Ieri ho gettato ancora una volta un pugno di terra sopra una bara, quale segno tradizionale di commiato, ed era per me il gesto di saluto per Gianni Cattaino (1), più giovane di me, persona che conoscevo da anni, da ‘sempre’ ma che non posso definire propriamente amico. Ed è stato il medico della mia famiglia.

Quando la dott. Caterina Moro andò in pensione, chiesi consiglio a lei su chi avrebbe potuto essere il suo sostituto, e mi fece il nome di Gianni Cattaino, dicendo che si era laureato con ottimi voti, che era un giovane promettente che amava la professione e puntiglioso. Così lo scelsi per me, per Alido, per Marco che era un bimbetto, dato che pareva non ci fossero allora pediatri di base e la via più seguita era quella di andare in privato.

Ed egli accettò di curare anche i miei figli, anche Marco ed Annalisa, ed ha lavorato sempre, secondo me, in scienza e coscienza, come è richiesto ad un professionista, anche leggendo, aggiornandosi. Ed aveva un suo modo tutto personale di gestire l’ambulatorio, come ogni medico.

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Mi ricordo un giorno che gli portai Annalisa forse di due anni, e mentre attendevamo nel suo studio, dato che Anna correva qui e là decisi di darle il mio mazzo di chiavi per farla giocare, non avendo altro e facendosi lunga l’attesa, ma ella le sbatté, per sentire il rumore, contro un tavolino dal vetro spesso. Uscì come una furia dall’ambulatorio …  Dava fastidio il rumore a Gianni, mentre lavorava, forse perché tendeva a concentrarsi. Ma lo infastidivano pure, da che mi narrava, gli schiamazzi notturni provenienti dall’osteria sotto casa.

Ogni tanto poi veniva disturbato dalle voci dei pazienti che trasformavano l’anticamera del suo ambulatorio in un luogo di incontro e chiacchiere, nonostante la radio mandata in filodiffusione, ed allora usciva e zittiva tutti. Ogni tanto veniva raggiunto da una telefonata urgente di un paziente, che richiedeva il suo intervento immediato, ed allora chiudeva a chiave la stanza dove visitava, mettendo un cartello che, se non sbaglio, diceva: “Torno subito”, ed andava da chi aveva più bisogno. E chi era in anticamera sperava tornasse al più presto, ma il tempo che ad un medico serve per occuparsi di un paziente in difficoltà non è sempre calcolabile. Non da ultimo, nella professione, Gianni Cattaino era una persona che sapeva pure chiedere scusa e dire mi dispiace, caratteristiche quasi introvabili nel mondo medico tutto, a mio avviso spesso impregnato di saccenza. E vi garantisco che Cattaino non era saccente, non esercitava il suo lavoro come un padrone della vita altrui, ma domandava, chiedeva, si relazionava, sapeva entrare in contatto con gli altri, soprattutto essendo sé stesso, senza porsi il problema di come fare.

Veniva pure a visitare in casa, Gianni Cattaino, se reputava che lo stato di salute del paziente lo richiedesse, e mi ricordo che, quando veniva a casa nostra in via Gregorio da Montelongo, ed era inverno, si scaldava sempre le mani sulla stufa posta in corridoio. Ogni tanto poi, quando uno degli altri medici consociati era in ferie, l’ambulatorio si riempiva fino quasi all’assembramento.

Posso dire che il mio rapporto con Cattaino è stato di dialogo ma anche con momenti di scontro, in sintesi di carattere personale, come con tante altre persone. Mi piaceva il suo aggiornarsi, il suo tentare di capire; mi piacevano i periodici che poneva in lettura in anticamera, che andavano dall’Espresso a Panorama ed altri, e che indicavano in lui una persona di ampia cultura, sensibile a vari argomenti anche di carattere internazionale. Talvolta gli chiedevo in prestito un numero delle riviste che proponeva, e mi diceva di renderglielo poi, perché «Anch’io leggo e le leggo» – precisava, quasi a sottolineare che era uomo curioso verso diverse tematiche. Per esempio gli piaceva sentirmi parlare di Resistenza in Carnia, perché suo padre era stato partigiano nella Divisione Osoppo, e mi mise pure in contatto con Marina Cattaino, sua cugina e figlia di Italia Ambrosio, detta Taliute, nome di battaglia ‘Dana’, partigiana garibaldina del Comando della Garibaldi Carnia perché potessi compilare la sua scheda presente in: Laura Matelda Puppini, 472 schede di partigiani garibaldini, uomini e donne che scrissero la storia della democrazia, operativi in Carnia o carnici, in www.nonsolocarnia.info.

