Shoah, che parola strana. Shoah è un termine ebraico che significa «tempesta devastante», e si trova nella Bibbia, per esempio in Isaia 47, 11.  «Ti verrà addosso una sciagura/ che non saprai scongiurare;/ ti cadrà sopra una calamità/ che non potrai evitare/ Su di te piomberà improvvisa una catastrofe/che non prevederai» – Questo dice il profeta, e questo accadde al popolo ebraico durante il Secondo conflitto mondiale. Ma non capitò fra capo e collo: l’antisemitismo serpeggiava in Europa dalla Francia alla Germania, ma il popolo ebraico non capì subito sin dove si sarebbe spinto il nazismo, fino al tentativo di annientarlo.

«Fra il 1939 e il 1945 circa 6 milioni di Ebrei vennero sistematicamente uccisi dai nazisti del Terzo Reich con l’obiettivo di creare un mondo più ‘puro’ e ‘pulito’. Alla base dello sterminio vi fu un’ideologia razzista e specificamente antisemita che affondava le sue radici nel 19° sec. e che i nazisti, a partire dal libro Mein Kampf («La mia battaglia») dell’austriaco Adolf Hitler (1925), posero a fondamento del progetto di edificare un mondo ‘purificato’ da tutto ciò che non fosse ‘ariano’. Alla ‘soluzione finale’ (così i nazisti chiamarono l’operazione di sterminio) si arrivò attraverso un processo di progressiva emarginazione degli Ebrei dalla società tedesca. Le leggi di Norimberga, del 1935, legittimarono il boicottaggio economico e l’esclusione sociale dei cittadini ebrei; dal 1938, e in particolare dalla cosiddetta ‘notte dei cristalli’ (8-9 novembre 1938, quando in tutta la Germania le sinagoghe furono date alle fiamme e i negozi ebraici devastati) in poi, il processo di segregazione e repressione subì un’accelerazione che sfociò nella decisione, presa dai vertici nazisti nella Conferenza di Wannsee (gennaio 1942), di porre fine alla questione ebraica attraverso lo sterminio sistematico. Lo sterminio partì dalla Germania, ma si espanse via via con le conquiste del Terzo Reich, colpendo gli Ebrei dei paesi occupati, vale a dire di quasi tutta Europa. Essi furono in una prima fase ‘ghettizzati’, cioè forzosamente concentrati in appositi quartieri delle città (il principale ghetto europeo, per estensione e numero di abitanti, fu quello di), e in seguito deportati nei campi di concentramento e di sterminio, costruiti soprattutto in Europa orientale. Ad Auschwitz, Treblinka, Dachau, Bergen Belsen.» (1).

La Shoah si leggeva negli occhi talvolta persi e volti a fissare il vuoto e nelle parole incerte del prof. Benedetto Cagli, che bambino, era sopravvissuto allo sterminio della sua intera famiglia, si legge ancora nelle parole di Primo Levi: «Per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa: la demolizione di una persona.

Nulla è più nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, ci hanno rasato i capelli; se parleremo non ci ascolteranno, se ci ascoltassero non ci capirebbero.
Ci toglieranno anche il nome: e se vorremmo conservarlo dovremo trovare la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa di noi, di noi quali eravamo, rimanga…»  (2).
E così continua Levi: «“Mi è capitato molte volte di chiedermi come potesse essersi verificata la tragedia dell’olocausto; quali assurdi meccanismi mentali potessero essersi instaurati in persone normalissime, padri premurosi, mariti affettuosi, cittadini rispettabili. quali deviazioni del pensiero e dell’emotività li avessero potuti trasformare, senza apparente perché, in assassini brutali ed empi, spietati e folli, pur facendo loro conservare, nella vita di tutti i giorni, le normali funzioni sociali. I nazisti, infatti, non erano psicopatici, non lo erano prima non lo furono dopo…almeno non tutti. Doveva esser accaduto qualcosa a livello globale e quel qualcosa, secondo me, era accaduto nella percezione delle vittime. Le vittime erano state degradate a ‘cose’, deumanizzate, oggettivizzate, e quindi non più in grado di suscitare pietà ed empatia. (3).

E credetemi, questo modo di creare una immagine distorta dell’altro da odiare, che tutti accomuna, non è molto distante da quello utilizzato per creare l’immagine del ‘partisan’ sporco, rosso, slavo, ladro di terre, o del partigiano, o del comunista, verso cui vi è ancora chi urla dalla tv o da volumi.

E mi ha sempre colpito la figura di Janusz Korczak, polacco, medico, che poteva salvarsi ma accompagnò alla morte i piccoli bimbi ebrei del suo orfanotrofio.

Andava con i bambini verso la morte, Janusz Korczak. Andava con i suoi bambini ebrei della casa degli orfani del ghetto di Varsavia, verso la morte, quando poteva cercare di andarsene libero, il medico Janusz Korczak, andava verso Triblinka, in quel lontano 1942. Non voleva lasciare soli quei bimbi, forse 200, voleva calmare la loro paura.

