INTRODUZIONE.

Il cellulare in mano a bambini e ragazzi mi fa un po’ paura, in particolare quando vedo giovani con lo stesso in mano e gli auricolari, che camminano, viaggiano, stanno in casa, isolati dal mondo, isolati da qualsiasi comunicazione “altra”.

È da non molto passata la mezzanotte di un Natale anni fa, e vedo una giovane correre ossessivamente anche quella notte, con gli auricolari posizionati. Chiedo per cortesia di passare al mio vicino in treno e quello fa finta di nulla ma poi mi accorgo che ha non solo il cellulare in mano, ma anche gli auricolari alle orecchie. Mi rivolgo ad una giovane e non mi risponde. Ormai avrete capito perché.
Non solo questa abitudine è fonte di isolamento ma è anche pericolosa: si può non sentire un rumore che avvisa di qualcosa, presi dalla musica al cervello. Come è cambiato il mondo, penso fra me e me, ma non sarà che queste abitudini consumistiche che fanno tanto ‘in’ e tanto votati alla sordità, possano essere fonti di guai sociali e fisici?

Lo so, la critica è che io non appartengo alla società tecnologica, ma non è vero, altrimenti non avrei inventato “nonsolocarnia” e non lo avrei riempito di articoli e riflessioni, ma ho anche vissuto da bimba e ragazza negli anni cinquanta/sessanta ed ho visto tutto modificarsi intorno a me, e so che si può vivere anche senza cellulare. Inoltre per un motivo o per l’altro, in questa società balorda, l’avere un cellulare viene di fatto imposto, anzi avere uno smartphone, perché non trovi quasi più indicazioni scritte ma solo rimandi ad un sito ed all’altro, tanto che non puoi vivere se sei “sconnesso”.

Così dopo aver visto l’uso ed abuso che molti giovani fanno del cellulare, oggetto transizionale per adolescenti e meno adolescenti, che porta a non confrontarsi più con il prossimo ed a chiudersi in sé, riducendo il parlato a poche frasi, ho deciso di rispolverare questo mio vecchio testo, che avevo  intitolato “Un cellulare per amico” scritto nel corso dell’anno scolastico 2008/2009 per e con i ragazzi dell’isis ‘Fermo Solari’ che seguivano il progetto lettura e le attività della biblioteca, per cercare nuovamente di riflettere sul questo oggetto, e su che cosa possa significare. Ma il tempo è passato è così l’ho pure aggiornato.

UN CELLULARE PER AMICO.

Inizio questa mie considerazioni ora come allora, da alcuni brani tratti da: Marina Rosso, Ho per amico un cellulare, in Messaggero Veneto, inserto La Scuola, 11/02/ 2004. «Anni ’90, boom della telefonia. Siamo tutti chiamati in causa, dai grandi ai più piccini, famiglie intere rovinate dall’ultimo trend. […] Ma è davvero così indispensabile? A quanto pare, sembra proprio di sì ma non condivido questa tesi. O meglio, l’utilizzo del cellulare è strettamente necessario solo a quelle categorie di persone che fanno un lavoro particolare, a coloro che dipendono quasi esclusivamente dal piccolo oggetto perché viaggiano o magari devono mantenersi in contatto in continuazione». (Marina Rosso, op. cit.).

Non prendiamoci in giro – continua la Rosso – tutti sono schiavi di questa moda dal bambino delle elementari che a Babbo Natale chiede l’ultimo modello multi – optional da sfoggiare alla mamma iperprotettiva terrorizzata che al suo fanciullo di qualsiasi età possa capitare chissà quale sventura, come se il telefonino avesse la funzione di scacciare il malocchio. Inoltre la Rosso ritiene che certe volte il cellulare si rivela molto comodo ma bisogna riconoscere che il suo utilizzo non è indispensabile, teoricamente, o meglio dico io, non lo era dieci anni fa. Ma a parte questo aspetto, la Rosso mette il dito sui problemi che l’uso massivo tra i giovani comporta.
Secondo lei il cellulare porta ad una pigrizia diffusa, ed all’impoverimento linguistico: per scrivere un sms (short messaging service) bisogna limare il linguaggio troncando sintagmi che rendono lo scritto una mera sequenza monosillabica. Inoltre già dieci anni fa chi non aveva questo oggetto poteva essere totalmente escluso dal gruppo. Per non parlare della rincorsa al modello più bello, quello che ovviamente dispone di macchina fotografica, connessione ad internet e quant’altro.

E così termina Marina Rosso: «Questo tipo di comunicazione ha varcato il limite tra gli stessi giovani, i quali si rifugiano spesso nel cellulare, il loro più intimo amico, incapaci di tessere vere amicizie e affrontare l’altro faccia a faccia, esternando i propri sentimenti.». E in ogni caso meglio un messaggio che un faccia a faccia quando mancano gli argomenti. Così rapporti personali si sono rotti, magari, senza un confronto diretto ma solo grazie ad una asettica comunicazione tramite sms, ormai però quasi obsoleto, o per mezzo di whatsapp, senza esser troppo coinvolti. Ma ormai, dico io, le aziende assumono riders con un sms e licenziano lavoratori allo stesso modo.

Quello che mi sento ancora di aggiungere prendendo spunto dalle riflessioni della Rosso è che i giovani imparano a cercare informazioni solo su internet, che notoriamente non è sufficiente e può avere dati pilotati dal marketing, dalla politica, da orientamenti diversi, e che è la patria delle opinioni prima che dei fatti. E mi ricordo dei ragazzi dell’Isis “F. Solari” che volevano che gli cercassi una formula chimica sulla rete quando avevano un’enciclopedia cartacea di chimica a scuola, facilissima da consultare ed a cui li rimandai.
E il cellulare ingenera anche situazioni di panico. «Egli cerca nelle tasche della giacca, in quelle dei pantaloni. niente. Ha lasciato il cellulare a casa. È un’ipotesi spaventosa… ha lasciato il cellulare a casa!».