Se devo essere sincera, per lo più non erano di mio gusto le immagini con cui addobbava l’anticamera dell’ambulatorio, ma questo sta ad indicare solo che nel mondo siamo persone diverse, e forse le metteva lì perché non piacevano molto neppure a lui.  

Inoltre, a differenza di altri medici di base, Gianni Cattaino ha cambiato più volte ambulatorio. Mio marito si ricorda che, all’inizio della sua carriera, visitava nello studio di Angelo Sindona, vicino all’ ospedale civile di Tolmezzo, presso il quale faceva diremmo oggi praticantato, quindi si trasferì al piano terra della villa Candoni in via Lequio, poi esercitò nel condominio Caratel, dove pure abitava, quindi si trasferì nella casa di famiglia prima in una stanza per anni, poi in un’altra.  

Un giorno mi disse, forse due anni fa, che avrebbe potuto anche andare in pensione, ma temeva di avere troppo tempo libero e non sapeva come occuparlo, e che preferiva continuare ad esercitare la professione. Quindi, a novembre del 2020, venni a sapere da altri che il primo dicembre aveva deciso di compiere quel passo e così andai a sincerarmi se fosse vero da lui. Neppure un cartello sulla porta, per comunicare a noi, suoi pazienti, quella sua improrogabile decisione. Ma forse preferiva evitare di pensarci. Per fortuna che, talvolta, funzionano i tam tam.

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Gianni Cattaino apparteneva alla ‘vecchia Tolmezzo’ alla Tolmezzo che aveva visto pure il periodo precedente l’espansione della cittadina nel post terremoto del ’76, che ha riempito ogni angolo del paese di cemento ed asfalto, sino a renderlo irriconoscibile e ben poco vivibile. Era uno del Borgàt, che aveva come amici due del Borgàt: Claudio Francescatto detto Gjate, che viveva, bambino e ragazzino, un paio di portoni più in là e che ha salutato Gianni ricordandolo al funerale, e Alberto Calligaris, un altro residente nella piazzetta Santa Caterina, che è stato bravissimo pediatra ed anche primario del reparto di Tolmezzo, ma che era all’estero nei giorni della morte di Cattaino e del suo funerale.

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Gianni Cattaino ha vissuto molto con la madre, Teresa Puppini, una donna minuta, morta nel 2018, persona piacevole, riservata, cattolica, paziente, con cui mi fermavo talvolta a parlare, che mi raccontava pure dei suoi nipoti che amava molto. Girava sempre in bicicletta e riusciva, anche anziana, a pedalare con borse piene di spesa appese al manubrio. E sperava che Gianni non la vedesse rientrare, perché, giustamente, si adirava temendo che la madre potesse sbilanciarsi e cadere. E credo che tutti abbiamo notato i grandi occhiali neri, che non indossava mai, portati da Cattaino al funerale della madre, segno del suo profondo dolore per la sua morte. Quando, fuori della chiesa, gli feci le condoglianze, gli dissi anche, memore di quanto mi avessero addolorato la morte di mia nonna Anna e quella di mio padre, che persone anziane, di cui ci si attende la fine, quando questa giunge ci lasciano costernati ed affranti, ed egli convenne.

Cattaino si poteva incontrare nel centro di Tolmezzo mentre accompagnava la madre alla Santa Messa, da Nadali alimentari, al Despar prima Coop- Ca in via della Cooperativa, al Manzoni ed al Tripoli, nelle vie del centro di Tolmezzo, in piazza Centa, in piazza XX settembre, in piazza Santa Caterina magari da Rainis ad acquistare il giornale. Ma ci si poteva imbattere per caso in lui pure mentre scendeva, in via Giovanni da Tolmezzo, dalla sua auto, spesso parcheggiata davanti a casa, dopo un’escursione o una visita medica, o al rientro da una salita in bici come successe a me ed Alido, a Cavazzo Carnico, e talvolta si fermava anche a parlare un po’, pur non essendo uomo di grandi parole.

