LA GUERRA PER I NAZIFASCISTI È PERDUTA. NUOVI SCENARI FRIUL – GIULIANI.

Leggendo diversi documenti d’epoca mi sono fatta l’idea che qualcuno, fra i repubblichini ed i collaborazionisti, nutrisse il sogno, a fine ’44, inizi ’45, di poter occupare, con la scusa del confine da definire e difendere ad est e la lotta anticomunista, il Friuli -Venezia Giulia, facendone territorio proprio, dopo la lenta ritirata dei tedeschi, già iniziata nel dicembre/gennaio 1944-45, verso il Friuli e Tarvisio. Questa comportava, da parte nazista, di cercare di liberare dall’Esercito popolare di liberazione jugoslavo la selva di Tarnova, pure per aprire una via per l’Austria verso la Germania ai commilitoni in retrocessione e fuga dai Balcani. E, al contempo, i tedeschi cercavano di realizzare una zona cuscinetto, la ‘Alpenfestung’, in  Ozak e Ozav, come ultimo baluardo di difesa per l’arretramento, e di salvaguardare la via che dal Veneto portava ad Udine ed ai confini del Reich. Ed avevano progettato, pure, di spostare il Duce in provincia di Udine, scegliendo Cividale come nuova ed ultima sede della Repubblica Sociale Italiana. Detta idea era vista con favore, anzi sollecitata dai repubblichini, ma incontrò, secondo Enzo Collotti, difficoltà di realizzazione sia per ragioni di carattere militare, in quanto si sarebbe dovuto liberare la zona dai partigiani, sia per motivi politici, perchè si sarebbe dovuta creare in Ozak «una sorta di isola territoriale, un’enclave avulsa dalla dipendenza diretta dai tedeschi, per conservare la funzione formale della sovranità della Repubblica sociale». (1).

Nel frattempo le truppe repubblichine e la Decima Mas, che avevano lottato al fianco dei nazisti occupanti e contro i patrioti italiani, cercavano pure, disperatamente, dopo aver commesso azioni delittuose di ogni genere, di farsi una nuova verginità, appellandosi alla loro italianità ed alla sacralità non si sa di quale confine, dato che ad est d’Italia il confine era più volte mutato, ed ergendosi a difensori contro il comunismo, che sostenevano essere dilagante e possibili invasioni slovene viste solo da loro, obiettivo caro anche al Duce, ai tedeschi ed ai vertici ecclesiastici. La versione che racconta la seconda guerra mondiale facendola partire dal 1943, ruotante intorno al cosiddetto ‘ confine orientale’ con le truppe ‘alpine’ (confondendo spesso gli Alpini del disciolto R.e. i., di cui facevano parte anche molti soldati prima dell’ 8 settembre 1943, poi passati nelle file partigiane, con i miliziani del Reggimento Tagliamento, e con chi usò, genericamente, tale aggettivo ndr) poste in difesa da ipotetiche invasioni comuniste da est, nacque, secondo me, proprio allora, fu figlia di azione politica, e trovò fertile terreno nel dopoguerra, in particolare in Friuli Venezia Giulia.   

Ma per descrivere la situazione in cui si trovava il Friuli alla fine del 1944 – inizi 1945, vorrei proporvi alcuni documenti d’epoca.

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«I DIVISIONE GARIBALDI NATISONE.  – COMANDO (illeggibile).  Lì 29 gennaio 1945. – BOLLETTINO INFORMAZIONI

«(…).  Viene segnalato l’arrivo di molti soldati serbi (che hanno seguito l’esercito tedesco in ritirata dai Balcani). Si calcola che gli effettivi di questa truppa ammonti a circa 15.000 uomini saranno impiegati per la difesa della provincia, contro i partigiani. (…). DA CIVIDALE: I Tedeschi ed i cosacchi che si trovano in questa città partiranno tra breve verso l’Istria. Verranno sostituiti da repubblicani. Nella caserma ex I° fanteria si trovano 2 carri armati. – Di questi 3 soli si possono considerare efficienti. Gli altri (tipo italiano) sono fuori uso e poco manovrabili.  (…).

Fortificazioni: Il Comando tedesco ha fatto realizzare i lavori di fortificazioni nel Friuli e nelle zone di Trieste. A Gorizia sono stati richiesti i nuovi operai. Nella zona di Tarcento si procede alla costruzione di altre opere difensive.
L’evidente intenzione del Comando tedesco di difendere le vie di ritirata (Udine Tarvisio, Cividale, Caporetto, e Udine Trieste) con ogni mezzo e opera. (…).