UN CELLULARE PER COMUNICARE.

Il cellulare è il protagonista del “comunicare giovane” ci dice una ricerca non certo recente ma chiara, svolta dal Comitato Regionale per le comunicazioni del Friuli Venezia Giulia, sul rapporto tra giovani e i mass media. Essa ha messo in particolare in luce lo stretto rapporto, quasi di dipendenza, che i giovani hanno con le odierne tecnologie. «Il 50% dei ragazzi friulani afferma di non poter fare a meno del proprio cellulare». Esso è un oggetto multifunzionale e poco ingombrante, ma soprattutto pratico ed utile, e risulta indispensabile non solo per farci rintracciare in ogni momento ma anche per poter comunicare in modo facile e veloce. Bisogna però ammettere che il suo uso smisurato non è dovuto solo alla necessità di comunicare, ma anche al fatto di potersi dilettare con l’utilizzo di questi piccoli oggetti compiuterizzati, precisa la ricerca. (AA.VV., Telefonini protagonisti del comunicare giovane, in Messaggero Veneto, inserto La Scuola, 16/01/ 2007). Ma serve anche per farci controllare, in un modo o nell’altro. Inoltre i ragazzi sono così abituati ai linguaggi ridotti dei messaggi, che rischiano di scrivere in quel modo anche a scuola sui temi in lingua italiana.

Riporto qui, da: Cristiana Antonelli, Annamaria Mililli, “Scripta volant” – SMS: sine mora (more) scribendi? – Uno studio sulle forme della comunicazione partendo dall’uso degli SMS.” in “Nuova secondaria” n. 10 del 15/06/04, esempi di confronto fra scrittura su cellulare e in italiano corrente: questo =  qsto; perché = xche’ xke’; non= nn; sono = sn; con = kn; sei (tu sei) = 6; cosa = ks; più = + ; domani = dom; pomeriggio = pom; per = x; anche = anke; ti voglio = tv; rispondi = risp; messaggio = msg. – mex; ci sentiamo = cs; bacio = *; sono felice = : ) (simbolo per faccina sorridente).

E pensate che ci sono docenti che si sono trovati, nei temi, questi simboli e queste contrazioni, invece che le parole. Pare quasi che l’evoluzione della scrittura e del pensiero espresso con il linguaggio incomincino a ritornare indietro, ritornino ad affidare la comunicazione a “geroglifici” ed immagini, cancellando filosofia e pensiero scientifico, considerati inutili per il soldo e per assoggettare le anime.
Inoltre sempre più, in questo mondo del soggettivismo, i ragazzi fotografano se stessi, si fanno selfie, quasi che l’aspetto fisico fosse la cosa fondamentale, quasi che per conoscere anche se stessi si dovesse fotografare l’esteriorità, non conoscere l’interiorità.

BAMBINI E RAGAZZI CON IL CELLULARE. NORME E TUTELE ANCHE TROPPO PERMISSIVE IN ITALIA.

«L’età minima di iscrizione a un social o a un servizio di messaggistica non è legata a questioni educative o di opportunità ma soltanto al Regolamento europeo (Gdpr) del 25 maggio 2018 sulla privacy e sul trattamento dei dati personali. L’articolo 8 del Regolamento prevede il divieto di offerta diretta di servizi digitali (quindi l’iscrizione ai social network e ai servizi di messaggistica) ai minori di 16 anni. Attenti, però. Tale limite poteva essere ulteriormente abbassato dagli Stati nazionali. E l’Italia, con un decreto entrato in vigore il 20 settembre 2018, ha fissato un limite più basso: ai 14 anni. Al momento, in Italia, sotto i 13 anni nessun minore può iscriversi ai social network perché è tutelato dalla legge americana alla quale si rifanno le società che possiedono i social. Mentre tra i 13 e i 14 anni può farlo, ma serve l’autorizzazione dei genitori. Instagram però non si è ancora adeguato e l’età minima per iscriversi è ancora di 13 anni. Controversa anche la posizione di WhatsApp. Il regolamento della popolare app di messaggistica recita «se risiede in un Paese nella Regione europea, l’utente deve avere almeno 16 anni per utilizzare i nostri Servizi» ma è stato scritto nell’aprile 2018, prima delle modifiche apportate nel settembre 2018 dai vari Stati europei. (…). E «Anche per tutte le app l’età minima in Italia è di 14 anni». Quindi, anche per iscriversi a Messenger e WhatsApp bastano 14 anni. In ogni caso, i genitori che vogliono iscrivere ai social i minori di 14 anni (ma maggiori di 13) sappiano che sono responsabili per gli eventuali danni creati dai loro figli online». (https://www.avvenire.it/attualita/pagine/ecco-qual-let-minima-per-app-social-e-sim-card). È consentita la vendita e l’intestazione di sim card anche a clienti minorenni che abbiano compiuto almeno 8 anni di età. Basta recarsi presso il negozio di un operatore telefonico con un valido documento di identità ed essere accompagnati da un genitore o tutore. (Ivi).