Suonava Cattaino, come ci hanno ricordato al funerale coloro che lo facevano con lui che hanno intonato, al commiato, tristi canzoni, ma anche Marco Sbrizzai di Graphica su facebook; teneva credo negli anni ’90 un programma musicale mi pare il mercoledì alla radio; era stato, secondo Giulio Del Monte, il fondatore di Radio Sole Rosso, che fu la prima radio privata di Tolmezzo, che trasmetteva pomeriggio a sera; rocciava e praticava diversi sport, come sapevamo ed abbiamo letto ed ascoltato, oltre ad essere stato il medico di moltissimi a Tolmezzo, di ogni estrazione sociale. Per inciso leggeva anche qualche articolo su www.nonsolocarnia.info, e talvolta mi accennava a qualcosa che gli era piaciuto o non gli era piaciuto affatto. 

Ed era stato pure in Comune a Tolmezzo negli anni Novanta credo, forse assessore, non semplice consigliere, e poi nel 2008. Di pensiero liberale, non fu mai però liberista puro né, che io sappia, sposò il neoliberismo.

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A questo punto mi sono chiesta, su facebook, perché il Sindaco o chi per lui non abbia concesso di celebrare il funerale di Gianni Cattaino in piazza XX settembre o piazza Mazzini, ove guardava la sua casa, dato che era stato un personaggio notissimo e di spicco a Tolmezzo, ma invece si sia dovuti andare fino a via Prometeo Candoni n. 70, posto ignoto ai più, privando i più anziani della possibilità di dargli l’ultimo saluto, quando piazza e piazzetta vengono proposti e concessi per ogni manifestazione, per ogni festa che si concretizza poi un in mercato, per ogni gara di moto ed affini.

Inoltre, peggio con peggio, il sindaco non si è neppure premurato di mandare un saluto a Gianni Cattaino da leggere al suo funerale o qualcuno a rappresentare il Comune. E se volete sapere cosa penso, questa è una vergogna, e l’ho detto pure ad un assessore, che mi ha risposto che il Sindaco era in ferie. Benissimo, è forse senza cellulare, dato che sapeva della morte di Gianni Cattaino, o non può usarlo a tal punto da non poter comunicare con la sua vice o con il comune?  Si trovava forse su Marte? Credo proprio di no. 

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È una domenica di luglio, l’11 luglio 2021 per l’esattezza. Abbiamo finito di pranzare da non molto e forse ci stiamo perdendo fra caffè e chiacchiere nel pomeriggio, a Cavazzo Carnico, a casa di Marco e Beatrice.  Ci sono anche Marino e Mariella, Maria Pia, Roberto ed Arianna, della famiglia di Beatrice. Ad un certo punto vibra il telefono: lo sento per caso perché l’ho posto in modalità silenziosa. Guardo chi mi sta chiamando: è Annalisa da Roma e rispondo. Penso sia la solita telefonata per chiederci come stiamo, ma invece mi dice con tono preoccupato, che una persona è caduta dalla ferrata Senza Confini, ed è gravissima o morta, e pare si tratti di Gianni Cattaino. Trasecolo annichilita, e, sperando in cuor mio che sia ancora vivo, comunico la notizia ai presenti, una parte dei quali era stata suo paziente. Non so come Anna sia riuscita a sapere che era lui, dato che su facebook non riesco a trovare ancora il nome del malcapitato, mentre le notizie si rincorrono. Infine la conferma: in territorio austriaco, sulla ferrata Oberst Gressel (e non sulla Senza Confini), ha perso la vita, dopo un volo di 30 metri, Gianni Cattaino, medico e tolmezzino. Così lo dico agli altri. Il silenzio scende sulla tavolata. Dispiace davvero a tutti, siamo tutti increduli. Cattaino aveva percorso la ferrata, si era fermato in cima, aveva slacciato la sicura, è scivolato sulla pietra bagnata ed è volato a Dio. Troppo banale pensare al contenuto della canzone di Guccini: «Vorrei pensare che cosa hai provato quando lo schianto ti ha ucciso», ma io credo che non si sia quasi accorto di quanto stava accadendo o almeno lo spero. E un incidente può capitare a tutti, anche al più prudente.