Come già annunciato Pavolini, capo delle Brigate nere, si è recato in varie località del Friuli e a Trieste. Si è incontrato coi vari comandanti tedeschi e Berachter. L’oggetto delle discussioni svoltesi riguarda l’imminente arrivo nella zona friulana di reparti repubblichini ed il probabile trapasso dell’amministrazione della provincia di Udine alla cosiddetta Repubblica Sociale fascista.

Si ha notizia che i tedeschi stanno sgomberando dall’Italia settentrionale. Circola voce che il fronte italiano non verrà ritirato sul Po o è indietro.
Da Bergamo, Como, Novara, i primi scaglioni tedeschi sono partiti alla volta del Friuli.

Il comandante tedesco della piazza di Udine ha comandato che il traffico dei civili sulle strade comunicanti con i confini (con il Terzo Reich ndr) venga ridotto al minimo, ciò affinché il movimento eventuale di colonne militari si svolga senza impedimenti.

Il morale dei tedeschi è molto preoccupante per i fascisti. Questi si guardano muti ed atterriti e nemmeno tutti i discorsi di Pavolini possono sostenerli.
Un ufficiale tedesco delle SS ha detto che “Ogni speranza per la Germania è tramontata. Ormai dobbiamo pensare solo alla nostra fine”.

Ultime.

  1. Sono transitati per Udine diretti a Tarvisio 12 treni militari provenienti dal fronte sud, carichi di truppe.
  2. Tra Treviso e Conegliano, ieri pomeriggio, lungo la strada Nazionale, transitavano molte colonne tedesche con cariaggi diretti a Tarvisio.
  3. A Pontebba vi è un forte agglomerato di automezzi e carrette militari, derivante dal fatto che il ponte sul Fella, a Pontebba, è stato distrutto, per cui è difficile il passaggio di tali mezzi. I Tedeschi lasciano a Pontebba tali mezzi ed a piedi proseguono per Tarvisio.

MORTE AL FASCISMO.                                                                                                                                           LIBERTÀ AI POPOLI.
“Griso”.                                                                                                                                                                          p. Gondola».

(Archivio Ifsml – Fondo Lubiana – Busta 3 – Fascicolo 60 – Doc. n. 9 – 2 fogli).

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«DIVISIONE GARIBALDI NATISONE. – CENTRO INFORMATIVO. (documento scritto a mano).

Zona 4/12/44.

Sulla linea Udine Tarvisio grande movimento di treni con truppe e materiali.  Si presume una divisione proveniente da Ferrara diretta in Austria. Pietose le condizioni dei soldati.  Il traffico ferroviario si svolge in mattinata dalle ore 3 alle 7. I vagoni sono sigillati in modo tale che non si può sapere cosa contengano.

Circola voce che i tedeschi vogliano disarmare tutti i cosacchi.  Il 3 n.s.  a Percotto sono arrivati circa 300 tedeschi provenienti da Cervignano.  Il 4 n.s. a San Quirino di Cormons sono arrivati circa 40 cosacchi.

Alla polveriera di Medana trovansi 30 fascisti e 3 tedeschi. Da Villa Vicentina sono partiti per Tarvisio il 1 n.s. 700 tedeschi del genio.

Il responsabile Plutone.

(Archivio Ifsml – Fondo Lubiana – Busta 3 – Fascicolo 60 – Doc. n. 1)».

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Da un altro documento intestato DIVISIONE D’ASSALTO GARIBALDI NATISONE – UFFICIO INFORMAZIONI – datato 19 dicembre 1944, e firmato da Sasso e Janito, in: Archivio Ifsml – Fondo Lubiana – Busta 3 – Fascicolo 60 – Doc. n. 4 – foglio 2, veniamo a sapere, poi, che a Tricesimo si stava caricando e scaricando molto materiale bellico di ogni genere, e che il 13 dicembre erano stati scaricati 50 carrozzoni della Croce Rossa. Inoltre a Bagnacco, nella villa Rizzani, si continuava a seppellire ingenti quantità di materiale bellico, e nel giardino del seminario si trovava una grande quantità di benzina, pari a 300.000 hl, mentre giungeva notizia che «Da tutti i comandi, da tutti i presidi e magazzini tedeschi sono state tolte le classi giovani per essere inviate sul fronte occidentale francese».