Inoltre «La particolare pericolosità degli smartphone per i bambini è legata alla loro stessa natura: si tratta di una tecnologia portatile, estremamente comoda e facile da utilizzare. Il successo di questi dispositivi nelle famiglie risale a pochi anni fa quando whatsapp divenne un vero e proprio cavallo di troia per ottenere che i genitori regalassero ai figli non più i vecchi cellulari monouso ma dei veri e proprio computer portatili». (https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/difendiamo-i-bambini-dagli-smartphone). Così «Improvvisamente bambini di 8-9-10 anni si sono ritrovati in tasca un apparecchio con un accesso libero alla Rete, il cui 50% dei contenuti, come purtroppo sappiamo bene, sono di natura pornografica e violenta […]». (Ivi). Ma su istagram, da che mi si dice, ci sono anche contenuti stupidi ed insultanti, che non sono da meno: immagini con ragazze che si mettono piercing sui capezzoli, invalidando per sempre la suzione di un possibile bambino, e via dicendo. Ed è sempre vero che “la madre degli idioti è sempre incinta”.

«Come è possibile che per alcol e tabacco ci sia il divieto per i minori di 18 anni e che, invece, un bambino di 8 anni possa avere intestato un numero personale di cellulare, solo grazie alla firma di un genitore? A livello internazionale si cerca di correre ai ripari, l’Italia sembra assente, intorpidita in una progressiva rimozione del diritto per le nuove generazioni ad avere adulti educativi e non ‘amiconi’ impegnati a giocare con loro alla playstation. Agli ultras degli “smartphone”, ben presenti anche in ambito scolastico, che si fanno scudo dell’idea assolutistica della didattica digitale, ribadisco che la tecnologia è importantissima e che ogni società ha il dovere di evolvere, ma ci sono due questioni da considerare. La prima è che ogni età va rispettata per la sua natura. Nessuno si sognerebbe di insegnare a guidare una macchina a partire da una Ferrari. Ogni cosa ha il suo tempo e va fatta secondo la giusta gradualità. La seconda è che non sempre quello che consideriamo moderno è necessariamente giusto». (Ivi).

PERICOLI ED INSIDIE VENGONO DALLA RETE.

Il 30 agosto 2019 compariva sul Messaggero Veneto un articolo intitolato “Bambine seminude nei video dei genitori. Il social degli adolescenti con 600 milioni di iscritti” firmato da Lodovico Poletto. L’articolo mette in guardia da “Tik Tok”, ove si trova di tutto, da battute e sketch di adolescenti ed adulti rimasti eterni adolescenti, secondo Poletto, a balli sfrenati, a ammiccamenti, fino a giungere ad esporsi al pubblico ludibrio talvolta consapevolmente, ma con risultati sempre poi devastanti, pur di avere un “like”. (Lodovico Poletto, op. cit.). E più “like” hai, più sei popolare, più sei “figo”. (Ivi). E per ottenere questo risultato vi sono anche genitori che infilano video di bambini co- attori con loro. Insomma roba che facebook è ormai da mettere nel cestino, piena di mini video sulla vita privata anche in abiti succinti, e dove tutti possono vedere tutto.

E Tik Tok ha milioni di followers, è disponibile in 75 lingue, e nella prima metà del 2018 era la App più scaricata da Apple store a livello globale. Ma dai e dai Tik Tok è finita in Inghilterra nel mirino del garante della privacy.  E così Tik Tok ha pagato una multa di 5 milioni di dollari, in accordo con la Federal Trade Commission degli Usa, per aver raccolto illegalmente informazioni personali dai bambini. Naturalmente Tik Tok ha risposto, dicendo fra l’altro che il suo social non è seguito solo da bambini, ma, scrive Poletto «resta il fatto che è la app dei minorenni e puoi iniziare ad usarla già quattro anni prima di prendere la patente. Ma è possibile che uno cambi anche l’anno di nascita, tanto la app «non è l’anagrafe». (Ivi). E linciaggi, insulti pesanti e commenti distruttivi spesso si leggono sotto alcune immagini, per esempio quella di un ragazzo obeso che ha messo la foto di lui che si getta in piscina. Inoltre Tik Tok è stato accusato di cyberbullismo e anche di far passare una visione del tutto errata del rapporto uomo donna. (Ivi). Naturalmente quelli della app che vale miliardi, dicono che stanno lavorando per la protezione dei dati e di quanto posto sulla loro piattaforma, e che vi sono modi di bloccare i contenuti. Ma resta il fatto che gli adolescenti cercano anche in modi insulsi di mettersi in mostra usando Tik Tok, senza avere senso del limite.
Ma non esiste solo Tik Tok. Vi sono altre app pericolose per i minorenni.

«Negli Stati Uniti sta destando qualche clamore l’iniziativa di diversi dipartimenti della Polizia che hanno informato i genitori sulla potenziale pericolosità di alcune app per smartphone molto famose tra i più giovani». ((https://secolo-trentino.com/2019/09/04/ecco-le-15-app-per-smartphone-piu-pericolose-per-i-giovani/).

Uno sceriffo di Sarasota, in Florida, ha pubblicato una vera e propria black list delle app potenzialmente pericolose per i più giovani.Nella lista compaiono alcuni tra i social media più utilizzati come Whatsapp, Tik-Tok, Snapchat e Ask.fm, siti d’incontri come Badoo e Grindr per arrivare fino ad app all’apparenza innocue come calcolatrice%, tra le più pericolose perché nasconde contenuti senza destare sospetti». La lista completa delle applicazioni inserite tra quelle potenzialmente pericolose per gli adolescenti, comprende: Ask.fm, Badoo, Bumble, Calcolatrice%, Grindr, Holla, Hot or Not, Kik, Live.me, MeetMe, Skout, Snapchat, Tik-Tok, Whatsapp, Whisper.
«Questa notizia fa tornare di strettissima attualità il problema dei pericoli a cui sono sottoposti i più giovani quando utilizzano lo smartphone o navigano in rete. Anche in Italia questo è un tema molto discusso con numerosi genitori preoccupati dalle insidie che applicazioni, all’apparenza innocue, possono riservare per i più giovani». (Ivi).

