il vicecomandante Marco ed altri uomini risultavano aver decisamente bevuto troppo. (19).
Per fortuna i tedeschi non si accorsero del vuoto lasciato sul campo, ma questo fatto implicò che fosse fatto rapporto al P.C.I. con inserita la decisione che, se Giacca si fosse rifatto vivo, sarebbe stato considerato un disertore e fucilato. Ma il Partito rispose al comando divisionale della Natisone che Giacca era più utile da vivo che da morto, e di lasciar perdere. (20). Questo fa capire come Giacca esercitasse potere di comando sui suoi ma non amasse essere comandato. Inoltre gli uomini di Giacca, di età giovanile e tutti sotto la trentina, formavano un insieme coeso agli ordini di un uomo solo. E questo creò non pochi problemi alla Natisone.
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Successivamente Vanni riprende a scrivere di Toffanin e dei suoi solo dopo la fine della Zona Libera del Friuli Orientale, riconquistata dal nemico con gravi perdite anche fra i civili, a fine settembre 1944. Egli riporta che il gruppo di Giacca, ad un certo punto, si trovava ad Albana di Prepotto ed era piuttosto numeroso. (21). Ma passando materiali ed aiuti provenienti dal C.L.N. e diretti al comando della Divisione Natisone per Albana, si scoprì che Giacca teneva il meglio per sé e faceva giungere alla Natisone solo ciò che gli pareva dicendo che era frutto di azioni gappiste. A questo punto, con un pretesto, il comandante gappista venne convocato al comando divisionale e giuntovi, venne arrestato ed interrogato sul furto di materiali non diretti a lui e sulla consegna parziale degli stessi, che egli non aveva mai detto provenire dal C.L.N. Giacca non sapeva cosa rispondere. (22),
Nel frattempo, di quanto accaduto era stata avvisata la Federazione del P.C.I. di Udine, che però pregò il comando della Natisone di non precipitare le cose. Il comandante gappista, dal canto suo, ammise l’errore e dopo un ammonimento solenne fu lasciato andare. Ma «ritornò ad Albana e per un mesetto rimase buono buono e poi ci ricascò. Così, vista l’esattezza del vecchio proverbio della volpe che perde il pelo ma non il vizio, decidemmo di agire senza guardare più nessuno in faccia. Ma questa volta Giacca non solo non si presentò, ma addirittura cambiò zona. Ciò non sarebbe valso gran che pensavamo, tanto prima o poi sarebbe capitato nelle maglie della nostra polizia che arrivava piuttosto lontano. Lo salvò il trasferimento della divisione al di là dell’Isonzo». (23).
Presumibilmente questo gruppo, che era sempre quello chiamato Amor, si spostò da Albana di Prepotto verso Bosco Romagno, sempre con Giacca al comando, e non si mosse da lì o fino dopo Porzûs o fino alla fine della guerra.
Approfitto qui per chiarire che non so su che basi il prof. Tommaso Piffer, nel suo “Sangue sulla Resistenza”, Mondadori, prima edizione e spero ultima 2025, e mi scusi il prof Piffer per questo mio giudizio personale, a p. 134 possa scrivere che il battaglione GAP Amor «era stato costituito all’inizio di febbraio probabilmente proprio per compiere l’azione di Porzûs». Infatti i documenti e la storia del gruppo gappista che salì alle malghe ci dicono che l’Amor era il solo a disposizione di Giacca, fin dai tempi della Zona Libera del Friuli Orientale ed anche da prima, però senza un nome. Ed io non credo, alla luce della documentazione visionata e di quanto letto, che Giacca comandasse tutti i gruppi di azione patriottica della provincia di Udine. Solo che magari voleva esser ricordato per le sue azioni più che per l’azione di Topli Uorh e quanto accadde poi e darsi un po’ di lustro.
Ma mi preme anche precisare che, all’epoca della strage di Topli Uorch, Giacca con i suoi non era più inquadrato nella Natisone, ma si muoveva in modo autonomo dopo essersi sganciato dalla Divisione, insieme all’ Amor. Inoltre in questa storia bisogna ricordarsi non solo che i referenti per il P.C.I. non avevano un luogo fisso di incontro, ma anche che era pericolosissimo incontrarsi per loro, e che erano pure combattenti nella lotta partigiana e che ora si riunivano in un luogo ora in un altro.