E ciò avveniva mentre i bombardieri alleati solcavano i cieli, colpendo bersagli sensibili tra cui la stazione ferroviaria di Udine, con i suoi cavalcavia e scali, e la città, come era accaduto il 28 e 29 dicembre 1944. Nel corso di detti bombardamenti su Udine intera, (5 ondate di bombardieri il giorno 28 e 7 ondate il 29) erano state distrutte od avariate 100 locomotive, i binari erano rimasti contorti, la grande gru era rimasta inservibile, il campo contumaciale di via Cividale era stato centrato, la linea Pontebbana e la strada nazionale colpite in tutta la loro lunghezza, ed erano state distrutte tre grandi arcate del ponte di Venzone. Ma vi erano state perdite anche fra i civili. Ma si sapeva dell’esistenza, nel campo contumaciale sopraccitato e nella caserma ex Genio sempre di via Cividale, di grandi depositi di materiale bellico, con esplosivi ed armi di ogni tipo, di vestiario militare italiano e tedesco e di viveri, provenienti dalle città di Padova e Treviso fortemente bombardate, e messi al sicuro da nuove incursioni. Ed anche nel Manicomio di Sant’Osvaldo, in depositi sotterranei, vi erano vasti quantitativi di munizioni ed esplosivi, ed a Medeuzza stavano continuando a giungere grossi carichi di munizioni e armi di ogni tipo. (Documento intestato DIVISIONE GARIBALDI NATISONE – COMANDO POLIZIA 2^ ZONA – datato 30 dicembre 1944, indirizzato AL COMANDO IX CORPUS – SUA SEDE, avente come oggetto: “Relazione incursione aerea sulla città di Udine”, in: Archivio Ifsml – Fondo Lubiana – Busta 3 – Fascicolo 60 – Doc. n. 7 – fogli 3, e firmato forse da ‘Griso’, e dal Comandante la polizia 2a zona Gondola).

E detto bombardamento aveva costretto i tedeschi a spostare vari comandi e magazzini a Palmanova, mentre Pavolini, segretario del fascio, si recava ad Udine per incontrare Reiner, in vista del trapasso delle consegne dei reparti dei fascisti repubblichini. A Brazzano e Villa Nova dello Iudrio erano attesi, al contempo, reparti tedeschi provenienti dal fronte italiano, mentre il ponte di Dogna risultava impraticabile come il tratto ferroviario Udine –  Gorizia.  (Documento intestato DIVISIONE GARIBALDI NATISONE – COMANDO POLIZIA II ZONA – datato Zona, 26 gennaio 1945, BOLLETTINO D’INFORMAZIONI, firmato forse ‘ Griso’, in: Archivio Ifsml – Fondo Lubiana – Busta 3 – Fascicolo 60).

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L’ULTIMA BATTAGLIA SI COMBATTE IN OZAK.

Come si può comprendere da varie fonti, l’ultima battaglia si combatteva in Ozak, estrema via di ritirata per la Germania.

Ma fu il Friuli – Venezia Giulia, da che si può capire, pure il territorio ove i fascisti combatterono con successo l’ultima battaglia ideologica, con il tentativo prima tedesco e poi delle forze collaborazioniste sia repubblichine che della X Mas di cancellare, se così si può dire, il pregresso, in nome di un’unica lotta antislovena. E, da quello che ho compreso, uno dei maggiori artefici di questa politica fu il Maggiore Inglese Nicholson, almeno per quanto riguarda Borghese ed i suoi. Nicholson, al secolo l’ingegnere Thomas John Roworth, aveva combattuto in Africa contro italiani e tedeschi. Catturato, era stato portato in Italia ove era stato internato in vari campi di prigionia: da Capua a Caserta, da Roma a Sulmona e Bologna. Quindi, dopo l’8 settembre, era riuscito a scappare, raggiungendo prima Modena e poi Roma, ove, braccato, aveva trovato rifugio in Vaticano, dove andò spesso a trovarlo Monsignor Giovambattista Montini, futuro Papa Paolo VI. Quindi, dopo la liberazione di Roma, fu contattato dai suoi e portato a Monopoli, presso la base delle Special Forces, e quindi, affiancato da ‘Piave’, Cino Boccazzi, medico, valdostano, ma residente a Treviso, venne paracadutato in Friuli. (2). E proprio Boccazzi, pare per salvarsi la pelle e salvaguardare la sua famiglia, dopo la cattura da parte della Decima Mas in località La Valine in val Tramortina il 14 dicembre 1944, divenne il maggior artefice dell’incontro fra la Decima Mas rappresentata dal capitano Manlio Maria Morelli e Candido Grassi, ‘Verdi’ del comando della ‘ Osoppo’, volto a concordare una azione antislovena comune fra la Xa Mas e detta Divisione partigiana, da proporre agli Alleati attraverso Nicholson. Questi tentativi sono ben descritti da Ricciotti Lazzero, nel suo: ‘La Decima Mas. Compagnia di Ventura del Principe Nero’, Rizzoli, Milano, 1984, pp. 140- 152. Prima della cattura, all’epoca dell’ultimo rastrellamento nazifascista e collaborazionista, Cino Boccazzi si trovava, assieme a Nicholson, con il Battaglione ‘Fedeltà’ comandato da ‘Beppino’, Pasquale Specogna, e che aveva come delegato politico don Ascanio De Luca, ‘Aurelio’. Ma i due non erano riusciti a seguire gli altri, e mentre Nicholson si era fermato ed era riuscito a fuggire, Cino Boccazzi, in divisa da paracadutista inglese, aveva tentato di percorrere una discesa, ed era stato catturato da quelli della Decima. (3).