Ma cosa «contengono davvero gli smartphone dei ragazzi di oggi? Quale mondo misterioso si cela tra chat e gruppi sulle App di messaggistica? Skuola.net ha deciso di porre queste domande ai diretti interessati, intervistando oltre 4mila ragazzi tra gli 11 e i 25 anni. Conversazioni blindate, video pornografici, challenge pericolose e non solo: in almeno un caso su 3 spiare nel telefono dei ragazzi potrebbe portare a galla del materiale quanto meno discutibile. L’indagine ha preso il via da un evento che ha scosso l’opinione pubblica nei giorni scorsi, quando una chat intitolata “The Shoah Party” è stata portata alla luce. Ragazzi adolescenti, moltissimi dei quali minorenni, si scambiavano materiale da film dell’orrore: inni all’Isis e al nazismo, insulti razzisti, video pornografici e pedopornografici, contenuti violenti». (https://www.tgcom24.mediaset.it/skuola/chat-pericolose-nel-telefono-di-un-ragazzo-su-3-c-materiale-forte_10105363-201902a.shtml).
Verrebbe quasi da dire “Non sbloccate quello smartphone”: il rischio è di trovarci qualcosa di inaspettato, soprattutto se si sa dove cercare. I luoghi preferiti per lo scambio di contenuti di qualsiasi tipo sono le chat dei servizi di messaggistica. Secondo i dati, il 60% usa soprattutto WhatsApp, un altro 35% per lo più Instagram. Su queste piattaforme, quasi tutti partecipano a chat collettive: escludendo il 9% che comunica in questo modo solo con i familiari, il 58% chatta in gruppo con i propri amici, mentre un terzo dei ragazzi partecipa a gruppi in cui ci sono anche sconosciuti. (Ivi).

«Ma in queste chat da cui genitori e parenti sono esclusi – ed è questo il passaggio più interessante – ci si scambiano anche contenuti non appropriati: a raccontarlo è un su 3 di coloro che vi partecipano. La tipologia di questi contenuti è varia: se circa un quarto dei coinvolti non è in grado di definirne delle caratteristiche precise, la restante parte ha fornito maggiori dettagli: si va dal materiale pornografico (65%) alle immagini di violenza (11%), dagli inni al nazismo/fascismo (8%) agli inviti a challenge o comportamenti pericolosi (7%) fino al bullismo (5%) e al razzismo (4%)». (Ivi).
«I motivi per i quali si sono sentiti legittimati a scambiare dei materiali così controversi? Oltre la metà pensa possa essere divertente e fonte di ilarità scherzare sugli argomenti sopra elencati. Mentre un 25%, a quanto pare, sembrerebbe interessato all’argomento delle discussioni. Il 13% lo ha fatto semplicemente annoiato, il 7% ha seguito passivamente il gruppo. Gruppi, questi, in cui in più della metà dei casi (54%) si è entrati sotto invito di amici, o per lo meno di conoscenti (26%), mentre l’11% dei ragazzi è stato aggiunto da sconosciuti e addirittura 1 ragazzo su 10 afferma di esserne l’amministratore». (Ivi).
«Questo tipo di conversazioni avvengono soprattutto in chat molto ristrette, quasi “blindate” (68%), forse perché il 70% sa perfettamente di muoversi al confine della legalità. Tuttavia non mancano – in misura minore – anche in gruppi più numerosi (18%) e nel 14% addirittura quelli che comprendono persone sconosciute». (Ivi).

Inoltre i minori possono entrare in contatto con maggiorenni che possono pure presentarsi sotto mentite spoglie e che possono avere anche non buone intenzioni, perchè gli orchi esistono davvero, e con programmi criminali come “Blue whale, la balena blu”, che inducono i giovani e giovanissimi a compiere azioni via via più pericolose fino a mettere a repentaglio la loro vita, con la scusa della sfida. (https://www.assemblea.emr.it/garanti/i-garanti/infanzia/attivita/fragilita-sociali/blue-whale).

QUALCHE CONSIDERAZIONE FINALE.

Vi è chi invoca una maggiore presenza attiva dei genitori. Ma i genitori non possono fare tutto. Essi spesso lavorano, sono stanchi, hanno mille altre cose da fare, oltre che quadrare i bilanci domestici.  Inoltre moltissimi ragazzi usano il cellulare di notte. «Il peggio accade durante la notte, quando le chat e gli scambi di messaggi sottraggono tempo prezioso al sonno». – scrive Nicola Pinna su “La Stampa”. (Nicola Pinna, Notti insonni passate in chat. I ragazzi non imparano più, in: https://www.lastampa.it/cultura/2018/01/09/news/).

«La conseguenza, a questo punto, appare quasi scontata: i ragazzi che passano la notte a smanettare sul cellulare, al mattino hanno grosse difficoltà di apprendimento. Non sono ipotesi, ma i risultati di uno studio dell’Università di Cagliari che ha coinvolto quasi seimila ragazzi, tutti alunni delle scuole medie e superiori. Il cento per cento di loro, subito dopo la cena, passa il tempo tenendo lo sguardo fisso sullo smartphone e il 98 per cento sta sul cellulare anche ben oltre mezzanotte. Ma le conseguenze rischiano di essere ben più gravi per quel 46 per cento che si sveglia ripetutamente per tutta la notte, schiavizzato dalla suoneria e dal botta e risposta via WhatsApp che prosegue quasi fino all’alba». (Ivi).

