Sono stata ieri ad Ovaro, per partecipare all’ interessantissimo convegno di studi, analisi, e proposte su: “La salvaguardia e la promozione dei musei e dei siti ecclesiali in area alpina. Analisi e proposte”, organizzato dalla Comunità Montana della Carnia – Carnia Musei.

Ho sempre desiderato che quelle chiese, a cui le nostre donne carniche dedicarono tanto tempo e tanta cura; quelle chiese, tante piccole e tre – quattro- cinquecentesche, nelle quali gli uomini entravano togliendosi il cappello; quelle chiese, luoghi di culto, battesimo ed estremo addio; quelle chiese abbellite da opere d’arte anche pregevoli, o solo di devozione, pagate magari con i soldi di qualche cràmar, venissero valorizzate attraverso dei percorsi che le tutelassero e facessero conoscere.

Esse rappresentano, per noi carnici, un pezzo della nostra storia, del nostro mondo, della nostra cultura, anche transalpina, e ci parlano, ancora, di chi le edificò secondo il gusto dell’epoca, come i capomastri Roupel poi Rupil; di chi affidò il suo dolore o la sua gioia al Signore in quei luoghi, fra quelle montagne e quei prati, con i fiori di campo ad adornare l’altare; di camerari attenti al soldo e talvolta in lite con gli artisti esecutori delle opere, per le quali potevano desiderare anche uno schizzo preliminare; di pittori, intagliatori, falegnami, doratori, affrescatori, più o meno noti, più o meno bravi, ma eccellenti: cadorini, veneti, locali, “tedeschi”.

Pare di immaginare il sudore grondare dalla fronte di quegli artigiani e dei loro aiutanti, affaticati, nelle loro botteghe; par di immaginare la scelta delle essenze cioè del tipo di legno più adatto per le statue, da tagliare a spacco e rifinire a sgorbio; par di immaginare la preparazione dei colori e delle pareti per affrescare una Madonna un santo, un Cristo nella magdala.
Quelle opere di arte sacra ci parlano ancora di Pietro Fuluto, affrescatore “dal gusto nordico”; di Giovanni Antonio Agostini, autore di pregevoli altari lignei; di Michael Parth, conosciuto come Michele da Brunico, intagliatore in val Pusteria, Cadore, Agordino, Carnia, e famoso per i suoi Flügelaltär, altari lignei a portelle; ed ancora: di Giuseppe Furnio o Fumio pittore, di lapicidi comacini, dal nome ignoto ma dalla scuola certa; dei Comuzzi, intagliatori gemonesi, di Domenico da Tolmezzo, anch’egli intagliatore, e di Gianfrancesco, pittore della scuola del Mantegna, di Pomponio Amalteo, di chiara fama, ma anche di Lorenzo Paulitti di Ampezzo e di Giobatta da Imponzo, meno noti, ed altri ancora.

Nelle nostre chiese par di rivivere, ancor oggi,  le folle di fedeli alla messa domenicale e alle festività; i campanari indaffarati a tirar la corda; gli alleluia ed i requiem; l’incenso ed il fumo delle candele; i bambini ritardatari alla Messa per un gioco; le partecipate funzioni della settimana santa, piene di pathos, e quelle della natività, la benedizione dell’acqua e del fuoco, e la rigorosa partecipazione a tutte le feste “comandate”.

Per valorizzare questo patrimonio carnico, questo museo, vivo, nel paesaggio montano, si è riunito un gruppo di studiosi, nella Cjase da Plef di Ovaro, la vecchia latteria di Agrons, per parlare, scambiarsi idee, ipotizzare una progettualità futura per il territorio; per la costruzione di percorsi turistici che facciano rivivere sensazioni, che facciano conoscere arte, cultura, identità; per parlare di salvaguardia, manutenzione, ma anche di fruizione comune futura del patrimonio di arte sacra e luoghi sacri che i nostri avi ci hanno lasciato, perché li custodissimo ed adoperassimo per noi e per gli altri.

Dopo la presentazione del Convegno, fatta dalla dott. Maria Beatrice Bertone, curatrice del piccolo Museo della Pieve, ha introdotto i lavori il commissario della Comunità Montana Lino Not, che ha parlato del progetto transfrontaliero, con il partner cadorino e carinziano, iniziato nel 2008, che, se terminato a livello burocratico, deve continuare, anche per gli ottimi risultati ottenuti, procedendo ulteriormente sulla via della conoscenza e valorizzazione delle realtà museali e dei luoghi, degli arredi, delle opere d’arte sacra, percorrendo la strada della progettualità comune.