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Siamo a novembre del 1944. La Decima Mas è giunta fra le valli dei fiumi Tagliamento e Fella, «le quali accolgono la strada difesa da un sistema di fortificazioni costruite prima della guerra e la linea ferroviaria che dalla pianura dell’Italia settentrionale portano in Austria». (4). Nicholson informa la sua base che in detta zona i tedeschi hanno la 188a divisione alpina di riserva, la 237adivisione di fanteria, la 24aBrigata SS di montagna, la 710adivisione fanteria, il 155o Gruppo trasporti campale, mentre le truppe fasciste e collaborazioniste in zona, oltre la Decima Mas, sono le seguenti: Brigate Nere, la G.N.R. e le SS italiane. Poi vi sono le truppe russe composte da caucasici, cosacchi e mongoli, «tutti stabilitisi nelle valli montane come truppe di presidio», e che vivono alle spalle della popolazione locale. Infine vi sono due divisioni Osoppo ed elementi della Garibaldi oltre che la 30a e 31a divisione del IX Corpo e la 43a dell’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo. (5).

Nicholson continua dicendo che i tedeschi sono molto preoccupati per la situazione e sanno che esistono momenti di sbandamento fra i partigiani, anche perchè, a suo avviso, ormai una parte dei garibaldini è passata al IX° corpo, staccandosi dagli osovani. (6).  A questo punto, von Hallesleben, dirigente la Platzkommandantur di Pordenone, città che i tedeschi definivano di sostegno, si era fatto vivo assieme a Mario Cabai, commissario federale di Udine, ed a Monsignor Pietro Baldassi, della Curia, «già cappellano in Spagna e filofascista» (7) ed aveva presentato alcune proposte pratiche, che Nicholson puntualmente comunica il 24 novembre 1944 per mezzo dell’R.T. Laybourne.

«La divisione ‘Osoppo’ è stata avvicinata da un maggiore tedesco che sta con i russi. Egli chiedeva i seguenti quattro punti:

  1. La ‘Osoppo’ combatta i comunisti con armi fornite dai tedeschi;
  2. Non si molestino i lavoratori tedeschi delle fortificazioni (tra Pinzano e Sequals e tra Tolmezzo ed Ampezzo);
  3. Non si combattono le forze tedesche;
  4. Si mantengano incontri segreti.

Egli ha chiesto inoltre di poter trattare privatamente con il rappresentante alleato di questa zona. La divisione ‘ Osoppo’ ha risposto negativamente a tutti i punti, salvo il quarto. Io mi rifiuto di trattare con i tedeschi in questo momento. Tuttavia sarebbe utile mantenere contatti per avere informazioni sui piani tedeschi.

I tedeschi intendono fortificare fra Pinzano e Sequals e fra Tolmezzo ed Ampezzo. Il maggiore tedesco chiede garanzie precise perché non vengano molestati questi lavori. È ovvio che il nemico intende prevenire azioni latenti che tendono a tagliare la ritirata sulla strada 13. Val Meduna e Canal di San Francesco ora diventano molto importanti. Pregasi dare direttive su questo incontro. I presenti alla discussione dicono che il tedesco è rappresentante del Litorale Veneto (cioè Adriatico ndr) e potrebbe essere persona molto importante». (8).

Sempre secondo Ricciotti Lazzero, dette richieste vennero vagliate dai rappresentanti politici della Dc e del PdA della Osoppo, e respinte attraverso due lettere scritte da don Aldo Moretti e consegnate, attraverso Monsignor Giuseppe Nogara, Arcivescovo di Udine, ai nazisti. Nel frattempo, il 26 novembre 1944, i tedeschi, a Casiacco, avevano dato al loro parola d’onore di trattare i partigiani osovani come combattenti, ma poi non l’avevano mantenuta. (9).