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I documenti presenti presso l’Archivio dell’Istituto Gramsci di Roma, che però non citano Giacca ed il btg. Amor, relativi ad azioni gappiste, sono relazioni del lavoro svolto, e ci fanno comprendere che i Gap della zona di Udine e dintorni, a cui si riferiva anche Mario Lizzero (24), erano organizzati in gruppi ampi, che si consideravano Brigate e, da quello che ho trovato, erano 3 e forse ad un certo punto 4, oltre un gruppo di polizia, ed esisteva un gruppo attivo nel Monfalconese che non si definiva in modo alcuno.
Infatti da questi scarni documenti risulta che vi erano più gruppi Gap riuniti in Brigate, con zone di operazione diversa. I gruppi gappisti, infatti, per loro natura, non macinavano chilometri per portarsi qui e là in una regione zeppa di nemici: nazisti cosacchi, spie, che costrinsero tutti a cercarsi un rifugio in attesa passasse un inverno pieno di neve.
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Nel ‘Bollettino di Guerra’ datato 17 o 19 .1. 45 in matita però, intestato: ”Corpo Volontari della Libertà – I° Brigata G.A.P. 13 Martiri Feletto U.” si leggono azioni svolte da diversi gruppi gappisti di Battaglioni facenti riferimento alla 1^Brigata compreso uno della 2^ Brigata, forse rimasto fuori da altre comunicazioni. (25).
Il documento ci dice che la “I° Brigata G.A.P. 13 Martiri Feletto U”. (Umberto) era formata da più Battaglioni divisi in pattuglie, o semplicemente gruppetti di gappisti di cui uno si chiamava “Ardito”, uno “Giotto”, uno “Ferruccio”, operativo ad Udine, uno “Terribile” uno “Diavoli Rossi”, operativa in zona Varmo- Castions- Muzzana del Turgnano e dintorni. (26).
Quest’ultimo, per inciso e da altra fonte, era guidato da Romano il Mancino (Gelindo Citossi) nato in una frazione di San Giorgio di Nogaro da famiglia contadina, e fu quello che portò a termine con successo l’azione al carcere di Udine liberando alcuni prigionieri proprio il giorno in cui avvennero anche i fatti di Topli Uorh.
Presso l’Archivio dell’Istituto Gramsci di Roma si trovano pure altri documenti della “1^ Brigata Gap 13 Martiri Feletto U., in particolare una relazione del lavoro svolto il 17/11/1944 inviata a: Comando Regionale Veneto, alla Delegazione Triveneta Brigate Garibaldi, alla Federazione del P.C.I. di Udine. Essa è firmata da: Il comandante Marino, il Commissario politico Valerio, e per l’Uff. di Stato Maggiore Erso. (27). E mi chiedo proprio, alla luce di questo documento, come si possa sostenere che Giacca e Marino fossero la stessa persona.
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Quindi sempre presso l’Archivio dell’Istituto Gramsci di Roma vi è un secondo documento intestato “Corpo Volontari della Libertà – 2^ Brigata G.A.P. – 2^ Zona – Ufficio di Polizia” con oggetto: “Bollettino del mese di gennaio” (1945 si presume n.d.r.), sempre non firmata, e riportante una serie di azioni svolte a Cervignano, Fiumicello, come l’arresto e poi l’aver giustiziato una spia S.S. in Cervignano ed un milite di una banda nera a Fiumicello ed altri due, o l’aver preso un ladro comune che si spacciava per partigiano, oltre a requisizioni di materiali utili e armi e azioni di sabotaggio. (28). Questa seconda Brigata era intitolata a B.M. che non si sa di chi siano le iniziali, ed aveva come comandante Moro e commissario Max nel settembre – ottobre 1944, ed aveva come fonte per una azione Eolo nel settembre – ottobre 1944. (29).
Quindi un ulteriore documento riporta che nel mese di aprile (si ipotizza 1944) era stata prelevata ed in seguito giustiziata una spia ma anche organizzatore fascista a Percoto dal gruppo Max. Questa, nell’aprile 1944, aveva intrapreso anche l’azione contro la Bertoli di Udine, con distruzione dei macchinari che lavoravano, come però dovunque, per i tedeschi e requisizione dei generi alimentari ammassati nel magazzino, disapprovata però dal PCI perché non conforme alla politica del Partito. (30).