«C’era un silenzio terribile, sfiancato. Korczak trascinava un piede dietro l’altro, camminava come ingobbito, bofonchiava qualcosa fra sé e sé […]. Gli adulti della Casa degli Orfani, come Stefa Wilczynska, gli camminavano accanto, e così facevo io stesso. Nelle prime file i bambini andavano a righe di quattro, poi così come capitava, in ordine sparso, in fila indiana. Qualche bambino teneva Korczak per la giacca, o forse gli stringeva la mano. Camminavano come in trance.» (4).  Andava con i bambini verso la morte, Janusz Korczak.

«Janusz Korczak oggi ho veduto,/Nell’ultima marcia andare coi bambini./E i bambini avevano vestiti puliti/Come andassero di domenica al giardino./Avevano grembiulini puliti, da festa,/Che ora potranno sporcare./A file di cinque va l’Orfanotrofio,/Per la città-giungla di gente braccata». (5).

E quante madri e padri furono separati dai figli, andando incontro al loro tragico destino senza neppure poterli tenere accanto, stringerli, coprire loro gli occhi… Il nazismo non fu solo barbarie, fu annientamento di tutto ciò che è umano. Ora alcuni parlano del nazismo e del fascismo ridendo, li esaltano magari riempiendosi di immagini da internet, e sarebbe davvero opportuno che nelle scuole si insegnasse in modo approfondito la storia.

Il 27 gennaio 1945 si aprivano i cancelli di Auschwitz, il più grande centro di sterminio umano dell’epoca.
Per quanto riguarda i campi di sterminio nazisti, detti “Lager”, essi ebbero un ruolo fondamentale nella “macchina di annientamento e di sterminio di massa” condotta dai nazifascisti. Ma contro chi si mosse questa macchina?
Contro gli ebrei, gli oppositori politici e quindi anche i partigiani della guerra di Liberazione, i disabili fisici e psichici, gli zingari, gli omosessuali, i Testimoni di Geova che rifiutavano di prestare servizio militare, ed altri ancora.
Dopo l’8 settembre 1943, quando gli italiani vennero considerati dai Tedeschi non più alleati ma nemici, finirono nei Lager nazisti anche soldati ed ufficiali italiani, internati perché appartenenti a truppe nemiche.
Le loro condizioni di vita e di lavoro erano tali che spesso morivano per la fatica e gli stenti.
Tutti coloro che, catturati in diversi paesi d’Europa, non potevano venir utilizzati come manodopera e quindi non degni di “partecipare al grande sforzo bellico del Reich”, cioè vecchi, malati, bambini, donne, ragazzette, erano destinati all’eliminazione nelle camere a gas.
Auschwitz funzionò per circa quattro anni e mezzo con una media di 710 morti al giorno.

Il 27 gennaio 1945 l’esercito russo, come da accordi, raggiunse Auschwitz e donò ai pochi sopravvissuti la libertà. Furono gli uomini dalla stella rossa che avanzarono da est, liberando dai nazisti le terre occupate, ad aprire le porte di quel lager, mentre Inglesi ed americani avanzavano da ovest. E sia i russi che gli alleati contarono migliaia di morti in quel procedere verso la liberazione dal nazismo, appoggiati dai partigiani, appoggiati da parte della popolazione. Fu uno sforzo immane.  Poi lo storico incontro a Torgau, sull’Elba, tra l’esercito russo e quello americano, il 27 aprile 1945, ed il comunicato congiunto anglo-americano e russo. Sognavano tutti la fine della guerra, il ritorno a casa, la fidanzata … la fine di tutto quell’orrore, di tutto quel terrore che aveva insanguinato l’Europa.

Ed il fascismo era a fianco del nazismo.

Così scrive Corrado Augias nel suo: I segreti di Italia, Rizzoli, 2012, alle pagine 34 e 35: «I brevi mesi della Repubblica Sociale italiana, quelli del fascismo morente di Salò, sono stati un concentrato di tragedia. Mussolini ridotto ad uno spettro ormai in mano ai suoi guardiani nazisti; le sue brigate nere impegnate in operazioni di bassa macelleria nei villaggi italiani, i partigiani impiccati col fil di ferro, gli appartamenti trasformati in luoghi di tortura, bande criminali che agiscono per proprio conto, fanno prigionieri, violentano, uccidono, sottratte ad ogni controllo gerarchico e politico. Un’atmosfera plumbea, i muri delle celle incrostati di sangue secco, come si scoprirà dopo la Liberazione». Anche questo fu il fascismo, e vi furono anche italiani che spiarono, tradirono, di fatto consegnarono partigiani, civili, ebrei, nelle mani del carnefice. Ed ebreo era Elio Morpurgo, udinese, che anziano, fu costretto a salire su di un treno diretto ad Auschwitz dove non giunse mai. E non sappiamo neppure il nome della professoressa ebrea che insegnava allo Stellini di Udine quando era studente Ciro Nigris, che ad un certo punto sparì, e nessuno seppe mai dove andò a finire, se verso un tragico destino. E chissà quanti ebrei anche in Friuli sparirono, senza che nessuno osasse più chiedere di loro, come nell’Italia intera.