E già nel 2015 si sapeva che 9 ragazzi su 10 sono sempre connessi anche di notte, ed alcuni si svegliano per rispondere alle chat in arrivo. E se la connessione viene a mancare 1 adolescente su 6 va in ansia. Così Telefono Azzurro, e AXA Italia, hanno deciso di spiegare i rischi di una vita online. I genitori, d’altra parte, non sono pienamente consapevoli dei rischi che corrono i figli sui Social Network, e devono venire informati. (Anna Gaudenzi, 9 ragazzi su 10 sono sempre connessi, (anche di notte)» (https://ischool.startupitalia.eu/sociale/36597-20150622).

«Messaggistica, chat, social network e giochi online, sono solo una parte delle possibilità a disposizione dei giovani per “esserci”, in un mondo che non si tocca ma che è molto vicino al cuore delle nuove generazioni». Anche l’iscrizione ai social network avviene precocemente, continua la ricerca di Telefono Azzurro. Infatti il 48% dei dodicenni intervistati è già iscritto a Facebook, il 32% a Instagram e il 78% utilizza WhatsApp. E se comunicare con gli altri e condividere opinioni è importante, spesso i ragazzi sacrificano ore di sonno per rimanere connessi nella penombra della stanza in piena notte, dando origine al fenomeno del “vamping”. Il 21% dei dodicenni si sveglia durante la notte per controllare i messaggi arrivati sul telefonino, ma la percentuale aumenta al 26,4% tra i 14-15enni». Ma Telefono Azzurro ha sposato non la via della coercizione al non uso continuativo del cellulare ma quella dell’ascolto e della sensibilizzazione dei ragazzi, che hanno bisogno di essere aiutati a sviluppare senso critico e, ancor più, comportamenti prosociali in rete, proteggendo in questo modo se stessi e gli altri». (Ivi).

Un altro problema è quello dell’utilizzo a scuola del cellulare, con ragazzi che perdono l’attenzione perché un po’ ascoltano la lezione, un po’ aspettano una chat, un messaggio, qualcosa dal loro cellulare, o non riescono a far a meno di “smanettare”. In Francia alle elementari e medie l’uso a scuola del cellulare è vietato, invece il governo Gentiloni ha deciso in Italia per l’uso responsabile, cioè solo per contenuti scolastici, ma senza adeguati programmi educativi pare un sogno. Il Ministro Fioroni aveva vietato i cellulari a scuola, la Ministra Fedeli li vuole solo per alcuni usi, ma resta il fatto che nessuno può controllare che tutti gli allievi, una volta acceso lo smartphone non accadano ad istagram e WhatsApp. (Francia, il divieto di usare il cellulare a scuola diventa legge, in: https://www.corriere.it/scuola/18_giugno_07/).

Tanti problemi si pongono nell’ apparire di questo nuovo media fra i ragazzi e noi ed il mondo, che può esser utilizzato anche per spiare, cercare gusti per vendere, e soggetto alle esigenze del mercato, ed a contenuti non soggetti neppure all’ etica del buon senso, dove tutto di può dire e si può diffondere. Problemi a cui si deve cercare di dare una risposta, e mi pare che quella dello sceriffo Usa non fosse del tutto sbagliata, in quanto andava nel senso di informare chi detiene la patria potestà, ma i genitori non possono obiettivamente fare molto .E la via di sanzionare e cancellare chi propone violenze sopraffazioni, inni al nazismo, o la possibilità di mettere qualsiasi cosa in rete e diffonderla, come immagini intime per vendetta e via dicendo, mi pare una grossa possibilità, a meno che ormai il mercato non controlli il mondo intero.

Inoltre l’uso continuo e non corretto del cellulare potrebbe portare anche problemi per la salute, oltre quelli già evidenziati del vamping, per i quali invio a: http://areacomunicazione.policlinico.unina.it/18970-uso-corretto-dei-telefoni-cellulari-il-dossier-del-ministero-della-salute/, datato però 2013. Sul problema si trovano su internet diversi articoli, in particolare digitando quelli dal cattolico “Avvenire”, molto sensibile a questi aspetti, ma non solo.

Laura Matelda Puppini

ALLEGATO.

LE RISPOSTE DEI RAGAZZI DELLA IIa CHIMICA DELL’I.P.S.I.A. ALBINO CANDONI – ISIS “F. SOLARI” 22 FEBBRAIO 2007 ALLE DOMANDE RELATIVE A “HO PER AMICO UN CELLULARE” NEL CORSO DELL’ ATTIVITÀ SVOLTA IL 22 FEBBRAIO 2007 DIRETTA DA LAURA MATELDA PUPPINI.
(Leggenda: R° =Ragazzo; Ra = Ragazza. L.= abbreviazione per la conduttrice Laura Matelda Puppini. Prof. = professoressa Quaglia presente all’ attività. Registrazione e trascrizione di Laura Matelda Puppini).

Laura introduce l’argomento. “Abbiamo detto che il cellulare, secondo il ragazzo che ha scritto l’articolo che vi ho dato, ed anche secondo me, può avere una forte valenza affettiva….

1.“SECONDO TE IL CELLULARE HA UNA VALENZA AFFETTIVA?”

Ro: «Sì, secondo me sì».
Ro: «Dopo un po’ che si usa lo stesso cellulare, dopo un po’, ti affezioni». Ra : «Sì, ad uno qualsiasi, anche appena preso».
Ra : «Mah…per me no.  Poi dipende dalle persone».
R: «Io uso il mio cellulare per necessità, non è che ne abuso, che incomincio a telefonare qui e là… Ma lo sento come una cosa mia…Sì “è mio”».
Ra : «Sì è importante ma non solo il tuo, in generale. È importante perché permette di comunicare»
Ra : «Anche secondo me il cellulare è una “cosa” affettiva, è come avere un amico…».
Ra : «Secondo me sì, il cellulare ha un valore affettivo. Mi è capitato di dimenticarlo a casa e quando non l’ho sentito…andavo a cercarlo…».
Ro: «Dipende dalle persone. Per alcune il cellulare ha un valore affettivo, per altre no».