Questo però ci porta a dire che le azioni gappiste potevano essere decise autonomamente e poi comunicate al Partito. E forse solo l’azione alle carceri, del 7 febbraio 1945, per la sua complessità aveva avuto bisogno di un coordinamento.
Da dette relazioni, si evince la tipologia delle azioni gappiste, che venivano fatte in base a segnalazioni avute e ad informazioni acquisite, oltre che a quanto riportato sui Bollettini del Cinpro. L’attività gappista consisteva in processi ed esecuzioni di spie, di fascisti, di ladri che si spacciavano per partigiani, requisizioni di materiali utili ed armi ed in sabotaggi, ed era inserita in quelle previste dal C.V.L.
Sempre presso l’Archivio dell’Istituto Gramsci di Roma si trovano pure documenti relativi alle azioni gappiste dei “G.A.P. DI Monfalcone” di cui esiste per esempio una relazione di quanto fatto nel mese di luglio 1944. (31).
Infine bisogna fare attenzione all’immedesimarsi in un gruppo da parte di Mario Toffanin che dice anche “Noi dei gap” sentendosi pienamente gappista”. (32).
Per ora mi fermo qui: e per me Toffanin si chiamò sempre Giacca, e comunque non Marino e non comandò mai la “Martiri di Felletto U.” ma il btg Amor che compì la strage di Porûs, e salì alle malghe con una trentina di uomini, decidendo da solo l’azione. (33).
Laura Matelda Puppini
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Ulteriori precisazioni a supporto.
Nella prefazione di Gianfranco Bianchi, docente nel 2004 di Storia Contemporanea presso l’Università Cattolica di Milano, al volume: “Il processo di Porzûs . Testo della sentenza della Corte d’Assise d’ Appello di Firenze sull’eccidio di Porzûs con prefazione di Gianfranco Bianchi e note di Silvano Silvani, avvocato, edizioni Ribis – La Nuova Base ed. 2004 – egli così scrive: «Giorgio Marsico […] definisce “fantomatica” la cosiddetta I^Divisione G.A.P. 13 Martiri di Feletto Umberto di cui sarebbe stato comandante Giacca”. (Pagine della prefazione non numerate ma è l’ottava). Ora Giorgio Marsico è stato uno stimatissimo docente di storia del diritto presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’ Università di Trieste, autore di molti libri e deceduto nel 1999. Ed anche a lui qualcosa non quadrava sulla 13 Martiri di Feletto Umberto con a capo Giacca, solo che, da un documento da me citato, la 13 Martiri di Feletto Umberto, Brigata gappista, esisteva veramente, ma non aveva a capo Giacca ma ‘Marino’ che non era Giacca.
Inoltre il prof. Piffer sostiene nella sua lettera al Messaggero Veneto pubblicata dal noto quotidiano il 23 luglio 2025, intitolata: “L’eccidio di Porzûs. La Garibaldi Natisone agì attivamente” che nel 1975 (data di pubblicazione di un articolo scritto da don Aldo Moretti citato da Marco Puppini nel suo: “Ci sono ancora fatti da chiarire” in Messaggero Veneto 30 giugno 2025) che «nel 1975, infatti, Moretti conosceva solo una frazione di quello che sanno oggi gli storici, e la tesi che sostenne allora è stata ampiamente superata dalla ricerca degli ultimi cinquant’ anni» ma non si sa a quali studi si riferisca, ed inoltre anche nella prefazione a “”Il processo di Porzûs . Testo della sentenza della Corte d’Assise, op. cit., il professor Bianchi cita ampiamente don Moretti, che era nella resistenza all’epoca dei fatti. Quindi il prof. Piffer ci dovrebbe chiaririre le sue fonti per sostenere che il Moretti è inattendibile come per lui, se non erro, Giovanni Padoan. Relativamente a quest’ ultimo, preciso che anche nel suo volume: “Porzûs. Strumentalizzazione e realtà storica, Edizioni La Laguna, 2000, alle pp. 56-57 continua a sostenere che Giacca ai primi di agosto, a Zona Libera del Friuli Orientale già costituita, si portò con i suoi al Comando della Natisone, chiedendo di restare in zona ed il Comando gli rispose che poteva restare solo alle dipendenze della Natisone, che poi il suo gruppo fu trovato ubriaco con lui assente ecc .ecc. (vedi sopra). Quindi su questo non cambiò idea mai. Laura Matelda Puppini
Note.