Le leggi razziali, in Italia, ridussero gli ebrei in povertà, li sottoposero ad umiliazioni ed al pubblico ludibrio, impedirono loro luoghi, attività, impieghi.

E nonostante molti italiani aiutassero gli ebrei a nascondersi, le cifre della Shoah in Italia furono tragiche: i deportati furono 8500. I morti furono circa 7.500 quasi tutti ad Auschwitz. Si salvarono quindi 1000 persone. A questi 7500 dobbiamo aggiungere i morti delle Ardeatine, di Meina, della Risiera. In totale furono 7750. Ed è sconvolgente il dato dei bambini e adolescenti morti: i morti da zero a 20 anni ammontarono a 1288 persone, tra questi i bimbi da zero a tre anni furono 483 e quelli con pochi mesi di vita 72. E dei 33mila ebrei italiani in fuga dopo l’8 settembre 1943, la percentuale degli uccisi fu del 20%, cioè 1 su 5. (6).

6 milioni di ebrei morirono per quella tempesta devastante, che non poterono scongiurare… e non furono i soli; milioni di persone morirono nella seconda guerra mondiale.

Infine, per attualizzare la riflessione, credo che ci si dovrebbe soffermare su quell’indifferenza verso l’altro citata dall’allora Ministro Gerolamo Sirchia, e verso il ‘nuovo imbarbarimento’ che vuole che ognuno faccia solo il suo interesse egoistico, e che nessuno si curi di nessuno, nella società, nella sanità, nei servizi, in un contesto che ha ben poco di comunitario e di umano. (7). Ormai, in questa che viene detta la società dei consumi, si vale solo per i soldi che si hanno, non per chi si è. E questo non mi pare un grande risultato. Perché anche gli ebrei allora furono ridotti a numeri e disumanizzati.

Inoltre, bisogna, secondo me, stare attenti a certo cosiddetto revisionismo storico ed all’uso politico della storia, che tendono a giustificare, occultare, ogni nefandezza anche fascista, ed a modificare i fatti dandone una lettura personale.

E rimando ai miei precedenti per la giornata della memoria sempre su www.nonsolocarnia.info: “27 gennaio 2018. Jean Amery ebreo a Auschwitz: dove l’orrore divenne realtà”; Auschwitz, e gli altri campi di sterminio: il terrore, l’orrore. Per non dimenticare”; “Storia del Memoriale Italiano ad Auschwitz: dal sito Unesco all’Ipercoop di Firenze?”, ed anche a: “Paolo Pezzino. Il duplice volto dell’Italia nel secondo dopoguerra, e quella difficile giustizia per i crimini nazisti, quasi negata.”

Infine vorrei invitare tutti ed in particolare gli insegnanti delle superiori a prendere in seria considerazione, come letture anche per gli studenti,  ‘Intellettuale ad Auschwitz’ di Jean Amery; il testo del carnico Pietro Pascoli, “41927, I deportati”, leggibile on line, in: http://www.deportati.it/static/pdf/libri/pascoli_deportati.pdf, ma anche i romanzi e racconti di Heinrich Böll, premio Nobel per la letteratura nel 1972, che ci ha descritto magistralmente le falsità della guerra e la Germania del dopoguerra, e non solo. Infine ricordo i bellissimi: “Il nazista & il barbiere”, di Edgar Hilsenrath, Marcos y Marcos, ed., 2010, e “L’Adamo risorto”, di Yoram Kaniuk, Giuntina ed., oltre che lo stupendo testo di Francesco Guccini ‘Auschwitz’ che permettono ulteriori riflessioni.

L’immagine che accompagna l’articolo, già da me utilizzata lo scorso anno, è tratta da: http://www.modenatoday.it/eventi/eventi-giorno-della-memoria-serramazzoni-2016.htm.

Laura Matelda Puppini

(1) http://www.treccani.it/enciclopedia/shoah/.

(2) Liberamente tratto da: Primo Levi, Se questo è un uomo, Einaudi ed., 2005, p.23.

(3) “L’Olocausto e la dispercezione della vittima.” – in: http://psicocafe.blogosfere.it/.

(4) Marek Rudnicki, bambino nel ghetto di Varsavia, salvatosi, in: http://www.disclic.unige.it/lastradadikorczak/bio.php.

(5) Da: “Un foglio dal diario di una Aktion” di Władysław Szlengel, il cantore del ghetto di Varsavia, in http://www.disclic.unige.it/lastradadikorczak/bio.php.

(6) http://restellistoria.altervista.org/pagine-di-storia/giorno-della-memoria/gli-ebrei-italiani-dalle-leggi-razziali-alla-deportazione-ad-auschwitz/.

(7) Cfr. Laura Matelda Puppini, «Ghe pensi mi» No grazie. Sui problemi etici della sanità, sulla sua politicizzazione, sul laboratorio analisi tolmezzino, in: www.nonsolocarnia.info.

L’immagine che accompagna l’articolo, già da me utilizzata lo scorso anno, è tratta da: http://www.modenatoday.it/eventi/eventi-giorno-della-memoria-serramazzoni-2016.htm.

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