Riporto qui l’intervento di Rossana Giacaz, della segreteria regionale Cgil, all’incontro del 24 giugno 2022 presso il Centro Balducci di Zugliano, intitolato: “Salute, bene comune. Un diritto non un affare”, promosso dal Coordinamento per la salute Fvg. Esso segue a quello di Michele Negro, già pubblicato.

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Rossana Giacaz ha iniziato il suo intervento ricordando ai partecipanti di prendere l’opuscoletto che è stato consegnato anche ai facenti parte della terza commissione regionale, per illustrare loro non solo i punti sottoscritti ma dare, pure, analisi, proposte ed una visione dei problemi molto diversa da quella della Regione. Ed un punto fra questi riguarda proprio il personale. Inoltre ha aggiunto che le sue riflessioni sul tema risultano anche diverse da quelle contenute in quel testo. 

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Il tema del personale che lavora in sanità, è uno dei grandi problemi irrisolti di questo periodo, che vede una comunanza di obiettivi tra il personale e l’utenza, di fronte alle gravi criticità già riscontrate prima della pandemia, e sollevati con forza dagli operatori stessi: norme che hanno ridotto la spesa per il personale e blocco dei rinnovi contrattuali, tanto per citarne solo due, con riduzione e crisi conseguente di molti servizi.

Ma è utile pure elencare le cause di disfunzioni e confusioni venutesi così a creare e registrate dal sistema durante la pandemia: l’assenza di qualsiasi piano preventivo, la carenza di dispositivi di protezione individuale, l’assenza di indicazioni chiare, l’assenza di linee guida coerenti e progressive, l’assenza di un coinvolgimento degli operatori nelle scelte organizzative. Ed è necessario ricordare questo quadro di carenze, per comprendere anche quanto sta accadendo ora. 

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La disaffezione dei lavoratori nei confronti delle loro organizzazioni, il senso di abbandono e di poca considerazione verso il personale in sanità, ha portato, nell’ultimo mese, a dimissioni volontarie di molti operatori del sistema, fenomeno mai registrato prima, con fuga verso il privato, almeno questo è quello che si racconta.

Ma si è assistito anche a licenziamenti volontari per andare a fare altro, causati dal fatto che il personale della sanità non sopportava più di lavorare in una organizzazione che non era più rispondente neppure al minimo consentito, rispetto a quello che avrebbe dovuto essere presente nel ssr.

E pertanto sono: l’assenza di corrette politiche, l’assenza di una visione e progettazione del futuro, l’incapacità di vedere lontano e di avere un obiettivo rispetto alla situazione presente e futura del personale che hanno creato questa situazione. E nulla si vede neppure all’orizzonte. all’orizzonte.
Quello che invece si nota, da parte della Regione, è un “tornare a punto e a capo” un riprendere le solite logiche di razionamento del personale, non di razionalizzazione, come se in questi ultimi due anni non fosse accaduto nulla, rincominciando da dove si era lasciato.

E sinora le uniche misure messe in campo sono la remunerazione delle ore straordinarie, con pure ritardi nei pagamenti e disfunzioni nella loro definizione, che hanno portato ulteriore disaffezione nei confronti del ‘sistema sanità’. Basta pensare che, nella legge ‘omnibus’ (1) è passato un emendamento della giunta regionale che elimina il pagamento degli straordinari agli specializzandi e richiama in servizio i pensionati.

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Un grazie va a questo personale, uomini e donne, operatori in sanità che si sono rimessi in gioco, che hanno visto e sentito l’emergenza, anche l’emergenza di difendere quello che in questa Regione avevamo costruito.

La questione del personale in sanità è sempre un argomento derubricato alla solita ‘lallazione’: il personale non si trova.
Ma dalle linee di gestione della sanità 2022 si vede come sia riconfermata una spesa per il personale pari a quella del 2021.  Come se nulla fosse accaduto. Nei documenti regionali si parla di maggiore flessibilità rispetto al personale, ma “le nozze con i fichi secchi non si possono fare”. (2).

Si stima che nel sistema sanitario manchino oltre 1000 fra operatori ed operatrici, e quelli rimasti in servizio devono confrontarsi pure con i cambiamenti organizzativi dati pure da due leggi fondamentali succedutesi rapidamente: quella detta, per brevità, ‘Telesca’ e la nuova legge ‘Riccardi’.

E, come non bastasse, si devono confrontare pure con gli atti aziendali, definibili come “schizofrenici”, visto che non sono state previste neppure le modifiche che ha apportato il Pnrr, e che non sono altro che un rimando continuo di bocciature ed esitazioni, e saranno rivisti di nuovo perché già si sente parlare di configurazione diversa degli standard dell’assistenza territoriale.  E in questo momento di fragilità estrema ci si deve pure muovere in questa incertezza organizzativa!