Una serie di oratori di indubbio valore si sono succeduti a trattare l’argomento del Convegno, dopo il saluto del sindaco del comune ospitante Mara Beorchia, e quello del parroco di Ovaro anche a nome di “pre Zef Carniello”: dalle rappresentanti dell’Istituto regionale per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia, fra cui la dott. Michela Villotta, che ha illustrato il lavoro di catalogazione già svolto in Carnia ed i volumi editi, a Monsignor Sandro Piussi, dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Udine, che ha parlato dei rapporti e della collaborazione fra lo Stato e la C.E.I per la tutela dei beni ecclesiastici d’arte sacra; del lavoro di catalogazione da parte dalla curia di Udine; dell’opera pionieristica attuata, in Carnia, da don Franco Quai citandone analiticamente gli studi; della particolare sensibilità verso la salvaguardia e valorizzazione dell’arte sacra di Monsignor Alfredo Battisti, ma anche dell’opera di Giancarlo Menis.

Egli si è soffermato, pure, sul valore da dare agli oggetti devozionali, che rappresentano il sentire popolare, e sulle indispensabili opere di sicurezza per cercare di evitare i furti che hanno martoriato le chiese anche in Carnia; ha parlato di catalogazione e di nuovi strumenti informatici per rendere fruibile a tutti il lavoro svolto; si è soffermato sulle tre culture presenti nella regione a ridosso dei confini e sulla loro salvaguardia ed importanza.

Successivamente la dott. Teresa Perusini, dell’Università Ca’Foscari di Venezia, ha intrattenuto i presenti con un interessantissimo intervento relativo alle statue lignee, con approccio “ dal bosco all’altare”, parlando di taglio invernale ed a luna calante, delle modalità di taglio, dello scavo delle grandi statue, per togliere il “midollo”, nocivo se mantenuto in sede, delle essenze, cioè degli alberi usati per fare le stesse: tendenzialmente tiglio in Italia, anche quercia e noce in altre realtà europee; ed ha sottolineato come spesso gli altari erano fatti con il legno di piante diverse, e come alcuni artisti avessero intagliato solo le cornici lignee degli altari; altri, ben pochi, avessero fatto le statue che venivano, però, poi dipinte da pittori e doratori.
Ella ha chiarito come vi siano statue che hanno solo l’anima di legno, altre che sono quasi tutte di legno, ma poi completate con parti in corda o in tela gessata o solo tela o carta, ed altri materiali; come vi siano statue snodabili, per esser utilizzate in sacre rappresentazioni, e statue costruite da parti assemblate, cioè a masselli, che venivano smontate per il trasporto ed indi rimontate e così altari; come vi fossero modi diversi di lavorare la statue: chi le lavorava in piedi chi distese, chi fissate in un modo chi nell’altro, e tracce precise restano, anche di questo, nelle opere.
La dott. Perusini ha portato anche numerosi esempi in provincia di diverse tipologie di manufatti d’arte sacra lignei, e di restauro.

Al mattino hanno preso la parola pure la dott. Daniela De Prato di Carnia Musei, che ha illustrato brevemente la rete museale carnica e l’attività svolta nei laboratori didattico-museali per studenti di diversa età e scuola, ed anche diversamente abili con approccio linguistico – comunicativo differenziato, e si è soffermata sul concetto generale di accessibilità anche come fruibilità di strutture ed opere, e la dott. Iolanda da Peppo, in particolare sul Cadore e l’esperienza comune.

La mattinata è stata chiusa dall’intervento dei validissimi storici dell’arte: Letizia Lonzi e Giorgio Reolon, che hanno portato esempi di artisti ed architetti operanti sia in Carnia che in Cadore e di similitudini fra i due territori, chiedendo di proseguire sulla via della scambio e collaborazione intrapresi con il progetto “Interreg IV”.

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Nel pomeriggio è intervenuto l’esperto in marketing del turismo culturale Riccardo Palmerini, che si è soffermato sul turismo religioso come condivisione di identità, non meramente confessionale, ed ha trattato dei limiti del turismo italiano: il far coincidere il periodo turistico con l’aumento dei prezzi, non invogliando a quella politica di “far ritornare chi è già venuto” sul territorio; il mancato approfondimento dei contenuti culturali delle opere presenti in loco; il restauro di opere senza aver presente i limiti di alcuni materiali recenti su quelli antichi,  o la modifica dei colori originali, che avevano un preciso significato; il vivere il turismo solo come una vendita di Hotels. Egli, come altri,  si è soffermato sull’importanza della rete museale carnica, rara in Italia,  sulla validità della continuazione delle esperienze intraprese e sulla progettualità comprensoriale anche per il futuro, pure in vista di possibili finanzamenti europei.

