Nel lontano 1978, io e mio fratello Marco iniziammo ad interessarci all’Amministrazione di Concentrazione Repubblicana di Tolmezzo, uscita dalle elezioni amministrative del 1946, detta anche “Amministrazione Pesce”, caduta nel dimenticatoio per l’opposizione che ebbe da parte democristiana e non solo. Era di sinistra, ed allora tutto ciò che era di sinistra doveva esser boicottato, almeno così pare. Nuovi assetti politici venivano pensati, la guerra fredda era già incominciata, e si temevano inesistenti pericoli rossi che armarono altre Gladio e Gladio. (Cfr. Giacomo Pacini, “Le altre Gladio” Einaudi ed. 2014, e Ferdinando Imposimato, La repubblica delle stragi impunite, Newton Compton ed. 2012).

Sindaco di questa Amministrazione, eletta dal popolo, fu Livio Pesce nato a Tolmezzo il 2 marzo 1908. Persona intraprendente, diciottenne si recò a lavorare a Puerta Pit, in Guadalupa, pagandosi il viaggio facendo il barman sulla nave. Ma contrasse la malaria e dovette rientrare. Quindi si stabilì definitivamente a Tolmezzo, e sposò un’insegnante. Durante la seconda guerra mondiale e poi, gestì un negozio di alimentari in piazza xx settembre a Tolmezzo, locato in casa Paschini, che fu pure oggetto di un attentato. Infatti qualcuno sparò sulle vetrate di cristallo del negozio, frantumandole, non si sa se per motivi politici o concorrenziali e di invidia per la sua configurazione moderna. Fu partigiano garibaldino operativo sul terreno, con nome di battaglia Maso, ed alla fine della guerra rischiò di morire per aver cercato di andare incontro agli alleati con Gaetano Bardini e don Primo Sabbadini. Infatti l’auto su cui viaggiavano, probabilmente in seguito ad una delazione, fu intercettata a Stazione per la Carnia ed i tre furono presi prigionieri ed internati in un carcere austriaco ove rimasero diversi giorni, con il terrore di essere fucilati, finché non furono liberati dai partigiani austriaci.

Non risulta che si sia mai iscritto al P.C.I., professando, invece, nel pensiero e nell’azione, idee socialiste. Durante la resistenza, nel 1944, all’arrivo dei cosacchi, si spostò, con la famiglia, da Tolmezzo, ove viveva in una bella casa, credo una popolare  locata  in via della fabbrica, non però sua, a Muina, ospite degli Spinotti. Rientrato in Tolmezzo, trovò la casa ove aveva abitato e che aveva lasciato ammobiliata, occupata da altra famiglia e dovette riparare nell’abitazione sopra il negozio, che la figlia ricorda come vecchia ed in non buono stato, senza bagno e con un gabinetto esterno.

Nel primo dopoguerra fece parte, con Bruno Lepre, Romano Marchetti e Paolo Micoli del gruppo di studio, voluto dal C.L.N. della Carnia, per la stesura di una bozza di statuto per una Comunità Carnica e sostenne il Circolo di Cultura. Eletto nelle amministrative del 1946, divenne sindaco di Tolmezzo, e cercò di migliorare le condizioni di vita della popolazione, stremata dalla lunga guerra e dall’occupazione nazista e cosacca. Suo è il cosiddetto “borgo Pesce”, a Tolmezzo. È ricordato pure per il tentativo di rispondere alla disoccupazione dilagante con il progetto “Carnici in Paraguay”, di cui fu parte attiva anche Terenzio Zoffi, il comandante osovano Bruno, fallito per problemi sopravvenuti nel paese che doveva ospitare la comunità della Carnia. Fortemente osteggiato nel periodo in cui fu sindaco, anche attraverso una campagna denigratoria di stampa, Livio Pesce lasciò il capoluogo carnico nel 1953, spostandosi ad Udine. Invalido, morì a Cividale del Friuli il 31 maggio 1995. (Fonti: Marchetti Romano (a cura di Laura Matelda Puppini), Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, IFSML e Kappa Vu ed., 2013, Informazioni tramite colloquio telefonico con la figlia di Livio Pesce, Lidia Pesce in Lodolo, in data 31 luglio 2015, inviate poi alla stessa per verifica).

Dopo che l’articolo fu pubblicato, su Qualestoria, n.3, novembre 1979, lo inviai a Livio Pesce, che mi spedì alcune precisazioni, una foto che lo ritrae con il Presidente del Paraguay poi deposto, e una copia del suo passaporto, che qui doverosamente pubblico, non avendolo potuto fare prima.

Ringrazio sentitamente l’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione di Trieste ed il suo direttore, Roberto Spazzali, per avermi concesso di pubblicare l’articolo sul mio sito.

Buona lettura. Laura Matelda Puppini

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