In occasione del 25 novembre 2020, ho deciso di porre due argomenti come spunto di riflessione: il testo di una canzone di Fabrizio Moro sui pensieri che scattano in un maschio che potrebbe commettere un femminicidio, e il tema della sterilizzazione forzata, oggetto di un secondo articolo.

Ho scelto, per prima cosa, di riportare le parole di questa bellissima e coraggiosa canzone di Fabrizio Moro, ben poco nota, intitolata ”Basta” e quasi introvabile su you tube se non se ne conosce il titolo, forse per il riferimento esplicito alla cocaina (solo polvere che accelera il cuore), e se leggerete il seguito capirete perchè. Nel testo, l’autore narra, in modo puntuale, tutta una serie di dinamiche che scattano nell’animo di un maschio prima di usare violenza estrema su una donna, in una situazione già critica, raccontata solo ed unicamente dal suo punto di vista, con un uso molto consapevole di pronomi e verbi in prima persona o terza.

Già il titolo è emblematico: “Basta”, che è una parola di chiusura estrema senza possibilità di apertura: basta a questo rapporto, basta a questa situazione, basta al fatto che mi fai soffrire …

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Le parole della canzone sono le seguenti:

«Bastarda mi fai male/ Un giorno o l’altro io ti butterò giù per le scale/ Non mi farò vedere/ Dopo me ne andrò a mangiare/ E lì mi troverà la polizia/.

Sei stata col direttore/ Ma guarda un po’ che hai fatto/ E cosa devo sopportare/ È la goccia che fa traboccare/ Un vaso con troppe crepe/ Che piano piano piano si spacca/.

Oh oh è la nostra storia d’amore/ Oh oh solo polvere che accelera il cuore/.

Bastarda mi fai male/ Un giorno o l’altro io ti butterò giù da un balcone/ Poi chiamerò tua madre/ E gli dirò: signora Buon Natale/ Sua figlia Guendalina è morta/.

Oh oh e la nostra storia d’amore/ Oh oh solo polvere che accelera il cuore/. Oh oh e la nostra storia d’amore/ Oh oh solo gocce che non fanno dormire/.

Oh oh e la nostra storia d’amore/ Oh oh solo polvere che accelera il cuore/. Oh oh e la nostra storia d’amore/  Oh oh solo gocce che non fanno dormire/…

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Io credo che nessuno abbia messo in musica sentimenti così forti. La storia è persino banale. Lei è andata col direttore, lui è venuto a saperlo, ed un’onda di odio lo pervade, mentre pensa che la loro storia d’amore si è ridotta ad una sniffata che accelera il cuore e a “quattro gocce che non fanno dormire”.

La canzone inizia con il dolore che l’uomo prova: «Bastarda mi fai male», tu, non più amore ma bastarda, fai male a me, come osi farmi una cosa del genere? Ed ancora: «Ma guarda un po’ che hai fatto e cosa devo sopportare. È la goccia che fa traboccare un vaso con troppe crepe che piano piano piano si spacca».
Quindi la canzone narra che in realtà vi erano già stati molti screzi nella coppia, e che quello era stato solo l’ultimo di una lunga serie, tutti da lui attribuibiti solo a lei, mentre lui era stato ed era costretto solo a sopportare. Infatti la canzone parla solo di ciò che lui pensa di lei.

Per riparare a questo dolore, per vendicarsi egli pensa: «un giorno o l’altro io ti butterò giù per le scale» o «un giorno o l’altro io ti butterò giù da un balcone», dove il pronome io è presente in senso rafforzativo: lo farò io, proprio io, non altri.
E sceglierà per farlo Natale, come molti suicidi accadono a Natale, in un momento particolare dell’anno, quando tutti dovrebbero essere felici, per far soffrire di più. Poi, come nulla fosse accaduto, «me ne andrò a mangiare, e lì mi troverà la polizia».

Ed anche in questa frase troviamo una amara verità. Chi uccide la moglie, la compagna, l’amante, sa che può esser arrestato, ma prima di farlo non gliene importa nulla, basta che lei paghi il dolore causato e l’affronto.

Ed infine l’ultimo oltraggio: la comunicazione, alla madre che l’ha generata, di una certezza: non la vedrai più, lei non c’è più.  «Poi chiamerò tua madre e gli dirò: signora Buon Natale. Sua figlia Guendalina è morta».  Si noti quell’ “è morta”, posto a fine frase e testo, che suona come un taglio netto, un finale senza più ritorno, dove però la responsabilità soggettiva dell’atto è ormai cancellata, l’io rimosso. Non l’ho uccisa, è morta.

Beh io credo che bisognerebbe pensare a certe dinamiche e tematiche di coppia ed a certi finali alla luce di questa canzone, anche per cercare di discuterne con i giovani ed i meno giovani, perché nessuna donna debba essere più trovata cadavere o sfregiata. Grazie a Fabrizio Moro per questa canzone, che vale più di un trattato di psicologia.

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Inoltre vi è il problema dei minori che assistono all’ uccisione della madre da parte del padre o del compagno, a cui ho dedicato un articolo di nonsolocarnia intitolato:

‘Per quei bambini orfani di femminicidio’ da Il Manifesto ed altri, sulla nuova legge 11 gennaio 2018, ed il ‘rapporto ombra’.

E, secondo un vecchio articolo di Repubblica, sempre ahimè attuale, «I minori che assistono alle violenze sono presenti secondo l’Istat in 4 casi su 100. Come i nipotini di Renato. (…).  La figlia di Renato è stata uccisa, sgozzata dal marito sotto gli occhi dei bambini che ora hanno bisogno di continuo supporto psicologico, aspettano il buio con timore, perché al tramonto è stata uccisa la loro mamma, temono che il padre esca dal carcere e gli uccida anche se i nonni che se ne occupano hanno cambiato città in attesa ancora dell’aiuto previsto dallo stato per aiutare le vittime del femminicidio e gli orfani di padri violenti». (https://www.repubblica.it/cronaca/2018/11/23/news/accuse_dall_europa_l_italia_fa_troppo_poco_per_evitare_i_femminicidi-212392247/).

NON UNA IN MENO!!!!

Laura Matelda Puppini

L’immagine che accompagna l’articolo è tratta da: http://testicanzoni.mtv.it/testi-Fabrizio-Moro_108110/testo-Basta…-7267024. LMP.

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