Questa incertezza nuoce al sistema sanità e lo sottopone a stress, in un momento delicato dove le sfide sono molte, mentre unica è la politica sinora messa in atto, cioè quella del razionamento del personale, attraverso la mancata sostituzione del turnover: pensionamenti, maternità, malattie lunghe… E questo avviene in una situazione caratterizzata da nuovi bisogni emergenti a causa della pandemia.

Inoltre, mentre le malattie non sono prevedibili, i pensionamenti lo sono, e non sono eventi catastrofici. E si deve smetterla di assumere a tempo determinato e di chiamare un sostituto con mesi e mesi di ritardo, quando c’è una maternità. Anche la sfida del Pnrr, in questo quadro, è messa a rischio, perché costruire servizi di prossimità senza personale numericamente adeguato, è una sfida persa in partenza.

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Il depauperamento del sistema pubblico porterà un mancato accesso alle cure ed andrà a finire che si curerà solo chi potrà sostenerne i costi. Il clima nelle nostre strutture è pessimo, e il personale viene vissuto solo come un costo facilmente contenibile, a scapito del ‘benessere’ organizzativo e della qualità dei servizi.

Il numero chiuso delle facoltà mediche, poi, sembra un tema che la Regione non vuole affrontare neppure in una dialettica con il governo. Su alcuni problemi però si confronta, e millanta pure di avere una linea di attenzione, ma non su questo del numero chiuso, che permane, nonostante un divario tra domanda e offerta che è, ormai, sotto gli occhi di tutti.

La logica messa in campo negli ultimi anni, centrata sull’acquisire prestazioni, ha portato ad un carico di lavoro straordinario ed ha portato la Regione indietro nel tempo, ad una logica prestazionale e non di presa in carico, che va contro ogni evidenza scientifica.

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Con stupore si legge, poi, sulla stampa, di un trend positivo di 1000 unità di personale. Ma questo non corrisponde alla realtà e nel conteggio dei posti di lavoro si sono sommati: rapporti di lavoro occasionale, rapporti di lavoro per la campagna vaccinale, i pensionati richiamati in servizio…, creando un delta che è un’illusione ottica!

E noi sappiamo che la realtà è un’altra, e sappiamo che le centinaia di operatori che mancano al sistema sanitario regionale, servirebbero solo per garantire l’esistente, senza pensare all’apertura di nuove strutture come prevede il Pnrr, senza contare l’abbattimento delle liste d’attesa, la ripresa dell’attività di prevenzione, l’affrontare i nuovi bisogni che si sono affacciati con questa crisi che sta continuando, il rilancio della medicina di genere e quella di iniziativa, e via avanti.

Per questo è stato positivo chiedere, con la petizione, un impegno straordinario per il personale, perché la Regione deve mettere le risorse su attività circostanziate e domandare che si aprano subito concorsi per i medici e per gli infermieri, ed in particolare per le figure professionali che mancano nel ssr e che sono presenti sul mercato del lavoro: e penso agli psicologi, ai tecnici della riabilitazione, ai tecnici di laboratorio, agli oss, agli educatori. E bisogna lasciare i bandi di concorso aperti, senza ricorrere alla precarietà, ai contratti di breve durata che non fanno altro che peggiorare la situazione.

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Inoltre, al netto dei carichi contrattuali di lavoro straordinario, che sono già molti, e di quelli per la campagna vaccinale), il sistema ha totalizzato, per turni da coprire per personale che manca  un numero di ore, per difetto, pari a quarantamila.

A questo punto molti operatori nella sanità in servizio non vogliono più aderire alla richiesta di sostituire il personale che manca, perché non si vede, all’orizzonte, nessuno sforzo per cambiare il sistema. Ma c’ è una scadenza vicina: l’assestamento di bilancio, che si profila piuttosto cospicuo, con cifre mai viste in questa Regione. E sono previsti 130 milioni da impiegare in sanità. (3). E non si vorrebbe che si continuasse a lesinare sul personale, perché ormai siamo oltre l’emergenza.

E la sanità regionale deve pure fare una analisi ed un calcolo di quanto personale manca e di quanto ne occorrerebbe pure per mettere in piedi le nuove strutture di prossimità previste dalla legge. Ma per ora tutto tace.

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Vi è, poi, un altro problema: quello dell’uso del ‘personale indiretto’. Vengono fatte gare d’appalto per ditte che coprono le pulizie, i trasporti, ecc. che hanno ricadute sull’utenza e pure sui processi organizzativi.
E si corre il rischio che le nuove strutture previste, le case di comunità, se non adeguatamente pensate ed organizzate, diventino solo una trasformazione dell’esistente, magari cambiando targa all’ ingresso, per esempio nel caso delle residenze assistenziali protette, ed avvenga una trasformazione spinta da costi che non sono sottoposti alla tagliola dei limiti di spesa.