In ogni caso sarebbe stato comunque controproducente, secondo me, per gli osovani, dato che ormai si parlava di ritirata dappertutto, accettare, anche se i tedeschi in Friuli, fino all’ultimo, cercarono accordi, e lo stesso Globočnick ipotizzava di ospitare in Ozak Mussolini.  E pure l’occupazione cosacca ebbe come scopo, oltre che l’annientamento delle forze partigiane tramite l’occupazione del territorio della Zona Libera della Carnia, dello spilimberghese e del maniaghese, quello di aprire alcune vie di transito, in particolare quelle di: Tolmezzo – Monte Croce Carnico; Tolmezzo – Ovaro – Sappada; Vittorio Veneto – Ponte delle Alpi e di mettere in sicurezza la linea ferroviaria pontebbana. (10).

Riporto qui un documento osovano da cui si ricava la posizione della Divisione Osoppo rispetto al tentativo, da parte del nemico di cercare contatti con i partigiani non garibaldini.

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CORPO VOLONTARI DELLA LIBERTÀ – DIVISIONE OSOPPO – FRIULI COMANDO.

Zona lì 3 gennaio 1945.                     OGGETTO. Rapporti con il nemico.

A tutti i Comandi di Brigata – LORO SEDI.

Il C.V.L. comunica che nella regione Veneta (forse per Regione Veneta si intende il Friuli ndr.) il nemico intende prendere contatti con le formazioni dei Patrioti. Tali contatti hanno portato nel passato unicamente svantaggi e perdite alle nostre formazioni. In vista di ciò i Comandi responsabili non sono autorizzati a stabilire nessun approccio con il nemico neanche se ciò dovesse avvenire in forma cospirativa o per iniziativa personale.

VIVA L’ITALIA LIBERA.    IL COMMISSARIO Aurelio                                                                                              IL COMANDANTE Verdi

(Archivio Ifsml – Fondo Processo Porzus documenti in copia da archivi di tribunali. – Busta 5- fascicolo 22 – documento n. 100).

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Pare strano però che il documento sopra riportato sia firmato da ‘Verdi’, Candido Grassi, e ‘Aurelio’, don Ascanio De Luca, perché non avevano titolo per farlo, essendo comandante della formazione osovana Manlio Cencig, ‘Mario’ e delegato politico Giovanni Battista Marin, ‘Plauto’. (11). Ma pare che ormai tra i vertici osovani si fossero nuovamente formati due gruppi, o non ci fosse mai stata unità né prima né dopo Pielungo, e che don ‘Aurelio’, assieme a ‘Verdi’ ed un paio di altri, andassero molto per conto proprio e esercitassero di fatto il comando divisionale.

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Ma ritorniamo a Cino Boccazzi ed al suo tentativo di far accordare gli osovani con la Decima Mas, in un progetto comune e fascista e cioè la lotta allo sloveno comunista, che però contemplava pure la lotta agli eserciti russo e di Liberazione Jugoslavo che avanzavano verso l’Adriatico, dopo aver conquistato Belgrado.

Comunque chi andò all’incontro con Manlio Maria Morelli fu, come si sa, Candido Grassi, ‘Verdi’, che Nicholson, forse nascosto ad Udine dai sacerdoti del tempio Ossario, dice esser stato da lui autorizzato a farlo, mentre egli non ritenne opportuna una sua partecipazione diretta. (12).

L’incontro tra ‘Verdi’ e Morelli, alle porte della Conferenza di Yalta, viene descritto in forma particolareggiata in un rapporto top secret inoltrato da Nicholson all’Headquarters Allied Military Governament, riportato integralmente da Ricciotti Lazzero nel volume citato, alle pp. 148 – 150.

Detto rapporto inizia quasi giustificando la posizione della Decima Mas al fianco dei tedeschi, e sottolineandone, a guerra perduta, lo spirito nazionale, (che l’aveva fatta correre al fianco dell’occupante straniero e contro i patrioti ndr). Quindi, se accordo ci fosse stato, la Decima dichiarava che avrebbe sospeso ogni azione contro i partigiani non comunisti, in sintesi contro gli osovani, che si sarebbero uniti ai marò della Decima nella lotta contro «le distruzioni da parte tedesca delle proprietà italiane e per salvaguardare il territorio italiano (che allora non si sapeva ancora quale fosse perché vi era ancora l’Ozak ndr). A fine guerra gli ufficiali della decima garantivano che avrebbero accettato di sottoporsi al giudizio di una Corte internazionale. Per questo motivo la Decima, che si voleva salvare in extremis, evitando le accuse per le stragi, le torture, le rappresaglie per conto dei tedeschi in territorio italiano, proponeva di inviare due suoi rappresentanti insieme a ‘Verdi’ e Nicholson al Quartier Generale Alleato, per discutere i termini dell’azione congiunta. Inoltre l’idea di Nicholson è quella di usare la Decima contro i tedeschi in ritirata a Tarvisio, visto che Borghese, che forse si sentiva perduto, dichiarava di essere allora, il 27 gennaio 1945, italianissimo.