L. «Secondo me…” Viene interrotta da una ragazza: “Scusi, per Lei è essenziale averlo?»
L. «Per me? Certamente. Per me è essenziale averlo anche se non appartengo alla generazione dei cellulari. Ma oggi l’ho dimenticato e me ne sono accorta subito. Per me è essenziale perché mi permette di comunicare velocemente e comunque anch’ io pongo attenzione nella scelta di un cellulare. Io non spendo molti soldi per un cellulare. Non mi serve che il cellulare possa fare foto, a me serve solo ed unicamente per telefonare e ricevere telefonate. Però diciamo che…non so…ho dei gusti estetici. Ci sono forme di cellulare che non mi piacciono. E quindi, magari, quando ho dovuto cambiare cellulare perché il precedente ero riuscita a farlo cadere dalle scale e non solo, ed era andato completamente in “tilt”, mi sono ritrovata a girare da un negozio all’altro alla ricerca di uno nuovo. Intanto cercavo uno uguale a quello precedente. E questo è “un classico” per me. Se quello precedente mi è piaciuto voglio assolutamente averne uno uguale, che regolarmente non si trova perché sono passati 3 anni o più da quello acquistato precedentemente ed i modelli sono cambiati. E poi ci sono veramente forme di cellulari che non mi piacciono… per esempio quelle dei cellulari Nokia.
Comunque il cellulare è importante perché serve per ricevere messaggi e per trasmetterne e per ascoltare voci amiche…».

2. SECONDO TE L’USO CHE ORMAI SI FA DEL CELLULARE PER COMUNICARE, LIMITA LA RICERCA DI COMUNICARE DIRETAMENTE – FACCIA A FACCIA – CON LE PERSONE?”

 Ro: «No, secondo me no».
Ro: «No, neanche secondo me. Se uno vuole parlare direttamente con una persona non credo cerchi di farlo con il cellulare, se ce l’hai lì davanti»
Ra: «Secondo me alcune volte sì. Perché ad esempio delle persone non si sentono di parlare “a voce” con altre e magari, con il cellulare, si sentono più a loro agio».
Ra : «Dipende…».
L: «Sì, ma andiamo avanti. (Infatti questa alunna tende sempre a rispondere così). “Depende” è una canzone…».  Una voce: “Di De Palo!” L:” Sì, va beh…Andiamo avanti».
Sempre la stessa ragazza, sollecitata, aggiunge: «Dipende dalle persone. Se a uno gli va di parlare al cellulare parla al cellulare, ma se uno parlasse a voce sarebbe meglio».
Altra Ra : «Dipende dagli argomenti. Poi magari, se uno è timido, non se la sente di parlare faccia a faccia. Magari usa il cellulare …sì è più facile».
Ra : «Penso anch’ io uguale».
L : «No, no. Esprimi il tuo pensiero. Semmai ripeti quello che ha detto la tua compagna».
Ra : «Penso che anche la timidezza, inconsciamente, influisce sui dialoghi. Il cellulare potrebbe essere un aiuto».
Ra : «Anche per me certe volte il cellulare…Se ad una persona non te la senti di parlare faccia a faccia, è più facile attraverso il cellulare…Perché così non ce l’hai davanti, così puoi scrivere ( fa riferimento agli sms) quello che vuoi».
Ra : «Per me in parte. Perché anche se hai, magari, l’amico che abita vicino a te, fai riferimento al cellulare, lo chiami, gli dici “vieni giù” invece di andarlo a chiamare direttamente a voce…».
L. : «Quindi il cellulare è anche utile…».
La ragazza: «E, sì».
Ro: «Secondo me dipende. Perché magari con qualcuno puoi avere più confidenza scrivendo un messaggio con il cellulare piuttosto che parlando».
L.: «Allora…Se ho ben capito il modo di comunicare con il cellulare è diverso da quello che si utilizza con il contatto diretto. C’è chi dice, giustamente,” Se voglio parlare con una persona e “ce l’ho davanti” non uso certamente il cellulare”. C’è chi dice che l’uso del cellulare ha, pure, delle implicazioni pratiche. Altri dicono:” Se sono timido e non so come dire una cosa ad una persona, per me è più semplice scriverla e mandare un messaggio “neutro” piuttosto che essere implicato in prima persona».

L. «A questo punto io vi chiedo un’altra cosa:

3.SE TU DOVESSI DIRE AD UNA RAGAZZA, NEL CASO DEI MASCHI, AD UN RAGAZZO NEL CASO DELLE FEMMINE, “TI AMO” OPPURE “TI LASCIO”, USERESTI, PREFERIBILMENTE, IL CELLULARE?»