1) Gruppi di Azione Patriottica, in: https://it.wikipedia.org/wiki/Gruppi_di_Azione_Patriottica.
2) Per la situazione francese, cfr. su www.nonsolocarnia.info: Seconda Guerra Mondiale. Friuli e Carnia in Ozak, Bretagna nella Francia occupata: Terre diverse, esperienze similari e Nazisti e collaborazionisti a Marsiglia, culla della resistenza: la distruzione del Porto Vecchio e l’evacuazione ed internamento dei suoi abitanti, un crimine contro l’umanità.
3) Gruppi di Azione Patriottica, cit.
4) Si veda nel merito note sulla resistenza romana così organizzata e su ‘Bandiera Rossa’ nel mio su Forte Bravetta: https://www.nonsolocarnia.info/forte-bravetta-la-storia-di-un-impegno-civico-per-salvare-un-simbolo-di-morte-ma-al-tempo-stesso-di-resistenza/.
5) Squadre d’ Azione Patriottica – SAP in: https://www.anpi.it/libri/squadre-dazione-patriottca-sap.
6) Giovanni Padoan (Vanni), Abbiamo lottato insieme, Del Bianco ed. 1965., p. 26. Non ho trovato informazioni ulteriori su Muzzulin.
7) Mario Toffanin, veneto, era nato a Padova nel 1912 ed era di famiglia operaia: suo padre faceva l’operaio infermiere e sua madre pure. Da bambino seguì la famiglia a Trieste, dove cercava di racimolare a scuola qualcosa da mangiare rubandolo ad un bambino più ricco, e venendo regolarmente punito dalla maestra. Infatti a casa sua le bocche da sfamare erano molte, ed egli aveva sette fra fratelli e sorelle, e riusciva a restare affamato per un paio di giorni, ma il terzo non ce la faceva più. Parlava, come si evince dall’ intervista a Capodistria a lui fatta nel 1993, dialetto veneto ed iniziò a lavorare molto giovane come saldatore prima in una officina meccanica poi al cantiere San Marco a Trieste, poi pare a L’ Aquila ed infine ancora a Trieste per complessivi undici anni. Nel 1929, diciasettenne, fece domanda di iscrizione al P. C. d’ I., partito allora fuorilegge, e fu tenuto in prova fino al 1933 e poi definitivamente iscritto. La notizia gli giunse attraverso un altro operaio del cantiere, e da quel momento iniziò a ricevere l’Unità in microfilm che usciva clandestinamente e che si doveva leggere con una lente di ingrandimento. (“Resoconto incontro con Mario Toffanin, comandante Brigate Gap Friuli avvenuto in Capodistria (Skoffie), l’11.12.1993”, di Mario Bruno Bellato, presenti altre due persone). Relativamente alla parte militare, si trovano due versioni: nella prima egli racconta che, per evitare l’arruolamento, nel 1939 passò in territorio Jugoslavo e quindi si portò prima a Lubiana e poi a Zagabria ma, dopo l’invasione nazifascista al Regno di Jugoslavia formato da Serbi ed a seguire Sloveni, Croati, Bosniaci, Montenegrini, dei primi di aprile 1941, si unì ad altri compagni sulla Sava, dove organizzarono una prima resistenza all’occupante nazifascista, in forma simile a quella poi gappista in Italia. (“Intervista al Comandante Giacca”, a cura del Collettivo Propaganda di Rivoluzione, Quaderni di rivoluzione, Supplemento a ‘Rivoluzione’ Padova 2005, leggibile online, p. 7). La seconda versione, quella resa nell’ intervista del 1993, racconta un’altra storia: egli fu arruolato in marina ma, dato che mangiava poco o pochissimo, sia per cercare di essere esonerato sia facendo di necessità virtù, prima fu spostato in un corpo di marina di terra ed infine riformato. Ed egli, internazionalista, fu contento perché «“operaio non copa un altro operaio” savè» e quindi non voleva fare il servizio militare ed aveva fatto di tutto per evitarlo. (Resoconto incontro, op. cit.) Nella seconda versione in: “Intervista al Comandante Giacca, op.cit.” si recò sempre a Lubiana e quindi a Zagabria dove entrò in contatto con il movimento