Hanno preso la parola, quindi, diversi partecipanti al convegno, portando il loro contributo.

Il presidente di Euroleader GAL ha sottolineato il lavoro svolto dal suo gruppo, per valorizzare il settore agro-alimentare e turistico locale, e si è detto disponibile a collaborare per la costruzione di percorsi religiosi di conoscenza e fruizione del territorio legati all’arte sacra; don Giordano Cracina di Zuglio è intervenuto illustrando il centro “Polse di Côugnes”, sul colle di San Pietro, frutto del lavoro di appassionati, punto di riferimento, oltre che per momenti di riposo e di dibattito, per varie attività che vanno dall’osservazione astronomica alla lettura, all’orto botanico, e soffermandosi, pure, sul già avviato e seguito percorso delle Pievi carniche; la fotografa Ulderica Da Pozzo ha presentato il lavoro svolto a livello fotografico relativo ad usi e costumi legati, pure, ad espressioni religiose del territorio, e già pubblicato, augurandosi possa servire nel contesto della valorizzazione territoriale nel senso proposto dal convegno ed ha ipotizzato la possibilità anche di brevi percorsi, quelli delle rogazioni, per i turisti. Una rappresentante del Circolo Culturale del comune di Sauris è intervenuta chiedendo la possibilità di impiegare giovani del luogo come guide turistiche; Sandro Quaglia ha parlato della pieve di Resia e della reintroduzione della lingua slava locale nella liturgia, in particolare nei canti; Laura Matelda Puppini si è soffermata sulla progettualità comune, sulle scelte che gli amministratori devono fare insieme per il territorio, non potendosi contemplare, per esempio, percorsi per moto sui sentieri ove si dovrebbero avere percorsi di turismo religioso; su problemi pratici come la manutenzione degli edifici e del patrimonio di arte sacra affidati al volontariato, spesso in età senile, nonché dei contesti paesaggistici, in borghi che vanno totalmente spopolandosi, ed ha ritenuto il progetto di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio di arte sacra locale importantissimo per la Carnia.

Quindi una giovane laureanda ha parlato della sua esperienza e dei suoi studi, relativi all’argomento proposto, un’ operatrice dei Civici Musei Udinesi dei suo interessi e delle problematiche burocratiche che le grandi realtà museali comportano, rispetto alle piccole; Don Piussi si è chiesto il perché della mancanza del rappresentante di Illegio, definendolo “il silenzio di Illegio”, a cui nessuno ha saputo dare spiegazioni, perché l’intervento era previsto e nessuno lo ha cancellato o si è scusato per l’impossibilità a partecipare.
Ha ripreso quindi la parola il Commissario della Comunità Montana, Lino Not, soffermandosi sull’importanza, per la Carnia, di una progettazione comune, sull’utilizzo, a suo dire indispensabile, di volontari locali, per varie mansioni di mantenimento degli edifici storici sacri, oltre che per l’accompagnamento, dopo corsi di formazione adeguati, ed ha ribadito la volontà di proseguire sul cammino intrapreso con il progetto conclusosi nel 2013-14, anche come recupero della memoria storica.

In chiusura hanno ripeso la parola il dott. Riccardo Palmerini, che si è nuovamente soffermato su aspetti pratici, al fine di promuovere anche una azione di marketing territoriale e di mantenimento dei percorsi progettati una volta attuati, con personale remunerato, non potendo avvalersi sempre di volontari che potrebbero non esser più disponibili per vari motivi, e la dott. Maria Beatrice Bertone che ha brevemente presentato la sua interessantissima guida al Museo della Pieve di Gorto, un piccolo gioiello tutto da visitare e godere.

La giornata di studi si è svolta nella sala della Cjase da pleif, sottotetto, arredata secondo il gusto antico e piacevole nel suo insieme, come l’intero edificio. Sono state donate alcune pubblicazioni ai convenuti, si è notata l’assenza di molti amministratori locali che avrebbero potuto presenziare, vista l’importanza dell’incontro, ci si è augurati un proseguio positivo di quanto esposto e sviluppato.
I partecipanti hanno potuto fruire pure della visita all’antica pieve ed al piccolo museo.

Se devo essere sincera, questo convegno è stato uno dei più interessanti a cui abbia partecipato, anche per il collegamento fra aspetti teorici e pratici promozionali per il territorio.

 

Laura Matelda Puppini

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