Ro: «No».
Ro: «Beh, insomma, dipende da …» – risate dei compagni.  Il giovane continua: «Dipende dalla situazione. Naturalmente dire “Ti amo” è più bello dirglielo faccia a faccia.  Magari lasciarla…Dipende dalle persone.  La maggior parte non se la sente di dirlo faccia a faccia e lo scrive via cellulare…Ma io, comunque, glielo direi in faccia».
L.: «Ci possono essere, dunque, persone che dicono –  via cellulare – “Ti lascio”?”»
Un ragazzo: «Sì!»
Un altro: «Eh, sì».
Un terzo: «Tante.»
A questo punto L. chiede all’allieva successiva se, a suo avviso, esiste la possibilità che qualcuno dica ad un altro/a “Ti amo” o “Ti lascio” con il cellulare.
Ra : «Secondo me è sempre meglio dirlo a voce. È meglio affrontare le cose. Dirle “per cellulare” per me non è una questione che se uno se la senta o meno…E poi se ci tieni ad una persona certe cose non le puoi dire al cellulare».
Ra : «Meglio faccia a faccia».
Ra : «Beh…Ci sono persone che usano il cellulare anche per dire cose così importanti. Però sono sempre le persone codarde…con la coda di paglia».
Voci: «Codarde?» e ridono. L. spiega che “codardo” vuol dire pauroso ed è un termine corretto.
Altra Ra: «Certe cose non devono esser dette “ per cellulare”. È freddo. È meglio dirle a voce».
L.: «Affrontare di brutto…».
Ra : «Sì».
L.: «E tu che ne pensi?»  – rivolta alla ragazza seguente.
Ra : «Anche secondo me certe cose, così importanti, è meglio saperle dire a voce, non “starle a dire” per cellulare, anche se certe persone lo fanno». (“Starle a dire” è un friulanismo “Stậ a dî ”).
Ra : «Per correttezza è sempre meglio dire in faccia certe cose. . Però, se magari… se chi deve lasciare non si sente, non ce la fa a guardare in faccia la persona…perché gli vuole troppo bene, sarebbe meglio il cellulare. Poi dipende dal carattere della persona».
Ro: «Mah…Secondo me il “Ti amo” sarebbe da dire di persona, perché è una parola importante, invece “Ti lascio”…Magari le dici al cellulare “Ti devo parlare” e poi a voce le dici…»
L. : «Ti lascio».
Ro: «Sì».
L.: «O.K. …  Allora…Abbiamo visto che spesso, tra giovani, in particolare quando sono lontani, si instaura una comunicazione attraverso il cellulare utilizzando gli SMS…. SMS sta per “short message service”, cioè servizio per inviare messaggi brevi. È uno strumento pratico e veloce, per inviare messaggi “short “cioè corti.  E allora, visto che non si possono scrivere romanzi al cellulare, è andato a finire che, fra i giovani, si è instaurato un linguaggio comunicativo semplificato che utilizza alcuni segni e simboli molti dei quali ormai codificati. Ho preso uno schema esemplificativo di tale linguaggio da una rivista scolastica ed è quello che potete vedere alla lavagna. Non è importante se non vi riconoscete in ogni simbolo di questo esempio. Ora guardiamolo insieme.

Il “per” viene scritto con una “x”, in alcuni casi alle parole si tolgono le vocali, come mi era stato già detto lo scorso anno da dei vostri compagni: “domani” diventa allora “dmn” e via dicendo; la “c” dura viene scritta “k” come in alcune lingue estere, come vedete dagli altri esempi riportati sullo schema in molti casi si tolgono le vocali».

Una Ra : «Ma anche per scrivere “buonanotte” si tolgono tutte le vocali?» – Probabilmente lo schema presentato non la convince come altri suoi compagni che hanno già iniziato a contestarlo. – «E poi – continua – ci sono dei sistemi (di codifica ndr) molto personalizzati».
Un Ro: «Addirittura si scrive “rix” o “rx” per “rispondi» Una ragazza dice che “Messaggio” si scrive “mex” e quasi tutti i presenti intervengono sull’argomento. Uno dice di avere cercato uno schema e di averlo trovato su di una rivista scolastica. Detto schema però, riporta in generale alcune abbreviazioni. «Poi ci sono – continua – delle abbreviazioni diverse rispetto allo schema».

Laura chiede, in merito, il parere degli allievi. Quindi aggiunge: «E poi ci saranno altre cose…una vocale in più, una in meno, rispetto al linguaggio da voi usato. E poi c’ è la punteggiatura. Secondo lo schema, per esempio, il punto ha un significato diverso che nella lingua corrente: cioè il punto non si usa più come punto…»
Interviene una Ra : «Tre puntini si mettono, di solito, al posto del punto».
L.: «Al posto del punto? Non lo sapevo proprio»! «E secondo voi – chiede poi ai ragazzi – è vero che l’asterisco significa bacio»?
Un coro di voci: «No, no».
Una Ra : «Sì, sì. I due occhietti con l’asterisco».
L., incredula: «I due occhietti con l’asterisco?»
Prof.: «Ma come?..(parte incomprensibile)».
Tutti vogliono parlare e non si comprende cosa dicono.
Un Ro: «Ha fatto anche “il gatto” Lei!” –  riferendosi ad una compagna ed al suo modo di codificare il messaggio “bacio” o meglio “Ti mando un bacio”.  – “E ha fatto impazzire quello a cui il messaggio era diretto!” La ragazza, infatti, oltre che posizionare tra i due punti l’asterisco, ha completato l’immagine costruendo il musetto di un gattino. Esistono, evidentemente, personalizzazioni creative.  Poi i giovani chiariscono che “Ti mando un bacio” può essere semplificato con i due punti ed in mezzo un trattino. A domanda una ragazza risponde che l’angelo, il micino, sono immagini che vengono usate per trasmettere un messaggio preciso. Non c’è tempo, però, per approfondire.