partigiano. Successivamente, però, come membro della resistenza Jugoslava, ebbe l’ordine di spostarsi in Slavonia, ma lì fu arrestato dai tedeschi il 20 aprile del 1943. Quindi passò 43 giorni in prigione e infine circa tre mesi nel campo di concentramento di Zemun, vicino Belgrado. Fu caricato su di un treno per esser trasportato in un campo in Germania ma, giunto a Zagabria, riuscì con un escamotage e grazie ad uno in stazione che conosceva a eclissarsi, con un permesso di rientro a casa e quindi si portò a Trieste, dove giunse il giorno prima dell’8 settembre 1943, e dove lo attendevano sua moglie e i due figli. Ma era ricercato, e così si unì ai Gap. Non avendolo trovato, i nazisti arrestarono sua moglie Giorgina e la internarono ad Auschwitz dove rimase 16 mesi fino alla fine della guerra. (“Intervista al Comandante Giacca, op. cit., p. 11). Egli invece partecipò all‘attività gappista. Nella versione del 1993, invece, narra che verso l’8 settembre si trovava in Istria ed andavano formandosi le prime truppe partigiane italiane che volevano affiancare quelle slovene e slave nella lotta di liberazione dal nazifascismo. Così si portò a Trieste dove incontrò Luigi Frausin, (cfr. https://www.anpi.it/biografia/luigi-frausin) elemento in vista dell’antifascismo triestino ed organizzatore di Gap. Toffanin indossava una bella giacca, e così Frausin lo arruolò con il nome di copertura ‘Giacca’. Quindi fu inviato a Udine per ordine superiore, dove incontrò sia Lino Zocchi, Ninci che Ostelio Modesti, ed andò a vivere a Godia. Mentre si trovava in quel paese fu arrestato, passò qualche giorno in galera e poi fu liberato. (“Resoconto incontro, op. cit.) Quindi con un gruppo di uomini formò un gruppo gappista, giunse in Zona libera del Friuli Orientale, dove il gruppo prese il nome di btg. Amor, poi si rifugiò a Albana ed infine a Bosco Romagno. Dopo l’eccidio di Porzus, restò in Ozak e poi Italia, ma quando arrivarono le prime avvisaglie del processo per la strage di Porzûs, nel luglio 1946, racconta di esser passato in territorio jugoslavo e quindi cecoslovacco. (“Intervista al Comandante Giacca, op. cit., p. 22), per poi rientrare verso Italia per fermarsi a Capodistria. Infine ricevette la grazia per quanto accaduto a Porzûs, essendo stato condannato in due gradi di giudizio, a trent’ anni dai fatti, ma poi, nel 1996, venne di nuovo indagato per l’attività gappista svolta in Italia. (Ivi, p. 25). Nel 1991 trasferì a Sesana dove morì il 22 gennaio 1999.
8) “Intervista al Comandante Giacca”, op. cit., p.14.
9) Giovanni Padoan (Vanni), Abbiamo lottato insieme, p. 74.
10) Ivi, p. 114.
11) Ibidem.
12) Ivi, pp. 114-115.
13) Ivi, p. 114.
14) Ivi, p. 115.
15) Ivi, 115-116.
16) Di questa riunioni si parla nei documenti pubblicati con titolo: “Verbale della riunione dei comandanti dell’Osoppo del 28.8. 44”, in Alberto Buvoli, Le formazioni Osoppo Friuli, documenti 1944- 45, ed. I.F.S.M.L. Ud, 2003, pp. 100- 103.
17) Giovanni Padoan (Vanni), Abbiamo lottato insieme, op. cit., p. 118.
18) Ivi, p. 116.
19) Ivi, p. 121.
20) Ibidem.
21) Ivi, p. 237.
22) Ivi, pp. 237-238.
23) Ivi, p. 238.
24) Cfr. quanto detto da Andrea nel mio, su nonsolocarnia.info, intitolato: “G.A.P. Alcune informazioni da un documento del marzo 1945 acquisito anche ai fini del processo per i fatti accaduti a Topli Uork.
25) Documento battuto a macchina con segni a matita intestato “Corpo Volontari della Libertà – Comando I° Brigata G.A.P, 13 Martiri Feletto U., datato a matita 17 o 19.1.45, “Bollettino di Guerra, in Archivio istituto Gramsci Roma, “Veneto – Friuli – Friuli – Varie – Fondo B.G. – Sez. IX – cart- 2 Fasc. 9 – doc. 09543 – 09544.