Molti sono rimasti annichiliti dalla notizia, in particolare chi conosceva le sue doti di scalatore e rocciatore, ma spesso siamo davvero nelle mani di Dio.

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E ritorno all’ inizio di questo racconto, al funerale, alla campana della chiesa di Betania che almeno suona mentre la bara di Gianni viene calata nella fossa, a quel pugnetto di terra lanciata, a quell’addio, a quel segno di croce fatto, come ho sempre imparato si debba fare. Credo che Gianni Cattaino mancherà a molti a Tolmezzo, oltre che ai suoi cari, ma l’importante, per ciascuno che se ne va, è cosa è riuscito a dare agli altri in vita, che permette al ricordo di accendersi positivamente e non morire.  E credo che Cattaino abbia dato molto a tantissimi qui.

Vi chiedo scusa per queste righe, scritte di getto, che vedono una persona da un punto di vista, ma ognuno di noi che incontra un altro porta poi con sé una serie di tasselli esperienziali che possono divergere da quelli di altre persone, in particolare più amiche, e magari più intime.

Riposa in pace Gianni Cattaino, e mi dispiacerà davvero molto cancellare il tuo indirizzo di posta elettronica, ‘cattagibi’, dal mio computer.  

Laura Matelda Puppini

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(1) Giovanni Battista Cattaino era figlio di Teresa Puppini e Ferruccio Cattaino, che era stato partigiano osovano, e che era il segretario dell’Ospedale Civile di Tolmezzo. Una breve nota biografica di Ferruccio Cattaino, compilata per me da Gianni, è presente anche in: Romano Marchetti, (a cura di Laura Matelda Puppini) Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona. Una vita in viaggio nel ‘900 italiano, Ifsml Kappa-Vu, 2013, p. 383. Il nonno materno di Gianni Cattaino si chiamava Giovanni Battista Puppini, e mia madre diceva che era del ceppo dei Puppini andati a Verzegnis, comune dove, se non erro, fu anche podestà, diverso da quello da cui proveniva mio padre, l’ispettore Scolastico Geremia Puppini. L’architetto Francesco Schiavi mi narrava poi che la madre di Teresa Puppini in Cattaino, nonna di Gianni, era Maria Schiavi, sorella di Angelo Schiavi, suo nonno, unendo le due famiglie. Gianni ha due fratelli: Giacomo, neurologo a Pordenone, e Francesca ginecologa a Tolmezzo. La casa della Famiglia Cattaino, dove abitava Gianni, sempre secondo l’architetto Schiavi, era la residenza dell’architetto Domenico Schiavi (XVIII sec.), attualmente “Palazzo Schiavi”, edificio vincolato e  protetto dalle Belle Arti, mentre “Casa Schiavi”, in via Roma 7, è la proprietà dove vivevano la madre dell’architetto Wilma Donati de Conti Schiavi e Girolamo Schiavi (cugino di Teresa Cattaino). Il borgo “puarte di Sot” era chiamato anche “borc dai Sclâfs”.

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In attesa di mettere una immagine magari più significativa di Gianni Cattaino, ho scelto questa dalla rete tratta da: https://www.studionord.news/incidente-in-ferrata-grave-una-persona-a-passo-monte-croce-carnico/. Laura M Puppini

https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2021/07/CATTAINO-OK-arco-nov-2009-018.jpg?fit=1024%2C768&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2021/07/CATTAINO-OK-arco-nov-2009-018.jpg?resize=150%2C150&ssl=1Laura Matelda PuppiniETICA, RELIGIONI, SOCIETÀIeri ho gettato ancora una volta un pugno di terra sopra una bara, quale segno tradizionale di commiato, ed era per me il gesto di saluto per Gianni Cattaino (1), più giovane di me, persona che conoscevo da anni, da ‘sempre’ ma che non posso definire propriamente amico. Ed...INFO DALLA CARNIA E DINTORNI