L. ritorna alla caratteristica del linguaggio degli SMS, e cioè quello di essere stringato. Poi dice che, secondo Lei, tale linguaggio permette solo di scrivere frasi semplici, senza principali e secondarie, dovendo costringere il testo in uno spazio breve, ed esemplifica:” Si scrive “Ti amo”, “Non ti amo”, “Vediamoci”, “ Chiamami” ecc., non si scrive certo” Penso che se ci trovassimo al cinema ti bacerei.” Non ci sono – continua – probabilità, ipotesi, condizionali, congiuntivi. Si usa il tempo presente o il tempo passato.”

Su questo punto viene subito contestata.
Una Ra: «No, dipende, dipende dal messaggio. Da cosa devi dire. Perché a volte si usano, sì».
L.: «Ah, questo non lo sapevo». Poi rivolta ad un giovane: «Il linguaggio degli sms è stringato oppure si possono usare anche forme più complesse»?
Ro: «Si usano anche forme più complesse».
Altro Ro: «Sì, sì, anche secondo me».
Altri ragazzi, a cui viene chiesto un parere in merito, dicono di non sapere.
Una giovane: «Non si può fare di tutte le erbe un fascio». Alcuni sono d’accordo con chi dice che si usano anche forme più complesse, una ragazza dice che dipende da cosa si deve dire.
L: «Allora bisogna vedere qual è il contenuto del messaggio. Da ciò dipende la complessità del linguaggio usato, se ho capito bene». L. poi aggiunge che, in accordo con la prof. Quaglia, ha ritenuto di trattare questo argomento anche perché, spesso, i ragazzi usano, nelle composizioni scritte di italiano, le forme ridotte di scrittura degli sms.; in particolare “ X “ al posto di “per”. Spiega poi, che è importante conoscere bene ambedue i linguaggi, l’italiano corrente e quello usato per gli sms, in modo da non confonderli. Ogni linguaggio ha un proprio contesto d’uso: l’importante è non utilizzare una lingua mista che diventa incomprensibile. «È un po’ come succede con il friulano e l’italiano. Bisogna conoscere il friulano, bisogna conoscere l’italiano ma è importante esprimersi o completamente in una lingua o nell’altra, non utilizzare l’“italiano friulanizzato” od il “friulano italianizzato”».
Un Ro: «Tipo “Mi ha correggiuto».
L.: «Non solo. Io stessa che parlo bene l’italiano, meno bene il friulano, da ragazza utilizzavo, per dire “Piove forte” il termine “slavina” che è un termine del friulano».
Interviene una Ra : «Si parla spesso in dialetto con il cellulare».

L. interrompe quello che stava per dire e si riallaccia alla considerazione spontanea della giovane: «Sì, forse si parla in dialetto al cellulare, ma è difficile scrivere correttamente in friulano e così anche sugli sms…». Una voce femminile: «Sui messaggi (si usa il friulano)»!
Altra  Ra : «Sì, sì, anche sui messaggi»!
L: «Ah., sui messaggi usate il friulano»?
Voci: «Sì, sì».
Tutti vogliono parlare e non si capisce nulla.
La prof. chiede spiegazioni in merito ed L. pensa che i giovani scrivano in friulano ma senza accenti o altre particolarità grafiche, per es. scrivano “ciase” invece che “çjase”.
Voci: «No, non è vero! C’è la “ç”»!
L.: «Sì? – stupita – c’è la “ç”»?
Una Ra:«Su certi cellulari…»
Una voce: «Anche la û si trova»!

L. dice che forse, su cellulari “buoni” si trovano certe particolari lettere perché servono a comunicare anche in lingue straniere. Poi ritorna al tema principale dell’uso del cellulare. «Abbiamo detto – riassume – che il cellulare è un amico, è una “cosa” personalizzata, che tutti hanno in tasca. Il guaio è che, se alla vostra età può servire, io, ma qui esprimo un mio pensiero, io ho dei dubbi su quanto possa servire ad un bambino delle elementari, se non per essere rintracciato. Ed in questo caso serve ai genitori, non al bambino. Ma se il bambino è a scuola dove potrebbe essere? Solo a scuola! È difficile che sia da un’altra parte». L. quindi dice che non capisce né mai capirà a cosa possa servire un cellulare ad un bimbo delle elementari che dovrebbe, invece, impegnarsi ad imparare a leggere ed a scrivere. Inoltre a suo avviso i bimbi hanno diversi “oggetti affettivi”, non servono quindi i cellulari.

Si sofferma, infine, sull’uso corretto del cellulare, e dice: «Nessuno vuol essere ripreso senza il suo consenso. (…). Fotografare o registrare altre persone senza il loro consenso è violazione della privacy». Continua, poi, dicendo che alcuni ragazzi disturbano le lezioni giocando con il cellulare.
L: «E allora ragazzini e ragazzi mentre il professore spiega: : “Ti, ti, ti, ti, ti ,ti…” disturbano giocando. E uno pensa: “Non se ne può più.” E gli vien voglia di prendere il tizio ed il suo cellulare e di buttarli fuori dalla finestra, cosa che, ovviamente, non si può fare…».   Infine il cellulare può essere usato per accedere ad Internet. I giovani fanno subito notare che è carissimo fare ciò.

In questo modo termina la registrazione fatta nel lontano febbraio 2007. Allora accedere ad internet con il cellulare era difficile, ma poi non lo fu più e si passò dal cellulare allo smartfhone, con un aumento esponenziale di giovani, vittime dei social, novella coperta di Linus e non solo.

Laura Matelda Puppini

L’immagine che accompagna l’articolo è tratta, solo per questo uso, da: https://www.repubblica.it/tecnologia/2018/01/26/news/alzate_la_testa_troppo_tempo_passato_sugli_smartphone_fa_male_alla_salute_e_al_morale-187355767/. Se l’immagine è coperta da coyright avvisare che la sostituisco con altra. L. M.P. 

 

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