Ma, il giorno dopo, il 28 gennaio 1945, giungeva dal Sud la risposta per Nicholson, ove lo si avvisava che Borghese aveva già tentato approcci con gli Alleati in Svizzera, che la reputazione di Borghese e dei suoi uomini era pessima, e tale permaneva, e che si doveva avere la massima cautela nel trattare con lui, ma semmai cercare da lui informazioni. (13).

Ma Nicholson perseverava rispondendo che le relazioni fra sloveni e italiani erano molto tese per i confini, (non si sa dove e come, se tutti tranne quattro gatti fra cui lui, nascosto, stavano combattendo in modo durissimo ndr), e paventava che, se il Foreign Office non si fosse mosso subito, si sarebbe caduti in una guerra tra slavi e italiani, e riteneva che la Venezia Giulia dovesse esser lasciata libera da partigiani, si suppone, fino all’arrivo degli Alleati, attraverso l’uso della Decima unita, forse, alla Osoppo. (14). Pare quindi che Nicholson cercasse veramente una occupazione di collaborazionisti dei nazifascisti nella regione, spostando motivi, motivazioni, e memoria, e riprendendo un ritornello antislavo fascista, dando alla Decima uno scopo ideale per risollevarsi da tutto l’orrore che aveva realmente creato, e dando alla stessa la scusa per salvarsi la vita nel dopoguerra. Forse Nicholson agiva da solo, forse rappresentava il pensiero di qualche alta sfera cattolica, che doveva salvare il Principe romano, non lo so, e lungi da me il voler offendere la sua persona.

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Riporto qui un documento che indica cosa stava accadendo dal dicembre ’44 in poi, ove regnava grande confusione sugli ordini giunti ai partigiani con problematiche create anche da ordini dati dai Cln, come si evince anche dalla lettera di Ciro Nigris a Rinaldo Cioni dattiloscritta, datata 22 marzo 1945 e da quella di Rinaldo Cioni a Ciro Nigris datata 26 marzo 1945, in: Laura Matelda Puppini, Caro amico ti scrivo, Storia Contemporanea in Friuli n. 44, pp. 242-244.

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COMITATO DI LIBERAZIONE NAZIONALE. – Corpo Volontari della libertà. – Comando unificato Osoppo- Garibaldi. Settore M-T prima zona.
31/1/1945.   AL COMITATO LIBERAZIONE NAZIONALE – UDINE.

Questo comando unificato ha ricevuto dal Comando unificato della pianura ordini verbali per lo scioglimento dei reparti unificati e per la costituzione di nuovi reparti dai quali, secondo l’istruzione ricevuta, dovrebbero essere esclusi tutti gli elementi comunisti. Poiché il Comando unificato della pianura attribuisce le disposizioni di cui sopra a codesto C.L.N., prima di impartire ordini in proposito ai dipendenti reparti, questo comando attende conferma per iscritto da parte di codesto C.L.N.

MORTE LA FASCISMO.                                                                                                                                                       VIVA L’ITALIA LIBERA.
Il comandante Ulisse                                                                                                                                                         Il commissario Alberto.

Copia conforme documento originale. (Archivio Ifsml – Fondo Processo Porzus documenti in copia da archivi di tribunali. – documento n. 21656).