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Infine non è difficile esternalizzare i servizi: basta lasciare morire il servizio pubblico. Basta non intervenire.

Ed il pericolo è quello che la Regione aumenti la spesa per il privato, fra l’altro non quello accreditato, ma quello che vuole Riccardo Riccardi: il privato privato, quello da cui uno ci va se ha i soldi, ma anche per affrontare le criticità: i tempi di attesa, i servizi scoperti.

La Regione ha già medici pagati a gettone nei servizi di primo soccorso. Insomma il pericolo che la Regione comprima il perimetro del ‘pubblico’ come scelta politica, è sotto gli occhi di tutti. E la causa di ciò non è certo da attribuirsi ad “un destino barbaro e cieco”.

Inoltre  bisogna ritornare ad una organizzazione della sanità che valorizzi i professionisti, che li renda partecipi nella costruzione delle scelte, e che li remuneri adeguatamente per il lavoro svolto».

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Questo testo è ricavato dalla trascrizione dell’intervento della sindacalista Rossana Giacaz tenutosi il 24 giugno 2022 presso il Centro Balducci di Zugliano, nel corso dell’affollato incontro intitolato: “Salute, bene comune. Un diritto non un affare”, promosso dal Coordinamento per la salute Fvg. La registrazione e trascrizione sono mie, cioè di Laura Matelda Puppini. Il testo viene pubblicato senza esser stato preventivamente sottoposto all’autrice, ma ne ho fatto la trascrizione più fedele possibile ed ho cercato di fare del mio meglio.  Sarà mio compito girare l’articolo a Rossana Giacaz con una email che ho trovato sul sito Cgil ed apportare se del caso le modifiche suggerite.

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Commento.- A me pare importante conoscere pure quante unità di personale, nel ssr, appartengano alla sfera amministrativo- burocratica e quante unità di personale  vi siano nel settore operativo sanitario e la ripartizione della spesa sanitaria tra ‘personale amministrativo e non sanitario’, e ‘sanitario operativo sul terreno’, tenendo conto del fatto che vi è pure personale sanitario che è stato spostato a mansioni amministrative. La sanità già nel 2014, secondo alcuni che vi lavoravano, si stava trasformando in una enorme macchina burocratica, senza specialisti, senza medici, senza tecnici sanitari, senza infermieri, ma con tanti impiegati, ‘capi e capetti’ ed un moltiplicarsi di uffici, direzioni e dirigenti. E credo che questo aspetto sia da analizzare. L.M.P. 

Laura Matelda Puppini

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Note.

(1) Il riferimento è al ddl Omnibus 2022 approvato il 26 maggio 2022 dal Consiglio regionale «grazie al voto compatto della Maggioranza di Centrodestra, con il no altrettanto convinto di tutti i gruppi di Opposizione, mentre il Misto ha espresso tre diverse posizioni: un voto a favore, uno contrario e un’astensione. (…). Patto per l’Autonomia e M5S si sono trovati concordi nel contestare gli emendamenti presentati in extremis, che avrebbero introdotto pezzi di norme meritevoli invece di un ben diverso approfondimento. Simile il giudizio del gruppo dei Cittadini e di Open Sinistra Fvg. Nel mirino delle Opposizioni, in particolare, le nuove norme elettorali, con la cancellazione del limite di mandato per i sindaci dei Comuni sotto i mille abitanti». (https://www.ilfriuli.it/articolo/politica/via-libera-al-ddl-omnibus-2022/3/266782). Voto contrario anche del Pd.
Inoltre Riccardo Riccardi ha specificato che: «La Giunta ha […] sviluppato questo provvedimento consapevole del fatto che il Governo potrebbe ritenere di avere una competenza esclusiva in merito ad alcuni aspetti della norma e di conseguenza di impugnare il provvedimento di fronte alla Corte costituzionale. Si tratta, però, di misure necessarie per affrontare il complesso momento che stiamo vivendo e in particolare quelle rese più evidenti dalla pandemia in merito al personale, quindi l’auspicio è che il Governo decida di sostenere le posizioni assunte dalla nostra regione frutto del lavoro unanime delle regioni italiane e di non impugnare la parte della norma relativa alla sanità». (https://www.regione.fvg.it/rafvg/comunicati/comunicato.act?dir=/rafvg/cms/RAFVG/notiziedallagiunta/&nm=20220526182556013).

(2) Modo di dire che sottolinea come un cibo povero quali sono i fichi secchi non è sufficiente per celebrare una festa importante come le nozze. Qui significa che non si può realizzare qualcosa di importante in eccessiva economia. (Cfr. https://www.proverbi-italiani.com/cerca-42-F.html).

(3) Nella realtà sinora è stata prevista, per la sanità regionale, una cifra pari a 131 milioni.

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