26) Ibidem.
27) “Corpo Volontari della Libertà – Comando I° Brigata G.A.P, 13 Martiri Feletto U., in Archivio istituto Gramsci Roma, “Veneto – Friuli – Friuli – Varie – Fondo B.G. – Sez. IX – cart- 2 Fasc. 6 – 09427.
28) Documento battuto a macchina con segni a matita intestato ““Corpo Volontari della Libertà – 2^ Brigata G.A.P. – 2^ Zona – Ufficio di Polizia” con oggetto: “Bollettino del mese di gennaio”, in Archivio istituto Gramsci Roma, “Veneto – Friuli – Friuli – Varie – Fondo B.G. – Sez. IX – cart- 2 Fasc. 9 – doc. 09565.
29) Ivi, doc. 09541, documento della 2^ Brigata B.M. dei Gruppi di Azione Patriottica – Gruppo Comando, documento f.to Eolo e sottoscritto da Max e Moro.
30) Ivi, doc. 09541.
31) Ivi, doc. 09256.
32) “Intervista al Comandante Giacca, op. cit., p. 17. Qui egli si sente gappista cioè appartenente ad un corpo preciso, come un alpino si sente parte del corpo degli alpini.
33) Ivi, p. 15.
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L’immagine che accompagna l’articolo è una scannerizzazione di un documento giacente presso Archivio Istituto Gramsci Roma. L. M. P.
https://www.nonsolocarnia.info/parlando-di-e-divagando-su-porzus-e-gappisti-di-laura-matelda-puppini/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2025/08/documento-gap-Gramsci-771-scaled.jpg?fit=676%2C1024&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2025/08/documento-gap-Gramsci-771-scaled.jpg?resize=150%2C150&ssl=1STORIAPer capire cosa fossero i Gap (Gruppi di Azione Patriottica) bisogna ricordare che la Resistenza fu europea e diversamente organizzata sui territori. I gruppetti gappisti, parte attiva nella guerra di liberazione, vennero formati dal P.C.I. nell’ottobre 1943 (1), per operare prevalentemente in città, sulla base dell'esperienza della Resistenza francese....Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia

Un breve commento su un aspetto che può sembrare marginale. In nota 7 dici che Giacca «Parlava, come si evince dall’intervista a Capodistria a lui fatta nel 1993, dialetto veneto». Bene, qui puoi sentire la voce di Giacca, intervistato da Radio Radicale nel 1992 (https://www.radioradicale.it/scheda/44583/eccidio-di-partigiani-bianchi-della-brigata-osoppo-a-porzus-nel-1945), e come sentirai parlava triestino stretto. Nell’intervista che tu citi, non vocale ma trascritta, vengono usate delle forme verbali, come “gera” (veneto) invece che “iera” (triestino). Potrebbe sembrare un particolare insignificante, invece dimostra che la trascrizione dell’intervista del 1993 che tu citi non è affatto fedele, e l’estensore può aver interpretato a suo piacere. In una vicenda come questa in cui si è detto di tutto e di più, e spesso a vanvera, anche particolari di questo tipo hanno un valore non indifferente. Per quanto riguarda altre cose che scrivi, sarebbe troppo lungo qui commentare, e potrai leggere la mia versione nel mio libro di prossima pubblicazione.
Ok. Alessandra. Devo ancora pubblicare un articolo su quell’ intervista di 4 o 5 ore, riassunta in poche righe. E sarà uno dei prossimi. Vedi è facile fare interviste e poi far dire ad una persona, magari, quello che non ha mai detto, estrapolando pezzi e inserendoli in contesti diversi o cercare di far intendere che uno in generale dica un parere mentre lo dice solo relativamente a alcune considerazioni fatte dall’ intervistatore. Basta leggere il libretto “Gorizia al tempo della guerra” Edizioni Biblioteca dell’ Immagine 2010, di Roberto Covaz, per capirlo. E lo avevo già criticato anni fa sul sito di Bettoli in un ampio commento. Se poi hai pronto un libro non ci sono problemi per me, ognuno è libero di scrivere. Se darà risposte ai quesiti che ho posto lo vedrò quando sarà uscito e l’avrò comprato. Laura