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Comunque per Ricciotti Lazzero i contatti con la Decima non si fermarono, se Nicholson inviava, il 6 febbraio 1945, un altro messaggio in cui ribadiva il desiderio di trattare con la stessa, nuovamente, attraverso ‘Verdi’ in funzione antislovena. (15).  Infine, dopo la strage di Topli Uork, Nicholson inviava un messaggio in cui seguiva l’ipotesi dei vertici divisionali osovani, che subito avevano attribuito l’accaduto agli sloveni. Infatti una prima comunicazione a riguardo, inviata: al Comando 1^ e 3^ Brigata, al Comando della 6^ Brigata, al Comando Btg. Guastatori – G.E. , e p.c. in stralcio al CLN PROV. e CRV, recante le firme autografe di ‘Vico’ Giovanni Battista Carron, vicentino, e ‘Mario’, Cencig Manlio, comandante, dopo la crisi di Pielungo, della Brigata Osoppo/Carnia, attribuiva l’eccidio e la cattura di elementi dello stesso ai partigiani sloveni, e prospettava la necessità di una azione a Robedischis, dove aveva sede il reparto del IX° Korpus più vicino a Porzus, e presso il quale si presupponeva fossero stati portati gli osovani fatti prigionieri. (16). E Nicholson, che l’ 8 febbraio 1945 aveva sposato la tesi della strage per mano nazifascista, sentito ‘Mario’, inviava, il 10 febbraio al comando alleato un radiomessaggio in cui scriveva«Ricevuto oggi urgenti notizie da Mario, comandante Divisione Osoppo per immediata fornitura d’armi a seguito ordini di Mac Pherson per prepararsi ad un’azione combinata con gli alleati contro imminente invasione slovena del Friuli ordinata da ‘Tito’. Presumo Mac abbia ricevuto ordini da voi ma egli è irraggiungibile non solo da me ma anche dai comandanti dell’Osoppo. Se queste notizie sono vere propongo cautela dal momento che la situazione è molto complicata. Tutti i capi della Garibaldi sono ora in Slovenia e stanno forse pianificando un colpo di stato con ‘Tito’ per una occupazione comunista con aiuto degli sloveni. (…)» (17). Quindi riproponeva l’alleanza fra Decima Mas e Formazione ‘Osoppo’, sostenendo che la Decima poteva assorbire la ‘Osoppo’, mentre si doveva trattare subito a Roma.  Nicholson, da ufficiale inglese guardava a quanto accaduto in Grecia, (18) pensando di fermare subito ogni anelito ad un miglioramento sociale ed all’avanzare di un pensiero socialista e comunista.

Ma questo terrore del nuovo a livello sociale, questa ricerca del conservatorismo, fino a desiderare magari in qualche modo di ‘ legalizzare’ l’Rsi e la Decima in funzione antislovena, erano allora propri solo di ‘quattro’  comandanti osovani che rappresentavano, probabilmente, quell’ala retriva della resistenza, legata forse anche a vertici ecclesiastici pure romani, che voleva che uscisse dal dopoguerra una società simile a quella precedente, solo meno dittatoriale, e dibattevano sulle prospettive del dopoguerra cercando di forzare la mano, mentre alleati, soldati dell’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia, partigiani garibaldini ed osovani, e civili cadevano e sarebbero ancora caduti nella lotta. Fra tutti gli osovani basti ricordare la fulgida figura di ‘Maso’, Pietro Maset, cattolico, medaglia d’oro al valor militare, e tanti altri. E come dimenticare semplici sacerdoti e parroci che cercavano di aiutare la popolazione e certe volte subirono le angherie e la morte per mano nazifascista? Basti ricordare, in Carnia, don Pietro Cortiula.

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Alcuni dubbi vengono poi anche leggendo i comportamenti del comandante della terza brigata Osoppo ‘Miro’ Giorgio Simonutti e di ‘ Vico’, che avevano parlato «in termini poco chiari di “un eventuale armistizio con i tedeschi”», chiedendo quale sarebbe stato, in tal caso, il comportamento dei garibaldini, ed asserendo che era ormai cosa nota che i tedeschi «puniscono con la morte i Garibaldini, mentre per i componenti della ‘Osoppo’ si limitano tutt’ al più alla deportazione in Germania», in un colloquio con i garibaldini la cui relazione è firmata Spartaco e datata  20 gennaio 1945. E sempre da detta relazione si viene a sapere che in un «successivo e tempestoso colloquio con il comandante del Silvio Pellico, il comandante ‘Miro’ si espresse in termini alquanto imperiosi, dichiarando che a qualsiasi costo e senza badare a spargimento di sangue, egli avrebbe condotto e propagandato la più accanita lotta ‘contro il pericolo comunista e slavo’. E sarebbe da chiarire anche la posizione di ‘Goi’ Raniero Persello, relativamente a dei fatti a lui attribuiti da una relazione firmata Furore. (ALLEGATO 4 – RELAZIONE dei responsabili del terreno del Btg. ‘Anita Garibaldi’, datata 23 novembre 1944. Documento n. 09515, Archivio Storico della resistenza – Fondazione Antonio Gramsci – Roma).

Infine i tedeschi, sino all’ultimo, cercarono non la resa ma contatti con gli osovani in funzione antislovena, e di creare una frattura insanabile fra le due formazioni, come si evince da: Gino Pieri, Storie di partigiani, Aviani & Aviani ed. 2014, riedizione del volume pubblicato da Del Bianco nel 1945, pp. 220- 223. Ed a Cividale, il 29 aprile, una parte del Reggimento fascista Tagliamento passò con la Osoppo. (19).


E chiudo dicendo che con questa mia analisi intendo solo cercare di fare chiarezza sulla base di quanto ho capito da ciò che ho reperito e letto e non è mia intenzione offendere alcuno. Resta poi da analizzare come una certa propaganda sviluppatasi in modo vertiginoso alla fine della seconda guerra mondiale, ma anche prima, tra gli osovani li portò a sposare ipotesi gladiatorie, (Si noti che il gladio era simbolo repubblichino, tanto che il centro studi e documentazione sul periodo storico della Repubblica Sociale Italiana si chiama Gladio e il gladio compariva sulle mostrine del genio guastatori repubblichino) senza saper leggere con la stessa chiarezza avuta in precedenza la realtà, e concentrando il proprio pensiero sul pericolo rosso, anche in buona fede. Ma questa è altra storia, è la storia del ‘Dalli al comunista’, sporco rosso, cattivissimo.

Laura Matelda Puppini

(1) Ricciotti Lazzero, nel suo: ‘La Decima Mas. Compagnia di Ventura del Principe Nero’, Rizzoli, Milano, p. 130 e Enzo Collotti, Il Litorale Adriatico nel Nuovo Ordine Europeo 1943- 1945, Vangelista editore, 1974, p. 12.

(2) Ivi, pp. 128-129.

(3) Ivi, p. 140.

(4) Ivi, p. 134.

(5) Ibid.

(6) Ivi, p. 140.

(7) Ivi, pp. 134- 135.

(8) Ivi, p. 135.

(9) Ibid.

(10) Ivi, pp. 130 – 131.

(11) Giampaolo Gallo, La resistenza in Friuli 1943-1945, ed. Ifsml, 1988, p. 161.

(12) Ivi, p. 148.

(13) Ricciotti Lazzero, op. cit., p. 149. I contatti tra ‘Verdi’ e Manlio Maria Morelli sono descritti anche in: Giacomo Pacini, Le altre Gladio. La lotta segreta anticomunista in Italia. 1943-1945, Einaudi ed., To, 2014, pp. 42-44. Giacomo Pacini, nel suo volume, alle pp. 44-45, parla di un secondo tentativo di accordo tra osovani e Decima Mas, per creare un “fronte italiano” riportato da Diego De Castro, rappresentante diplomatico italiano presso il Governo Alleato che aveva come fonte una relazione della medaglia d’oro Antonio Marceglia. Detta relazione è leggibile anche online, come mi ha detto da Alessandra Kersevan, e la potete trovare in: https://www.cia.gov/library/readingroom/docs/PLAN%20IVY_0078.pdf., ma io ho dei dubbi sulla stessa per vari motivi.

(14) Ibidem.

(15) Ivi, p.150

(16) Alberto Buvoli, Le formazioni Osoppo Friuli, documenti 1944- 45, ed. I.F.S.M.L. Ud, 2003, p.189.

(17) Ivi, pp. 190-191, e da me ripreso in: Laura Matelda Puppini, Divagando su “Porzûs”, in modo documentato. E se …, in: www.nonsolocarnia.info.

(18) Cfr. Laura Matelda Puppini, Ancora sulla strage di “Porzûs”, sui contesti internazionali, sulle chiavi di lettura di alcuni documenti, in: www.nonsolocarnia.info.

(19) Cfr. documento intestato: C.V.L. III Divisione “Osoppo Friuli”.  – Comando 7a Brigata.  – Cividale, 8 maggio 1945. Prot. n. 13/45. Al Comando Divisione. Elenco ex- repubblicani del r.to alpini Tagliamento che sono passati alla 7a brigata Osoppo in data 29/4/1945, smobilitati ed avviati al distretto militare di Udine il 7 maggio 1945, in: Archivio Ifsml – Fondo Processo Porzus documenti in copia da archivi di tribunali. – Busta 1 – fascicolo 22 – documento n. 91).

L’immagine che correda l’articolo fa parte dell’ Archivio Anpi, e rappresenta l’entrata degli Inglesi a Villa Santina. Si pubblica per gentile concessione Anpi Federico Vincenti 2013.  L’ immagine si trova nache sul volume: 1943 -1945 Immagini della resistenza friulana, Aviani & Aviani ed.

Laura Matelda Puppini

 

 

 

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